N. 338 ORDINANZA 12 - 24 luglio 2000

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Guardia  particolare  giurata  -  Condanna penale - Revoca automatica
dell'autorizzazione,  richiesta  per  l'attivita' e il porto d'armi -
Mancata possibilita' di graduare la pena in relazione all'entita' del
reato  - Conseguente, denunciata, disparita' di trattamento, rispetto
a  casi  analoghi  -  Questione  gia' esaminata, con esito negativo -
Manifesta infondatezza.
- R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 138, primo comma, numero 4.
- Costituzione, artt. 3 e 97, primo comma.
(GU n.32 del 2-8-2000 )
Ordinanza 12-24 luglio 2000
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:  Francesco  GUIZZI,  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo VARI,
Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 138, primo
comma,   numero   4,   del   regio  decreto  18 giugno  1931,  n. 773
(Approvazione  del  testo  unico  delle leggi di pubblica sicurezza),
promosso  con  ordinanza  emessa  il  3 febbraio  1998  dal Tribunale
amministrativo  regionale della Sicilia sul ricorso proposto da n. G.
contro  il  Ministero  dell'interno  e  altro, iscritta al n. 177 del
registro  ordinanze  1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica - prima serie speciale - n. 13 dell'anno 1999;
    Visti   l'atto   di  costituzione  di  n. G.  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 22 marzo 2000 il giudice
relatore Francesco Guizzi;
    Ritenuto  che,  a  seguito  di una ordinanza con la quale il vice
pretore  onorario  della  pretura  circondariale  di Trapani, sezione
distaccata  di  Erice,  aveva ingiunto a n. G. di non parcheggiare la
propria  auto  lungo  il  lato  est  di  un vicolo cittadino, perche'
impediva la manovra di ingresso delle auto dei condomini, il predetto
era  stato  tratto a giudizio per violazione dell'art. 388 del codice
penale  e  condannato al pagamento di L. 200.000 di multa, non avendo
ottemperato al provvedimento;
        che,  considerata la tenuita' della pena, n. G. non proponeva
appello  e  il  prefetto  di  Trapani revocava il decreto con cui era
stato   autorizzato   allo   svolgimento  dell'attivita'  di  guardia
particolare giurata, nonche' il relativo porto di pistola;
        che,  a  cagione  di  detti  decreti, l'istituto di vigilanza
privato,  presso il quale il condannato prestava servizio da 17 anni,
lo licenziava;
        che, con ricorso del novembre del 1995, n. G. aveva impugnato
i  decreti  prefettizi  chiedendone l'annullamento, per la violazione
dei  principi  posti a base della sentenza della Corte costituzionale
n. 971 del 1988;
        che,  nel  corso  del  giudizio,  il Tribunale amministrativo
regionale  della  Sicilia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e
97  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 138,  primo  comma,  numero  4, del regio-decreto 18 giugno
1931,  n. 773  (Approvazione  del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza);
        che  il  giudice  a  quo  ricorda  come  questa  Corte  abbia
affermato, con la citata sentenza n. 971, il principio secondo cui il
pubblico dipendente non puo' essere destituito, in conseguenza di una
sentenza   penale,   senza  che  la  pubblica  amministrazione  abbia
verificato la sussistenza di cause concrete di non compatibilita' con
l'ufficio;
        che,   con   la  medesima  sentenza,  sono  state  dichiarate
illegittime  diverse disposizioni di legge, fra cui l'art. 8, lettera
a),   del  d.P.R.  25 ottobre  1981,  n. 737,  in  tema  di  sanzioni
disciplinari  per  il  personale  dell'amministrazione della pubblica
sicurezza;
        che  successivamente,  ispirate  alla  stessa ratio decidendi
sono  intervenute  altre  pronunce  costituzionali  (fra  le quali la
sentenza n. 408 del 1993) che hanno dichiarato l'illegittimita' delle
disposizioni che prevedevano l'esclusione automatica dei partecipanti
dai  concorsi per l'accesso al pubblico impiego, con cio' confermando
e  sviluppando  un orientamento risalente (sentenze nn. 207 del 1996,
45 e 61 del 1965, 33 e 15 del 1960);
        che  da  tali  decisioni  si  potrebbe  desumere un principio
costituzionale  di portata generale, in virtu' del quale non potrebbe
essere   attribuito   alla   condanna  penale  un  automatico  valore
rescindente o risolutivo del rapporto intrattenuto dal condannato con
la  pubblica amministrazione, dovendo quest'ultima vagliare, caso per
caso, se la condanna comporti un'alterazione del rapporto fiduciario;
        che  anche  la  sentenza  n. 108  del  1994,  dichiarando  la
illegittimita'  costituzionale  dell'art. 26  della  legge  n. 53 del
1989,  nella  parte  in  cui  lasciava  al giudizio insindacabile del
Ministro  dell'interno  la  valutazione  delle  "qualita' morali" del
candidato e della sua famiglia, si inserisce nel medesimo filone;
        che  non  vi  sarebbero  motivi  ragionevoli per ritenere che
quanto  vale  per i pubblici dipendenti addetti a funzioni di polizia
non  debba  valere  anche  per  i "pubblici ufficiali o incaricati di
pubblico servizio", dipendenti privati che svolgano analoghe funzioni
in    forza    di   una   concessione   rilasciata   dalla   pubblica
amministrazione;
        che    sarebbe    percio'    irragionevole   assoggettare   a
destituzione,  attraverso  la  revoca automatica dell'autorizzazione,
solo  coloro  che  espletano  attivita'  di  polizia  in  base  a una
concessione o autorizzazione amministrativa;
        che  la  funzione  di  prevenzione  e  repressione  dei reati
risponderebbe  allo stesso interesse pubblico, tanto se esercitata da
un  pubblico  dipendente,  quanto  dal  privato  autorizzato, pena il
contrasto con gli artt. 3 e 97, primo comma, della Costituzione;
        che  la  questione  sarebbe  rilevante,  poiche'  non sarebbe
possibile  una  interpretazione estensiva dell'art. 138, primo comma,
numero 4, del regio decreto n. 773 del 1931;
        che,  con memoria scritta, si e' costituita la parte privata,
chiedendo  la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale della
disposizione  in  esame,  "nella  parte in cui, ai fini del requisito
dell'assenza  da  condanne  penali, prescinde dalla valutazione della
entita' del reato e della gravita' della pena";
        che secondo il difensore la questione appare fondata, perche'
la  disposizione  oggetto  di  censura  - nel richiedere l'assenza di
qualsiasi  condanna  penale  per delitto - non distingue tra le varie
ipotesi, sia con riferimento alla gravita' del fatto, sia all'entita'
della  pena, cosi' determinando la sopravvivenza del requisito, della
buona condotta, cancellato da questa Corte con la sentenza n. 311 del
1996;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per
l'infondatezza;
        che,  secondo  la  difesa  erariale,  non  vi sarebbero nuovi
elementi  per  disattendere  l'orientamento gia' espresso dalla Corte
con le sentenze nn. 326 del 1995 e 405 del 1997.

    Considerato  che questa Corte ha gia' valutato con esito negativo
(cosi'  la  citata  sentenza n. 326), in riferimento all'art. 3 della
Costituzione,  la  questione di legittimita' costituzionale sollevata
con  riguardo  all'art. 138, primo comma, numero 4, del regio decreto
n. 773 del 1931;
        che  analoga  decisione  e'  stata  resa  in  una fattispecie
concernente  il  mancato  rinnovo  delle nomina a guardia particolare
giurata (cosi' la sentenza n. 405 sopra menzionata);
        che  la questione oggi sottoposta all'esame presenta soltanto
due  nuovi  elementi:  l'estrema  lievita'  del  delitto e la mancata
coltivazione dei mezzi d'impugnazione da parte del condannato;
        che  tali  aspetti  attengono  a questioni di mero fatto, non
essendo  mutati  -  al  di  la'  dell'ulteriore  parametro costituito
dall'art. 97  della  Costituzione  - gli argomenti posti a fondamento
della questione;
        che  va tenuto fermo il principio gia' enunciato, secondo cui
la  revoca  del  porto  di  pistola  non  implica,  per  il  privato,
l'automatica  risoluzione  del  rapporto  di  lavoro,  il  quale puo'
trovare altre e diverse ragioni di conservazione;
        che    l'ulteriore    parametro    costituzionale,   relativo
all'imparzialita'   e  al  buon  andamento  dell'amministrazione,  e'
palesemente   estraneo   alla  materia  de  qua  e  non  impinge  sul
ragionamento gia' svolto;
        che    pertanto    la    questione    dev'essere   dichiarata
manifestamente infondata.

    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 138, primo comma, numero 4, del
regio  decreto  18 giugno  1931, n. 773 (Approvazione del testo unico
delle  leggi  di  pubblica sicurezza), sollevata, in riferimento agli
artt. 3   e  97,  primo  comma,  della  Costituzione,  dal  Tribunale
amministrativo regionale della Sicilia, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                        Il redattore: Guizzi
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 24 luglio 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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