N. 354 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 settembre 1999
Ordinanza emessa il 23 settembre 1999, consiglio nazionale forense sul ricorso proposto da Quattrini Alessandra contro consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma Avvocato e procuratore - Iscrizione all'Albo - Divieto per i pubblici dipendenti - Previsione, con norma interpretativa, dell'inapplicabilita' agli impiegati pubblici con rapporto di lavoro a tempo parziale - Abrogazione delle disposizioni che vietano l'iscrizione all'Albo per i pubblici dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale - Irragionevolezza - Incidenza sul diritto di difesa e sui principi di indipendenza ed autonomia dei difensori - Violazione dei doveri, per i pubblici dipendenti, di fedelta' alla Repubblica e di servizio esclusivo alla Nazione - Lesione dei principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Incidenza sul diritto al lavoro. - L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 56 e 56-bis.. - Costituzione, artt. 3, 4, 24, 97 e 98.(GU n.26 del 21-6-2000 )
IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Ha pronunziato la seguente ordinanza; Visto il ricorso n. 165/1997 r.g. proposto dall'avv. Alessandra Quattrini, rappresentata e difesa dall'avv. Salvatore Piccione, avverso la decisione in data 22 maggio 1997, con la quale il consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma rigettava la sua istanza di passaggio dall'elenco speciale (Universita' degli studi di Roma "Tor Vergata") all'albo ordinario degli avvocati per incompatibilita'; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di causa; Sentito il relatore alla pubblica udienza del 23 settembre 1999, consigliere Paolo Pauri e udito il sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, dott. Domenico Iannelli; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F a t t o L'avv. Alessandra Quattrini, residente in Roma, ha proposto ricorso per l'annullamento della deliberazione assunta nell'adunanza del 22 maggio 1997 dal consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma, notificata alla ricorrente in data 4 giugno 1997, con la quale e' stata respinta l'istanza presentata in data 11 marzo 1997 di passaggio dall'elenco speciale - universita' degli studi di Roma "Tor Vergata" - all'albo ordinario degli avvocati e di ogni altro atto preparatorio, presupposto, connesso, collegato e consequenziale, relativo al procedimento di iscrizione. Ha premesso in fatto: con istanza dell'11 marzo 1997 l'avv. Alessandra Quattrini, iscritta all'albo degli avvocati di Roma, elenco speciale dell'universita' degli studi di Roma "Tor Vergata" dal 27 ottobre 1994, chiedeva al consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma il passaggio dell'elenco speciale all'albo ordinario, ai sensi dell'art. 1, commi 56 e ss. della legge 23 dicembre 1996, n. 662, "misure per la razionalizzazione della finanza pubblica". All'istanza seguiva l'invito del consiglio dell'ordine del 20 marzo 1997, notificato all'avv. Quattrini in data 28 marzo 1997, a comparire innanzi al consiglio medesimo l'8 maggio 1997, "per essere sentita in merito alla sua posizione di iscritto". Nelle more della decisione del consiglio dell'ordine, veniva emanato il decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, il quale aggiungeva il comma 56-bis all'art. 1 della legge n. 662/1996. Nella adunanza del 22 maggio 1997, il consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma deliberava di respingere l'istanza dell'avv. Quattrini. In data 28 maggio 1997, il d.-l. n. 79/1997 veniva convertito, con modificazioni, in legge n. 140/1997. Secondo la ricorrente il provvedimento impugnato e' palesemente illegittimo per i seguenti motivi: Violazione e falsa applicazione dell'art. 1, commi 56 e 56-bis, della legge 23 dicembre 1996 n. 662. Il significato del combinato disposto dell'art. 1, commi 56 e 56-bis, della legge n. 662 del 1996 avrebbe eliminato i divieti di iscrizione ad albi e di esercizio dell'attivita' professionale per i "dipendenti di pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno". L'art. 1, commi 56 e 56-bis, avrebbe pertanto, abrogato i divieti e le incompatibilita' previste dall'art. 3, secondo comma, del r.d-l 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella legge 22 febbraio 1934, n. 36, recante "l'ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore". L'eliminazione in parte qua del divieto sarebbe poi stata confermata, in radice, dall'art. 1, comma 56-bis, della legge n. 662 del 1996, introdotto dall'art. 6 del d.-l. n. 79/1997, convertito con legge n. 140/1997 in quanto la norma avrebbe disposto espressamente, senza possibilita' di equivoci, l'abrogazione delle "disposizioni che vietano l'iscrizione ad albi e l'esercizio di attivita' professionali per i soggetti di cui al comma 56". La reiezione dell'iscrizione all'albo, in presenza di presupposti soggettivi e oggettivi, costituirebbe, pertanto, atto contra legem. Ha concluso la ricorrente chiedendo l'annullamento del provvedimento del consiglio delI'ordine degli avvocati di Roma del 22 maggio 1997 emesso nei suoi confronti; e per l'effetto, l'iscrizione all'albo ordinario degli avvocati di Roma. Questo consiglio, con ordinanza del 29 aprile 1998, sospendeva il procedimento e deliberava di sollevare dinanzi alla Corte costituzionale la questione di costituzionalita' delle norme invocate dal ricorrente per violazione degli artt. 3, 24, 54, 70, 97, 98, 101 e 104 Cost. La Corte costituzionale con ordinanza n. 183 del 20 maggio 1999, ha ritenuto la questione manifestamente inammissibile. Pertanto, non essendosi la Corte costituzionale pronunziata in merito, il consiglio nazionale forense, nella sua qualita' di giudice speciale ai sensi dell'art. 111 Cost., e della VI disp. trans. Cost., non potendo decidere la questione senza fare applicazione delle norme di cui ai commi 56 e 56-bis dell'art. 1, legge 23 dicembre 1996, n. 662, solleva la questione di legittimita' costituzionale delle norme stesse, ex art. 23 della legge dell'11 marzo 1953, n. 87, per le seguenti argomentazioni in D i r i t t o 1. - La Corte costituzionale, con ordinanza n. 183 del 20 maggio 1999, riteneva la questione manifestamente inammissibile, per mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio dinanzi al consiglio nazionale forense (C.N.F.), con riferimento ai consigli dell'ordine degli avvocati (C.O.A.) i cui provvedimenti sono stati sottoposti a reclamo. 1.1. - La Corte ha infatti ritenuto, coerentemente con i principi generali in forza dei quali i consigli dell'ordine degli avvocati (C.O.A.) agiscono in qualita' di autorita' amministrative i cui atti possono essere impugnati di fronte al giudice competente (appunto il C.N.F.), che i C.O.A. stessi siano parte necessaria nel giudizio dinanzi al C.N.F. 1.2. - La Corte ha inoltre rilevato: che non sarebbero stati osservati gli adempimenti che la legge impone al consiglio nazionale forense (C.N.F.) per consentire ai consigli dell'ordine di "... prender parte al giudizio, almeno mediante l'esecuzione degli adempimenti di cui agli artt. 60 e 61 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 (norme integrative e d'attuazione del r.d.-l. 27 novembre 1933, n. 1578, sull'ordinamento della professione d'avvocato)"; "che il mancato compimento dell'attivita' minima necessaria a porre le parti in rapporto fra loro (e con il giudice) determina un'abnormita' del procedimento rilevabile ictu oculi e "che la suddetta abnormita' comporta la manifesta inammissibilita' della questione ...". 2. - In merito alla questione dell'integrazione del contraddittorio, si osserva che il consiglio nazionale forense (C.N.F.) ha regolarmente comunicato al C.O.A. di Roma, autore del provvedimento impugnato, l'avvenuta ricezione degli atti relativi aI deposito del ricorso, effettuato presso lo stesso C.O.A. (art. 59, r.d. 22 gennaio 1934, n. 37), con raccomandata r.r. 6 novembre 1997 (che si allega in copia), nonche' inviato regolarmente comunicazione dell'avvenuta fissazione dell'udienza ai sensi del richiamato art. 61, con raccomandata r.r 12 febbraio 1997 (che si allega in copia); 2.1. Sulla base delle considerazioni espresse sub 2, il Consiglio nazionale forense ritiene che siano state adempiute le prescrizioni che la legge impone ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio, e che la questione di costituzionalita', sollevata non sia pertanto manifestamente inammissibile. Il seguito del testo dell'ordinanza e' perfettamente uguale a quello dell'ordinanza pubblicata in precedenza (Reg. ord. n. 348/2000). 00c0558