N. 463 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 aprile 2000
Ordinanza emessa il 12 aprile 2000 dal G.U.P. presso il tribunale militare di Cagliari nel procedimento penale a carico di Lucarelli Giacinto ed altri Processo penale - Udienza preliminare - Modifiche normative - Procedimenti per reati attribuiti alla cognizione del tribunale in composizione monocratica, per i quali l'udienza preliminare sia in corso o sia stata fissata entro il 2 gennaio 2000 - Prevista applicazione delle norme anteriormente vigenti - Contrasto con il principio di eguaglianza - Lesione del diritto di difesa - Violazione del principio del giusto processo. - D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, art. 220. - Costituzione, artt. 3, 24 e 111 (modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2).(GU n.37 del 6-9-2000 )
IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento n. 1055/1997 r.n.r. nei confronti di Lucarelli Giacinto, Molinu Michele e Rizzo Giuseppe, generalizzati in atti, imputati di: a) concorso in procacciamento di notizie di carattere riservato pluriaggravato e continuato (artt. 81 capoverso, 110 c.p., 93, 58 primo comma, e 47 n.2 c.p.m.p.); b) concorso in violata consegna pluriaggravata e continuata da parte di militare di servizio (art. 81 capoverso, 110, 118, 59 secondo comma, c.p.: 120 commi primo e secondo, 58, primo comma, 47 n. 2 c.p.m.p.). Premesso che nel corso dell'odierna udienza il difensore del Lucarelli ha sollevato, in via preliminare in sede di discussione ex art. 421 c.p.p. questione di legittimita' costituzionale dell'art. 220 d.lgs. n. 51/1998 in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost. in quanto detta norma non consente di applicare nell'udienza in corso la nuova (e piu' garantista) normativa di cui alla legge 16 dicembre 1999, n. 479, ed in particolare quella relativa alle indagini di cui agli artt. 421-bis e 422 c.c.p. ed in tema di giudizio abbreviato. Premesso altresi' che i difensori degli altri due imputati si sono associati alle richieste del difensore del Lucarelli e che il pubbllico ministero si e' opposto all'accoglimento della questione ritenendo gia' pienamente applicabile, in via interpretativa, la normativa di cui sopra; O s s e r v a Deve subito precisarsi che il disposto letterale di cui all'art. 220 del d.lgs. n. 51/1998 non offre spazio a molte interpretazioni per la chiarezza letterale della norma che cosi' dispone: "Se alla data indicata dal comma 2-bis dell'art. 247" (ossia, dopo la modifica ex art. 3 legge n. 234/1999, il 2 gennaio 2000) "e' stata fissata o e' iniziata l'udienza preliminare per un reato attribuito, secondo le nuove norme, alla cognizione del tribunale in composizione monocratica, l'udienza e' tenuta con l'applicazione delle norme anteriormente vigenti. Il giudice, se deve disporre il rinvio a giudizio, emette decreto di citazione davanti al tribunale in composizione monocratica". Ora, prescindendo dal problema relativo alla compatibilita' della nuova normativa inerente al giudice monocratico con il rito penale militare (che in questa sede non interessa), non vi e' dubbio che la norma impone al giudice di svolgere l'udienza preliminare - gia' iniziata o gia' fissata prima del 2 gennaio 2000 - applicando la precedente normativa, qualora, come nel caso in esame, si debba (no) giudicare uno o piu' reati puniti con la pena della reclusione non superiore a dieci anni (combinato disposto degli artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Cio' in base al principio di fungibilita' tra reclusione ordinaria e reclusione militare desumibile dagli artt. 27, 63 n. 3, 65 n. 2 e 403 c.p.m.p. piu' volte ribadito da dottrina e giurisprudenza - di merito -, di legittimita' e costituzionale - in relazione all'applicabilita', nel rito penale militare, delle norme del codice di procedura penale che facciano riferimento alla sola reclusione senza menzionare esplicitamente la reclusione militare. Proprio in base a tale principio, infatti, ha potuto trovare applicazione nel rito penale militare l'istituto del "patteggiamento" benche' l'art. 444 c.p.p. faccia riferimento alla pena della reclusione e non a quella della "reclusione militare" (v. ad es. Cass. Sez. I pen. 28 ottobre 1995, Gallo), come riportato nella sentenza n. 188 del 1996 della Corte costituzionale (Pres. Ferri, Red. Onida). Tale ultima pronuncia, peraltro, nel far proprio il criterio della fungibilita' come sopra richiamato ha anche ricordato i precedenti casi in cui e' stata riconosciuta dalla Corte la "piena equiparabilita'" a certi fini, di reclusione comune e reclusione militare" (sent. nn. 414 del 1991; 227/1995; 119/1992; 409/1989, n. 7 del considerato in diritto) Ne' d'altro canto puo' ritenersi che la norma transitoria in questione sia stata abrogata con l'approvazione della nuova normativa di cui alla legge 16 dicembre 1999, n. 479 c.d. legge Carotti. Infatti quest'ultima ha si' modificato l'assetto normativo del codice di rito ma solo attraverso delle precise tecniche metodologiche. In particolare quando ha innovato le norme di cui al d.lgs. 51/1998, o e' intervenuta direttamente, modificandole, su quelle del codice di procedura disegnate dal decreto (es. art. 33-bis c.p.p. modificato dall'art. 10 della legge n. 479/1999 rispetto all'originaria stesura prevista dall'art. 169 del d.lgs. - usando esplicativamente nei relativi titoli o capi la sintomatica espressione "modifica alle disposizioni..." -, o ha fatto espresso e puntuale riferimento alle norme del decreto, specificando, nel relativo capo, trattarsi di "disposizioni abrogative" (es. art. 47 legge n. 479/1999 che ha sostituito l'art. 33-sexies c.p.p.). Poiche' quindi l'art. 220 del decreto legislativo sopra richiamato non e' stato interessato da nessuna di tali operazioni, deve quindi conseguenzialmente ritenersi che esso sia vigente e come tale necessariamente applicabile. In quest'ottica, come peraltro rilevato dalla difesa, questo giudice si e' gia' espresso con ordinanza dettata a verbale il 19 gennaio 2000. Il difensore del Lucarelli, quindi, come evidenziato in premessa, dubita della legittimita' costituzionale della norma nella parte in cui non prevede l'applicabilita', nell'udienza preliminare in corso, della nuova normativa della c.d. legge Carotti che ha profondamente innovato la disciplina procedurale. In particolare la difesa (le cui argomentazioni sono state riportate nel verbale solo riassuntivamente come prevede la normativa) eccepisce in via preliminare l'incostituzionalita' per contrasto con gli art. 3, 24 e 111 Cost., della norma nella parte in cui non prevede la possibilita' per la difesa di avvalersi delle piu' garantiste norme relative al giudizio abbreviato o alla possibilita' di far esperire nuova indagini o di sottoporre ad esame le persone che hanno fornito elementi di accusa ecc.ecc. Deve allora precisarsi l'esatto ambito operativo della norma (che si assume essere incostituzionale), che, a parere di questo giudice, e' stato, nelle prospettazioni difensive, eccessivamente dilatato. Pare infatti a questo giudice (seppure con la necessaria prudenza che l'innesto di continue nuove norme del sistema deve imporre all'interprete) che il riferimento all'udienza preliminare di cui all'art. 220 del d.lgs. 51/1998 debba intendersi riferito all'udienza preliminare in senso stretto ossia in relazione alle norme che disciplinavano espressamente solo tale momento processuale (art. 416-437 c.p.p.). Infatti, pur essendo prassi costante parlare di udienza preliminare riferendosi a tutti gli istituti che in tale momento processuale possono trovarvi ingresso (come il giudizio abbreviato, l'applicazione di pena ecc.) tali istituti sono invece disciplinati da altre norme racchiuse in appositi e differenti libri, titoli e capi del codice di rito. L'udienza preliminare in senso tecnico e' invece quella interna all'iter del giudizio ordinario, nel cui solo ambito e' previsto il vaglio preliminare dell'accusa prima di giungere all'eventuale giudizio dibattimentale. Non sono invece, in quest'ottica, udienze preliminari quelle in cui si svolgono i giudizi abbreviati e di applicazione di pena, in quanto essi definiscono la res judicanda e non sono preliminari ad altro giudizio. Non a caso quando il legislatore, nella c.d. legge Carotti, ha inteso modificare le norme di tali istituti ha dedicato il capo ottavo del titolo Secondo all'udienza preliminare e il capo nono dello stesso titolo ai procedimenti speciali, ossia ha operato dei riferimenti specifici diretti a modificare gli istituti proprio nell'ambito della specifica normativa e terminologia loro riservata dal codice di procedura. Premesso quanto precede deve poi ritenersi, in base ai principi generali, che, laddove non sia dettata una specifica e rigorosamente delimitata disciplina transitoria (come appunto quella di cui all'art. 220 o quella di cui agli artt. 223 e 224 per i soli giudizi di primo grado in corso in tema, rispettvamente, di giudizio abbreviato e di patteggiamento) per il principio dell'applicazione della legge vigente nel momento di compimento dell'atto tempus regit actum tutte le innovazioni procedurali introdotte dalla nuova normativa siano tranquillamente applicabili. Cosi', per riferirsi a quanto menzionato dalla difesa, non sembra esservi nessun ostacolo ad applicare anche nel presente procedimento la nuova normativa in tema di giudizio abbreviato. (Solo) In questo senso si puo' concordare con il procuratore militare quando afferma che le norme procedurali innovative siano utilizzabili in via interpretativa al caso in esame. Inquadrato il problema nei (si spera) giusti limiti, deve ora esaminarsi la nuova normativa dettata dal legislatore in tema di udienza preliminare per verificarne la effettiva rispondenza ai parametri costituzionali. Ovviamente, dato che com'e' noto, la questione deve essere oltreche' non manifestamente infondata anche rilevante per il procedimento in corso possono qui prendersi in esame solo le norme modificate che sarebbero utilizzabili in questo momento del procedimento e quindi quelle dagli artt. 421 c.p.p. in poi e non certo quelle precedenti (relative ad esempio alla contumacia - per la presenza degli imputati). Cosi' ristretto il campo l'attenzione si deve allora appuntare solo sulla diversa normativa di cui agli artt. 421-bis e 422 c.p.p. in tema di indagini (argomenti ai quali la difesa si e' espressamente riferita), 425 c.p.p. in merito alla sentenza di non luogo a procedere, 430 c.p.p. in ordine ai divieti ivi previsti per il p.m. e 431 c.p.p. in relazione alla formazione del fascicolo del dibattimento. L'ampiezza delle innovazioni normative in questione scoraggia un raffronto, seppur sintetico, tra le nuove disposizioni e quelle precedenti ma non pare proprio potersi dubitare sia della loro importanza, sia della loro natura piu' garantista. Tuttavia, si diceva all'inizio, esse non sono applicili per il chiaro disposto della norma richiamata. Norma che, anche a parere di questo giudice, contrasta effettivamente con gli articoli della Costituzione richiamati dalla difesa. Con l'art. 3 della Costituzione perche' risulta leso, sotto l'aspetto dell'uguaglianza di trattamento, il limite della ragionevolezza. Se infatti per ovvie ragioni di economia processuale e' comprensibile e piu' che giustificabile ribadire espressamente (quanto peraltro gia' desumibile dai principi generali), da parte del legislatore, che devono essere ritenuti validi gli atti gia' compiuti applicando la normativa previgente, non e' invece facile trovare una ragione che giustifichi la mancata applicazione della novella normativa agli atti ancora da compiere (sia riguardo ad un'udienza preliminare ancora da tenersi sia riguardo ad un'udienza gia' aperta e rinviata per qualsiasi motivo). A questo proposito - per fare un esempio significativo - si puo' piu' che fondatamente ritenere che poco prima del 2 gennaio 2000 molti giudici abbiano ricevuto lo stesso giorno una richiesta di rinvio a giudizio ed abbiano provveduto in maniera diversa; alcuni fissando subito l'udienza ed altri posticipando di qualche giorno, successivo alla data predetta, tale adempimento. Ora non sembra esservi alcuna ragionevolezza nel non far beneficiare della nuova normativa quegli imputati che, a differenza degli altri, per pura causalita' e senza poter interferire in alcun modo, abbiano avuto fissata l'udienza preliminare entro il 2 gennaio 2000 e non successivamente. Cio' contrasta a parere di questo giudice, con il principio di eguaglianza che da anni figura, nella giurisprudenza della Corte costituzionale, come canone generale cui deve essere informata l'attivita' legislativa indipendentemente dagli altri limiti che questa deve rispettare. Infatti la ragionevolezza, al pari di altri principi costituzionali, costituisce un limite generale dell'attivita' legislativa (v. ad es. gia' le decisioni n. 81 del 1963, 42 del 1973, 72 del 1980 e 70 del 1983). Ovviamente la violazione del principio di uguaglianza come evidenziata si riflette sia nella violazione del diritto di difesa, sancito nell'art. 24 secondo comma della Costituzione, sia in quello del principio del giusto processo di cui all'art. 111 Cost. E' infatti ovvio che non potersi valere di norme piu' garantiste pregiudicherebbe non poco il diritto di difesa, definito dalla Costituzione "inviolabile" all'art. 24, capoverso, in ogni stato e grado del procedimento". La medesima situazione farebbe altresi' venir meno sia la parita' giuridica tra p.m. e difesa ed impedirebbe all'inquisito di disporre delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa. Situazioni, queste, che la nuova formulazione dell'art. 111 della Costituzione, come modificato dall'art. 1 della legge Costituzionale 23 novembre 1999 n. 2, tutela espressamente al comma 2 e 3. Non deve dimenticarsi, in merito a tale ultima norma, che, nonostante il riferimento della norma Costituzionali al giusto "processo" i principi in essa contenuti e sopra richiamati valgono anche nei "procedimenti" in corso, ossia nelle fasi precedenti al giudizio e quindi anche nell'udienza preliminare. Cio' risulta con evidenza sia dalla lettura dell'art. 2, comma 1 della legge Costituzionale 23 novembre 1999 n. 2 (che demanda alla legge l'applicazione dei principi contenuti nell'art. 111 ai "procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore"), sia dalla legge 25 febbraio 2000 n. 35, che dopo aver ribadito quanto ora riportato dell'art. 2 della legge Costituzionale n. 2/1999, fa, all'art. 1, commi 2 e 5, espliciti riferimenti alle particolari modalita' applicative di tali principi nelle indagini preliminari e nell'udienza preliminare del rito minorile. Da quanto precede consegue, a parere di questo giudice, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 220 d.lgs. n. 51/1998 Cost., per il contrasto con i fini perseguiti dalla Costituzione nelle norme ora indicate, nella parte in cui non prevede che siano applicabili ai procedimenti per i quali sia stata fissata entro il 2 gennaio 2000 o sia in corso l'udienza preliminare, le nuove norme che hanno innovato l'istituto e piu' specificamente quelle di cui agli artt. 421-bis 422, 425, 431 c.p.p. perche' inerenti al caso in esame. Ma una simile prospettazione d'incostituzionalita' appare, anche nel caso concreto, riduttiva e superflua in quanto, dato il rimando integrale dell'art. 220 d.lgs. 51/1998 alla applicazione della normativa previgente, e' la norma in se' - nella parte relativa agli atti ancora da compiere - che va dichiarata illegittima costituzionalmente, dato che la sua scomparsa dal sistema, per il principio del tempus regit actum a cui si e' fatto precedentemente riferimento consentirebbe, automaticamente, l'applicazione della nuova normativa nell'udienza preliminare. Ovviamente, per palesi ragioni di economia processuale, sarebbe opportuno invece ribadire, in ossequio allo stesso principio ragione temporis, piena validita' agli atti gia' interamente compiuti nel caso in esame cosi' come in casi analoghi, prima dell'innovazione normativa. Le considerazioni che precedono dimostrano la non manifesta infondatezza e la rilevanza della questione proposta dato che e' pregiudiziale ed indispensabile sapere, da parte di questo giudice, se possa avvalersi degli strumenti giuridici contenuti nelle innovazioni normative sopra richiamate. Inoltre la rilevanza della questione si evince anche dai riferimenti in tema di istruttoria fatti dalla difesa che manifestano conseguenziali richieste - necessariamente successive alla questione di legittimita' sollevata preliminarmente - che, nella vigenza dell'art. 220, d.lgs. 51/1998 gia' dichiarata con ordinanza da questo giudice, ossia nell'applicazione della normativa previgente, non potrebbero non solo non essere accolte ma neppure essere formulate perche' non previste o previste in modo difforme e piu' restrittivo.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 e ss. della legge 11 marzo 1953, n. 87; Il g.u.p. dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 220 del d.lgs. 19 febbraio 1998 n. 51, nei sensi di cui in motivazione, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione; Ordina la sospensione del presente procedimento e la trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale per il relativo giudizio di legittimita'. Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cagliari, addi' 12 aprile 2000. Il giudice per le udienze preliminari: Fasoli 00C0928