N. 277 ORDINANZA 6 - 13 luglio 2000

Ordinanza del 6-13 luglio 2000
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Ingiunzione  (procedimento  per)  -  Crediti  derivanti  da contratto
(nella    specie,    vantati   da   un'azienda   municipalizzata)   -
Applicabilita'  della  procedura  speciale  per  la riscossione delle
entrate  patrimoniali  dello Stato - Ritenuta posizione di privilegio
in  ordine  alla  prova  a  favore dell'amministrazione ingiungente -
Lamentata,  non  giustificata,  equiparazione di crediti da imposta e
crediti    da    contratto    -    Necessita'   della   verifica   di
un'interpretazione  conforme  a Costituzione - Manifesta infondatezza
della questione.
- Legge  24  dicembre  1908, n. 797, art. 1, trasfuso nell'art. 1 del
  regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.30 del 19-7-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:  Francesco  GUIZZI,  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo VARI,
Cesare  RUPERTO,  Riccardo  CHIEPPA, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE,
Guido  NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco
BILE;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
24  dicembre  1908,  n. 797  (Legge per l'unificazione dei sistemi di
procedura  coattiva  per  la  riscossione  delle entrate patrimoniali
dello  Stato  e  degli altri enti pubblici), trasfuso nell'art. 1 del
regio  decreto  14  aprile 1910, n. 639 (Approvazione del testo unico
delle  disposizioni  di legge relative alla riscossione delle entrate
patrimoniali  dello  Stato),  promosso  con  ordinanza  emessa  il 20
ottobre  1998  dal  giudice  di pace di Roma, nel procedimento civile
vertente  tra Cianci Antonio e l'ACEA, iscritta al n. 46 del registro
ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1999.
    Visti  l'atto di costituzione di Cianci Antonio nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  23  maggio  2000  il  giudice
relatore Massimo Vari;
    Udito   l'avvocato  dello  Stato  Ignazio  F.  Caramazza  per  il
Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  giudizio  di  opposizione  ad
ingiunzione  fiscale,  promosso  da  Cianci  Antonio  contro l'ACEA -
Azienda  comunale  energia  e ambiente, il giudice di pace di Roma ha
sollevato,   con   ordinanza   del  20  ottobre  1998,  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1 del regio decreto 14 aprile
1910,  n. 639  (Approvazione  del  testo  unico delle disposizioni di
legge  relative  alla  riscossione  delle  entrate patrimoniali dello
Stato)  "e precisamente: art. 1 della legge 24 dicembre 1908, n. 797"
(Legge  per  l'unificazione  dei sistemi di procedura coattiva per la
riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti
pubblici)  "nella  parte  in  cui  estende  la  procedura speciale di
riscossione ai proventi dei servizi pubblici esercitati dallo Stato e
dagli Enti pubblici, anche in ipotesi di pretesa creditoria derivante
da  contratto", denunciandone il contrasto con gli artt. 3 e 24 della
Costituzione;
        che il rimettente muove dall'assunto che, nel procedimento di
ingiunzione regolato dal regio decreto n. 639 del 1910, l'opposizione
del  debitore  apra  "un  ordinario processo di cognizione, nel quale
l'ingiunto  esperisce  un'azione  di  accertamento negativo diretta a
contestare  il  diritto all'esecuzione, con le necessarie conseguenze
connesse  alla  sua  veste di attore, anche in ordine all'onere della
prova";
        che  da  tale  principio da reputare, ad avviso del giudice a
quo  espressione  "dell'orientamento  della  Suprema Corte", al quale
egli  "intende  uniformarsi"  discenderebbe,  in favore dello Stato e
degli  enti  pubblici,  "un  regime speciale, privilegiato rispetto a
quello previsto dal codice di rito";
        che,  peraltro,  secondo l'ordinanza di rimessione, mentre in
ipotesi  di riscossione di imposte e' giustificabile tale regime e la
conseguente  "limitazione  dei  diritti  fondamentali  sanciti  dagli
artt. 3  e  24  della Costituzione, in vista di un interesse primario
dello  Stato e degli enti pubblici", analoga giustificazione non puo'
invece  valere  per  le  pretese creditorie, nascenti "da contratto",
vantate  da  un'azienda  municipalizzata (ACEA), ovvero da altri enti
pubblici,  e  cioe' per quella attivita' economica che, come nel caso
delle  bollette  per  consumo  di  energia elettrica, non consente di
reputare  "supportata  da  un  interesse  superiore" la "posizione di
privilegio,  in  materia di ingiunzione, goduta dall'ACEA" (all'epoca
azienda municipalizzata);
        che    il   rimettente   assume,   infine,   sussistere   una
"evidente...disparita'  di  trattamento"  tra gli "utenti dell'ENEL",
per   i   quali   trova  applicazione  l'ordinario  procedimento  per
ingiunzione  di cui agli artt. 633 e seguenti del codice di procedura
civile,  e coloro che, "non per libera scelta", sono utenti dell'ACEA
(come  l'opponente  nel  giudizio  principale),  i quali ultimi "sono
assoggettati  a  procedura  che,  come  si e' visto, non consente gli
stessi diritti";
        che  si  e'  costituito  in  giudizio  Cianci  Antonio, parte
opponente    nel   procedimento   a   quo   per   sentir   dichiarare
l'illegittimita'  costituzionale "dell'art. 1 della legge 24 dicembre
1908,   n. 797,   per   violazione  degli  artt. 3,  24  e  25  della
Costituzione";
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  Ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, il quale ha concluso per un declaratoria di infondatezza della
prospettata questione.
    Considerato  che  il  presupposto  interpretativo da cui muove il
giudice  a  quo  benche'  si  richiami  ad un orientamento risalente,
appare  tutt'altro  che univoco nella giurisprudenza di legittimita',
risultando disatteso da un nutrito gruppo di pronunce che si rifanno,
invece,  all'opposto  indirizzo,  secondo  il  quale, nel giudizio di
opposizione  ad  ingiunzione  fiscale,  il  cui oggetto e' la domanda
diretta  all'accertamento  dell'illegittimita'  della  pretesa  fatta
valere  con  l'ingiunzione,  l'opponente assume la veste di attore in
senso   formale,   con   la   conseguenza   che  tutti  gli  elementi
dell'obbligazione,  anche  nell'ipotesi  in  cui  questa abbia natura
tributaria,    vanno    allegati   e   provati   dall'amministrazione
ingiungente,   mentre   all'opponente   medesimo  spetta  l'onere  di
allegazione  e prova degli eventuali fatti impeditivi, modificativi o
estintivi   di  detta  obbligazione,  secondo  il  criterio  generale
dell'art. 2697 del codice civile;
        che,  avuto riguardo al consolidato principio di questa Corte
secondo  il  quale,  tra  una pluralita' di scelte interpretative, il
giudice  a  quo  e'  tenuto  ad  adottare  quella conforme al dettato
costituzionale, la questione e' da reputare manifestamente infondata,
non  mancando  la possibilita' di rinvenire una soluzione ermeneutica
idonea  a  superare  i  dubbi  di  costituzionalita'  prospettati dal
rimettente.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 24 dicembre 1908,
n. 797  (Legge  per  l'unificazione dei sistemi di procedura coattiva
per  la  riscossione  delle  entrate patrimoniali dello Stato e degli
altri  enti  pubblici),  trasfuso  nell'art. 1  del  regio decreto 14
aprile  1910, n. 639 (Approvazione del testo unico delle disposizioni
di  legge  relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello
Stato),   sollevata,   in   riferimento   agli  artt. 3  e  24  della
Costituzione,  dal  giudice  di  pace  di  Roma  con  l'ordinanza  in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 luglio 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                         Il redattore: Vari
                      Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 13 luglio 2000.
              Il direttore della cancelleria: Fruscella
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