N. 467 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 aprile 2000

Ordinanza  emessa il 26 aprile 2000 dal g.i.p. presso il tribunale di
Modena nel procedimento penale a carico di Samanha Mohamed ed altra

Processo  penale  - Incidente probatorio - Reato di maltrattamento in
famiglia  o verso fanciulli (art. 572 cod. pen.) - Persone, minori di
anni sedici, interessate alla assunzione della prova - Valutazione da
parte  del giudice delle modalita' di assunzione, avuto riguardo alle
esigenze  del minore - Mancata previsione - Disparita' di trattamento
rispetto ad analoghi reati.
- Cod.  proc.  pen.,  art.  398,  comma 5-bis, aggiunto dall'art. 14,
  comma 2, legge 15 febbraio 1996, n. 66.
- Costituzione, art. 3, primo comma.
(GU n.37 del 6-9-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    All'udienza  in  camera  di  consiglio  del  26  aprile  2000 nel
  procedimento  in  epigrafe  indicato,  ha  pronunciato  la seguente
  ordinanza.
    1.  -  Il  pubblico  ministero  ha chiesto procedersi nelle forme
  dell'incidente  probatorio all'assunzione della testimonianza della
  minore A. W. di anni quattordici nel procedimento n. 38/2000 R.N.R.
  a  carico di S.M. ed E.B.S. e indagati per il reato di cui all'art.
  572  c.p.  commesso  in  danno  della A., nipote affidata alle loro
  cure.
    Questo  giudice,  ritenuta  sussistere  l'ipotesi di cui all'art.
  392,  lett. a) c.p.p., sub specie iuris del possibile impedimento a
  comparire al dibattimento in ragione del fatto che la minore dimora
  a   titolo   precario   nel  territorio  nazionale,  accoglieva  la
  richiesta,  fissando  con  ordinanza  28  marzo  2000 l'udienza per
  l'assunzione  della  prova, nel contraddittorio delle parti siccome
  disciplinato  dall'art. 401  c.p.p.,  che  prevede, tra l'altro, il
  diritto  della  persona  sottoposta  alle  indagini  di presenziare
  all'atto,  quando si procede all'assunzione di testimonianza (comma
  3).
    2.  -  Osserva tuttavia lo scrivente che l'art. 14 della legge 15
  febbraio 1996, n. 66, contenente norme contro la violenza sessuale,
  introducendo il comma 5-bis all'art. 398 c.p.p. ha previsto che nel
  caso  di  indagini  riguardanti  ipotesi  di  reato  previste dagli
  articoli  609-bis,  609-ter,  609-quater e 609-octies., ove tra gli
  interessati  all'assunzione  della  prova  vi  siano minori di anni
  sedici,  il  giudice  possa stabilire con l'ordinanza di ammissione
  dell'incidente  probatorio  "il  luogo,  il  tempo  e  le modalita'
  particolari attraverso le quali procedere all'incidente probatorio,
  quando  le esigenze del minore lo rendano necessario od opportuno",
  prevedendo  altresi' che l'assunzione della prova possa avere luogo
  in  locali  diversi  dal  tribunale  e che debba essere documentata
  integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva.
    La  stessa previsione e' stata estesa dall'art. 13, comma 4 della
  legge  3  agosto  1998, n. 269 recante norme contro lo sfruttamento
  della  prostituzione,  della  pornografia,  del turismo sessuale in
  danno  dei  minori,  alle  ipotesi  di  cui  all'art. 600-bis  c.p.
  (prostituzione  minorile),  600-ter  c.p.  (pornografia  minorile),
  609-quinquies  c.p.  (iniziative turistiche volte allo sfruttamento
  della prostituzione minorile).
    Peraltro  la  Corte  che  si  adisce, con sentenza 9 luglio 1998,
  n. 232,  ha  dichiarato  costituzionalmente illegittimo l'art. 398,
  comma 5-bis c.p.p. nella parte in cui non estendeva al reato di cui
  all'art. 609-quinquies   c.p.   (corruzione  di  minorenni)  -  pur
  ricompreso   tra  quelli  per  i  quali  il  ricorso  all'incidente
  probatorio   non   risultava   condizionato  alla  sussistenza  dei
  presupposti  di  cui  all'art. 392,  comma  1  c.p.p. - la speciale
  disciplina contenuta nella norma sopra richiamata.
    Si  e' introdotta in questo modo la c.d. audizione protetta, gia'
  anticipata  in  via  di  prassi  da  alcuni  ufficiali  giudiziari,
  tendente,  attraverso  l'ausilio  di  mezzi  tecnici  e  la fattiva
  collaborazione  dei  servizi  socio  assistenziali  o  minorili,  a
  realizzare  forme  alternative di assunzione della prova, in specie
  testimoniale,  mediante l'utilizzo di specchi unidirezionali ovvero
  di  telecamere  a  circuito  chiuso  e la mediazione di psicologi o
  personale  comunque  specializzato,  in  modo da evitare il diretto
  contatto del minore con la viva realta' processuale.
    3.  -  L'esame  dei  lavori  preparatori  della legge n. 146/1996
  assegna   alla   disciplina   in  oggetto  una  ratio  ambivalente,
  funzionale  sia  ad  evitare  la partecipazione al dibattimento del
  minore,  sia  a  salvaguardarne  "la  dignita',  la riservatezza, e
  l'integrita'  affettiva  e  psichica",  delineando  un  modello  di
  acquisizione  della prova che rappresenta il contemperamento tra le
  predette  esigenze  e  la necessita' di garantire la genuinita' del
  risultato probatorio.
    Appare  senz'altro  evidente  che la tipologia del bene giuridico
  attinto  dalle  fattispecie  per  le quali si e' esteso il disposto
  dell'art. 398,  comma  5-bis  c.p.p,  possa  aver costituito, nella
  mente  del  legislatore,  ragione sufficiente di deroga alle regole
  generali di svolgimento dell'incidente probatorio, posto che e' del
  tutto  evidente  che proprio alle denuncie di gravi reati contro la
  liberta'  sessuale,  ovvero  in  materia  di prostituzione minorile
  conseguano  le  situazioni  che rendono, con una presunzione vicina
  alla certezza, particolarmente delicato e potenzialmente dirompente
  il  processo  di emersione dei fatti penalmente rilevanti, rendendo
  quindi pressoche' inevitabile la discreta mediazione di un ambiente
  "neutro",   idoneo  all'"ascolto"  del  minore  in  forma  comunque
  garantita.
    Tuttavia, sembra potersi soggiungere che tale scelta di principio
  non  esaurisca  le potenzialita' applicative della deroga in questo
  modo  introdotta,  che  sembra  in  realta'  rinvenire  il  proprio
  autentico  fondamento  nelle  esigenze  di  salvaguardia tour court
  della  personalita'  del  minore  interessato  all'assunzione della
  prova  (soprattutto  quando  egli  stesso  costituisca  la fonte di
  prova).
    Tale  convincimento  appare rafforzato dalla giurisprudenza della
  stessa  Corte  (sent.  262/1998,  cit.) che, pur facendo leva sulla
  irragionevole  omissione dell'ipotesi di cui all'art. 609-quinquies
  c.p.  tra  quelle  per  le  quali risultava applicabile il disposto
  dell'art. 398,  comma 5-bis c.p.p. (nonostante l'inclusione di tale
  fattispecie  tra  quelle  contemplate  dall'art. 392,  comma  1-bis
  c.p.p.),  non  ha  mancato  tuttavia  di  sottolineare che predette
  esigenze  "sono  di preciso rilievo costituzionale, coinvolgendo la
  protezione  dei  diritti  fondamentali  della  persona", correlando
  quindi  la  valutazione  di non ragionevolezza non soltanto al dato
  formale   della   lacuna   esistente   tra  il  catalogo  enunciato
  rispettivamente  dall'art. 392,comma  1-bis c.p.p, e dall'art. 398,
  comma  5-bis  c.p.p.,  quanto  all'esistenza  di  una piu' generale
  ragione  di tutela della personalita' del minore coinvolto in fatti
  comunque attinenti la propria sfera psichica, fisica ed affettiva.
    4.  -  Se  e'  del  tutto evidente che l'introduzione nel sistema
  codicistico  di  una  disciplina  che esalti anche sotto il profilo
  processuale  l'esistenza  di uno "statuto" dei diritti del minore -
  trattandosi  ovviamente di scelta riservata al legislatore - non si
  puo' tuttavia sottacere che la limitazione delle predette regole di
  assunzione  della  prova  soltanto ad alcuni dei reati previsti dal
  titolo  XII  sia  censurabile  di  irragionevolezza  - contrastando
  quindi  con  l'art. 3  della  Costituzione  - in considerazione del
  fatto  che identiche ragioni di salvaguardia della personalita' del
  minore  possono  valere  in ordine a fattispecie diverse, rubricate
  sotto  titoli  diversi, eppure similmente connotate da un contenuto
  afflittivo   non   dissimile,   come  accade,  per  l'appunto,  con
  l'art. 572 c.p.
    L'articolo  in  esame  infatti, per quanto compreso tra i delitti
  contro  la  famiglia  (titolo  XI, capo IV) si realizza, come noto,
  attraverso  un  sistema  reiterato di atti lesivi della liberta' ed
  integrita'  fisica  e morale o del decoro della persona offesa tale
  da  determinare  una vera e propria sopraffazione (cfr., ex multis,
  Cass.  9  marzo  1998,  Spina,  Cass. 26 giugno 1996, Lombardo). In
  particolare, come e' stato efficacemente sottolineato, "maltrattare
  vuol dire ... mediante costante disinteresse e rifiuto, a fronte di
  un  disagio psicologico morale del minore, generare o aggravare una
  condizione  di abituale e persistente sofferenza, che il minore non
  ha  alcuna  possibilita'  ne'  materiale ne' morale di risolvere da
  solo" (Cass. 18 marzo 1996, Cambria).
    Risulta  del tutto evidente, quindi, che la situazione generativa
  del possibile perturbamento dell'equilibrio psico-fisico del minore
  e  della  correlata  esigenza di riservatezza si presenti in questi
  casi  in  termini  non dissimili da quelli nei quali consegue dalla
  ipotizzata  violazione  dei  reati  richiamati dall'art. 398, comma
  5-bis c.p.p..
    Invero,  anche a voler tacere sulla maggior gravita' del reato di
  cui    all'art. 572    c.p.    rispetto    a    quello    di    cui
  all'art. 609-quinquies c.p., evidenziata dal differente trattamento
  sanzionatorio, sembra lecito affermare che l'esigenza di protezione
  del  minore  dal  contatto invasivo con una realta' processuale non
  filtrata  dalla  mediazione  demandata al giudice dalla norma possa
  discendere  sia da situazioni involgenti la sfera della sessualita'
  minorile (soprattutto se si considera l'estensione della nozione di
  "atti  sessuali"  penalmente  rilevante),  sia  da  situazioni  che
  incidono sull'integrita' fisica e sul patrimonio morale del minore.
    Appare   cosi'  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
  legittimita'  costituzionale  dell'art. 398,  comma  5-bis  c.p.p.,
  introdotto  dall'art. 14  comma 2 legge 15 febbraio 1996, n. 66 per
  contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
    5.  -  La  dedotta  questione appare altresi' rilevante in quanto
  osserva  lo  scrivente  che l'espletamento della prova testimoniale
  ammessa  nelle forme dell'incidente probatorio dovrebbe avere luogo
  secondo   le   forme   ordinarie   del   dibattimento,   richiamate
  dall'art. 401  comma  5  c.p.p.  e quindi in camera di consiglio ed
  alla  presenza  diretta  delle  parti e delle persone sottoposte ad
  indagini  cui e' riservato dall'art. 401, comma 3 c.p.p. il diritto
  a   partecipare   all'incidente  probatorio,  apparendo  del  tutto
  superfluo,   al   riguardo,  sottolineare  l'effetto  profondamente
  invasivo,  tanto  sotto  il  profilo  della genuinita' della prova,
  quanto  della  serenita' del minore, della presenza degli indagati,
  delle altre parti e dei difensori all'esame.
    Ne',  a  parere  dello  scrivente,  la  dedotta  rilevanza  della
  questione potrebbe essere contraddetta dal rilievo che tra le norme
  richiamate  dall'art. 401  comma 5 c.p.p. deve ritenersi ricompreso
  l'art. 502  c.p.p.,  che  disciplina  l'escussione  a domicilio del
  teste  assolutamente  impossibilitato  a  comparire  per  legittimo
  impedimento;  da  un lato infatti tale disposizione, come evidenzia
  l'uso  dell'avverbio,  appare  dettata  per disciplinare ipotesi di
  oggettiva   impossibilita'   a  comparire,  dall'altro  prevede  la
  possibilita',  a  mera  richiesta,  di  ammissione  dell'intervento
  personale dell'imputato interessato all'esame, che non potrebbe che
  avere   luogo  nelle  forme  immediate  e  non  garantite  previste
  dall'art. 398, comma 5-bis c.p.p.
                              P. Q. M.

    Visti  gli artt. 136 della Costituzione, 23, legge 11 marzo 1953,
  n. 87;
    Dichiara  rilevante  e  non manifestamente infondata in relazione
  all'art. 3, comma 1 della Costituzione la questione di legittimita'
  costituzionale  dell'art. 398,  comma 5-bis del codice di procedura
  penale,  come  introdotto  dall'art. 14,  comma  2,  della legge 15
  febbraio  1996  (norme  contro la violenza sessuale) nella parte in
  cui  non  prevede  l'ipotesi  di  reato  di  cui  all'art. 572 c.p.
  (maltrattamenti  in  famiglia  o  verso  fanciulli)  fra  quelle in
  presenza delle quali, ove fra le persone interessate all'assunzione
  della  prova  nelle forme dell'incidente probatorio vi siano minori
  di  anni  sedici,  il  giudice  stabilisce  il luogo, iI tempo e le
  modalita'   particolari   attraverso  cui  procedere  all'incidente
  probatorio,  quando le esigenze del minore lo rendano necessario od
  opportuno;
    Sospende il presente giudizio per pregiudizialita' costituzionale
  e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che copia della presente ordinanza sia comunicata, a cura
  della  cancelleria,  al  Presidente del Senato, al Presidente della
  Camera dei deputati ed al Presidente del Consiglio dei Ministri.
      Modena, addi' 26 aprile 2000.
                         Il giudice: Ziroldi
00c0932