N. 291 ORDINANZA 6 - 14 luglio 2000

Ordinanza 6-14 luglio 2000
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Sanzioni  amministrative  -  Sanzioni  in materia di tributi locali -
Immediata  ricorribilita'  al  giudice  dei  diritti  - Esclusione, a
differenza   di   quanto   previsto   dalla  precedente  normativa  -
Impossibilita',  da  parte  del ricorrente, di adempiere nella misura
ridotta  -  Conseguente,  lamentata,  disparita'  di trattamento, con
violazione  del  diritto  alla tutela giurisdizionale e del principio
del  giudice  naturale  -  Difetto  di  motivazione  in  ordine  alla
rilevanza della questione - Manifesta inammissibilita'.
- Legge  24  novembre  1981,  n. 689,  artt. 18 e 22; d.lgs. 5 giugno
  1998, n. 203, artt. 4, comma 3, e 5.
- Costituzione, artt. 3, 24, 25 e 113.
Sanzioni  amministrative  -  Sanzioni  in materia di tributi locali -
  Normativa  applicabile - Reintroduzione, con efficacia retroattiva,
  delle   disposizioni   gia'   sostituite   con  precedenti  decreti
  legislativi   del   Governo   -  Lamentata  irragionevolezza  della
  disciplina  - Difetto di motivazione in ordine alla rilevanza della
  questione - Manifesta inammissibilita'.
- D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, artt. 4, comma 3, e 5.
- Costituzione, art. 25.
(GU n.30 del 19-7-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:  Fernando  SANTOSUOSSO  ,  Massimo  VARI,  Cesare RUPERTO,
Riccardo   CHIEPPA,   Gustavo   ZAGREBELSKY,   Valerio  ONIDA,  Carlo
MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4, comma 3, e
5   del  decreto  legislativo  5 giugno  1998,  n. 203  (Disposizioni
integrative  e  correttive  dei decreti legislativi 18 dicembre 1997,
n. 471,  18 dicembre  1997,  n. 472  e  18 dicembre  1997, n. 473, in
materia  di sanzioni amministrative tributarie) e degli artt. 18 e 22
della  legge  24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale),
promosso con ordinanza emessa il 18 giugno 1999 dal pretore di Milano
nel  procedimento  civile  vertente tra "Duebi s.r.l." e il comune di
Milano,  iscritta  al n. 537 del registro ordinanze 1999 e pubblicata
nella   Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 41,  prima  serie
speciale, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 21 giugno 2000 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
    Ritenuto che nel corso di un procedimento vertente tra la "s.r.l.
Duebi",  con  sede  in  Milano,  ed  il  comune  di  Milano  (ricorso
depositato il 10 aprile 1998, con decreto di fissazione e sospensione
21 aprile  1998),  nel  quale  era  stato  chiesto  l'annullamento di
molteplici  verbali  di  accertamento  di  violazioni del regolamento
comunale  sulla  pubblicita'  del  comune di Milano, il pretore della
stessa citta' ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 113
della  Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale degli
artt. 4,  comma  3, e 5 del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 203
(Disposizioni   integrative  e  correttive  dei  decreti  legislativi
18 dicembre  1997,  n. 471,  18 dicembre  1997,  n. 472 e 18 dicembre
1997,  n. 473,  in  materia  di sanzioni amministrative tributarie) e
degli  artt. 18  e 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche
al  sistema  penale),  nella  parte  in cui non prevedono l'immediata
ricorribilita'   al  giudice  naturale  dei  diritti,  da  parte  del
cittadino,  a  fronte  della  notifica  di  sanzioni  amministrative,
differendo   la  stessa  ad  un  tempo  futuro  ed  indeterminato,  a
differenza della precedente normativa;
        che il giudice a quo dopo aver preliminarmente ricostruito il
quadro    normativo   di   riferimento   in   materia   di   sanzioni
amministrative,  sottolinea come il meccanismo della normativa di cui
alla  legge  n. 689 del 1981 (combinato disposto degli artt. 16, 18 e
22) appaia lesivo dei diversi principi costituzionali;
        che,  secondo  l'ordinanza di rimessione, la nuova normativa,
per  un  verso, ammette il pagamento della sanzione amministrativa in
misura  ridotta (pari alla terza parte del massimo), entro il termine
tassativo  di  sessanta  giorni (art. 16); per altro verso, contempla
solo  la  possibilita'  di  presentare,  al fine di contestare l'atto
notificato, scritti difensivi e documenti, senza, peraltro, prevedere
alcun   termine  finale  entro  cui  l'amministrazione  locale  debba
rispondere,  con  la  conseguenza  di  non poter piu' adempiere nella
misura  ridotta, giacche' l'ordinanza-ingiunzione che segue (la quale
peraltro, costituisce gia' titolo esecutivo e solo avverso di essa e'
ammesso  il  ricorso  al  giudice ordinario) interverrebbe molti anni
dopo la contestazione della sanzione;
        che, sul punto della rilevanza, il giudice a quo si limita ad
osservare   che   l'eccezione   avanzata,  nel  corso  del  giudizio,
dall'amministrazione  comunale, si basa, infatti, sul rilievo secondo
cui  l'art. 22  della  legge n. 689 del 1981 - applicabile in base al
sopravvenuto d.lgs. 5 giugno 1998, n. 203 - non ammetterebbe, avverso
i  verbali  di  accertamento,  il ricorso al Pretore, bensi' soltanto
avverso  le  ordinanze-ingiunzione, con la conseguenza che, ove fosse
accolta  detta  pregiudiziale, il ricorrente non avrebbe, allo stato,
alcuna   difesa   giudiziale  dei  propri  diritti,  con  conseguente
violazione dell'art. 24 della Costituzione;
        che   il   vulnus   all'art. 3  della  Costituzione  verrebbe
ravvisato  sul rilievo che tutta la evoluzione legislativa in tema di
sanzioni  amministrative  sarebbe  andata verso la piena ed immediata
tutela  giudiziale  (cosi',  ad  esempio,  il d.lgs. n. 472 del 1997,
art. 18; il d.l. n. 79 del 1995, convertito in legge n. 172 del 1995;
la legge n. 481 del 1995 e la legge n. 249 del 1997), mentre cio' non
avverrebbe  nei  confronti  dei  cittadini  colpiti  da  sanzioni nel
settore pubblicitario;
        che  gli  artt. 18  e  22 della legge n. 689 del 1981 vengono
censurati  anche  in  relazione  alla  circostanza  secondo  cui essi
distolgono  il  cittadino  dal  proprio  giudice  naturale,  giacche'
impongono la possibilita' di presentare scritti difensivi alla stessa
autorita'  che ha emesso la sanzione e dilazionano ad un tempo futuro
ed indeterminato il ricorso al giudice ordinario;
        che  quanto,  poi,  ai vizi denunciati in relazione al d.lgs.
n. 203  del  1998,  il giudice a quo osserva che, in particolare, con
l'art. 4,  comma  3,  e'  stato  rimessa  in  vigore, per di piu' con
efficacia  retroattiva  (art. 5  del  d.lgs.  n. 203  del  1998:  dal
1o aprile  1998, essendo stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il
1o luglio  1998),  la  vecchia normativa di cui alla legge n. 689 del
1981, che era stata sostituita dai decreti legislativi nn. 471, 472 e
473  del 1997,  che  hanno  regolamentato  le  sanzioni in materia di
tributi  locali  (in  particolare, l'art. 12, comma 1, lettera b) del
d.lgs. n. 473 del 1997);
        che,  pertanto,  sempre  secondo  il  giudice a quo alla luce
dell'art. 25  della  Costituzione  e  dell'art. 11 delle preleggi, le
suddette  norme  del  1998  non  possono  non  apparire  inficiate da
evidente  incostituzionalita',  anche  nella  considerazione che tale
retroattivita'  non  troverebbe  alcuna  adeguata giustificazione sul
piano della ragionevolezza;
        che  nel  giudizio introdotto con l'ordinanza di cui sopra e'
intervenuto   il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  con  il
patrocinio  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato, che ha eccepito,
preliminarmente,  un profilo di inammissibilita', giacche' il giudice
a  quo  non  avrebbe censurato l'art. 16 della legge n. 689 del 1981,
norma  che stabilisce il termine perentorio di sessanta giorni per il
pagamento  della  misura  ridotta,  concludendo  nel  merito  per  la
infondatezza  della  questione.  In  particolare  ha osservato che la
modifica  introdotta  dal  decreto  legislativo  n. 203  del  1998 si
sarebbe  resa  necessaria per ovviare all'operato del legislatore, il
quale, a decorrere dal 1o aprile 1998, aveva erroneamente esteso alle
violazioni  di carattere amministrativo non tributario l'applicazione
delle  nuove  sanzioni  tributarie (modifica introdotta dall'art. 12,
comma 1, lettera b) del d.lgs. n. 473 del 1997);
        che,  secondo  la  difesa  erariale,  l'art. 4,  comma 3, del
d.lgs.  n. 203 del 1998 si porrebbe come norma interpretativa e, come
tale, certamente con natura retroattiva.

    Considerato  che  l'ordinanza  di  rimessione  della questione di
legittimita'   costituzionale   e'   manifestamente   carente   nella
motivazione  sulla  rilevanza - nonostante sia ampiamente diffusa sui
vizi  denunciati  ripresi  pedissequamente  dalla  memoria  di  parte
privata - per un duplice ordine di deficienze: a) per quanto riguarda
la    mancata   considerazione   del   momento   determinante   della
giurisdizione  e  della  competenza,  in  relazione  ai  sopravvenuti
(rispetto  alla  proposizione della domanda 10 aprile 1998) mutamenti
legislativi alla luce dell'art. 5 del codice di procedura civile (nel
testo modificato dall'art. 92, comma 1, della legge 26 novembre 1990,
n. 353  e dall'art. 6 del d.-l. 7 ottobre 1994, n. 571, convertito in
legge  6 dicembre 1994, n. 673); b) in ordine al pacifico intervenuto
annullamento  di ufficio da parte del comune di una parte dei verbali
(n. 44) ed al pagamento dell'oblazione per gli altri verbali (n. 83),
per   cui  incombeva  al  giudice  di  esplorare  preliminarmente  la
possibilita'  che  il  giudizio  potesse essere deciso, in tutto o in
parte,   indipendentemente   dalla  risoluzione  della  questione  di
legittimita' costituzionale;
        che  di  conseguenza  deve  essere  dichiarata  la  manifesta
inammissibilita' della questione.

    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  degli artt. 4, comma 3, e 5 del decreto
legislativo   5 giugno   1998,  n. 203  (Disposizioni  integrative  e
correttive   dei   decreti   legislativi  18 dicembre  1997,  n. 471,
18 dicembre  1997,  n. 472  e 18 dicembre 1997, n. 473, in materia di
sanzioni amministrative tributarie) e degli artt. 18 e 22 della legge
24 novembre  1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) sollevata, in
riferimento  agli  artt. 3,  24,  25  e  113  della Costituzione, dal
pretore di Milano, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 luglio 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                        Il redattore: Chieppa
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 14 luglio 2000.
                      Il cancelliere: Fruscella
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