N. 250 SENTENZA 22 giugno - 3 luglio 2000

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Donazione  -  Revocazione  - Revocabilita' della donazione in caso di
sopravvenuto riconoscimento di un figlio naturale - Condizione che il
riconoscimento  sia  intervenuto  entro  un biennio dalla donazione -
Irragionevolezza  della  limitazione  temporale,  contrastante con il
principio  della  tutela dei figli nati fuori del matrimonio e lesiva
del  principio di eguaglianza, per disparita' di trattamento rispetto
alla ipotesi della sopravvenienza di figli legittimi - Illegittimita'
costituzionale in parte qua.
- Cod. civ., art. 803, primo comma.
- Costituzione, artt. 3 e 30, terzo comma.
(GU n.28 del 5-7-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Cesare MIRABELLI;
Giudici: Francesco GUIZZI, Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Cesare
RUPERTO,  Riccardo CHIEPPA, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda
CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK.
ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 803, primo
comma,  del  codice civile, promosso con ordinanza emessa il 29 marzo
1999  dal  Tribunale  di  Roma  nel  procedimento civile vertente tra
Grottola Leandro e Silva De Lima Maria Raquel, iscritta al n. 709 del
registro  ordinanze  1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 52 - 1a serie speciale - dell'anno 1999;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 maggio 2000 il giudice
relatore Cesare Ruperto;

                          Ritenuto in fatto

    Nel  corso  di  un processo civile - promosso al fine di ottenere
sentenze di revocazione di una donazione per sopravvenienza di figlio
naturale  riconosciuto  - il giudice unico del tribunale di Roma, con
ordinanza emessa il 29 marzo 1999, ha sollevato - in riferimento agli
artt.  3  e  30,  terzo  comma,  Cost.  -  questione  di legittimita'
costituzionale dell'art. 803, primo comma, cod. civ., "nella parte in
cui  prevede  il  limite temporale di due anni per l'attribuzione del
diritto alla revocazione di donazione, a seguito di riconoscimento di
figlio naturale".
    Eccepita  dalla  parte  convenuta  l'impossibilita'  di  esperire
utilmente  l'azione  de  qua,  poiche'  il  riconoscimento del figlio
naturale  ad  opera dell'attore e' intervenuto oltre i due anni dalla
donazione,  rileva  il rimettente che la norma impugnata, nella prima
parte,  consente la revocazione della donazione nella compresenza del
presupposto  negativo  dell'assenza  di figli o discendenti legittimi
viventi   al  tempo  della  donazione  e  di  quello  positivo  della
sopravvenienza  o  della  conoscenza  dell'esistenza  di  un figlio o
discendente  legittimo,  senza limiti di tempo; mentre, nella seconda
parte  del  primo  comma,  la  norma  stessa consente la revoca della
donazione   sulla  base  dello  stesso  presupposto  negativo  e  del
presupposto  positivo  del  riconoscimento  di un figlio naturale nel
termine  di  due anni dalla donazione, a meno che non si provi che al
tempo   della   donazione   stessa  il  donante  fosse  a  conoscenza
dell'esistenza del figlio.
    Individuata  la  ratio  della norma nell'esigenza di tutela degli
interessi  familiari,  ed  in particolare dei figli (in quanto lo ius
poenitendi,  riconosciuto  al  donanto  in  presenza  di  quei  fatti
sopravvenuti,  consente di far rientrare nel suo patrimonio beni che,
ove  ancora  presenti  al  momento  della  morte,  formeranno  l'asse
ereditario sul quale i figli legittimi e figli naturali eserciteranno
gli  stessi  diritti),  ritiene  il  rimettente  che  la  restrizione
temporale  imposta  solo  in  relazione  al  riconoscimento  di figli
naturali  appare  in contrasto: a) con l'art. 30, terzo comma, Cost.,
che  impone  di assicurare ai figli naturali una tutela adeguata alla
posizione  di  figlio,  ossia  simile  a  quella  assicurata ai figli
legittimi  (non  potendo cio' non valere anche nel caso in cui - come
nella  fattispecie  -  la  ratio  della  norma  sta  nella tutela dei
legittimari,  ancorche'  ralizzantesi  per  via indiretta, allargando
l'ambito di poteri negoziali riconosciuti al genitore); b) con l'art.
3  Cost., perche' crea un'ingiustificata ed irrazionale disparita' di
trattamento   in   fattispecie   del   tutto   omogenee,   quali   la
sopravvenienza  di  figli legittimi ed il sopravvenuto riconoscimento
di figli naturali.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  giudice  unico  del  tribunale  di  Roma  dubita della
legittimita'  costituzionale  dell'art.  803, primo comma, cod. civ.,
"nella  parte  in  cui  prevede  il  limite temporale di due anni per
l'attribuzione  del  diritto alla revocazione di donazione, a seguito
di riconoscimento di figlio naturale".
    Secondo  il rimettente, la denunciata norma si pone in contrasto:
a) con  l'art.  30,  terzo  comma, Cost., che impone di assicurare ai
figli  naturali  una  tutela  simile  a  quella  assicurata  ai figli
legittimi (non potendo cio' non valere anche nel caso in cui la ratio
della   norma  risiede  nella  tutela  dei  discendenti  legittimari,
ancorche'  realizzantesi  per  via indiretta, allargando l'ambito dei
poteri  negoziali  riconosciuti  al genitore); b) con l'art. 3 Cost.,
perche'   crea   un'ingiustificata   ed   irrazionale  disparita'  di
trattamento   in   fattispecie   del   tutto   omogenee,   quali   la
sopravvenienza  di  figli  legittimi  (relativamente  alla  quale  la
revocazione  non  e'  soggetta  al menzionato limite temporale) ed il
sopravvenuto riconoscimento di figli naturali.
    2. - La questione e' fondata.
    2.1. - La revocazione della donazione ex art. 803 cod. civ. trova
fondamento  nell'esigenza  di consentire al donante una rivalutazione
della  perdurante  opportunita'  della donazione stessa in seguito al
fatto sopravvenuto della nascita di figli o discendenti, ovvero della
conoscenza della loro esistenza. Sulla base di una valutazione legale
tipica  d'un particolare fatto, potenzialmente idoneo - anche secondo
il  comune  sentire  -  ad  incidere  sullo  spirito  di  liberalita'
manifestatosi  nell'atto  di  donazione  posto  in  essere  quando il
donante  non  aveva  figli  o  non  sapeva  di averli, e' stato a lui
concesso  di riconsiderare appunto la perdurante opportunita' di tale
atto,  alla  stregua  della  nuova  situazione  familiare  venutasi a
creare.
    La  revocazione  consegue  solo al concreto esercizio del diritto
protestativo  attribuito  dalla norma al donante, il quale e' arbitro
di  decidere  se  esercitarla,  cosi'  come, una volta che l'atto sia
stato revocato, e' libero di disporre a piacimento dei beni rientrati
nel  suo  patrimonio.  Per cui va escluso che l'istituto in esame sia
approntato   ad   immediata   garanzia   degli  interessi  dei  figli
sopravvenuti  o,  piu'  genericamente, degli interessi familiari. Nel
contempo,  pero', non puo' negarsi che, potenzialmente, i conseguenti
effetti  patrimoniali si ripercuotono sulla posizione dei figli o dei
discendenti,  la  cui  tutela,  dunque,  e' pur sempre da considerare
imminente  alle  finalita'  della  norma.  Ed  e' alla luce di questa
premessa  che va condotto lo scrutinio di costituzionalita' richiesto
dal giudice a quo.
    2.2. - La possibilita' di agire per la revocazione e' dalla legge
subordinata  ad  un duplice presupposto. Negativo il primo, legato al
fatto  che  il  donante,  nel  momento  della donazione, non avesse o
ignorasse  di  avere  figli  o  discendenti  legittimi;  positivo  il
secondo, alternativamente costituito:
        a) dalla   sopravvenienza,  o  dalla  intervenuta  conoscenza
dell'esistenza,  di  un  figlio  o  di  un  discendente legittimo del
donante,  cui vanno equiparate la sopravvenienza della legittimazione
del  figlio  naturale,  che  ai sensi dell'art. 280 del codice civile
attribuisce  la  qualita'  di  figlio  legittimo,  e  la sopravvenuta
adozione,  quantomeno quella dei minori prevista dalla legge 4 maggio
1983,   n. 184,  poiche'  l'adottato  acquista  lo  stato  di  figlio
legittimo degli adottanti (art. 27 della legge stessa);
        b) dal  riconoscimento  di  un  figlio  naturale,  ma solo se
"fatto entro due anni dalla donazione".
    Ebbene,  ove  si consideri che, ai sensi dell'art. 261 del codice
civile,  nel  testo  novellato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151, il
riconoscimento del figlio naturale comporta l'assunzione da parte del
genitore  (con  l'eventuale  concorso  degli  ascendenti)  di tutti i
doveri che egli ha nei confronti dei figli legittimi, primo fra tutti
quello  di  mantenimento previsto dagli articoli 147 e 148 del codice
civile,  appare  di  tutta  evidenza come la limitazione temporale in
discorso  venga  a menomare senza ragione la facolta' del genitore (o
adolescente)  naturale in ordine all'esercizio del menzionato diritto
potestativo,  allorquando egli ritenga che solo riacquistando il bene
donato  potrebbe adempiere ai suoi doveri, in una situazione di fatto
del  tutto  analoga  a  quella  in  cui,  viceversa,  al  genitore (o
ascendente)  legittimo,  ed  anche  all'adottante,  tale  facolta' e'
concessa senza limiti.
    2.3.  -  Stante  la  suddescritta  conformazione dell'istituto in
esame,  una  tale  disparita'  di  trattamento  non si potrebbe certo
giustificare facendo riferimento alla previsione costituzionale della
necessaria  compatibilita'  della  tutela  dei  figli  nati fuori del
matrimonio con i diritti dei membri della famiglia legittima, imposta
dall'art. 30, terzo comma, Cost.
    Neppure  varrebbe  richiamare le preoccupazioni espresse da parte
della  dottrina  relativamente  ad  un'asserita  minore  garanzia che
altrimenti  sarebbe  offerta  al  donatario,  per  via  di  possibili
riconoscimenti pretestuosi fatti dal donante. A quest'ultimo riguardo
va  invero  osservato, da una parte, che il donatario e' dal medesimo
art. 803  ammesso  a provare "che al tempo della donazione il donante
aveva  notizia  dell'esistenza del figlio" e, dall'altra, che egli e'
legittimato   ad   impugnare   il   riconoscimento   per  difetto  di
veridicita', ai sensi dell'art. 263, primo comma.
    D'altronde,  a  prescindere  che  identiche  se  non  piu'  gravi
preoccupazioni  potrebbero derivare al donatario dalla sopravvenienza
di  un'adozione, e' appena il caso di notare che al riconoscimento ex
art. 250   del   codice   civile   e'   equiparato,  quoad  effectum,
l'accertamento  giudiziale  di  cui  al successivo art. 277, il quale
addirittura  suppone  una volonta' contraria al riconoscimento stesso
e,  inoltre,  per  quanto attiene ai figli nati dopo la donazione, di
norma  viene  pronunciato  ben al di la' del previsto biennio, con la
conseguenza  che  mai  il  donante cosi' divenuto genitore sarebbe in
grado  di  esercitare  il  diritto  potestativo che il legislatore ha
inteso concedergli.
    2.4.  Deve  allora  concludersi  che la denunciata norma potrebbe
trovare  giustificazione  unicamente nel tradizionale disfavore verso
la  filiazione  naturale, che pervadeva ancora il nuovo codice civile
nonostante la cauta apertura manifestatasi nella disposizione stessa,
in  confronto col corrispondente art. 1083 del previgente codice, che
considerava  del  tutto  irrilevante  il  riconoscimento  d'un figlio
naturale.
    Ma  un tale disfavore appare incompatibile col principio espresso
nell'art. 30,  terzo  comma,  Cost.,  attuato  dal legislatore con la
riforma  del  diritto  di famiglia, alla quale la denunciata norma e'
sfuggita.
    Questa, dunque, proprio alla luce del richiamato principio, e' da
ritenersi  in  contrasto  con l'art. 3 Cost., sotto i due concorrenti
profili    della   disparita'   di   trattamento   e   della   palese
irragionevolezza.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 803,  primo
comma, del codice civile, nella parte in cui prevede che - in caso di
sopravvenienza  di  un  figlio  naturale  - la donazione possa essere
revocata  solo  se il riconoscimento del figlio sia intervenuto entro
due anni dalla donazione.

    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 giugno 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                        Il redattore: Chieppa
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 3 luglio 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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