N. 430 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 febbraio 2000
Ordinanza emessa il 17 febbraio 2000 dal tribunale di Verona nel procedimento di opposizione all'esecuzine proposta da Perini Gianpaolo contro Stefanelli Raffaele ed altra Impiego pubblico - Stipendi dei pubblici dipendenti - Coesistenza tra pignoramento e cessione volontaria gia' perfezionata - Possibilita', nei limiti della differenza tra la meta' dello stipendio e la quota ceduta - Ingiustificata diversita' di disciplina rispetto alle retribuzioni dei lavoratori privati. - D.P.R. 5 gennaio 1950, n.180, art. 68, secondo comma. - Costituzione, art. 3.(GU n.30 del 19-7-2000 )
IL GIUDICE Osserva e dispone quanto segue: la norma di cui l'art. 68 secondo comma d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180 (testo unico del sequestro, pignoramento e cessiome degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni) prevede che, qualora all'eseguito pignoramento preesista una cessione del credito da parte del debitore esecutato, si possa pignorare soltanto la differenza tra la meta' dello stipendio del debitore sottoposto ad esecuzione e la quota ceduta; l'indicazione da parte del legislatore del predetto limite alla pignorabilita' dello stipendio denota ed esplicita la possibile coesistenza tra la cessione del credito del dipendente sottoposto ad esecuzione e l'attribuzione al creditore pignorante di una determinata quota dello stipendio del proprio debitore (a condizione, ovviamente, che non venga superato il predetto limite di cui all'art. 68 secondo comma d.P.R. n. 180/1950); la predetta coesistenza, espressamente prevista dal legislatore per il settore della dipendenza pubblica, non pare ricavarsi nel medesimo campo del lavoro dipendente privato: sussistono, infatti, precisi elementi testuali per ritenere inammissibile la coesistenza tra cessione dello stipendio e la attribuzione di parte del medesimo stipendio al creditore in executis. il limite del quinto dello stipendio cioe' (previsto in via generale per l'impiego privato dall'art. 545 comma quarto c.p.c.) costituisce la percentuale massima di retribuzione che puo' non essere attribuita al lavoratore, per essere distratta in favore di altro soggetto (creditore esecutante nel caso di preesistenza del pignoramento; soggetto cessionario nell'eventualita' di preesistenza della cessione del credito). Depongono per tale conclusione (opponibilita' al creditore esecutante di una cessione del credito preesistente all'inizio dell'esecuzione e, quindi, inammissibilita' di una possibile coesistenza tra i predetti istituti - pignoramento e cessione del credito - ove venga superata la richiamata percentuale di un quinto dello stipendio) gli artt. 547 comma secondo c.p.c. e 2914 n. 2 c.c.. Opinare diversamente, infatti, costringerebbe l'interprete a vani sforzi per attribuire un senso compiuto alla norma che prevede in capo al terzo pignorato l'obbligo di specificare l'eventuale sussistenza di cessioni del credito notificategli (art. 547 comma secondo c.p.c.) e a quella che sancisce l'inefficacia - in pregiudizio del creditore pignorante - delle cessioni di crediti notificate od accettate successivamente al pignoramento (art. 2914 n. 2 c.c., norma dalla quale si evince, "a contrario", l'efficacia e quindi l'opponibilita' al pignorante delle cessioni perfezionate antecedentemente al pignoramento). L'alternativa, quindi, nel campo dell'impiego privato (art. 545 c.p.c.) e' in ternini di prevalenza dell'una (cessione) o dell'altro (pignoramento), limitandosi la possibile coesistenza tra i predetti istituti ai casi, non frequenti, di non superamento della misura del quinto dello stipendio. Per contro, come ricordato, nel settore dell'impiego pubblico il legislatore (art. 68 secondo comma, d.P.R. n. 180/1950) espressamente ammette la coesistenza di cessione e pignoramento, indicando un limite (la meta') sensibilmente maggiore rispetto a quello previsto per i dipendenti privati (un quinto, in base alle considerazioni che precedono). L'indubbio deteriore trattamento per i dipendenti pubblici non appare ragionevole,prestandosi a censure di costituzionalita' con riferimento all'art. 3 della Carta costituzionale, sancente la parita' di tutti i cittadini di fronte alla legge. Identico sospetto di illegittimita' costituzionale del richiamato articolo 68 d.P.R. n. 180/1950 andrebbe ravvisato (questa volta pero' nel senso opposto di ritenere irragionevolmente preferiti i dipendenti pubblici rispetto a quelli privati) qualora si ritenessero non opponibili al creditore pignorante le cessioni volontariamente perfezionate dal debitore esecutato pur in data antecedente all'esecuzione del pignoramento (si veda, in tal senso, pretura di Modena 15 luglio 1991 e 25 luglio 1991): in tal caso, infatti, il dipendente pubblico profitterebbe di un limite massimo corrispondente alla meta' dello stipendio (art. 68 d.P.R. n. 180/1950) non riscontrabile nel campo dell'impiego privato. Tale indubbia differenza di trattamento tra lavoratore privato e lavoratore pubblico appare incomprensibile anche alla luce dell' orientamento della Corte costituzionale la quale, in piu' pronunce - sentenze 25 marzo 1987 n. 89, 26 luglio 1988 n. 878, 19 marzo 1993 n. 99 - ha svolto la propria opera nel senso di eliminare le differenze di trattamento tra il settore del lavoro pubblico e quello dell'impiego privato. Le svolte considerazioni portano questo giudice a ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 68 secondo comma, d.P.R. n. 180/1950 nella parte in cui stabilisce il limite della meta' dello stipendio o salario quale dato onde effettuare l'operazione di sottrazione. La rilevanza della medesima questione concerne la posizione del debitore sottoposto alla procedura esecutiva, dipendente pubblico il cui stipendio risulta essere gia' gravato da precedente cessione del credito: l'eventuale accoglimento della prospettata eccezione, facendo venir meno la possibile coesistenza tra cessione e pignoramento, riconducendola entro il campo di applicazione del settore lavorativo privato (contemplante, secondo la superiore interpretazione, il limite massimo del quinto dello stipendio anche in caso di coesistenza tra cessioni e pignoramento), determinerebbe la aspirazione del debitore esecutato a vedere detratta, dalla misura del quinto del proprio stipendio attribuibile al creditore in executivis, la quota oggetto della cessione volontaria gia' in essere.
P. Q. M. Revoca l'assegnazione della causa a sentenza; Sospende il procedimento; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale in quanto rilevante e non manifestamente infondata la questione di leggittimita' costituzionale dell'art. 68 secondo comma, d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui introduce - per i dipendenti pubblici - un trattamento differenziato, rispetto all'omologo settore privato, in tema di coesistenza tra pignoramento e cessione volontaria del credito; Manda alla cancelleria per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, per la notifica della presente ordinanza di rimessione al Presidente del Consiglio dei Ministri, per la sua comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Si comunichi altresi' alle parti della presente procedura. Verona, addi' 17 febbraio 2000. Il giudice dell'esecuzione: Fontana 00c0711