N. 434 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 novembre 1999

Ordinanza  emessa  il  30 novembre  1999 dalla Commissione tributaria
provinciale  di  Benevento  sul  ricorso  proposto da E.T.A.C. s.r.l.
D.R.E. per la Campania - Sezione di Benevento

Imposta  sul  reddito  delle persone fisiche (IRPEF) - Imposte dovute
sui  trattamenti di fine rapporto dei lavoratori dipendenti - Obbligo
dei  sostituti  di  imposta  di  versare,  a  titolo  di acconto, una
percentuale   dell'ammontare   complessivo   degli  accantonamenti  -
Disparita'  di  trattamento  tra  soggetti  produttivi,  nonche'  tra
sostituti  di  imposta - Omessa previsione di un corrispettivo per la
diminuzione patrimoniale subita dai sostituti obbligati al versamento
- Violazione dei principi di uguaglianza e di capacita' contributiva.
- Legge  23  dicembre  1996,  n.662,  art.  3,  comma 211 (modificato
  dall'art.  2, comma 1, d.l. 28 marzo 1997, n. 79, conv. in legge 28
  maggio 1997, n. 140) e comma 213.
- Costituzione, artt. 3 e 53.
(GU n.30 del 19-7-2000 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha   emesso   la   seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 385/1999
  depositato  il  12 febbraio  1999  avverso s/rif su I. rimb - IRPEF
  contro  D.R.E.  Campania  (sezione Benevento) proposto da: E.T.A.C.
  S.r.l.    esercizi   trasporti   automobilistici   in   concessione
  amministratore  unico  D'Argenio Annamaria residente a Benevento in
  via  San  Cosimo  n. 4.  Difeso  da:  De Gennaro Cosimo residente a
  Benevento in viale Atlantici n. 5.
    Letti  gli  atti  e  sciogliendo  la  riserva,  ha pronunciato la
  seguente  ordinanza,  sul  ricorso  iscritto  al numero 385/99 RGR,
  depositato  il  12 febbraio  1999,  proposto dalla E.T.A.C. s.r.l.,
  rappresentata  e difesa dal dott. Cosimo De Gennaro, giusta mandato
  a  margine  del  ricorso,  proposto  nei  confronti della direzione
  regionale  delle  entrate  per  la  Campania  - sezione staccata di
  Benevento - avverso il silenzio rifiuto sulla istanza presentata in
  data   15 luglio   1998,   intesa   ad   ottenere  la  restituzione
  dell'anticipato  versamento delle ritenute sugli accantonamenti per
  T.F.R.,  effettuato  in  esecuzione del disposto di cui all'art. 3,
  comma 211, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 e art. 2 comma 1 del
  decreto-legge 28 marzo 1997 n. 79, convertito nella legge 140/1997.

                              F a t t o

    Con  ricorso  notificato  in  data  8 febbraio  1999 e depositato
  nella,  segreteria  della  commissione  tributaria  provinciale  di
  Benevento  il  12  successivo,  la  E.T.A.C.  S.r.l.,  corrente  in
  Benevento,  adiva  la  commissione  tributaria  avverso  il rifiuto
  tacito  in  ordine  alla  istanza  di  restituzione dell'anticipato
  versamento delle ritenute fiscali sul trattamento di fine rapporto,
  che la societa' ricorrente aveva versato in data 31 luglio 1997 per
  un importo complessivo di L. 96.684.000.
    La societa' ricorrente sollevava, in via pregiudiziale, questione
  di   legittimita'  costituzionale,  con  contestuale  richiesta  di
  sospensione   del   giudizio   e   di  rimessione  degli  atti  del
  procedimento  alla  Corte  costituzionale,  ed,  in  via  del tutto
  subordinata, concludeva per l'accoglimento del ricorso nel merito.
    A   sostegno   della   proposta   eccezione   di   illegittimita'
  costituzionale la ricorrente, a mezzo del suo procuratore, deduce:
        a) che   caratteristica   comune   a   tutte  le  ipotesi  di
  sostituzione  in  materia  di  imposte dirette e' rappresentata dal
  fatto che la ritenuta deve essere effettuata all'atto del pagamento
  dei  corrispettivi  o  altre  somme  al sostituito ed il versamento
  delle   ritenute  stesse  deve  essere  effettuato  in  un  momento
  successivo.  In  tali  ipotesi  gli  adempimenti posti a carico del
  sostituto  di  imposta, di carattere amministrativo, non comportano
  un  onere  diretto  di carattere finanziario a carico del sostituto
  stesso,   pur   incidendo   sulla   economia  della  organizzazione
  aziendale;
        b) che  la  ipotesi  introdotta  dall'art. 3  comma 211 della
  legge  662/1996,  come  modificata  dal  decreto-legge 79/1997, nel
  prevedere  l'obbligo dei ... "sostituti di imposta al versamento di
  un importo pari al 5,89% ed al 3,89% dell'ammontare complessivo dei
  trattamenti  di  fine rapporto, di cui all'art. 2120 c.c., maturati
  al 31 dicembre, rispettivamente, dell'anno 1996 e 1997, a titolo di
  acconto  delle  imposte dovute su tali trattamenti dai dipendenti",
  si  discosta  nettamente,  sia  nella forma che nella sostanza, dal
  normale sistema che regola l'istituto della sostituzione nel debito
  di   imposta.   Ed   infatti,   nel   caso   di   specie,  i  tempi
  dell'anticipazione   sono   di   gran   lunga  superiori  a  quelli
  configurabili  in altre ipotesi atipiche di sostituzione di imposta
  (ritenute  sui  dividendi,  sugli  interessi da depositi e da conti
  correnti  etc),  per  cui  gli  effetti  patrimoniali  e finanziari
  negativi  a  carico  dell'imprenditore sono di entita' notevolmente
  superiori  alla  norma  non  potendo  in  alcun  modo  il sostituto
  incidere sui tempi della restituzione o del conguaglio;
        c) che  la  ipotesi  prevista dalle norme citate si configura
  come  un obbligo di anticipato versamento di ritenute, destinato ad
  operare  ancor  prima  che  si  siano  realizzati i presupposti che
  possono  legittimare  l'applicazione  delle ritenute stesse e prima
  ancora  che si sia perfezionato l'obbligo al pagamento dei compensi
  o  delle  altre  somme  sulle  quali  la  ritenuta  e' destinata ad
  operare.  L'obbligo  di  corrispondere  il  T.F.R. sorge al momento
  della  cessazione  del  rapporto  di lavoro per cui, prima di tale,
  data  nessun  obbligo  di  ritenuta  puo'  considerarsi esistente e
  nessun anticipato versamento dovrebbe potersi configurare;
        d) che  l'obbligo  sancito dall'art. 3 innanzi richiamato non
  puo'  in  alcun  modo  essere  inquadrato in un normale rapporto di
  sostituzione   nel   debito   di   imposta,  ne'  sembra  possibile
  configurare,  nella  ipotesi in questione, una imposta patrimoniale
  straordinaria sull'ammontare degli accantonamenti obbligatoriamente
  iscritti  in  bilancio  a copertura della corresponsione dei futuri
  T.F.R.
        e) che  l'obbligo  di versamento a titolo di acconto non puo'
  neppure   configurarsi   come  un  "prestito  forzoso",  come  tale
  rientrante   tra  le  "prestazioni  patrimoniali  imposte"  di  cui
  all'art. 23   della   Costituzione,   ma  non  tra  quelle  di  cui
  all'art. 53 della Costituzione. Una ipotesi di prestito forzoso non
  troverebbe  giustificazione, atteso che manca l'elemento essenziale
  di  una  tale  forma  di  prelievo,  e  cioe'  la  previsione di un
  interesse  sulle  somme incassate a prestito. Ne' puo' configurarsi
  come   interesse   la  rivalutazione  del  credito  di  imposta  da
  anticipazione,  trattandosi  di rivalutazione destinata a mantenere
  inalterato  il  credito  stesso  e  non  a  costituire una sorta di
  compenso per l'imprenditore.
        f) che   tale  obbligo,  posto  a  carico  dell'imprenditore,
  finisce, in concreto, per tradursi in una forma occulta di prelievo
  fiscale,  a  carico di una parte di imprenditori, al di fuori delle
  condizioni    e   delle   garanzie   dettate   dall'art. 53   della
  Costituzione.
        g) che  l'obbligo  tributario di che trattasi costituisce una
  palese  violazione del generale principio di eguaglianza tributaria
  di  cui  agli artt. 3 e 53 della Costituzione e del principio della
  capacita'   contributiva   di   cui   al   medesimo  art. 53  della
  Costituzione,  trattandosi di un prelievo coattivo di ricchezza non
  correlato  ad alcuna concreta capacita' contributiva, atteso che il
  numero  e  l'anzianita'  dei  dipendenti  non  possono considerarsi
  manifestazioni, neppure indirette, di reddito o di patrimonio.
    La direzione regionale delle entrate si e' ritualmente costituita
  in  giudizio eccependo che l'ufficio non ha provveduto al rimborso,
  ne' avrebbe potuto fare altrimenti, posto che la ritenuta operata a
  titolo  di  acconto  era  dovuta  in  base ad un preciso obbligo di
  legge.  Nel  merito riteneva inconferenti le argomentazioni addotte
  dalla  ricorrente  e  le  eccezioni  di legittimita' costituzionale
  della norma che tale obbligo prevede.

                            D i r i t t o

    Su  tali premesse in fatto e diritto, ritiene questo collegio che
  sia  rilevante  ai  fini  della  decisione della controversia e non
  manifestamente    infondata    la    questione    di   legittimita'
  costituzionale  dell'art. 3 comma 211 della legge 23 dicembre 1996,
  n. 662,  come  modificato  dall'art. 2  comma  1  del decreto-legge
  28 marzo 1997 n. 79
    Occorre rilevare come il petitum sostanziale sia costituito dalla
  domanda  di  rimborso delle somme versate all'erario in acconto per
  gli accantonamenti sul trattamento di fine rapporto.
    In  proposito l'art. 3 comma 211 della legge 662/1996 ha previsto
  a  carico  dei sostituti di imposta l'obbligo del versamento di una
  percentuale  dell'ammontare  complessivo  dei  trattamenti  di fine
  rapporto,  di  cui  all'art. 2120  del  codice  civile, maturati al
  31 dicembre  degli  anni  1996  e  1997,  a titolo di acconto delle
  imposte dovute su tali trattamenti dai dipendenti.
    Tale   anticipo   di   imposta,  per  espressa  disposizione  del
  successivo  comma 213, costituisce per il datore di lavoro, credito
  di   imposta,  da  utilizzare  per  il  versamento  delle  ritenute
  applicate  sui trattamenti di fine rapporto corrisposti a decorrere
  dal  1o gennaio  2000  o  anche  precedentemente  a  tale  data, in
  presenza di talune specifiche condizioni previste dalla legge.
    L'obbligo  previsto a carico dei datori di lavoro costituisce una
  "monetizzazione"   nel   corso  del  1997  e  1998,  di  una  quota
  consistente dei fondi liquidazioni dei lavoratori.
    E'   opportuno   ricordare   che  la  disciplina  istitutiva  del
  trattamento  di  fine  rapporto  risale  alla  legge 29 maggio 1982
  n. 297,   che  ha  novellato  l'art. 2120  del  codice  civile.  La
  normativa   civilistica   prevede  che  il  T.F.R.  e'  determinato
  attraverso  gli  accantonamenti  annuali  calcolati,  sulla base di
  coefficienti   predeterminati,  sulla  retribuzione  percepita  dal
  dipendente nell'anno. Sull'importo maturato nell'anno precedente e'
  applicata,  poi,  una  rivalutazione  su base composta con un tasso
  pari  al  75%  dell'indice  ISTAT  dei  prezzi al consumo, piu' una
  percentuale fissa dell'1,5%.
    Con  la  modifica legislativa dell'art. 2120 del codice civile si
  e'  attuato  un  mutamento  qualitativo del T.F.R. che, rispetto al
  precedente  istituto  dell'indennita'  di  anzianita', si configura
  piu'  esattamente  come  un  elemento  retributivo ad accumulazione
  progressiva   (avente   natura   prevalente   rispetto   a   quella
  previdenziale)   alla   cui  determinazione  si  giunge  attraverso
  incrementi  che,  sommandosi  e  rivalutandosi  di  anno  in  anno,
  andranno  a  costituire il cumulo da corrispondere al momento della
  cessazione del rapporto di lavoro.
    Con la normativa sospettata di incostituzionalita' il legislatore
  ha  previsto  che i soggetti obbligati all'anticipo di imposta sono
  quelli  indicati  nell'art. 23  del  decreto  del  Presidente della
  Repubblica  29 settembre  1973  n. 600,  riguardante i sostituti di
  imposta  per  i redditi da lavoro dipendente. Sono quindi obbligate
  al versamento, le societa' di capitale, le societa' cooperative, le
  mutue  assicuratrici, gli enti commerciali, le societa' ed enti non
  residenti, le societa' di persone ed equiparate, le persone fisiche
  imprenditori o lavoratori autonomi, nonche' gli studi professionali
  associati.    Restano    escluse    da   tale   obbligo   pubbliche
  amministrazioni di cui al d.lgs. n. 29/1993
    L'art. 2  del  decreto-legge  79/1997, oltre a modificare i commi
  dal   211  al  213  dell'art. 3  della  legge  662/1996  (legge  di
  accompagnamento alla Finanziaria 1997) ha anche previsto che l'INPS
  possa  prestare  alle  imprese  che  ne  facciano richiesta, idonee
  garanzie - con ricorso al Fondo di garanzia di cui all'art. 2 della
  legge  29 maggio  1982  n. 297  - al fine di ottenere finanziamenti
  destinati all'anticipazione delle imposte sul T.F.R.. Ma anche tale
  "agevolazione"   ha  un  costo  per  le  aziende,  atteso  che  per
  finanziare  l'intervento  previsto,  il  comma  3  dell'art. 2  del
  decreto-legge  79/1997  prevede  che  a  carico dei soggetti tenuti
  all'anticipo  di imposta sia posto un contributo sulla retribuzione
  imponibile,  nella  misura  e  durata  da stabilirsi con successivo
  decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale.
    L'anticipo  sul  T.F.R.  ai  sensi  del  comma  213, ha natura di
  credito  di  imposta  a  valere  sulle ritenute che il sostituto di
  imposta  applichera'  sulle  liquidazioni dei dipendenti al momento
  della cessazione del rapporto di lavoro.
    E'  incontestabile  che  la finalita' di tale ultima norma (comma
  213)  sia  quella di compensare, sia pure parzialmente, il notevole
  disagio  finanziario-patrimoniale  sofferto  dall'imprenditore  per
  effetto della non coincidenza e probabilmente per il notevole lasso
  di  tempo  intercorrente  tra il momento in cui viene effettuato il
  versamento e quello in cui e' possibile operare i relativi recuperi
  a conguaglio e compensazione delle imposte anticipate.
    Come   ha   correttamente   esposto   la  difesa  della  societa'
  ricorrente,  l'istituto  dell'acconto delle imposte, posto a carico
  del  datore di lavoro dall'art. 23 del decreto del Presidente della
  Repubblica  600/1973, si concreta nell'obbligo di operare, all'atto
  del  pagamento,  una  ritenuta a titolo di acconto dell'imposta sul
  reddito  delle persone fisiche dovuta ai percipienti, con l'obbligo
  di versare gli importi delle ritenute all'erario entro il giorno 20
  del  mese  successivo  a  quello  nel  quale  il pagamento e' stato
  effettuato.
    Nel  caso che ci occupa, invece, il legislatore ha posto a carico
  del  datore  di lavoro l'obbligo di versare, a titolo di acconto di
  imposta,  le  ritenute  sulle  somme  accantonate per T.F.R. ma non
  ancora corrisposte ai lavoratori.
    Con  tale  sistema,  quindi, il datore e' obbligato ad anticipare
  imposte  dirette  che  graverebbero  sul  lavoratore all'atto della
  cessazione  del  rapporto  di  lavoro.  Tale  anticipo comporta uno
  sforzo  finanziario  straordinario  che soprattutto, per le aziende
  medio piccole, puo' comprometterne la stessa sopravvivenza.
    La   onerosita'   dell'acconto   e'   riconosciuta  dallo  stesso
  legislatore,  che  ha  previsto  l'accesso al fondo di garanzia per
  consentire  all'imprenditore  di  procurarsi le risorse finanziarie
  necessarie per far fronte agli obblighi di legge.
    E' evidente che, a differenza della ipotesi prevista dall'art. 23
  del  decreto del Presidente della Repubblica 600/1973, nel caso che
  ci  occupa  il  datore  di  lavoro  e'  obbligato ad anticipare una
  imposta dovuta da altri, in assenza di prevista ritenuta che non e'
  possibile  operare  atteso  che  il  pagamento  non  si  e'  ancora
  verificato.
    Tale  obbligo,  previsto  in  misura  differenziata per i diversi
  imprenditori  e  non a carico di tutti ma soltanto di coloro che si
  trovano  in determinate situazioni, (aziende che occupano piu' di 5
  o di 15 dipendenti alla data del 30 ottobre 1996) comporta evidenti
  disparita'  di trattamento fra i soggetti produttivi, con possibile
  violazione del precetto contenuto nell'art. 3 della Costituzione.
    Ma  i  dubbi di incostituzionalita' piu' consistenti, a parere di
  questo  collegio,  si  rilevano quando si va a confrontare la norma
  impugnata  per presunta violazione dei principi costituzionali, con
  il  precetto  contenuto  nell'art. 53  della  Costituzione,  ove si
  consideri  che  nel  caso  di  specie, il calcolo della imposta non
  viene  riferito  alla  capacita' contributiva del soggetto passivo,
  atteso   che   l'anzianita'   dei   dipendenti  o  le  retribuzioni
  corrisposte  nel  tempo agli stessi non possono assurgere ad indice
  di capacita' contributiva.
    L'acconto   di   imposta  posto  a  carico  di  un  soggetto  con
  riferimento   al  debito  tributario  (futuro)  di  altro  soggetto
  comporta  una  consistente  diminuzione  patrimoniale, se non altro
  sotto il profilo della rendita da interessi legali o convenzionali.
  La  norma  impugnata,  infatti,  non  prevede alcuna agevolazione o
  corrispettivo  correlati  alla  diminuzione patrimoniale subita per
  effetto dell'anticipato versamento di imposte.
    A  tal proposito e' agevole rilevare che l'obbligo posto a carico
  del  sostituto  di  imposta  comporta  un'anticipazione  di risorse
  finanziarie  per  un  periodo  indeterminato  e senza remunerazione
  alcuna, ove si consideri che la prevista possibilita' di operare il
  conguaglio delle imposte con le ritenute operate sui trattamenti di
  fine  rapporto  corrisposti  a  decorrere  dal  2 gennaio  2000  e'
  soltanto  ipotetica  ed eventuale, essendo correlata alla effettiva
  cessazione  del  rapporto  di lavoro di un numero di dipendenti non
  quantificabile a priori.
    Anche  tale  circostanza,  collegata  al verificarsi di un evento
  futuro  ed  incerto  sia in relazione all'an che al quando-crea una
  disparita'  di  trattamento  tra i diversi sostituti di imposta con
  conseguenti   effetti  diversificati  sulle  rispettive  situazioni
  patrimoniali  e  violazione  del  principio  di eguaglianza sancito
  dall'art. 3 della Costituzione. .
    La  legittimazione  del  sostituto  a  sollevare  la eccezione di
  incostituzionalita'  sussiste,  atteso  che  la norma gli impone un
  comportamento  suscettibile,  in  concreto,  di arrecargli un danno
  patrimoniale anche rilevante, atteso che l'imprenditore anticipa il
  pagamento dell'altrui imposta con propria diminuzione patrimoniale.
  La Corte di cassazione, con sentenza n. 11247/1993, ha ritenuto che
  in  costanza  del  rapporto  di lavoro i dipendenti non avevano ne'
  maturato,  ne'  conseguito  il trattamento di fine rapporto per cui
  non avevano realizzato, per come sancisce l'art. 16 del decreto del
  Presidente della Repubblica 917/1986 il relativo reddito tassabile,
  necessario  per  far  sorgere il debito tributario in rapporto alla
  capacita' contributiva dimostrata.
    E'  evidente  che  alla  fattispecie  di  cui al ricorso non sono
  equiparabili   le   diverse  situazioni  tributarie  connesse  alle
  ritenute  sugli  utili  e sui dividendi delle societa' di capitali,
  ne'  quelle  sugli  interessi  sui  depositi  bancari  perche' sono
  comunque connesse alla distribuzione degli utili o alla maturazione
  di  interessi,  mentre  nella  ipotesi  in  oggetto  il  versamento
  prescinde   da  una  ritenuta  operata  e  dalla  erogazione  della
  indennita'  di  fine  rapporto,  prescinde,  quindi,  da un reddito
  tassabile   in   concreto   e  dalla  manifestazione  di  capacita'
  contributiva.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dalla
  impresa  ricorrente e' rilevante ai fini della decisione del merito
  del ricorso ed appare non manifestamente infondata.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Dichiara  rilevante  ai fini della decisione della controversia e
  non   manifestamente   infondata,   la  questione  di  legittimita'
  costituzionale  dell'art. 3 commi 211 e 213 della legge 23 dicembre
  1996,  n. 662,  in  relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione,
  nella parte in cui pone a carico del sostituto di imposta l'obbligo
  di  versare, a titolo di acconto, le imposte dovute sui trattamenti
  di  fine  rapporto  dai  dipendenti,  anche  sotto il profilo della
  omessa  previsione  di  un  corrispettivo  o  remunerazione  per la
  corrispondente  -  spesso  consistente  -  diminuzione patrimoniale
  subita dal sostituto medesimo.
    Manda alla segreteria per la notifica della presente ordinanza al
  Presidente   del   Consiglio   dei   Ministri,   nonche'  di  darne
  comunicazione  al  Presidente  del  Senato  della  Repubblica ed al
  Presidente della Camera dei deputati;
    Dispone  l'immediata  trasmissione  degli atti, comprensivi della
  documentazione   attestante  il  perfezionamento  delle  prescritte
  comunicazioni e notificazioni, alla Corte costituzionale;
    Sospende il giudizio in corso;
    Si comunichi a cura della segreteria.
        Benevento, addi' 30 novembre 1999.
                       Il presidente: Sannino
Il giudice estensore: Goglia
00C0715