N. 472 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 maggio 2000
Ordinanza emessa il 16 maggio 2000 dalla Corte di appello di Palermo sul ricorso proposto da Scarpaci Lorenzo Adozione - Cognome dell'adottato - Adottato figlio naturale non riconosciuto - Assunzione del solo cognome dell'adottante - Possibilita' dell'adottato, figlio naturale non riconosciuto, di aggiungere al cognome della madre adottiva il proprio cognome anteponendolo all'altro - Esclusione - Incidenza sul diritto fondamentale all'identita' personale - Ingiustificata disparita' di trattamento tra figli non riconosciuti (e non riconoscibili) e figli legittimi - Violazione del principio di tutela dei figli naturali - Riferimento alla sent. della Corte costituzionale n. 13/1994. - Codice civile, art. 299, commi primo e secondo. - Costituzione, artt. 2, 3 e 30.(GU n.38 del 13-9-2000 )
LA CORTE D'APPELLO Ha emesso la seguente ordinanza dei quali il secondo relatore ed estensore nel procedimento n. 22/2000 del Reg. Gen. Aff. Cam. Cons., promosso da Lorenzo Scarpaci, nato a Palermo il 4 febbraio 1945, elettivamente domiciliato in Palermo via P. Paternostro n. 27, presso l'avv. Anna Linda Cordaro, dalla quale e' rappresentato e difeso, reclamante. Ritenuto in fatto Con ricorso, depositato il 18 novembre 1999, Lorenzo Rappa, coniugato, nato a Palermo il 4 febbraio 1945, figlio adottivo di Antonina Scarpaci, nata a Palermo il 29 ottobre 1917, in virtu' di decreto del tribunale di Palermo del 4 giugno 1999, ha chiesto al tribunale di Palermo, che, ad integrazione del decreto di adozione, si stabilisse, a suo favore, di aggiungere al cognome della madre adottiva, il suo proprio cognome, anteponendolo all'altro. Con decreto del 3 dicembre 1999 il tribunale di Palermo ha respinto l'istanza, tenuto conto della chiara disposizione di cui all'art. 299 capoverso del c.c., secondo il quale "l'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori assume solo il cognome dell'adottante". Avverso detto decreto ha proposto impugnazione Lorenzo Scarpaci, che, con reclamo depositato il giorno 11 marzo 2000, ha chiesto a questa Corte l'accoglimento dell'originaria istanza di integrazione del decreto di adozione, dichiarando, ove occorra, non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 299, comma 2, codice civile, in violazione dell'art. 2 della Costituzione e sollevando la relativa eccezione innanzi alla Corte costituzionale. Ha rilevato il predetto che detta norma nell'ambito dell'adozione di persone di maggiore eta' non tiene conto, come nel caso in esame, che esse possono gia' avere una famiglia, identificata dal cognome originario. Ha documentato, con certificato del comune di Palermo del 24 gennaio 2000, il suo stato di famiglia. Il procuratore generale ha aderito al reclamo, ponendo in evidenza che il mantenimento dell'originario cognome attiene ad un diritto della personalita', poiche' e' funzionale al riconoscimento della persona nella vita di relazione. Considerato in diritto L'istante, figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori, e adottato, ha chiesto all'autorita' giudiziaria di aggiungere al cognome acquisito Scarpaci il proprio cognome d'origine Rappa, anteponendolo al primo. All'accoglimento di detta richiesta osta sia l'enunciato normativo di cui al secondo comma dell'art. 299 del codice civile, sia quello di cui al primo comma, entrambi insuscettibili di "un'interpretazione adeguatrice". La struttura logico-sintattica complessiva di essi conduce ad un solo significato, quello emergente dall'interpretazione letterale. Manca il presupposto oggettivo dell'"interpretazione adeguatrice" e cioe' l'esistenza di un dato lessicale polisenso, suscettibile di "letture alternative", tale cioe' da esprimere due o piu' possibili significati dei quali uno soltanto "compatibile" con i precetti costituzionali. Diviene, pertanto, ineludibile, ai fini del decidere, la questione di legittimita' costituzionale della predette norme. Questione che appare rilevante e non manifestamente infondata. In ordine al detto primo parametro di giudizio, va osservato che necessariamente pregiudiziale all'esito della richiesta dell'adottato di aggiungere al cognome dell'adottante quello suo proprio originario e' l'esame della questione di costituzionalita' sia del secondo comma dell'art. 299 del codice civile, che, oblitera integralmente il cognome originario dell'adottante, sia del primo comma del medesimo che antepone il cognome dell'adottante a quello originario, ponendosi entrambe le predette norme, quindi, come ostacolo all'accoglimento integrale della istanza del reclamante. Riguardo al secondo parametro di giudizio, si osserva quanto segue. Nell'ambito dell'attuale ordinamento giuridico, il nome in quanto segno di identificazione sociale del soggetto, lungi dall'essere una mera e'tiquette amministrative, attiene all'essenza della persona ed ha soprattutto un valore simbolico, essendo intima espressione diacronica della personalita' individuale del portatore. Le norme le quali tutelano il nome sono norme attributive di situazioni soggettive, le quali, al di fuori di quelle norme, non sono sfornite di tutela. Una parte cospicua della dottrina e la giurisprudenza, con un indirizzo ormai consolidato, ha affermato l'esistenza di un diritto assoluto di personalita' - inteso come diritto alla liberta' di autodeterminazione nello svolgimento della personalita' dell'uomo come singolo - nel quale si inseriscono, senza esaurirlo, le particolari situazioni disciplinate dalle norme volte alla tutela del nome, dell'immagine, della segretezza della corrispondenza ecc.. L'"identita' personale" e' venuta emergendo, nella piu' recente elaborazione giurisdizionale, come bene-valore costituito dalla proiezione sociale della personalita' dell'individuo, cui si correla un interesse del soggetto ad essere rappresentato, nella vita di relazione, con la sua vera identita', a non vedere, quindi, all'esterno, modificato, offuscato o comunque alterato il proprio patrimonio intellettuale, ideologico, etico, professionale ecc., quale estrinsecarsi o destinato, comunque, ad estrinsecarsi, nell'ambiente sociale, secondo indici di previsione costituiti da circostanze obiettive ed univoche. La specificita' di tale interesse ("ad essere se' stesso) e' stata anche colta in parallelo ad altri interessi ad esso collegati, fra i quali l'interesse ai segni distintivi (nome pseudonimo), che identificano nell'attuale ordinamento il soggetto sul piano dell'esistenza materiale e della condizione civile. La suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 6118 del 18 giugno 1990, ha individuato il fondamento guiridico del cosi' enucleato "diritto all'identita' personale" direttamente nell'art. 2 della Costituzione "inteso tale precetto nella sua piu' ampia dimensione di clausola generale," aperta "all'evoluzione dell'ordinamento e suscettibile per cio' appunto, di apprestare copertura costituzionale ai nuovi valori emergenti della personalita' in correlazione anche all'obiettivo primario di tutela del pieno sviluppo della persona umana, di cui al successivo art. 3 capoverso". A sostegno di detto ancoraggio del diritto all'identita' personale all'art. 2 della Costituzione la Corte di cassazione ha invocato anche la precedente sentenza della Corte costituzionale n. 13 del 1994, secondo la quale testualmente "tra i diritti che formano il patrimonio irretrattabile della persona umana l'art. 2 della Costituzione riconosce e garantisce anche il diritto all'indennita' personale". Conseguentemente, le varie norme di tutela del nome non costituiscono il fondamento di diversi, autonomi diritti della personalita', ma punti di emersione di un diritto unico a contenuto indefinito e vario. Cio' premesso, va rilevato che, con l'adozione, l'adottato acquista un nuovo status di figlio, che concorre con quello che egli gia' abbia in seno alla propria famiglia. Il primo effetto considerato dal codice civile e' l'assunzione del cognome dell'adottante da parte dell'adottato (art. 299, primo comma, codice civile). Nelle adozioni non piene (dei maggiori e dei minori) il nuovo cognome non sostituisce il precedente (come, invece, avviene nell'adozione legittimante art. 27, primo comma, legge n. 184 del 1983) ma vi si aggiunge. Il legislatore del 1983, nel riformare il testo dell'art. 299 del codice civile (mediante l'art. 61 della legge n. 184 del 1983), ribaltando il principio previgente, ha disposto che il cognome dell'adottante debba essere anteposto a quello dell'adottato. Questo, pero', ove si tratti di figlio legittimo o naturale riconosciuto da entrambi i genitori. L'anteposizione del cognome di adozione e' indice non della perpetuazione del gruppo o della trasmissione del nome e del patrimonio, ma di uno stabile e valido inserimento dell'adottato nella nuova comunita' familiare. La regola dell'anteposizione trova pieno fondamento in alcuni casi particolari (art. 44 lettere a e b legge n. 184) di adozione non legittimante di minori, in considerazione del piu' accentuato carattere familiare e della funzione promozionale ed educativa che deve essere realizzata nell'interesse esclusivo del fanciullo. Essa appare priva di giustificazione razionale, invece, nell'ipotesi in cui l'adottando sia persona maggiore d'eta'. Infatti, si lede, in tal caso, il suo diritto ad una sua non equivoca identificazione sociale e si viola, pertanto, l'essenziale fondamentale e qualificante diritto dell'adottando all'identita' personale. Ove, invece, l'adottato sia figlio naturale non riconosciuto o riconosciuto da un solo genitore, egli assume solo il cognome dell'adottante (art. 299, secondo comma, codice civile), perdendo quello attribuito per atto della pubblica autorita'. Tale deroga al principio generale troverebbe fondamento nella condizione deteriore attribuita ai figli non riconosciuti (e non riconoscibili) quali soggetti sprovvisti di status. Il cognome di origine andrebbe eliminato perche' imposto dall'ufficiale dello stato civile, pertanto, non sarebbe indicativo dell'appartenenza della persona ad un gruppo familiare. Detta norma sembra inspirata all'antica idea di tutelare il figlio "illegittimo" occultando la sua origine (cfr. Rel. Min.). Sottesa a detto dictum v'e' la considerazione dell'inesistenza di un motivo perche' sia conservato un cognome che non e' piu' indicativo di alcuno status, dopo che lo status figlio adottivo e' stato conseguito. Avendo il figlio, (naturale non riconosciuto dai propri genitori) adottivo, un solo status familiare (quello di figlio adottivo), ha, del pari, un unico cognome (quello dell'adottante). Orbene, essa diviene arbitraria allorquando l'adottato sia maggiorenne, non versando piu' in una situazione di formazione psichica e fisica, ed abbia anche una acquisita situazione familiare da tutelare. Nell'attuale contesto socio-normativo, ove si e' affermato e vive il diritto dell'identita' personale, fondato sul citato art. 2 della Costituzione, il cognome originario dell'adottato maggiorenne, con posizione familiare da tutelare, lungi dal far trasparire soltanto un'antica origine illegittima, esprime, sovratutto, formalmente l'individuazione del portatore come persona e capo di famiglia. Pertanto, in tale situazione, non vi sono ragioni che giustifichino un mutamento cosi' radicale del segno distintivo di un soggetto che non e' piu' in formazione e che ha diritto a conservare la sua personalita' attraverso il suo cognome originario. La perdita definitiva di quest'ultimo comporta tout court una obiettiva lesione del diritto dell'identita' personale, fondato sul citato art. 2 della Costituzione, venendo meno il segno distintivo che identifica nell'attuale ordinamento giuridico il soggetto sul piano dell'esistenza materiale e della condizione civile. Non si e' tenuto presente, da un lato, che, pur in mancanza di riconoscimento, il figlio ha diritto all'accertamento del rapporto di filiazione, e d'altra parte, che, come nel caso di specie, l'adottato puo' avere costituito gia' una famiglia, identificata dal suo originario cognome. Peraltro, detta norma determina un'ingiustificata disparita' di trattamento tra figli non riconosciuti (e non riconoscibili) e figli legittimi e, quindi, ingenera un fondato dubbio di illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 3 e 30 della Costituzione. Il figlio naturale non riconosciuto, soprattutto, se maggiore di eta', ha lo stesso diritto del figlio legittimo di tutelare il proprio cognome che, se pure non indicativo di un gruppo familiare, e' pur sempre identificativo della propria persona e della famiglia eventualmente costituita. Alla stregua delle suindicate argomentazioni, sussiste il dubbio di costituzionalita' del primo comma dell'art. 299 del codice civile perche' in contrasto con l'art. 2 della Costituzione e del secondo comma dell'art. 299 del codice civile, in quanto in contrasto con gli artt. 2, 3 e 30 della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 e 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; Dichiara non manifestamente infondata, e rilevante nel presente procedimento, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 299 del codice civile, primo comma, nonche' del secondo comma del citato articolo, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 30 della Costituzione; Dispone la sospensione del procedimento in corso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone, altresi', che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata a Scarpaci Lorenzo ed al procuratore generale, in sede, ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e che sia comunicata al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Palermo il 16 maggio 2000 nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte d'appello. Il Presidente: Giordano Il consigliere relatore: Rizzo 00C0937