N. 388 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 gennaio 2000
Ordinanza emessa il 28 gennaio 2000 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Ando' Emanuela contro Ministero delle finanze Imposta di registro - Trasferimenti a titolo oneroso di immobili destinati ad uso di abitazione non di lusso - Cumulo delle agevolazioni fiscali previste dalla legge n. 118/1985 e dalla legge n. 168/1982 - Applicabilita' ai rapporti tributari non ancora definiti al 1o gennaio 1999 - Limite - Esclusione della possibilita' di rimborso - Irragionevolezza intrinseca - Disparita' di trattamento in danno dei contribuenti che hanno adempiuto la (insussistente) pretesa tributaria - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del principio di capacita' contributiva. - Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 7, comma 10. - Costituzione, artt. 3 e 53.(GU n.28 del 5-7-2000 )
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n. 10060 R.G. 1998, proposto da Ando' Emanuela, elettivamente domiciliata in Roma al viale Mazzini, 11, presso l'avv. prof. Livia Salvini, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso, ricorrente; Contro Ministero delle finanze, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma alla via dei Portoghesi, 12; controricorrente per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria centrale del 30 gennaio 1997, depositata col n. 1630 il 14 aprile 1997. Uditi, nella pubblica udienza del 28 gennaio 2000: il cons. Papa, che ha svolto la relazione della causa; l'avv. Polizzi per il controricorrente; il p.m., in persona del sostituto procuratore generale dott. Vincenzo Maccarone, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. I. - Premesso, in fatto, quanto segue: Con atto registrato a Frascati il 19 giugno 1986 al n. 740, Emanuela Ando' acquisto' un appartamento in Roma, fruendo dei benefici della legge n. 118/1985 per la "prima casa"; ma il competente ufficio di registro, avendo riscontrato che la contribuente aveva gia' goduto degli analoghi benefici, ai sensi della precedente legge n. 168/1982 (atto registrato, pure a Frascati, il 1o febbraio 1983, al n. 261), ritenendo l'iterazione in contrasto con l'art. 2 della stessa legge n. 118/1985, revoco' le agevolazioni, recupero' l'imposta ed irrogo' le relative sanzioni. La Ando' corrispose la somma ma, ritenendola non dovuta, ne chiese il rimborso davanti alla commissione tributaria di primo grado di Roma, che accolse la domanda; il gravame dell'ufficio venne respinto dalla commissione tributaria di secondo grado; l'impugnazione ulteriore della amministrazione finanziaria stata infine accolta dalla commissione tributaria centrale, che, con decisione del 30 gennaio 1997, depositata col n. 1630 il 14 aprile 1997, ha affermato l'incompatibilita' della ripetizione del beneficio, attesa l'identita' di ratio delle discipline agevolative. Per la cassazione della sentenza ricorre la Ando', con unico motivo, illustrato da memoria. L'amministrazione resiste con controricorso. II. - Considerate le contrapposte posizioni difensive: A) denunziando violazione e falsa applicazione dell'art. 2 della legge n. 118/1985, la ricorrente contrasta - sulla scorta, altresi', di richiami giurisprudenziali - la identita' di ratio fra le leggi del 1982 e del 1985, sopra riportate, comunque negando il divieto di cumulo dei benefici in esse rispettivamente previsti, alla stregua della lettera dell'art. 2 comma 1 della legge piu' recente, che prevede la dichiarazione dell'acquirente - fra l'altro "di non aver gia usufruito delle agevolazioni previste dal presente comma", e non giustifica quindi l'affermata ulteriore incompatibilita'. B) l'amministrazione controricorrente oppone l'esattezza della piu' restrittiva interpretazione, seguita nella decisione impugnata, per riferirsi, in definitiva, il beneficio piu' di una volta invocato ad "una sorta di opportunita' concessa una tantum per ragioni di giustizia sociale". C) nella memoria, la contribuente ribadisce la sua posizione, richiamando la disciplina (definita di "interpretazione autentica" del cit. art. 2) introdotta dall'art. 7 comma 9 della legge n. 448/1998, ed insiste per la cassazione della decisione impugnata, con pronunzia nel merito ai sensi dell'art. 384 comma 1 c.p.c., e condanna della resistente amministrazione a restituirle quanto pagato in dipendenza dell'avviso di liquidazione. III. - Tanto premesso e considerato, osserva il collegio che: 1) l'art. 1 comma 6 della legge 22 aprile 1982, n. 168 accordo', ai trasferimenti (attuati con atti pubblici formati, atti giudiziari pubblicati o emanati, scritture private autenticate o scritture non autenticate ma presentate per la registrazione dopo il 23 aprile 1983, data di entrata in vigore della legge) di fabbricati o porzioni di fabbricato destinati ad abitazioni non di lusso, agevolazioni ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, ad alcune condizioni, fra cui la dichiarazione del compratore, a pena di decadenza, "di non aver usufruito delle agevolazioni previste dal presente comma": il beneficio, stabilito fino al 31 dicembre 1983, fu poi prorogato fino al 30 giugno 1984 (art. 4 d.l. n. 747/1983, convertito con modifiche nella legge n. 18/1984); 2) l'art. 2 comma 1 del d.l. 7 febbraio 1985, n. 12, convertito con modifiche nella legge 5 aprile 1985, n. 118, ha reintrodotto analogo beneficio, a partire dall'8 febbraio 1985, ripetendo, fra le condizioni per il riconoscimento, quella "di non aver gia' usufruito delle agevolazioni previste dal presente comma": queste stesse, in origine fissate con durata limitata (fino al 31 dicembre 1985), sono state poi protratte (art. 5-bis d.l. n. 708/1986, introdotto dalla legge di conversione n. 899/1986; art. 2 comma 3 della legge n. 541/1988) fino al 31 dicembre 1991, con aggiustamenti successivi; 3) quindi, per efferto dell'art. 3 comma 2 della legge 31 dicembre 1991, n. 415, il beneficio diviene permanente ed e' espressamente unificato, sotto il profilo del diniego di cumulo, essendosi richiesta la dichiarazione del compratore "di non aver gia' usufruito delle agevolazioni previste dall'art. 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168, e dall'art. 2 del predetto decreto-legge n. 12 del 1985, nonche' di quelle previste dal presente comma"; 4) ancora in prosieguo di tempo, il divieto - anche se assoggettato, ratione temporis, alla disciplina della successione di leggi - viene a cadere, in maniera tanto piu' significativa, ove si consideri che, mentre l'art. 1 comma 2 del d.l. 23 gennaio 1993, n. 16 ripete la condizione suddetta (dichiarazione di non aver usufruito di precedente analogo beneficio), la legge di conversione (n. 75/1993) la riduce a quella "di non possedere altro fabbricato o porzioni di fabbricato idoneo ad abitazione e di volerlo adibire ad abitazione principale, anche avendo usufruito, quale acquirente, delle agevolazioni" previste dalle precedenti leggi (cfr. altresi', per l'adeguamento della tariffa del t.u. imp. reg. n. 131/1986, l'art. 16 del d.l. n. 155/1993, convertito con modifiche nella legge n. 243/1993); 5) successivamente, peraltro, l'art. 3 comma 131 lett. c) della legge 28 dicembre 1995, n. 549 nuovamente esclude la possibilita' di cumulo, con puntuale indicazione dei vari provvedimenti normativi (compresi i decreti-legge non convertiti) di agevolazione, dal 1982 al 1993; 6) in questo contesto si innesta la disciplina - cui la ricorrente si richiama - introdotta con la legge 23 dicembre 1998, n. 448, che, all'art. 7, commi 9 e 10, regola i rapporti pregressi. IV. - In particolare, il comma 9 art. ult. cit. espressamente riconosce competere il beneficio, riportato sub III/2 che precede, "anche qualora l'acquirente abbia gia' usufruito delle agevolazioni previste dall'art. 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168"; il comma 10, dopo aver dichiarato tali disposizioni applicabili "ai rapporti tributari non ancora definiti alla data di entrata in vigore della presente legge" (1o gennaio 1999: art. 38), conclusivamente puntualizza - introducendola peraltro con la congiunzione coordinante e' in luogo della avversativa ma - che le disposizioni stesse "non danno luogo a rimborso". Ed e' con riguardo a quest'ultimo inciso che il collegio ritiene di sollevare d'ufficio incidente di legittimita' costituzionale. A) Sotto il profilo della rilevanza, la questione appare giustificata dalla considerazione per cui la ricorrente odierna, nel prendere atto dell'esattezza della tesi difensiva prospettata ancora in sede di legittimita', non potrebbe comunque conseguire il rimborso, costituente petitum della proposta domanda, proprio per effetto dell'inciso finale del citato comma 10. V.-B). - Cio' posto, non manifestamente infondata appare la questione che si vuole proporre, per ritenuta violazione degli artt. 3 e 53 Cost. Si reputa opportuno precisare che, questa Corte, nell'occuparsi dei benefici del 1982 e del 1985, ha posto ripetutamente l'accento sulla diversita' delle discipline corrispondenti - desumibile dai requisiti rispettivamente previsti -, con espressa limitazione di quella piu' recente alla ubicazione dell'immobile nel comune di residenza dell'acquirente, laddove per quella anteriore era sufficiente l'impossidenza purchessia di altro immobile, accompagnata dall'intenzione di destinare quello acquistato ad uso abitativo (Cass. 9506/1997, 2027 e 1966/1996). Il cumulo e' stato in realta' escluso da Cass. 9093/1998, la quale, facendo leva unicamente sulla vicenda legislativa del 1993 - riportata sub III/4 -, ha ritenuto che "proprio dal tenore della norma (scil.: dell'art. 1 comma 2 d.l. n. 16/1993) emerga come il principio secondo cui nessuno poteva godere due volte del beneficio ... fosse proprio della legislazione previgente, e coinvolgesse anche i benefici conseguiti attraverso la legge n. 168/1982". Ma significativo rilievo acquistano, nell'opposta direzione, Cass. 4309 e 5488/1999 e Cass. 4840/1999, rese in prossimita' della legge n. 448/1998, qui considerata. Le prime due, deliberate anteriormente alla pubblicazione della legge (rispettivamente, il 6 ottobre ed il 22 dicembre 1998, senza successiva riconvocazione), ribadiscono la diversita' di ratio di ognuno dei benefici in discussione, l'autonomia - interna a ciascuna normativa - del divieto di cumulo, la necessita' di riguardare la "coerente tecnica di elaborazione del dettato normativo in tema di successione nel tempo di analoghi benefici fiscali, dovendo constatarsi che il legislatore e' attento a regolare la concorrenza delle diverse agevolazioni, pur diversamente - a volta a volta - disciplinandola" (Cass. 4309/1999 cit.). Ancor piu' significativa si rivela la terza, perche' (seguita da riconvocazione per effetto del richiamato ius superveniens e recante la doppia data di decisione del 26 giugno 1998 e 15 gennaio 1999, che denota la conferma della prima deliberazione, gia' risultante dall'andamento della motivazione), pur dando atto che la soluzione e' divenuta obbligata a partire dal 1o gennaio 1999, dichiara frutto di esemplificazione eccessiva il rilievo di finalita' unica nelle varie discipline agevolative, a sua volta sottolineando le caratteristiche dei precedenti divieti di cumulo come sopra definiti interni, ed espressamente negando - in contrasto con la tesi dell'amministrazione - valenza di principio generale al divieto complessivo ed unitario fissato, per la prima volta, dalla legge n. 415/1991, il tutto con esplicita puntualizzazione che, "come puo' ricavarsi dalle leggi successivamente emanate, il legislatore non ha seguito un orientamento costante, ora ammettendo e ora escludendo dalla fruizione delle agevolazioni previste dalle singole leggi coloro che avessero gia' goduto di benefici analoghi concessi da altre leggi promulgate in materia". VI. - Alla conclusione, favorevole per il contribuente (gia' seguita, del resto, dalla giurisprudenza tributaria: v., per tutte, Comm. Trib. Centrale 4122, 4030 e 724/1997), ritiene arduo, il collegio, non prestare adesione, persino indipendentemente dalla disciplina - da cui tuttavia non e' dato ormai prescindere - sopravvenuta con la citata legge n. 448/1998, che ha affermato la cumulabilita' dei benefici, con norma interpretativa dichiarata applicabile ai rapporti non definiti, tuttavia escludendo il diritto al rimborso. Quest'ultima disposizione mostra invero elementi di intima contraddizione, non essendo dato attingere ragioni di conciliabilita' fra l'ammissione al duplice beneficio e l'esclusione del diritto a ripetere quanto si sia pagato per effetto della revoca dell'agevolazione successiva. Come gia' emerge dalla impostazione fin qui' seguita, la materia delle esenzioni e delle agevolazioni fiscali, che e' rimessa alle scelte politiche contingenti del legislatore ed e' per definizione di stretta interpretazione, consente (e, di fatto, ha registrato) l'attuazione di misure diverse - e persino contrastanti - nel tempo, restando assoggettata alle regole generali sull'efficacia della legge ed, all'interno del periodo considerato, da quelle sull'interpretazione della stessa. In questa ottica, mentre i diversi orientamenti del legislatore (ricordati da Cass. 4840/1999 cit.) risultano in precedenza affidati ad una coerente tecnica di elaborazione del dettato normativo in tema di successione nel tempo di analoghi benefici (come argomenta Cass. 4309/1999 cit.), ogni criterio di ragionevolezza appare infranto dall'ultimo intervento, col quale, seguendosi la tecnica tipica della materia del condono, si e' espressamente escluso il diritto del contribuente al rimborso. Tanto e' avvenuto, infatti, senza considerare che, nel caso in esame, non si tratta di intervenire con un beneficio - dettato dalle particolari esigenze della finanza pubblica - incidente su una fattispecie imoositiva ormai verificatasi, occorrendo invece stabilire se quella fattispecie ricomprendesse ab initio il trattamento favorevole invocato dal contribuente. L'incoerenza riscontrata si traduce, sotto il profilo dell'art. 3 Cost., in un possibile vulnus al principio di uguaglianza in senso stretto, dato che il diverso trattamento previsto per i contribuenti - i quali facciano valere il doppio beneficio, abbiano o meno medio tempore assolto la pretesa tributaria - non trae origine da una posizione sostanziale differenziata, anche soltanto nel tempo. Essa appare riconnettersi, per contro, ad una evenienza estrinseca, puramente accidentale, denotando per giunta una considerazione deteriore proprio nei confronti di quei contribuenti i quali abbiano anticipatamente adempiuto una pretesa tributaria pur riconosciuta (dallo stesso legislatore) insussistente. Se i rilievi esposti colgono nel segno, necesariamente concorre la violazione dell'art. 53 Cost., poiche', pure risultando per definizione pari la capacita' contributiva delle due classi di soggetti passivi (che abbiano corrisposto, o meno, la maggiore imposta con le relative sanzioni), i rispettivi trattamenti tributari risultano differenziati. Ritiene pertanto il collegio, sul premesso accertamento di rilevanza, non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7 comma 10 della legge n. 448/1998,1 per violazione degli artt. 3 e 53 Cost., la' dove prevede che le disposizioni di cui al comma 9 si applicano ai rapporti tributari non ancora definiti alla data di entrata in vigore della stessa legge (1o gennaio 1999), "e non danno luogo a rimborso".
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7 comma 10 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nella parte in cui stabilisce che le disposizioni del precedente comma 9, pure applicandosi ai rapporti tributari non ancora definiti al 1o gennaio 1999, non danno luogo a rimborso; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il giudizio; Ordina che, a norma dell'art. 23 comma 4 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la presente ordinanza sia, a cura della Cancelleria, notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Roma, addi' 28 gennaio 2000. Il presidente: Carnevale 00C0615