N. 461 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 aprile 2000

Ordinanza emessa dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul
ricorso   proposto   da   Donisi   Mario   ed  altri  contro  azienda
universitaria policlinico di Napoli ed altri

Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
alla   facolta'  di  medicina  e  chirurgia  -  Esercizio  o  rinnovo
dell'opzione  per  l'attivita' assistenziale intramuraria, ovvero per
l'attivita' libero professionale extramuraria - Termine perentorio di
quarantacinque  giorni  dalla  data  di entrata in vigore del decreto
legislativo  censurato  -  Previsione  dell'equivalenza  legale della
mancata  comunicazione  dell'opzione  entro il termine predetto, alla
scelta    dell'attivita'    assistenziale    esclusiva    -   Mancata
subordinazione   dell'esercizio  dell'opzione  alla  previa  concreta
disponibilita'  di  strutture  adeguate in cui esercitare l'attivita'
assistenziale  intramuraria  -  Irragionevolezza  -  Contrasto con il
principio di buon andamento della P.A.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 8.
- Costituzione, artt. 3 e 97.

Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla facolta' di medicina e chirurgia - Previsione, quale requisito
  necessario   per   l'attribuzione  di  incarichi  di  direzione  di
  struttura  nonche'  dei  programmi,  della  scelta  per l'attivita'
  assistenziale  esclusiva  -  Lesione  del  principio  di  autonomia
  didattico-scientifica  e di compenetrazione tra attivita' sanitaria
  assistenziale  e  attivita'  didattica  e  di ricerca scientifica -
  Eccesso di delega.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 7.
- Costituzione, artt. 33 e 76.

Sanita'  pubblica  -  Professori e ricercatori universitari afferenti
  alla  facolta'  di  medicina e chirurgia - Irretrattabilita', salvo
  limitate  eccezioni,  della  scelta  per  l'attivita' assistenziale
  intramuraria    -    Lesione    del    principio    di    autonomia
  didattico-scientifica.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, art. 5, comma 10.
- Costituzione, art. 33.

Sanita'  pubblica  -  Norme relative all'organizzazione interna delle
  aziende  sanitarie  e  in  materia  di  personale  delle  stesse  -
  Assoggettamento    dell'attivita'   assistenziale   del   sanitario
  universitario   alle  determinazioni  organizzative  del  Direttore
  generale  dell'Azienda  ospedaliera  -  Attribuzione  al  Direttore
  generale  del  potere  di  conferimento e revoca degli incarichi di
  strutture  semplici  e  di  natura  professionale,  su proposta del
  responsabile   della   struttura   complessa  di  appartenenza  del
  sanitario,  nonche'  degli  incarichi  di  direzione  di  strutture
  complesse  sulla  base  di  mera  intesa con il Rettore - Incidenza
  delle  determinazioni  del Direttore generale sulle attribuzioni in
  materia didattica e scientifica riservate all'Universita' - Lesione
  del   principio   della   liberta'  di  insegnamento  in  relazione
  all'attribuzione  di  un  incarico  assistenziale  che non consente
  un'adeguata  e  proficua utilizzazione di strutture e personale per
  esigenze di didattica e ricerca - Eccesso di delega.
- D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, artt. 3 e 5, commi da 1 a 6 e da 8
  a 11.
- Costituzione, artt. 33 e 76.
(GU n.37 del 6-9-2000 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 4681/2000
  proposto  da  Donisi  Mario,  De  Palma  Giovanni Domenico, Salvati
  Vincenzo, Gentile Maurizio, Amato Bruno, Benassai Giacomo, De Werra
  Carlo,  Galloro  Giuseppe, De Simone Roberto, Sodo Maurizio, Romano
  Giovanni,  Amato  Massimo,  Martuscelli  Ranieri,  Ausiello Pietro,
  Simenone Michele, Cimino Roberta, Nicolo' Michele, Coraggio Franco,
  Riccitiello  Francesco,  Sammartino Gilberto, Ramaglia Luca, Molino
  Antonio,  Stanziola  Anna Agnese, Mormile Mauro, Guadagno Vincenzo,
  Jacono  Fabrizio, Sabella Francesco, Imbimbo Ciro, Cortese Antonio,
  Quarto  Gennaro,  Savastano  Silvia,  Epifania  Ettore, Cesari Ugo,
  Michelotti  Ambrosina,  Laino Alberto, Palmieri Alessandro, Maresca
  Alfredo,   Albano   Francesca,  rappresentati  e  difesi  dall'avv.
  Raffaello  Capunzo  con domicilio eletto presso il dott. Gian Marco
  Grez, lungotevere Flaminio n. 46;
    Contro  Azienda  universitaria  policlinico di Napoli e Ministero
  della  sanita'  non costituita in giudizio; Universita' degli studi
  di  Napoli,  rappresentata  e difesa dall'Avvocatura Generale dello
  Stato  ex  lege  domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12; per
  l'annullamento e previa sospensione:
        a) della nota prot. n. 01714 del 29 febbraio 2000 a firma del
  direttore    generale    dell'azienda   universitaria   policlinico
  dell'Universita'  degli  studi di Napoli "Federico II" con la quale
  e' stato fissato al 12 marzo 2000 il termine ultimo per l'esercizio
  dell'opzione  tra  l'attivita'  libero-professionale extramuraria e
  intramuraria;
        b) di  ogni  altro  atto  preordinato, conseguente o connesso
  comunque   lesivo   degli  interessi  dei  ricorrenti  tra  cui  in
  particolare  e,  per  quanto  di  ragione,  il regolamento relativo
  all'esercizio dell'attivita' libero-professionale intramuraria.

    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti   gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del  Ministero
  dell'universita'  e  della  ricerca  scientifica  e  tecnologica  e
  dell'Universita' degli studi di Napoli "Federico II";
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato  relatore, per la Camera di consiglio del 12 aprile 2000
  il consigliere Bruno Mollica;
    Uditi, altresi', i difensori delle parti, come da verbale;
    Vista l'ordinanza cautelare della sezione n. 3014/2000;
    Ritenuto e considerato in:

                     F a t t o  e  d i r i t t o

    1. - I  ricorrenti,  tecnici  laureati equiparati ai ricercatori,
  afferenti alla facolta' di medicina e chirurgia, in servizio presso
  l'azienda universitaria policlinico dell'Universita' degli studi di
  Napoli   "Federico   II",   impugnano,  con  ricorso  rubricato  al
  n. 4681/2000,  il  provvedimento  specificato  in epigrafe, con cui
  viene   intimato   di   optare   per   l'esercizio   dell'attivita'
  assistenziale   intramuraria   (definita   anche   come  "attivita'
  assistenziale  esclusiva")  o  dell'attivita'  libero professionale
  extramuraria  ai  sensi  dell'art.  5,  commi  7 e 8, del d.lgs. 21
  dicembre 1999, n. 517.

    2. - Il  ricorso investe vari profili della legislazione delegata
  di riforma del settore sanitario: va allora definito e circoscritto
  l'oggetto  del giudizio, restando estranee allo stesso alcune delle
  argomentazioni  esposte  dalla  difesa  degli  istanti,  in  quanto
  l'esame   di   questo   giudice   deve  incentrarsi  esclusivamente
  sull'oggetto diretto ed immediato della contestazione giudiziale, e
  cioe'  l'esercizio  della  detta  opzione  da  parte  dei  sanitari
  universitari  e  le  conseguenze  che ne derivano alla posizione di
  status nell'una e nell'altra ipotesi.

    3. - In  sede  di delibazione dell'istanza cautelare proposta dai
  ricorrenti,  la sezione ha meditatamente ritenuto di accordare, sia
  pure  interinalmente,  il  richiesto  provvedimento di sospensione,
  rinviando  a  separata  contestuale ordinanza la proposizione della
  questione  di  costituzionalita' del sistema normativo posto a base
  dell'impugnata opzione per possibile contrasto, quantomeno, con gli
  artt. 3, 97, 33 e 76 Cost.

    In   questa   sede,   in  punto  di  rilevanza,  basti  ricordare
  l'orientamento  della  Corte  costituzionale  secondo  il  quale il
  requisito  della  rilevanza  non  viene  meno  nel  caso  in cui il
  giudice,  contemporaneamente  all'ordinanza  di  rimessione,  abbia
  disposto, con separato provvedimento, la sospensione stessa, in via
  provvisoria  e temporanea, sino alla ripresa del giudizio cautelare
  (cfr.  sentt.  nn. 444 del 1990, 367 del 1991 e 4 del 2000); e cio'
  anche  per il caso che la dedotta incostituzionalita' di una o piu'
  norme legislative costituisca l'unico motivo del ricorso innanzi al
  giudice   a   quo,  essendo  comunque  individuabile  nel  giudizio
  principale  un  petitum  separato  e  distinto  dalle  questioni di
  legittimita' costituzionale, sul quale questo giudice e' chiamato a
  pronunciarsi  (cfr.  sentt.  nn. 263 del 1994, 128 del 1998 e 4 del
  2000, cit.).

    4. - Sempre in punto di rilevanza, va ricordato che la contestata
  opzione e' imposta dall'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21 dicembre
  1999,   n. 517,  cit.:  si'  che,  dovendosi  fare  necessariamente
  applicazione  delle dette disposizioni, il giudizio non puo' essere
  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della questione di
  legittimita' costituzionale.
    D'altro   canto,   il  provvedimento  in  questa  sede  impugnato
  costituisce  puntuale applicazione delle disposizioni medesime, con
  la  conseguenza  che  l'eventuale  eliminazione  delle stesse dalla
  realta'  giuridica determinerebbe il soddisfacimento dell'interesse
  sostanziale del ricorrente.

    5. - La questione, oltre che rilevante, appare non manifestamente
  infondata;  ed invero, come gia' esposto e ritenuto nella precitata
  ordinanza   cautelare,   la   sezione   dubita  della  legittimita'
  costituzionale  delle  norme  poste  a  base  del provvedimento che
  intima  l'opzione,  e  delle  disposizioni  alle  stesse sottese (o
  comunque  connesse):  ritiene  pertanto  di  dover sollevare, anche
  d'ufficio  per  i  profili non trattati dal ricorrente, la relativa
  questione  di  costituzionalita' per contrasto con i gia' ricordati
  artt. 3, 97, 33 e 76 Cost.

    6. - Viene in primo luogo in considerazione la norma dell'art. 5,
  comma  8,  del d.lgs. n. 517/1999, che impone un termine perentorio
  (che  sia di tale natura non sembra revocabile in dubbio, attese le
  conseguenze   derivanti   dall'omesso  esercizio  dell'opzione  nel
  termine  fissato,  previste dall'ultima parte del comma stesso) per
  l'esercizio dell'opzione ai sensi e per gli effetti di cui al comma
  7:  tale  ultimo comma stabilisce che i professori ed i ricercatori
  universitari afferenti alla facolta' di medicina e chirurgia optano
  rispettivamente   per   l'esercizio   di   attivita'  assistenziale
  intramuraria   ai   sensi   dell'art.   15-quinquies   del  decreto
  legislativo  30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e
  "secondo le tipologie di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma
  2  dello  stesso  articolo"  ovvero  per  l'esercizio  di attivita'
  libero-professionale  extramuraria; tali "tipologie" fanno espresso
  riferimento  alle  "strutture  aziendali  individuate dal direttore
  generale  d'intesa  con il collegio di direzione", con cio' ponendo
  una  stretta  correlazione  tra  l'individuazione  delle  strutture
  destinate   all'attivita'   libero   professionale   e  l'esercizio
  dell'attivita' medesima.
    Tale  stretta correlazione e', del resto, logico corollario della
  "compenetrazione  tra  l'attivita' sanitaria assistenziale e quella
  didattitico-scientifica  dei docenti universitari della facolta' di
  medicina,  che operano nelle cliniche e negli istituti universitari
  di  ricovero  e  cura", che costituisce "il dato caratterizzante le
  loro  funzioni  ed  il  conseguente  stato  giuridico"  (cfr. Corte
  costituzionale 16 maggio 1997, n. 134).
    E nel senso della "inscindibilita'" delle attivita' assistenziali
  del  personale universitario da quelle di didattica e di ricerca si
  pone  anche  l'art.  5  del  d.m. 31 luglio 1997, che reca le linee
  guida per la stipula dei protocolli d'intesa universita'-regioni.
    Nel sistema operativo scaturente dall'art. 5, comma 7, del d.lgs.
  n. 517/1999   e   dall'art.   15-quinquies,  comma  2,  del  d.lgs.
  n. 502/1992,     e'     quindi     configurabile     un     obbligo
  dell'amministrazione  di  individuare  le strutture aziendali entro
  cui  va  esercitata  l'attivita'  assistenziale  intramuraria (o le
  soluzioni alternative, di cui all'art. 72, comma 11, della legge 23
  dicembre 1998, n. 448), si' da rendere concretamente disponibili le
  strutture stesse ed i servizi (in tal senso, cfr., anche, Consiglio
  di Stato, VI sez., ordinanza 24 marzo 2000, n. 1431.
    E  tale  obbligo  dell'amministrazione  e'  correlato al "diritto
  all'esercizio  di  attivita'  libero  professionale individuale ...
  nell'ambito delle strutture aziendali" (art. 15-quinquies, punto 2,
  lettera  a),  del  d.lgs.  30  dicembre  1992,  n. 502,  nel  testo
  introdotto dall'art. 13 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229) da parte
  dei  sanitari  universitari,  diritto  il  cui  esercizio sembra di
  dubbia   attuabilita'  in  assenza  della  detta  individuazione  e
  predisposizione delle strutture, non apparendo rilevante, sul piano
  della  effettivita'  del  diritto  stesso,  la mera possibilita' di
  tutela   nelle   competenti   sedi  nei  confronti  dei  funzionari
  inadempienti (ex art. 72, comma 11, della legge n. 448/1998).
    Se    cio'   e'   vero,   sembra   ravvisabile   una   intrinseca
  contraddittorieta',  pur  nel  medesimo  contesto normativo, tra il
  comma 8, dell'art. 5, d.lgs. n. 517/1999, cit. - nella parte in cui
  introduce   il   censurato   termine  "perentorio"  per  l'opzione,
  omettendo  di  subordinare  o comunque correlare l'opzione medesima
  alla concreta disponibilita' delle strutture - ed il comma 7, nella
  parte  in cui (rinviando alle tipologie di cui alle lettere a), b),
  c)  e  d),  comma 2,  art.  15-quinquies  del d.lgs. n. 502/1992, e
  successive  modificazioni)  fa riferimento all'individuazione delle
  strutture  medesime,  con  conseguente  configurabilita',  per tale
  profilo,  di  un'ipotesi di contrasto tra la censurata disposizione
  dell'art.  5,  comma  8,  del  d.lgs.  n. 517/1999,  sub  specie di
  manifesta  irragionevolezza  ed  intrinseca  contraddittorieta' col
  sistema  normativo in cui si colloca e l'art. 3 Cost. - inteso come
  generale  canone  di  coerenza  e  ragionevolezza  dell'ordinamento
  (Corte cost. n. 204/1982) - nonche' col principio di buon andamento
  ex  art.  97  Cost.: quest'ultimo, in particolare, sotto il profilo
  della   mancanza   di  proporzionalita'  dei  mezzi  prescelti  dal
  legislatore delegato rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare
  o  alle  finalita'  da  perseguire,  nonche' sotto il profilo della
  razionale organizzazione dei servizi.
    Appare  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
  costituzionalita'  dell'art.  5,  comma  8,  del d.lgs. n. 517/1999
  nella  parte  in  cui,  imponendo  di  compiere una scelta entro un
  termine    perentorio,   e   attribuendo   alla   mancata   opzione
  dell'interessato  un  significato  legale  tipico (equivalenza alla
  scelta  per  l'attivita' assistenziale esclusiva), non condiziona o
  correla l'esercizio dell'opzione alla concreta disponibilita' delle
  strutture,  per  contrasto  con  gli  artt.  3  e 97 Cost., sotto i
  profili indicati.

    7. - Il   Collegio  dubita  nel  comtempo  della  conformita'  ai
  parametri  costituzionali  ex  art. 33 Cost., dell'art. 5, comma 7,
  del  d.lgs. n. 517/1999, nella parte in cui impone la detta opzione
  relativamente  al  personale sanitario universitario, in uno con le
  disposizioni  allo  stesso  sottese  (o  comunque connesse, art. 5,
  commi da 1 a 6 e da 8 a 11, e art. 3 in parte qua) in quanto sembra
  porsi   ex   se  -  indipendentemente,  cioe',  dal  profilo  della
  necessita'   di  prescrizione  della  previa  individuazione  delle
  strutture  -  altresi' in contrasto con il principio dell'autonomia
  universitaria  nel perseguimento dei fini istituzionali didattici e
  scientifici.
    Stabilisce  il  comma  7  cit.,  che  "l'opzione  per l'attivita'
  assistenziale  esclusiva e' requisito necessario per l'attribuzione
  ai  professori e ricercatori universitari di incarichi di direzione
  di struttura nonche' dei programmi di cui al comma 4".
    A  tacere della incidenza sullo stato giuridico degli interessati
  di  una  prescrizione  siffatta,  giusta  altresi'  le  conseguenze
  derivanti  alla posizione degli stessi (cfr., in particolare, commi
  4,  5  e 6 dello stesso art. 5), certo e' che i programmi di cui al
  comma   4,   infra   o  interdipartimentali,  sono  dichiaratamente
  finalizzati   "alla  integrazione  delle  attivita'  assistenziali,
  didattiche  e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni
  tecnologiche  ed  assistenziali,  nonche'  al  coordinamento  delle
  attivita'  sistematiche  di  revisione  e valutazione della pratica
  clinica ed assistenziale".
    La  preclusione  della attribuzione della responsabilita' e della
  gestione  dei  detti  programmi  per  i  sanitari  universitari non
  optanti  per  l'attivita'  assistenziale esclusiva appare con tutta
  evidenza  lesiva di quel principio di compenetrazione tra attivita'
  sanitaria   assistenziale   e  attivita'  didattica  e  di  ricerca
  scientifica,  che  costituisce dato caratterizzante l'attivita' dei
  sanitari  universitari  e  che trova tutela (anche) nei principi di
  autonomia didattico-scientifica postulati dall'art. 33 Cost.
    Ma  la  stessa  opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva -
  tra  l'altro irretrattabile, a norma del comma 10 dell'art. 5 cit.,
  fatta  eccezione  per  limitate  specifiche ipotesi - non sembra in
  linea  con i principi di autonomia didattico-scientifica ex art. 33
  Cost.
    L'opzione comporta l'assoggettamento dell'attivita' assistenziale
  del   sanitario  universitario  alle  determinazioni  organizzative
  assistenziali  del direttore generale dell'azienda ospedaliera (sia
  pure  d'intesa  con  rettore  o  su  proposta  del  responsabile di
  struttura  complessa;  cfr.,  in  particolare,  commi  1, 2, 5 e 6,
  dell'art.  5, cit.): dell'adempimento delle attivita' assistenziali
  -  che  pur  "si  integrano" con quelle di didattica e di ricerca a
  norma  del  comma 2,  dell'art.  5  -  il  personale  universitario
  risponde al (solo) direttore generale, ai sensi dello stesso comma;
  l'attribuzione  e la revoca degli incarichi di struttura semplice e
  degli  incarichi  di natura professionale e' disposta dal direttore
  generale  su proposta del responsabile della struttura complessa di
  appartenenza  del  sanitario  (comma 6); l'incarico di direzione di
  struttura  complessa  e'  attribuito  (e  revocato)  dal  direttore
  generale  sulla  base di (mera) intesa con il rettore, ai sensi del
  comma  5  (analogamente  a  quanto  disposto  per  il direttore del
  dipartimento ad attivita' integrata dall'art. 3, comma 4).
    Ne discende la possibile incidenza delle dette determinazioni del
  direttore  generale  sulle  attribuzioni  in materia didattica e di
  ricerca riservate all'istituzione universitaria (anche per cio' che
  concerne  l'attivita' di programmazione di tali aspetti); la stessa
  collocazione  funzionale assistenziale per effetto della esercitata
  opzione  - rimessa, in definitiva, al direttore generale - ben puo'
  incidere,  in concreto, sulla liberta' d'insegnamento (si pensi, in
  particolare,  all'attribuzione di un incarico assistenziale che non
  consenta  un'adeguata  e  proficua  utilizzazione  di  strutture  e
  personale  per  esigenze  di  didattica  e ricerca nel quadro della
  programmazione del dipartimento).
    L'attivita'  di insegnamento appare, in sostanza, suscettibile di
  condizionamenti   in   relazione  alle  determinazioni  in  materia
  assistenziale  di  un  direttore  generale  che  ha  come obiettivo
  gestionale  essenzialmente  la  realizzazione  di  un  progetto  di
  assistenza  sanitaria  ospedaliera,  e  non  certo  di un programma
  universitario scientifico-didattico.
    Cio'  in  presenza  di  una  posizione  "marginale" assegnata dal
  sistema    normativo    in    esame   agli   organi   istituzionali
  dell'universita'  in  materia  di coordinamento degli interessi che
  sono    propri    dell'autonomia   dell'istituzione   (id est,   di
  insegnamento e ricerca scientifica), posizione non bilanciata dalla
  previsione  di  partecipazione  (recte,  intesa)  del  rettore alla
  nomina  del  direttore  del  dipartimento ad attivita' integrata ex
  art.  3,  comma  4,  quale  centro  di collegamento tra assistenza,
  didattica e ricerca.
    Se  e' vero, infatti, che tale organismo e' concepito in funzione
  del  detto  necessario coordinamento, e' pur vero che gli interessi
  istituzionali    dell'universita'   restano   comunque   ampiamente
  condizionati    dalle   scelte   gestionali   del   direttore   del
  dipartimento: e cio' in termini di programmazione, organizzazione e
  gestione  dell'attivita'  di  insegnamento  e  di  aggiornamento  e
  ricerca  scientifica,  che  la  Costituzione  assegna primariamente
  all'autonomia dell'universita' stessa.
    Ed  invero, a tacer d'altro, il direttore del dipartimento assume
  la  responsabilita' gestionale nei confronti del direttore generale
  in ordine alla razionale e corretta programmazione e gestione delle
  risorse  assegnate per la realizzazione degli obiettivi attribuiti,
  tenendo  "anche"  conto della necessita' di soddisfare le peculiari
  esigenze  connesse  alle  attivita'  didattiche e scientifiche, con
  cio'  conferendo,  nelle  scelte  decisionali, priorita' ai profili
  dell'assistenza  rispetto a quelli della ricerca e della didattica,
  in  violazione,  altresi',  del  disposto  dell'art. 6, lettera b),
  della  legge-delega  (vedasi  al  riguardo  il successivo punto 8),
  laddove  si  intende  "assicurare"  lo  svolgimento delle attivita'
  assistenziali  "funzionali  alle  esigenze  della didattica e della
  ricerca", con inversione, quindi, del processo logico postulato dal
  legislatore delegante.
    Quanto   sopra   fa  dubitare,  anche,  in  via  derivata,  della
  conformita'  al  dettato  costituzionale  delle  norme  in  tema di
  organizzazione interna delle aziende, di cui all'art. 3, del d.lgs.
  citato,  per  i  riflessi  sulla posizione dei sanitari optanti per
  l'attivita'   assistenziale  esclusiva,  nella  parte  in  cui  non
  prevedono  una  partecipazione  diretta di organi universitari alle
  scelte   decisionali   in  tema  di  collegamento  tra  assistenza,
  didattica e ricerca.
    Sembra  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
  costituzionalita'  dell'art.  5,  comma 7, del d.lgs. n.517/1999, e
  delle  norme  ad  esso  sottese,  o comunque connesse, in parte qua
  (art.  5,  commi  da  1 a 6 e da 8 ad 11, art. 3) per contrasto con
  l'art. 33 Cost.

    8. - La  normativa  delegata  in  materia di opzione dei sanitari
  universitari  non  sembra  inoltre avere compiutamente realizzato -
  attese  le  evidenziate  incongruenze  del sistema - il disegno del
  legislatore  delegante  in  ordine  alla  "coerenza fra l'attivita'
  assistenziale e le esigenze della formazione e della ricerca" (art.
  6,  lettere b) e c), della legge 30 novembre 1998, n. 419, anche in
  relazione a quanto sopra esposto).
    E'  ben  vero che la normativa medesima si occupa di tale profilo
  laddove  si  prevede  -  come  gia'  ricordato  al  punto  7  - una
  organizzazione  dipartimentale  al  fine  di assicurare l'esercizio
  integrato  delle  attivita'  assistenziali, didattiche e di ricerca
  (art.  3) anche sotto l'aspetto della utilizzazione delle strutture
  assistenziali;  ma  sembra  al  collegio  che debba ragionevolmente
  dubitarsi  della  effettivita'  della  richiesta  "coerenza" tra le
  dette  esigenze e l'attivita' assistenziale (oltre che per i motivi
  gia'   illustrati)  in  presenza  di  un  espresso  disposto  della
  legislazione  delegata  che non consente al sanitario universitario
  non    optante   per   l'attivita'   assistenziale   esclusiva   la
  preposizione, non solo alla direzione di strutture, con conseguente
  impossibilita'  di  impostazione  dei  programmi, delle modalita' e
  degli specifici contenuti della ricerca scientifica, ma addirittura
  ai  programmi  espressamente  finalizzati  alla "integrazione delle
  attivita'  assistenziali,  didattiche e di ricerca, con particolare
  riguardo alle innovazioni tecnologiche ed assistenziali".
    E  tale  limite  di legge non puo' essere posto nel nulla neppure
  dal   sistematico  rinvio  a  futuri  (ed  incerti  nei  contenuti)
  protocolli  d'intesa.     D'altro canto non puo' esservi "coerenza"
  tra  i  detti  profili  se  il  sistema  e'  "sbilanciato" verso la
  primaria   considerazione  delle  esigenze  assistenziali;  ne'  il
  legislatore  delegato  si  e' mosso nell'ottica di un rafforzamento
  dei processi di collaborazione tra universita' e servizio sanitario
  nazionale  ex  art. 6  lett.  a) della legge delega, se e' vero che
  l'autonomia  dell'universita'  ne risulta ampiamente "sacrificata",
  giusta  le pregresse considerazioni.     Non sembra altresi' che la
  delega   ex  art. 6  lett.  c)  cit.  abbia  ad  oggetto  anche  la
  modificazione   dello   stato  giuridico  del  personale  sanitario
  universitario: nel momento in cui si va ad alterare, quantomeno per
  il    personale   universitario   non   optante   per   l'attivita'
  assistenziale  esclusiva,  il quadro di ragionevole compenetrazione
  fra  attivita'  didattico-scientifica  e  attivita'  assistenziale,
  siccome   consolidato   anche   dal   complessivo  andamento  della
  pluriennale  legislazione  in  materia, si va invero ad incidere in
  modo sostanziale sulla particolare connotazione della posizione dei
  sanitari  universitari, che costituisce il "dato caratterizzante le
  loro  funzioni  ed  il  conseguente  stato  giuridico" (Corte cost.
  n. 134/1997   citato).       L'art. 6   della  legge  delega,  alla
  lett. c),  si  e'  limitato  a  demandare  al  legislatore delegato
  l'emanazione  di  "idonee disposizioni in materia di personale" nel
  quadro  dell'esigenza  di  assicurare la "coerenza" fra l'attivita'
  assistenziale  e  quella  di  formazione e ricerca, e non ha inteso
  assolutamente  consentire  lo  stravolgimento dello stato giuridico
  dei  sanitari  universitari:  ed  invero, l'oggetto della delega e'
  espressamente e chiaramente definito nella prima parte del comma 1,
  laddove  la  delega  stessa  e'  intesa  all'emanazione  di decreti
  legislativi  specificatamente  "volti  a  ridefinire i rapporti tra
  servizio  sanitario nazionale e universita'" ed in tali limiti deve
  mantenersi  l'attivita' normativa del legislatore delegato.     Ne'
  e' riferibile ai professori e ricercatori universitari - sia per la
  collocazione sistematica della norma che per il richiamo inequivoco
  al  "solo  personale  della  dirigenza sanitaria" in servizio al 31
  dicembre  1998  -  il criterio direttivo di cui all'art. 2 lett. q)
  della  legge  n. 419/1998  citato,  in  ordine  alla  previsione di
  modalita'  per  pervenire  all'esclusivita'  del rapporto di lavoro
  quale  scelta  individuale.      Sembra  pertanto  ipotizzabile  il
  contrasto della norma di opzione (e delle norme sottese o connesse,
  gia'  sopra  indicate) anche con i canoni costituzionali ex art. 76
  Cost..       9.   -   Per   le  considerazioni  che  precedono,  va
  conseguentemente    sollevata    la   questione   di   legittimita'
  costituzionale  dell'art. 5,  comma  8, del d.lgs. 21 dicembre 1999
  n. 517 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.; dell'art. 5, comma
  7,  del  d.lgs.  n. 517/1999  per  contrasto  con gli artt. 33 e 76
  Cost.;  nonche'  dell'art. 5,  commi  da  1  a  6  e  da  8 a 11, e
  dell'art. 3  del  d.lgs.  n. 517/1999  citato,  in  parte  qua, per
  contrasto  con  gli artt. 33 e 76 Cost..     Va disposta, pertanto,
  la   trasmissione   degli   atti  alla  Corte  costituzionale,  con
  conseguente  sospensione  del  giudizio ai sensi dell'art. 23 della
  legge  11  marzo  1953  n. 87,  per la pronuncia sulla legittimita'
  costituzionale delle suindicate norme.
                              P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestatamente infondata la questione
  di  legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 8, del d.lgs. 21
  dicembre  1999  n. 517  per  contrasto  con gli artt. 3 e 97 Cost.;
  dell'art. 5,  comma 7, del d.lgs. n. 517/1999 per contrasto con gli
  artt.  33  e  76  Cost.; dell'art. 5, commi da 1 a 6 e da 8 a 11, e
  dell'art. 3 del d.lgs. n. 517/1999, in parte qua, per contrasto con
  gli artt. 33 e 76 Cost..     Dispone l'immediata trasmissione degli
  atti  alla  Corte  costituzionale  e  la  sospensione  del presente
  giudizio.      Ordina  che,  a  cura  della segreteria, la presente
  ordinanza  sia  notificata  alle parti in causa e la Presidente del
  Consiglio  dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle Camere
  del Parlamento.     Cosi' deciso in Roma, nella Camera di Consiglio
  del 12 aprile 2000.
                        Il Presidente: Cossu
                 Il consigliere, estensore: Mollica
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