N. 359 SENTENZA 12 - 26 luglio 2000

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Processo a carico di imputati minorenni - Misure
cautelari  personali  -  Possibilita', per il giudice, di disporre la
custodia  cautelare  del  minorenne,  in  caso  di pericolo di fuga -
Violazione  dei  criteri  direttivi  posti dal legislatore delegante,
escludenti  il  ricorso  alla misura in tale ipotesi - Illegittimita'
costituzionale.
- D.P.R.  22  settembre  1988,  n. 448, art. 23, comma 2, lettera b),
  come sostituito dall'art. 42 del d.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12.
- Costituzione,  artt.  76  e  77  (in relazione all'art. 3, comma 1,
  lettera h), della legge 16 febbraio 1987, n. 81).
(GU n.32 del 2-8-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:   Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Cesare  RUPERTO,
Riccardo   CHIEPPA,   Gustavo   ZAGREBELSKY,   Valerio  ONIDA,  Carlo
MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 2,
lettera  b), del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle
disposizioni  sul  processo  penale  a carico di imputati minorenni),
promosso  con  ordinanza  emessa  il 27 marzo 1999 dal giudice per le
indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni di L'Aquila,
iscritta  al  n. 375  del  registro ordinanze 1999 e pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n. 27,  prima serie speciale,
dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 12 aprile 2000 il giudice
relatore Valerio Onida.

                          Ritenuto in fatto


    1. -   Con  ordinanza emessa il 27 marzo 1999, pervenuta a questa
Corte  l'11  giugno  1999, il giudice per le indagini preliminari del
tribunale  per  i  minorenni  di  L'Aquila  ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  agli articoli 76 e 77
della  Costituzione,  e in relazione all'art. 3, comma 1, lettera h),
della  legge  16  febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo
della  Repubblica  per  l'emanazione  del  nuovo  codice di procedura
penale),  dell'art. 23,  comma 2, lettera b), del d.P.R. 22 settembre
1988,  n. 448  (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a
carico di imputati minorenni).
    Il  giudice  remittente premette di essere chiamato a decidere su
una istanza di applicazione della custodia cautelare nei confronti di
un  minore  arrestato  nella  quasi  flagranza  del  delitto di furto
aggravato  da  violenza  sulle  cose;  di  ritenere  che nella specie
sussistano  gravi  indizi  di  colpevolezza,  che  non  vi sia ne' il
pericolo  di reiterazione di reati della stessa indole, ne' quello di
inquinamento  probatorio;  e che l'identita' fisica del prevenuto sia
certa,  ma  che  sussista invece il pericolo concreto che egli si dia
alla fuga.
    Osserva il giudice a quo che l'art. 3, comma 1, della legge n. 81
del  1987, di delega per l'emanazione del codice di procedura penale,
nel  dettare  i  criteri  per  la disciplina del processo a carico di
imputati  minorenni,  reca,  alla  lettera h), la seguente direttiva:
"potere  del  giudice  di  disporre  la  custodia in carcere solo per
delitti  di  maggiore  gravita'  e  sempre  che  sussistano  gravi  e
inderogabili  esigenze  istruttorie  ovvero  gravi esigenze di tutela
della  collettivita'".  L'art. 23  del  d.P.R.  n. 448  del 1988, nel
disciplinare   la  facolta'  del  giudice  di  disporre  la  custodia
cautelare, ha previsto invece come condizioni facoltizzanti, al comma
2,  i  tre classici pericula libertatis - pericolo di reiterazione di
reati  della  stessa  specie,  pericolo  di inquinamento probatorio e
pericolo  di  fuga - in perfetta concordanza con quanto stabilito (in
quel  caso,  pero',  conformemente ai criteri di delega dettati per i
maggiorenni) dall'art. 274 del codice di procedura penale.
    Secondo  il  remittente,  l'esplicito  criterio  piu' restrittivo
dettato  dal  legislatore  delegante  per gli indagati minorenni deve
ritenersi  una  scelta  di  politica  legislativa; ne' potrebbe farsi
rientrare  il  pericolo  di fuga nell'ambito delle "gravi esigenze di
tutela  della  collettivita'"  di cui e' parola nell'art. 3, comma 1,
lettera  h),  della legge di delega, poiche' questa formula e' sempre
riferita,  nell'ordinamento  penale,  al pericolo di reiterazione dei
reati;  e d'altra parte, se non si fosse voluto escludere il pericolo
di   fuga   dal   novero   delle  condizioni  che  rendono  possibile
l'applicazione  della custodia cautelare, la disposizione che detta i
criteri  particolari  nei  confronti dei minorenni sarebbe superflua,
mentre l'eccezione da essa prevista rispetto ai criteri generali deve
intendersi  secondo il principio interpretativo ubi lex voluit dixit,
ubi noluit tacuit.
    Sussiste  pertanto,  ad  avviso  del giudice a quo violazione dei
criteri  della delega, onde l'art. 23, comma 2, lettera h, del d.P.R.
n. 448   del   1988  dovrebbe  essere  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo.

    2. - E'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri,   concordando   con   le   argomentazioni  del  remittente.
L'Avvocatura  erariale  osserva  che  effettivamente la lettera della
legge  delegante  e' chiara nel senso di non prevedere il pericolo di
fuga  fra  le condizioni che consentono l'adozione della misura della
custodia  cautelare nei confronti dei minori, ne' il pericolo di fuga
puo'   farsi  rientrare  fra  le  "gravi  esigenze  di  tutela  della
collettivita'".  Il  carattere  di  eccezionalita' che il legislatore
delegante   ha  impresso  al  ricorso  alla  custodia  cautelare  nei
confronti  del  minore,  e la materia in cui si versa, della liberta'
personale,  escluderebbero  una interpretazione estensiva dei criteri
della   delega.   Anche  attraverso  una  valutazione  sistematica  e
comparativa  della disciplina in esame in rapporto ai criteri dettati
per  i  maggiorenni,  per  i  quali  si  e' previsto espressamente il
pericolo di fuga come condizione che consente l'adozione della misura
(art. 2,  comma  1,  n. 59,  della  legge  n. 81  del  1987), sarebbe
confermata  la  diversita'  dei  criteri  di delega stabiliti per gli
indagati minorenni, e di conseguenza la violazione dell'art. 76 della
Costituzione denunciata dal giudice a quo.

                       Considerato in diritto


    1. -   La questione sollevata investe l'art. 23, comma 2, lettera
b)   del   d.P.R.  22  settembre  1988,  n. 448  (Approvazione  delle
disposizioni  sul  processo  penale  a carico di imputati minorenni),
come  sostituito  dall'art. 42  del  d.lgs.  14  gennaio  1991, n. 12
(Disposizioni  integrative  e correttive della disciplina processuale
penale  e  delle norme ad essa collegate), che consente al giudice di
disporre  la  custodia  cautelare  nei  confronti  del  minorenne "se
l'imputato si e' dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli
si  dia  alla  fuga".  Di  tale previsione del decreto delegato viene
denunciato  il contrasto con i principi e criteri direttivi contenuti
nella  legge  di  delega,  che prevedeva la "facoltativita' di misure
cautelari personali" e il "potere del giudice di disporre la custodia
in  carcere  solo  per  delitti  di  maggiore  gravita'  e sempre che
sussistano  gravi  e  inderogabili  esigenze istruttorie ovvero gravi
esigenze di tutela della collettivita'" (art. 3, comma 1, lettera h),
della  legge  16 febbraio 1987, n. 81), escludendo dunque il pericolo
di  fuga dal novero delle condizioni che abilitano all'adozione della
misura restrittiva. Si censura pertanto la violazione dell'art. 76 (e
dell'art. 77) della Costituzione.

    2. - La questione e' fondata.
    Come  osserva  il  remittente,  e come rileva anche la difesa del
Presidente del Consiglio, i criteri direttivi dettati dal legislatore
per  la  disciplina  del  processo  minorile sono chiari nel senso di
consentire il ricorso alla custodia in carcere solo quando sussistano
gravi  e  inderogabili  esigenze istruttorie ovvero sussistano "gravi
esigenze di tutela della collettivita'" (art. 3, comma 1, lettera h),
della  legge  di  delega  n. 81  del  1987).  Il  pericolo  di fuga -
esplicitamente  previsto  come condizione che giustifica il ricorso a
misure  preventive  di  coercizione  personale,  nel caso di indagati
adulti,  dall'art. 274,  comma 1, lettera b), del codice di procedura
penale,  in conformita' a quanto previsto a sua volta dalla direttiva
n. 59 contenuta nell'art. 2, comma 1, della legge di delega n. 81 del
1987  -  non  e'  dunque compreso fra i presupposti che consentono la
custodia  in  carcere  dei  minorenni.  Ne'  esso  potrebbe ritenersi
riconducibile alle "gravi esigenze di tutela della collettivita'", le
quali attengono al diverso pericolo della commissione di nuovi reati,
e  non  possono  identificarsi col semplice rischio che l'indagato si
sottragga  con  la fuga all'applicazione della pena per il reato gia'
ascritto a suo carico.
    La   diversa   disciplina  prevista  dal  legislatore  delegante,
rispettivamente  per  gli indagati maggiorenni e per quelli minori di
eta',  discende  presumibilmente  dal  disfavore  del legislatore per
l'utilizzo  del  carcere  nei confronti dei minori, anche in coerenza
con i principi affermati a livello internazionale riguardo al diritto
penale  minorile.  In  ogni  caso, la scelta del delegante non poteva
essere  disattesa  dal  legislatore  delegato:  il  quale invece, nel
prevedere, nell'art. 23 del d.P.R. n. 448 del 1988, le condizioni che
abilitano  a  disporre  la  custodia  cautelare,  ha  pedissequamente
ricalcato  le  tracce  dell'art. 274  del codice di procedura penale,
senza tener conto della diversita' dei criteri direttivi che la legge
di delega imponeva di seguire.
    Con cio' il legislatore delegato ha pero' violato i criteri della
delega,  consentendo il ricorso alla custodia in carcere per i minori
in  una  ipotesi  nella quale la delega non lo prevedeva: la relativa
disciplina  e'  dunque  illegittima per contrasto con l'art. 76 della
Costituzione.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  la illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 2,
lettera  b)  del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle
disposizioni  sul  processo  penale  a carico di imputati minorenni),
come  sostituito  dall'art. 42  del  d.lgs.  14  gennaio  1991, n. 12
(Disposizioni  integrative  e correttive della disciplina processuale
penale e delle norme ad essa collegate).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                         Il redattore: Onida
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 luglio 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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