N. 422 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 marzo 2000

Ordinanza  emessa  il 20 marzo 2000 dal magistrato di sorveglianza di
Avellino  nel  procedimento  di sorveglianza nei confronti di Acierno
Nicola

Pena  -  Violazioni  depenalizzate  dal  d.lgs.  n. 507/1999  Multe e
ammende   inflitte  con  sentenza  o  decreto  di  condanna  divenuti
irrevocabili  prima  dell'entrata  in  vigore  del suddetto decreto -
Riscossione   con  le  forme  dell'esecuzione  penale  -  Conseguente
possibilita',   in   caso   di   insolvibilita'  del  condannato,  di
conversione   della   pena   pecuniaria  in  sanzione  sostitutiva  -
Irragionevole  disparita'  di  trattamento  rispetto  alle piu' gravi
ipotesi,  depenalizzate, di condanna per il medesimo titolo di reato,
a  pena  detentiva - Violazione del principio di inviolabilita' della
liberta' personale.
- D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, art. 101, comma 2.
- Costituzione, artt. 3 e 13.
(GU n.30 del 19-7-2000 )
                             IL GIUDICE

    Con  ordinanza  n. 56/1999  dell'11 ottobre  1999,  convertiva in
  giorni tre di liberta' controllata la pena pecuniaria di L. 200.000
  di ammenda, inflitta con decreto penale della pretura di Salerno in
  data  28 ottobre 1991, al condannato Acierno Nicola, nato a Mugnano
  del  Cardinale  il  2 marzo  1961,  per il reato di cui all'art. 87
  comma III del Codice della Strada.
    Successivamente, lo stesso magistrato di sorveglianza riesaminava
  la  richiesta  di  esecuzione  della predetta pena pecuniaria sulla
  scorta  della  entrata  in  vigore  del recente decreto legislativo
  30 dicembre  1999,  n. 507,  e rilevato che la fattispecie in esame
  rientrava  tra  quelle  depenalizzate  dal  decreto  medesimo,  con
  ordinanza   del   21 gennaio  2000  revocava  il  provvedimento  di
  conversione, rimettendo gli atti all'ufficio esecuzione competente.
    In  data 18 febbraio 2000 l'ufficio del campione penale presso il
  tribunale di Salerno, visto che il magistrato di sorveglianza aveva
  revocato  l'ordinanza  di  conversione, e che a sua volta il g.i.p.
  presso   il   tribunale   di   Salerno,   in  qualita'  di  giudice
  dell'esecuzione,  aveva  revocato  il  decreto  penale di condanna,
  chiedeva  istruzioni  circa  la  procedura  di  recupero della pena
  pecuniaria, che nel frattempo lasciava sospesa.
    A tale richiesta il magistrato di sorveglianza rispondeva che con
  la  revoca  dell'ordinanza  di  conversione  aveva perso competenza
  sulla  procedura esecutiva, la quale ormai spettava solo al giudice
  dell'esecuzione.
    Quest'ultimo,  a  sua  volta,  rispondeva  sostenendo che la pena
  dell'ammenda,  originariamente  applicata  con  il  decreto  penale
  revocato,   doveva   essere   riscossa   insieme   alle  spese  del
  procedimento,  ai  sensi degli artt. 660 c.p.p. e 101 secondo comma
  decreto-legge    507/1999,    con    l'osservanza    delle    norme
  sull'esecuzione delle pene pecuniarie.
    Sulla  scorta  di  quest'ultima  motivazione,  l'ufficio campione
  penale  presso  il  tribunale  di  Salerno  ritrasmetteva  gli atti
  all'ufficio  di  sorveglianza di Avellino, con l'invito a procedere
  alla  conversione  in liberta' controllata della pena pecuniaria di
  cui al decreto revocato.
    Di  conseguenza,  l'ufficio  di sorveglianza di Avellino veniva a
  trovarsi nuovamente investito della questione, con assegnazione del
  fascicolo alla scrivente.
    Orbene,  ritiene questo magistrato che nella specie si e' dinanzi
  piu'  che  ad  un  conflitto  di  competenza,  ad  un  conflitto di
  interpretazione  di una norma, determinato, con molta probabilita',
  da  una  ambigua  formulazione  del  testo  normativo: infatti, nel
  rinviare,  ai  fini  della  riscossione delle multe e delle ammende
  inflitte con le sentenze e i decreti irrevocabili aventi ad oggetto
  violazioni   depenalizzate,   alla  osservanza  delle  norme  sulla
  esecuzione  delle  pene  pecuniarie,  1'art. 101  comma  2  decreto
  legislativo   507/1999  non  chiarisce  se  per  tali  norme  debba
  intendersi  soltanto  le  norme ed i regolamenti indicati nel primo
  comma  dell'art. 660  c.p.p.,  oppure  se  nell'ambito delle stesse
  debba  includersi  anche la disciplina della conversione della pena
  pecuniaria, regolata dal secondo comma dell'art. 660 citato.
    Cio'  premesso, dinanzi alla nuova richiesta di conversione della
  pena  pecuniaria,  questo  magistrato ribadisce l'orientamento gia'
  implicitamente  espresso  dal  proprio ufficio con l'emanazione del
  provvedimento   di  revoca  dell'ordinanza  di  conversione,  e  al
  contempo,  ritenuto che dalla mancanza di una specifica indicazione
  del  riferimento normativo non puo' farsi discendere una automatica
  esclusione   dello   stesso,   solleva  questione  di  legittimita'
  costituzionale   dell'art.   101   comma   2   decreto  legislativo
  30 dicembre  1999,  n. 507 nella parte in cui, nel fare riferimento
  alle  norme sulla esecuzione delle pene pecuniarie da osservare per
  la riscossione delle multe e delle ammende inflitte in relazione ai
  reati   depenalizzati,  non  esclude  l'applicazione  dell'art. 660
  secondo   comma   c.p.p.,   lasciando   conseguentemente  salva  la
  possibilita'  che,  in  caso  di  insolvibilita' del condannato, il
  magistrato  di  sorveglianza  proceda  alla  conversione della pena
  pecuniaria rimasta insoluta in sanzione sostitutiva.
    La  remittente ritiene non infondata la questione di legittimita'
  anzitutto con riferimento all' art. 3 della Costituzione, in quanto
  osserva  che  la  sopravvivenza  dell'istituto della conversione in
  caso  di  "abolitio  criminis"  verrebbe  in  concreto a creare una
  ingiusta  disparita'  di  trattamento  tra coloro i quali, in forza
  della   sentenza   o   del   decreto  relativi  ad  una  violazione
  depenalizzata,  sono  stati  condannati  ad  una  pena detentiva, e
  coloro  i  quali,  invece,  in relazione alla medesima fattispecie,
  hanno  subito l'inflizione di una pena pecuniaria: invero, i primi,
  potranno  attivarsi  ai sensi del primo comma dell'art. 101 decreto
  legislativo  507/1999  -  la  cui  formulazione  ricalca  lo schema
  dell'art. 673  c.p.p.  -  per  chiedere  al  g.e.  la  revoca della
  sentenza   o   del   decreto,   e   conseguentemente   ottenere  la
  scarcerazione,  estinguendo cosi' definitivamente il proprio debito
  con  la  giustizia; laddove i secondi, non soltanto continueranno a
  rimanere  gravati  dall'adempimento della sanzione, ma rischieranno
  di  vedere  trasformarsi tale sanzione da pecuniaria - e quindi, in
  quanto    meno    gravosa   di   quella   detentiva,   generalmente
  corrispondente ad una valutazione di minore gravita' del fatto - in
  pena detentiva proprio a seguito del meccanismo della conversione.
    Infatti,   secondo  il  meccanismo  predisposto  dalla  normativa
  vigente,  non  puo' negarsi che ancora oggi e' possibile finire per
  scontare  una  pena  detentiva  per  insolvibilita'  di una pena in
  origine pecuniaria.
    Infatti,  l'art. 108  legge n. 689/198l prevede testualmente, nel
  caso  di  inosservanza  delle  prescrizioni imposte, la conversione
  della  liberta'  controllata  o del lavoro sostitutivo in arresto o
  reclusione,   secondo  la  specie  della  sanzione  originariamente
  inflitta.
    Anzi  va sottolineato che il capoverso dell'art. 108 esclude ogni
  attivita'  discrezionale  del tribunale di sorveglianza, competente
  alla  conversione, laddove statuisce che il tribunale "provvede con
  ordinanza alla conversione" diversamente dal caso analogo, regolato
  dall'art. 66  legge n. 689/1981, che, nel disciplinare l'ipotesi di
  conversione nel caso di inosservanza delle prescrizioni imposte con
  la  semidetenzione  o con la liberta' controllata sostituite a pene
  detentive,  stabilisce  che  il tribunale, "qualora ritenga doversi
  procedere alla conversione ... provvede con ordinanza".
    Ne',  ad  avviso  della  scrivente,  e' possibile individuare una
  giustificazione  di tale disparita' di trattamento nella violazione
  della  prescrizione, in quanto la stessa, per quanto reprimevole ed
  imputet  sibi,  resta  un fatto meramente eventuale e successivo al
  reale  elemento  discriminatore,  costituito dalla operativita' del
  meccanismo  della conversione, sul presupposto della salvezza della
  sanzione pecuniaria.
    Proprio  a  quest'ultima  osservazione  si  aggancia un ulteriore
  dubbio di legittimita' della norma, stavolta sotto il profilo della
  violazione  dell'art. 13,  che  tutela  la liberta' personale quale
  principio cardine del nostro ordinamento.
    La  questione  si  formula  sul  rilievo  che i condannati a pena
  pecuniaria  per  un  fatto  depenalizzato  dal  decreto legislativo
  n. 507/1999,  a  prescindere  dal  dettato  dell'art. l08 capoverso
  legge   n. 689/1981,   si   vedrebbero  gravati,  a  seguito  della
  conversione  della  pena pecuniaria in liberta' controllata, da una
  serie  di  prescrizioni, in alcuni casi anche fortemente limitative
  della  liberta'  personale  (quali  ad  esempio  l'obbligo  di  non
  allontanarsi  dal  comune di residenza o di presentazione periodica
  alla p.g.) senza che tale compressione possa continuare a ritenersi
  giustificata  in  seguito  alla  avvenuta  "abolitio  criminis", in
  quanto,  se  l'abrogazione  di  un  illecito  penale costituisce il
  risultato di una valutazione di compatibilita' tra il comportamento
  incriminato   e   l'interesse  collettivo  -  o,  quanto  meno,  di
  tollerabilita',  per  la trasformazione in illecito amministrativo,
  per  il  quale e' prevista tutt'al piu' una sanzione amministrativa
  pecuniaria  -  diviene  contradditorio e irragionevole continuare a
  punire  l'autore  di  un  fatto  ormai  tollerato  dall'ordinamento
  giuridico  imponendogli  una  restrizione della liberta' personale,
  sia che tale restrizione discenda da una sanzione diretta, sia, e a
  maggior ragione, che discenda da una sanzione sostitutiva.
    Invero,   la   liberta'   personale,  in  quanto  bene  di  rango
  costituzionale  gerarchicamente  sovraordinato  rispetto ai beni di
  natura  patrimoniale,  appare  legittimamente  sacrificabile non in
  presenza di qualsivoglia attacco ad un bene degno di tutela, bensi'
  nei  soli  casi  in  cui l'aggressione raggiunga un tale livello di
  gravita' da risultare intollerabile.
    A   cio'   occorre  aggiungere  che  l'art. 100  del  decreto  in
  questione,  nel disciplinare le situazioni transitorie, ha previsto
  che   la   sostituzione  delle  sanzioni  penali  con  le  sanzioni
  amministrative  si  applica  anche  a  coloro che hanno commesso le
  violazioni  anteriormente  alla  data in vigore del decreto stesso,
  sempre  che  il  procedimento  penale  non  sia  stato definito con
  sentenza  o  con  decreto divenuti irrevocabili; e tale previsione,
  alla  luce  di  quanto  finora esposto, finisce per determinare una
  ulteriore  disparita'  di  trattamento  tra  costoro,  per  i quali
  l'operativita'  della  conversione  deve  ritenersi  esclusa  dalla
  natura  amministrativa  della sanzione applicabile proprio in forza
  di  tale  specifica  disposizione,  e  coloro  i quali, avendo gia'
  ottenuto  la  definizione  del  relativo  procedimento  penale  con
  sentenza  o decreto irrevocabili, continuano a rimanervi esposti in
  virtu' della natura penale della sanzione inflitta.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
  costituzionalita'   dell'art. 101,  comma  2,  decreto  legislativo
  30 dicembre  1999,  n. 507 nella parte in cui, nel fare riferimento
  alle  norme  sulla  esecuzione  delle  pene pecuniarie, non esclude
  l'applicazione del capoverso dell'art. 660 c.p.p. alle multe e alle
  ammende   inflitte   con   sentenza   o   decreto  penale  divenuti
  irrevocabili  ed emessi in relazione a violazioni depenalizzate dal
  medesimo decreto legislativo.
    Sospende  la decisione in ordine alla richiesta di conversione in
  liberta'  controllata  della pena di L. 200.000 di ammenda inflitta
  ad  Acierno  Nicola con decreto penale di condanna della pretura di
  Salerno del 28 ottobre 1991;
    Dispone  che  la presente ordinanza venga notificata a cura della
  cancelleria  al  condannato, al procuratore della Repubblica presso
  il  tribunale  di Salerno, al giudice dell'esecuzione penale presso
  l'ufficio  g.i.p.  del  tribunale  di Salerno, all'ufficio campione
  penale  presso  il  tribunale di Salerno, nonche' al Presidente del
  Consiglio dei Ministri;
    Si  comunichi  ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e si
  trasmetta  -  a  notifiche  e comunicazioni effettuate - alla Corte
  costituzionale.
        Avellino, addi' 20 marzo 2000.
                Il magistrato di sorveglianza: Ventra
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