N. 442 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 aprile 2000
Ordinanza emessa il 27 aprile 2000 dal giudice di pace di Ceva nel procedimento civile vertente tra Fornaciari Alessandro e Ministero delle finanze Responsabilita' civile - Danni a persone o cose cagionati dalla fauna selvatica - Responsabilita' dello Stato ex art. 2052 cod. civ. - Esclusione secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale - Ingiustificata disparita' di trattamento fra la p.a. ed i "privati" proprietari di animali, nonche' fra l'ipotesi in esame e quella di danneggiamento di colture agricole (il cui risarcimento e' a carico di apposito fondo regionale). - Cod. civ., art. 2052. - Costituzione, art. 3.(GU n.35 del 23-8-2000 )
IL GIUDICE DI PACE A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 21 aprile 2000, nella causa promossa da: Fornaciari Alessandro, residente in Grinzane Cavour, rappresentato e difeso dall'avv. Claudio Bertolino di Alba, attore; Contro Ministero delle finanze, rappresentato e difeso dall'avvocato distrettuale dello Stato di Torino, convenuto. Svolgimento del processo Con atto di citazione in data 8 gennaio 2000 il sig. Fornaciari Alessandro evocava avanti il giudice di pace di Ceva il Ministero delle finanze, al fine di sentirlo dichiarare tenuto e quindi condannare al risarcimento dei danni tutti subiti in occasione di un sinistro occorso in data 4 luglio 1999, in localita' Braia del comune di Sale Langhe. Secondo la narrativa attorea, in tali circostanze di tempo e di luogo il signor Fornaciari, alla guida del proprio motociclo Kawasaki tg. AA95597, stava transitando sulla Strada Statale 661 con direzione Murazzano - Montezemolo, allorquando si era scontrato con un capriolo, che improvvisamente e repentinamente gli "si era parato davanti", rendendo pertanto inevitabile la collisione. All'udienze del 10 marzo 2000 si costituiva in giudizio il Ministero delle finanze, contenstando in toto le pretese avversarie, ed, in particolare, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, sull'asserito presupposto che l'amministrazione convenuta e' "titolare di un mero diritto di proprieta', sulla fauna selvatica, ma e' sprovvista di ogni potere di intervento effettivo, in quanto la legge n. 157/1992 ha... demandato gestione, tutela e controllo della stessa alle Regioni". Indi, il giudice di pace adito, preso atto dell'eccezione pregiudiziale formulata dall'amministrazione convenuta, tratteneva la causa a riserva per la decisione della stessa. Diritto Rivelato che: il ministero delle finanze, costituendosi in giudizio, ha eccepito, in via pregiudiziale, il proprio difetto di legittimazione passiva, contestando non gia' la proprieta' del "capriolo" ora oggetto di vertenza, ma, al contrario, escludendo la propria responsabilita' nel sinistro de quo per la mancanza di un obbligo di controllo e di vigilanza in capo allo Stato sulla fauna selvatica; Dato atto che: in materia di responsabilita' civile dei danni provocati dalla fauna selvatica, il panorama dottrinario e giurisprudenziale e' decisamente vasto ed articolato, tenuto conto dei contrapposti orientamenti interpretativi che si contendono il campo; orientamenti che, per una maggiore chiarezza espositiva, e per un miglior inquadramento della vertenza de qua, pare opportuno, sia pure sommariamente, richiamare. E noto, infatti, come, anteriormente alla legge 27 dicembre 1977 n. 968, la selvaggina rientrasse, sulle orme della tradizione romanistica, nell'ampio e variegato genus delle res nullius, alla luce del combinato disposto di cui all'art. 923 del Codice civile, e Testo unico sulla caccia approvato con regio decreto 5 giugno 1939 n. 1016. In siffatto contesto normativo, come e' ovvio, non poteva certamente porsi, la questione dell'applicabilita' di una disposizione, quale l'art. 2052 del Codice civile, che presuppone un formale rapporto di proprieta', o in alternativa, una situazione di disponibilita', e come tale, dunque, non configurabile rispetto a quei beni quali la fauna selvatica, che solo a seguito di occupazione entrano nella sfera giuridica e nella materia la detenzione di un soggetto determinato. Ora, la profonda innovazione normativa e concettuale conseguente, all'inclusione della fauna selvatica nel patrimonio indisponibile dello Stato, realizzatasi attraverso l'art. 1 della menzionata legge n. 968/1977, influi' anche sulla tradizionale e pacifica interpretazione di cui sopra, consentendo quantomeno di accreditare l'ipotesi di attingere dall'art. 2052 del Codice civile le regole guida per modellare la responsabilita' dello Stato-proprietario, secondo le regole proprie dell'art. 2052 del Codice civile. Se questa e', in sintesi, l'evoluzione storico-normativa che ha caratterizzato l'argomento ora oggetto di esame, e' d'uopo, pero', sottolineare come, a seguito della novella legislativa, diversi e contrapposti siano gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali formatisi in materia. 1. -- In particolare secondo un primo orientamento, condiviso soprattutto dai giudici di merito, posta l'appartenenza di tutti gli animali selvatici al patrimonio indisponibile dello Stato, deve ammettersi la responsabilita' della p.a., ex art. 2052 del Codice civile, per i danni arrecati ai privati dalla fauna selvatica (v. in terminis tribunale Perugia 11 dicembre 1995, in Foro It., 1997, I, 315; pretura Reggio Emilia, 4 novembre 1993 in arch. giur. circ. e sinistri, 1994, 42; pretura Cosenza 5 luglio 1988, in Foro It., 1988, I, 3629; pretura Ceva 28 agosto 1988, in giur. agr. it., 1990, 110). Cio' in quanto lo Stato dovrebbe essere ritenuto responsabile dei danni cagionati dalla selvaggina, in quanto ne e' "proprietario", ancorche' la stessa sia per sua natura insuscettibile di controllo o di "custodia". Si osserva, infatti, da questo punto di vista che "...se pure il fine di tale mutamento della configurazione giuridica della fauna selvatica, e' stato indubbiamente quello di assicurare la tutela di un bene ritenuto di interesse collettivo, cio' non esclude l'assoggettamento dello Stato alle conseguenze derivanti, alla stregua dei principi generali, dalla titolarita' del diritto di proprieta', una volta che lo Stato, per raggiungere appunto il fine succitato, abbia ritenuto di assoggettare direttamente alla sua signoria detto bene (...). Quindi, si e' pure sempre in presenza di una "proprieta'" di tali beni da parte dell'Amministrazione, anche se trattasi di una proprieta' soggetta a regimi particolari. Conseguentemente, la circostanza che trattasi di beni destinati a soddisfare interessi generali, non puo' certo, di per se', esonerare gli enti pubblici dalla responsabilita' derivante da una gestione di detti beni inosservante del principio del neminem laedere (principio pacificamente applicabile anche alla p.a.). Pertanto, come proprietario, lo Stato deve ritenersi responsabile dei danni subiti dagli attori ex art. 2052 c.c. (v. citata sentenza Pretura Ceva)". 2. - Come gia' si' e' anticipato, antitetico rispetto a tale prima versione e' l'altro orientamento - sicuramente prevalente ed adottato dagli stessi giudici di legittimita' - che, al contrario, esclude che l'appartenenza della fauna selvatica al patrimonio indisponibile dello Stato, possa giustificare l'affermazione di una responsabilita' dell'ente pubblico proprietario, fondata sull' art. 2052 c.c. dal momento che tale norma postula una sorveglianza continuativa sull'animale, incompatibile con la natura selvatica della fauna medesima (v. in dottrina Cendom, "Proprieta', riserva ed occupazione" in leggi Civ. Comm., 1979, 447 e segg.; Comporti, "Responsabilita' Civile per danni da selvaggina" in Riv. Dir. Agr., 1986, I, 834 e segg...). Come e' stato puntualizzato dalla stessa Suprema Corte di cassazione, infatti, "il danno cagionato dalla fauna selvatica, che, ai sensi della legge 27 dicembre 1977 n. 968, appartiene alla categoria dei beni patrimoniali indisponibili dello Stato, non e' risarcibile in base alla presunzione stabilita dall'art. 2052 c.c., inapplicabile per la natura stessa degli animali selvatici, ma solamente alla stregua dei principi generali della responsabilita' extracontrattuale di cui all'art: 2043 c.c. anche in tema di onere della prova" (Cass. 15 marzo 1996 n. 2192; in terminis Cass. 12 agosto 1991 n. 8788; Cass. S.U; 29 marzo 1983 n. 2446; tribunale Firenze 13 maggio 1994 in Arch. Giur. Circ. e Sinistri 1995, 46). 3. - Le conclusioni - sia pure opposte - cui sono pervenute dottrina e giurisprudenza non dovrebbero comunque essere influenzate dall'entrata in vigore, avvenuta in data 11 marzo 1992, della legge 11 febbraio 1992 n. 157 che, come e' noto, dando attuazione all'art. 117 Cost., all'art. 1 stabilisce che "le Regioni a statuto ordinario provvedono ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica, in conformita' alla presente legge, alle convenzioni internazionali, ed alle direttive comunitarie". Come e' evidente, infatti, attraverso tale disposizione normativa lo Stato non si e' affatto spogliato della propria "titolarita'" sui beni de quibus, limitandosi semplicemente a delegare all'ente pubblico territoriale l'onere di "tutelare" la fauna, in se' e per se' considerata come patrimonio zootecnico, ma non gia' di "custodire" e di "preservare i terzi" da eventuali e possibili danni che la fauna puo' di fatto cagionare. Obblighi questi, che, come e' ovvio in mancanza di una diversa regolamentazione, incombono e continuano a gravare sullo Stato, proprio perche' derivanti dalla condizione di "proprietario" della selvaggina. Tesi, questa, che trova avallo non solo nell'eloquente precetto normativo, ma anche nel fatto che, ove lo Stato ha voluto riconoscere alle Regioni una maggiore autonomia in materia come, ad esempio, nell'esercizio dell'attivita' venatoria lo ha fatto espressamente. Tutto cio' premesso questo giudice, chiamato a decidere la presente vertenza, in cui concretamente si prospetta la questione dell'applicabilita' dell'art. 2052 c.c. nei confronti della p.a., ritiene che l'art. 2052 interpretato nel senso di escludere dall'ambito della sua applicazione la responsabilita' dello Stato per danni cagionati dalla fauna selvatica - almeno secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente, adottato anche dalla Suprema Corte di Cassazione - si appalesi censurabile, ed anzi solleciti tempestivo intervento della Corte costituzionale, proprio per i forti dubbi di incostituzionabilita' che tale precetto normativo, cosi' interpretato, sicuramente fa sorgere. 1. - In particolare, se e' vero come e' vero che, a seguito della novella legislativa di cui alla richiamata legge 27 dicembre 1977 n. 968, "la fauna selvatica e' entrata far parte del patrimonio indisponibile dello Stato" essendo, dunque, divenuta di proprieta' della p.a.,e che il fondamento della responsabilita' del danno cagionato da animali, sancita dall'art. 2052 cc., deriva dal concetto di utilita' che dall'animale ritrae il proprietario o chi se ne serve (in base al noto brocardo cuius commoda eius incommoda) e cioe' che, in sostanza, tale responsabilita' rappresenti la "contropartita dei vantaggi connessi con l'utilizzazione dell'animale medesimo" ingiustificata ed illegittima - perche' in violazione dell'art. 3 Cost. - si appalesa che disparita' di trattamento che si viene a realizzare tra il "privato" proprietario di un animale, responsabile comunque, ex art. 2052 c.c. dei danni da questo cagionati, salvo che provi il caso fortuito, e la p.a., pure proprietaria della fauna selvatica, ma di fatto esonerata dal risarcimento dei danni de quibus in quanto, in virtu' di una sorta di privilegio, non tenuta ad alcun obbligo di sorveglianza sulla fauna (obbligo che invece incombe sul privato) per l'asserita natura selvatica della stessa. 2. - Non solo; tale ritenuta illegittimita' ancora di piu' si evidenzia se sol si considera che, mentre per i danni subiti dai privati per causa della fauna selvatica, sempre che si tratti di danneggiamenti di "colture" devastate dagli animali, esiste pur sempre un fondo costituito da ogni regione, il cui dichiarato scopo e' appunto quello di prevenire e risarcire tale tipologia di danni, (v. art. 26 legge 157/1992), un `analoga disposizione manca totalmente nel caso in cui si tratti di danni alle persone e/o alle cose che si possono verificare allorquando un animale ferisca un gitante, oppure - come nel caso di specie - provochi un incidente, atttraversando una strada o investendo un aeromobile in volo, ed in simili altre esemplificazioni. Atteso quanto sopra, il giudice di pace ritenendo, pertanto rilevante e non manifestamente infondata la questione di leggittimita' costituzionale dell'art. 2052 c.c. nella parte in cui non prevede un eguale responsabilita' dello Stato per i danni cagionati dalla fauna selvatica, e considerato dunque necessario l'intervento della Corte costituzionale, che potra' far pervenire una parola chiara e definitiva su questa scottante problematica.
P. Q. M. Visto l'art. 23, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87; Rimette gli atti alla Corte costituzionale, e, conseguentemente, sospende il procedimento in corso. Ceva, addi' 27 aprile 2000 Il giudice di pace: Borsarelli 00c0737