N. 355 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 settembre 1999
Ordinanza emessa il 23 settembre 1999 dal consiglio nazionale forense sul ricorso proposto da Toscano Vincenzo contro consiglio dell'ordine degli avvocati di Napoli Avvocato e procuratore - Iscrizione all'Albo - Divieto per i pubblici dipendenti - Previsione, con norma interpretativa, dell'inapplicabilita' agli impiegati pubblici con rapporto di lavoro a tempo parziale - Abrogazione delle disposizioni che vietano l'iscrizione all'Albo per i pubblici dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale - Irragionevolezza - Incidenza sul diritto di difesa e sui principi di indipendenza ed autonomia dei difensori - Violazione dei doveri, per i pubblici dipendenti, di fedelta' alla Repubblica e di servizio esclusivo alla Nazione - Lesione dei principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Incidenza sul diritto al lavoro. - Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 56 e 56-bis. - Costituzione, artt. 3, 4, 24, 97 e 98.(GU n.26 del 21-6-2000 )
IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Ha pronunciato la seguente ordinanza; Visto il ricorso n. 170/97 r.g. proposto dal dott. Vincenzo Toscano, rappresentato e difeso dall'avv. Guido Belmonte, avverso la decisione in data 27 aprile 1997, con la quale il consiglio dell'ordine degli avvocati di Napoli rigettava la sua istanza di iscrizione all'albo degli avvocati per incompatibilita'; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di causa; Sentito il relatore alla pubblica udienza del 23 settembre 1999, consigliere Paolo Pauri e udito il sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, dott. Domenico Iannelli; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F a t t o Con atto depositato in data 3 luglio 1997 il dott. Vincenzo Toscano ha proposto ricorso al consiglio nazionale forense contro il consiglio dell'ordine di Napoli, ai sensi dell'art. 31 r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, per l'annullamento della deliberazione 27 aprile 1997 con la quale e' stata rigettata la domanda di iscrizione all'albo gli avvocati. Il dott. Vincenzo Toscano, dipendente del Ministero del bilancio e programmazione economica, in base alla legge 23 dicembre 1996 n. 662, ha stipulato con l'amministrazione un contratto di lavoro part-time in data 18 marzo 1997 ed ai sensi dei commi 56 e 56-bis, dell'art. 1, stessa legge, ha avanzato, in data 10 aprile 1997, domanda di iscrizione all'albo. In data 14 giugno 1997 il consiglio dell'ordine degli avvocati di Napoli ha comunicato al ricorrente che nella seduta del 29 aprile 1997 era stato deliberato il rigetto dell'istanza contro detto provvedimento. Il dott. Toscano si duole del provvedimento, con ricorso presentato il 3 luglio 1997, per i seguenti motivi: nel rito, non sarebbero mai stati formalmente richiesti chiarimenti al ricorrente ai sensi dell'art. 6 d.l. 28 marzo 1997 n. 79, prima dell'audizione e cio' avrebbe impedito di preparare un'adeguata illustrazione difensiva. nel merito si denuncia errata applicazione dell'art. 1 commi 56, 56-bis e 58-bis, legge 23 dicembre 1996 n. 662, anche in relazione all'art. 6 legge 28 maggio 1997 n. 140, di conversione del d.l. 28 marzo 1997 n. 90. il consiglio dell'ordine sarebbe caduto in evidente errore laddove ha ritenuto che "quale che sia l'ambito di applicazione che si ritenga di conoscere all'art. 1 comma 56 e 56-bis della legge 23 dicembre 1996 n. 662 e' da escludere che da esso possa derivare il venir meno delle incompatibilita' tra la professione di avvocato e rapporto d'impiego pubblico e privato", in quanto le norme istitutive del rapporto d'impiego part-time eliminano, in via di principio, l'ipotesi prima esistente della incompatibilita' tra l'impiego e l'iscrizione all'albo: le norme richiamate infatti danno per certa la possibilita' del patrocinio da parte del dipendente part-time. Sulla scorta di tali premesse il ricorrente ha chiesto l'annullamento della deliberazione del consiglio di Napoli e l'iscrizione all'albo degli avvocati. Questo consiglio, con ordinanza del 29 gennaio 1998 sospendeva il procedimento e deliberava di sollevare dinanzi alla Corte costituzionale la questione di costituzionalita' delle norme invocate dal ricorrente per violazione degli artt. 3, 24, 54, 70, 97, 98, 101 e 104 della Costituzione. La Corte costituzionale con ordinanza, n. 183 del 20 maggio 1999, ha ritenuto la questione manifestamente inammissibilie. Pertanto, non essendosi la Corte costituzionale pronunziata in merito, il consiglio nazionale forense, nella sua qualita' di giudice speciale ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, e della VI disp. trans. della Costituzione, non potendo decidere la questione senza fare applicazione delle norme in cui ai commi 56 e 56-bis dell'art. 1, legge 23 dicembre 1996, n. 662, solleva la questione di legittimita' costituzionale delle norme stesse, ex art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per le seguenti argomentazioni in D i r i t t o 1. - La Corte costituzionale, con ordinanza n. 183 del 20 maggio 1999, riteneva la questione manifestamente inammissibile, per mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio dinanzi al consiglio nazionale forense (C.N.F.), con riferimento al consiglio dell'ordine degli avvocati (C.O.A.) di Napoli, il cui provvedimento era stato impugnato. 1.1. - La Corte ha infatti ritenuto, coerentemente con i principi generali in forza dei quali i consigli dell'ordine degli avvocati (C.O.A.) agiscono in qualita' di autorita' amministrative i cui atti possono essere impugnati di fronte al giudice competente (appunto il C.N.F.), che i C.O.A. stessi siano parte necessaria nel giudizio dinanzi al C.N.F. 1.2. - La Corte ha inoltre rilevato: che non sarebbero stati osservati gli adempimenti che la legge impone al consiglio nazionale forense (C.N.F.) per consentire ai consigli dell'ordine di "... prender parte al giudizio, almeno mediante l'esecuzione degli adempimenti di cui agli artt. 60 e 61 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 (Norme integrative e d'attuazione del r.d.-l. 27 novembre 1933, n. 1578 sull'ordinamento della professione d'avvocato)"; "che il mancato compimento dell'attivita' minima necessaria a porre le parti in rapporto fra loro (e con il giudice) determina un'abnormita' del procedimento rilevabile ictu oculi e "che la suddetta abnormita' comporta la manifesta inammissibilita' della questione ...". 2. - In merito alla questione dell'integrazione del contraddittorio, si osserva che il consiglio nazionale forense (C.N.F.) ha regolarmente comunicato al C.O.A. di Napoli, autore del provvedimento impugnato, l'avvenuta ricezione degli atti relativi al deposito del ricorso, effettuato presso lo stesso C.O.A. (art. 59, r.d. 22 gennaio 1934, n. 37), con raccomandata r.r. 6 novembre 1997 (che si allega in copia), nonche' inviato regolarmente comunicazione dell'avvenuta fissazione dell'udienza ai sensi del richiamato art. 61, con raccomandata r.r. 12 dicembre 1997 (che si allega in copia); 2.1. - Sulla base delle considerazioni espresse sub 2, il Consiglio nazionale forense ritiene che siano state adempiute le prescrizioni che la legge impone ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio, e che la questione di costituzionalita', sollevata non sia pertanto manifestamente inammissibile. Il seguito del testo dell'ordinanza e' perfettamente uguale a quello dell'ordinanza pubblicata in precedenza (Reg. ord. n. 348/2000). 00C0559