N. 299 SENTENZA 11 - 19 luglio 2000

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Regione  Toscana  -  Edilizia  residenziale  pubblica - Requisiti per
l'assegnazione  e  la  decadenza  dall'assegnazione  degli alloggi di
edilizia  residenziale  -  Mancanza  di  titolarita'  di  diritti  di
proprieta',  usufrutto,  uso o abitazione su altri alloggi ubicati in
qualsiasi   localita'   -  Reddito  immobiliare  rilevante  ai  fini,
rispettivamente, dell'assegnazione e della dichiarazione di decadenza
-  Commisurazione  al  canone di locazione determinato ai sensi della
legge  27  luglio  1978,  n. 392 - Irragionevolezza della disciplina,
alla luce delle successive modifiche a livello legislativo in materia
di canoni locativi - Illegittimita' costituzionale in parte qua
- Assorbimento di altri profili.
- Legge  Regione  Toscana  20 dicembre 1996, n. 96, artt. 5, comma 1,
  35, comma 1, lettera d) e allegato A, lettera d).
- Costituzione, artt. 3, 117 e 118.
(GU n.31 del 26-7-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Cesare MIRABELLI;
Giudici: Francesco GUIZZI, Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Cesare
RUPERTO,  Riccardo CHIEPPA, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda
CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'allegato A), lettera
d), della legge della Regione Toscana 20 dicembre 1996, n. 96 e degli
artt. 5,  comma  1, 35, comma 1, lettera d), stessa legge (Disciplina
per l'assegnazione, gestione e determinazione del canone di locazione
degli  alloggi di edilizia residenziale pubblica), nella parte in cui
rinviano  a  detto  allegato,  promosso  con  ordinanza  emessa il 14
gennaio 1999 dal Tribunale amministrativo regionale della Toscana, II
sezione, sul ricorso proposto da I. T. contro il comune di Firenze ed
altra,  iscritta  al  n. 383 del registro ordinanze 1999 e pubblicata
nella   Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 27,  prima  serie
speciale, dell'anno 1999.
    Visto l'atto di intervento della Regione Toscana;
    udito  nella  camera  di  consiglio del 24 maggio 2000 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.

                          Ritenuto in fatto


    1. -   Il  Tribunale  amministrativo  regionale della Toscana, II
sezione,  solleva,  con  ordinanza  del 14 gennaio 1999, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'allegato  A),  lettera d), nonche'
degli artt. 5, comma 1, e 35, comma 1, lettera d), nella parte in cui
entrambe  le  norme  rinviano  a  detto  allegato,  della legge della
Regione   Toscana   20   dicembre   1996,   n. 96   (Disciplina   per
l'assegnazione,  gestione  e  determinazione  del canone di locazione
degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), in riferimento agli
artt. 3, 117 e 118 della Costituzione.

    2. - Nel giudizio a quo l'assegnatario di un alloggio di edilizia
residenziale  pubblica  (in seguito, e.r.p.) ha impugnato l'ordinanza
sindacale  che lo ha dichiarato decaduto dall'assegnazione, in quanto
egli  avrebbe  perduto  uno  dei requisiti stabiliti a detto fine. In
particolare,  il Tar osserva che l'art. 5, comma 1, della legge della
Regione  Toscana  n. 96  del  1996  dispone  che,  per l'assegnazione
dell'alloggio  di  e.r.p.,  e'  richiesto  il  possesso dei requisiti
fissati  nella  tabella  a) allegata a detta legge, tra i quali, alla
lettera  d),  e'  prevista  la  mancanza di titolarita' di diritti di
proprieta',  usufrutto, uso e abitazione su uno o piu' alloggi, anche
sfitti,  ubicati  in  qualsiasi  localita',  la  cui  quota di valore
locativo,  determinato  ai  sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392,
sia   almeno  pari  al  valore  locativo  di  alloggio  adeguato  con
condizioni  abitative medie nell'ambito territoriale cui si riferisce
il  bando di concorso, computandosi detto valore secondo le modalita'
stabilite  dalla  legge  da ultimo richiamata; il successivo art. 35,
comma 1, lettera d), stabilisce che il venire meno di detto requisito
determina la decadenza dall'assegnazione.
    La  questione,  secondo  il  giudice  a  quo,  sarebbe  anzitutto
rilevante  in  quanto  il  provvedimento  impugnato e' stato adottato
proprio  in  virtu'  delle norme censurate, che devono appunto essere
applicate  nel  giudizio.  Il Tar espone, quindi, che la delibera del
Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) del
13 marzo  1995  ha  stabilito  i  criteri generali per l'assegnazione
degli    alloggi,    disponendo   che   costituisce   requisito   per
l'assegnazione dell'alloggio di e.r.p. "la mancanza di titolarita' di
diritti  di  proprieta',  usufrutto,  uso  ed  abitazione su alloggio
adeguato  alle esigenze del nucleo familiare" (paragrafo 3.1, lettera
c),  eliminando  il  riferimento  al reddito percepito dall'immobile,
commisurato  al  valore  locativo  determinato  ai  sensi della legge
n. 392 del 1978, gia' contenuto nella precedente delibera Cipe del 19
novembre  1981.  Ad  avviso  del Tar, le norme impugnate, attribuendo
rilievo al fine dell'assegnazione e della decadenza alla natura di un
determinato  reddito quantificato con riferimento al valore locatizio
ex  lege n. 392 del 1978, violerebbero il principio di ragionevolezza
(art. 3   della   Costituzione),  sia  in  quanto  detto  valore  non
costituisce  un  indice  idoneo ad esprimere il fabbisogno abitativo,
sia in quanto esso costituisce una componente del reddito complessivo
pure  previsto  quale requisito dell'assegnazione. Le disposizioni si
porrebbero,  quindi,  in  contrasto  con  la ratio delle piu' recenti
direttive  del  Cipe  del  1995, identificata proprio nell'intento di
eliminare il riferimento al valore locatizio, allo scopo di espungere
il  vizio  di  ragionevolezza  che inficiava la precedente direttiva.
Peraltro,   secondo   il  Tar,  la  legge  regionale  avrebbe  dovuto
conformarsi  alle direttive del Cipe del 1995, in quanto le regioni a
statuto   ordinario   non   sarebbero   titolari  di  una  competenza
legislativa  costituzionalmente  garantita  nella materia dei criteri
per  l'assegnazione  degli alloggi di e.r.p. Quest'ultima non rientra
infatti   tra   quelle   elencate  nell'art. 117  della  Costituzione
(sentenza  n. 27 del 1996) e neppure e' stata attribuita alle regioni
dalle  norme  che  la  hanno  disciplinata  (d.P.R. 30 dicembre 1972,
n. 1035;  d.P.R.  24  luglio  1977,  n. 616),  le  quali  hanno  anzi
riservato  al  Cipe  la  fissazione  dei  "criteri  generali  per  le
assegnazioni"  (art. 2,  secondo  comma,  n. 2,  della legge 5 agosto
1978,  n. 457).  Pertanto,  conclude  il rimettente, poiche' le norme
impugnate   non   introducono  mere  specificazioni  dei  criteri  di
assegnazione,  conformi alla ratio di quelli stabiliti dal Cipe, esse
violerebbero anche gli artt. 117 e 118 della Costituzione.

    3. - Nel  giudizio  e'  intervenuto  il  Presidente  della Giunta
regionale  della  Toscana,  il quale, nell'atto di intervento e nella
memoria  depositata  in  prossimita'  della  camera  di consiglio, ha
chiesto che la questione sia dichiarata infondata.
    Secondo l'interveniente, la deliberazione Cipe del 13 marzo 1995,
al paragrafo 3.1, lettera c), recherebbe un criterio piu' restrittivo
rispetto  alle norme impugnate, in quanto esso non attribuisce nessun
rilievo al luogo di ubicazione dell'immobile e cio' influirebbe sulla
rilevanza  della  questione.  A  suo  avviso,  le  censure  sarebbero
comunque  infondate, dato che le norme impugnate avrebbero introdotto
specificazioni  non in contrasto con la ratio delle deliberazioni del
Cipe,  in  quanto  stabiliscono  che,  se l'immobile e' ubicato al di
fuori  dell'ambito territoriale di riferimento del bando di concorso,
la decadenza viene dichiarata qualora esso garantisca un reddito pari
ad  un  importo  quantificato,  con  disposizione  non irragionevole,
avendo riguardo al valore locativo del bene. In ogni caso, la Regione
avrebbe disciplinato la materia conformandosi alle direttive del Cipe
del  1981,  anziche'  a  quelle del 1995, le quali sarebbero peraltro
caratterizzate  da  una maggiore indeterminatezza, proprio allo scopo
di  ampliare  la  facolta'  del  legislatore  regionale di introdurre
specificazioni dei criteri di assegnazione. L'interveniente conclude,
infine, osservando che la questione sarebbe infondata anche in quanto
l'art. 60 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 ha attribuito alle regioni
la competenza a stabilire i criteri per l'assegnazione degli alloggi.

                       Considerato in diritto


    1. - La  questione  di  legittimita'  costituzionale promossa con
l'ordinanza  indicata in epigrafe concerne l'allegato A), lettera d),
nonche'  gli  artt. 5, comma 1, e 35, comma 1 lettera d), della legge
della  Regione  Toscana  20  dicembre 1996, n. 96, nelle parti in cui
stabiliscono  i requisiti necessari per l'assegnazione e la decadenza
degli  alloggi  di  edilizia  residenziale  pubblica.  Tali norme che
prevedono,  tra i vari requisiti prescritti, quello della mancanza di
titolarita' di diritti di proprieta', usufrutto, uso e abitazione "su
uno  o piu' alloggi, anche sfitti, ubicati in qualsiasi localita', la
cui  quota di valore locativo complessivo, determinato ai sensi della
legge  27  luglio 1978, n. 392, sia almeno pari al valore locativo di
alloggio   adeguato   con   condizioni  abitative  medie  nell'ambito
territoriale  cui  si  riferisce  il bando di concorso", sarebbero in
contrasto con gli artt. 3, 117 e 118 della Costituzione.
    Ad   avviso  del  giudice  a  quo  infatti,  le  norme  impugnate
violerebbero  il  principio  di  ragionevolezza  nella  parte  in cui
quantificano  il godimento del reddito di immobili, commisurandolo al
valore locativo ex lege n. 392 del 1978, poiche' si tratterebbe di un
indice  inidoneo  ad esprimere il fabbisogno abitativo, anche perche'
quel  tipo  di  reddito  e'  gia'  compreso in quello complessivo del
nucleo  familiare,  che  costituisce  ulteriore  requisito. Le stesse
norme   inoltre  violerebbero,  secondo  il  giudice  rimettente,  la
delibera   Cipe  del  13  marzo  1995,  che  esclude  in  materia  la
possibilita' di ogni riferimento al valore locativo, cosicche', sotto
questo  profilo, sarebbero in contrasto con gli artt. 117 e 118 della
Costituzione.

    2. - La questione e' fondata.
    Le  norme  regionali  impugnate  precludono  la  possibilita'  di
godimento  di alloggi di edilizia residenziale pubblica a coloro che,
in  particolare,  abbiano la titolarita' di diritti che assicurano un
certo  reddito  derivante  da immobili, anche non situati nell'ambito
territoriale cui si riferisce il relativo bando di concorso.
    Tale   preclusione  peraltro  non  e'  di  per  se',  secondo  la
giurisprudenza costituzionale, arbitraria. Nel quadro delle finalita'
della  legislazione  sull'edilizia  residenziale pubblica, diretta ad
agevolare  il  compito,  a  carico  della  collettivita', di favorire
l'accesso  all'abitazione,  a  canoni inferiori a quelli correnti sul
mercato,  a categorie di cittadini meno abbienti (sentenza n. 419 del
1991),  non appaiono infatti incongrue le norme che mirano ad evitare
che  di  tali  alloggi possa godere anche chi sia titolare di un bene
immobiliare  avente  la  stessa  natura  di  quello  al quale aspira,
ovunque esso sia ubicato.
    Questa  Corte  ha  peraltro  affermato di recente, nell'esaminare
norme  regionali  di  contenuto  pressoche'  identico  a  quelle  ora
sottoposte  a scrutinio, che appare invece incongrua, rispetto a tali
finalita',  l'adozione  del criterio, costituito dalla assunzione del
canone  di  locazione,  determinato  ai  sensi della legge n. 392 del
1978,  quale  parametro  del  valore dell'alloggio che sia ubicato in
localita' diversa da quella di residenza dell'assegnatario, in quanto
l'impostazione di fondo della disciplina dell'equo canone e' ormai da
considerarsi  superata  (sentenza  n. 176  del  2000).  Ed  invero, a
partire  dall'introduzione  dei cosiddetti "patti in deroga" (d.l. 11
luglio  1992,  n. 333)  e  soprattutto dopo la legge 9 dicembre 1998,
n. 431,  la  determinazione  dei  canoni  di  locazione  non  e' piu'
agganciata   ai   precedenti,   uniformi   indici   convenzionali   e
coefficienti   di   valutazione,  ma  risulta  rimessa  ai  variabili
equilibri  del  mercato, cosi' da rendere ben possibili, a parita' di
condizioni, sensibili variazioni d'importo del canone.
    Le norme impugnate fondano dunque, in modo irragionevole, al pari
di  quelle  esaminate  nella  citata  sentenza  n. 176  del  2000, la
preclusione  all'assegnazione  dell'alloggio di edilizia pubblica sul
presupposto  di un tipo di reddito (il valore locativo ex lege n. 392
del  1978),  che  pero' non puo' piu' costituire, per le ragioni gia'
dette, un parametro oggettivo di valutazione del cespite immobiliare.
Tanto  piu'  se  si  considera che la citata delibera del Cipe del 13
marzo  1995  esclude  in  materia  ogni  rilievo  al  valore locativo
dell'alloggio.
    L'accoglimento  della  questione  sotto  il  profilo  prospettato
comporta  l'assorbimento  delle  ulteriori  censure  proposte dal Tar
rimettente nei confronti delle medesime norme.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 5, comma 1,
dell'art. 35,  comma  1,  lettera  d)  e dell'allegato A), lettera d)
della legge della Regione Toscana 20 dicembre 1996, n. 96 (Disciplina
per l'assegnazione, gestione e determinazione del canone di locazione
degli  alloggi di edilizia residenziale pubblica), limitatamente alle
parti  in  cui  individuano il reddito immobiliare, rilevante ai fini
rispettivamente dell'assegnazione dell'alloggio e della dichiarazione
di  decadenza,  commisurandolo  al canone di locazione determinato ai
sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                       Il redattore: Capotosti
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 19 luglio 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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