N. 490 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 aprile 2000
Ordinanza emessa il 5 aprile 2000 dal tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Sportelli Giuseppe Carmine ed altro Processo penale - Attribuzioni del tribunale in composizione collegiale - Reato di peculato militare - Attribuzione al tribunale militare in composizione collegiale - Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto a quanto previsto per il reato di peculato comune. - Cod. proc. pen., art. 33-bis, 1o comma, lett. b). - Costituzione, art. 3.(GU n.39 del 20-9-2000 )
IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro: 1) Sportelli Giuseppe Carmine, nato il 16 luglio 1950 a Putignano (BA), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avvocato Guardino Vincenzo del foro di Udine, atto di nascita n. 358/I/A, coniugato, incensurato, colonnello; 2) Serafini Adriano, nato il 16 giugno 1964 a Salerno, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avvocato Coiro Mario del foro di Pordenone, atto di nascita n. 2016/I/A, coniugato, incensurato, capitano, imputati: per Sportelli: "peculato militare continuato in concorso" (Artt. 215 c.p.m.p.; 81 capoverso c.p. e 110 c.p.) perche', Ten.Col. E.I. Capo servizio amministrativo del Comando 2a Btg. F. "Pordenone" di stanza in Pordenone, in concorso con Serafini Adriano, Capo gestione denaro, utilizzava somme di danaro appartenenti all'amministrazione militare per l'acquisto di merce diversa da materiale di cancelleria presso la Ditta "Centro Contabile Chiappino" di Daniela Chiappino con sede in Manzano (UD) per l'importo complessivo di circa L.12.000.000; merce mai consegnata al reparto militare con relativa appropriazione a proprio profitto del denaro che l'amministrazione militare ha erogato per pagare le fatture, in Pordenone negli anni 1991 e 1992; per Serafini: "peculato militare continuato in concorso" (Artt. 215 c.p.m.p.; 81 capoverso c.p. e 110 c.p.) perche', in concorso con Sportelli Giuseppe, Capo servizio amministrativo, Capitano Capo gestione denaro del Comando 2a Btg. F. "Pordenone" di stanza in Pordenone, utilizzava somme di danaro appartenenti all'amministrazione militare per l'acquisto di merce diversa da materiale di cancelleria presso la Ditta "Centro Contabile Chiappino" di Daniela Chiappino con sede in Manzano (Udine) per l'importo complessivo di circa L. 12.000.000; merce mai consegnata al reparto militare con relativa appropriazione a proprio profitto del denaro che l'amministrazione militare ha erogato per pagare le fatture, in Pordenone negli anni 1991 e 1992; Vista la richiesta del p.m. di proposizione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33-bis comma 1 lett. b) c.p.p. nella parte in cui non prevede che sia attribuito al tribunale in composizione collegiale il reato di peculato militare (art. 215 c.p.m.p.) per contrasto con l'art. 3 Costituzione; Sentiti il difensore dell'imputato Sportelli che si e' associato a detta richiesta ed il difensore dell'imputato Serafini che si e' rimesso; O s s e r v a L'art. 33-bis c.p.p. introdotto dall'art. 169 del d.lgs. 51/1998, recante norme per l'istituzione del giudice unico, e modificato dall'art. 10 della legge 16 dicembre 1999 n. 479, non contempla tra i reati attribuiti alla competenza del tribunale in composizione collegiale alcun reato militare, ad eccezione (per effetto di una previsione di carattere generale) di quelli puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni. E cio' nonostante la Corte costituzionale abbia piu' volte affermato che anche per i reati militari la competenza appartiene in via normale all'autorita' giudiziaria ordinaria e solo in via di eccezione ai tribunali militari; Quella disposizione di legge stabilisce peraltro che i delitti previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale, esclusi quelli indicati dagli artt. 329, 331 primo comma, 332, 334 e 335, siano attribuiti al tribunale in composizione collegiale, volendosi da un lato offrire maggiori garanzie agli imputati dei piu' gravi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, e dall'altro comunque riservare all'organo collegiale i reati caratterizzati da rilevanti difficolta' di accertamento o da particolare allarme sociale; Orbene non vi sono motivi che possano dare ragione del fatto che il delitto di peculato militare (di cui oggi e' causa e sanzionato con la reclusione fino a 10 anni), fattispecie corrispondente a quella contemplata dall'art. 314 c.p. non sia stata inserita tra i reati elencati nell'art. 33-bis comma 1 lett. b) c.p.p.; In ragione di detta omessa previsione nel procedimento odierno un giudice monocratico anziche' un organo collegiale e' investito della cognizione del reato di peculato militare, di una ipotesi di reato cioe' che, per unanime orientamento dottrinario e giurisprudenziale, e' considerata speculare rispetto alla fattispecie comune di peculato di cui all'art. 314 c.p. stante la sostanziale identita' tra delitti, come riconosciuto in piu' occasioni dalla stessa Corte costituzionale (sentenze 4/1974, 473/1990, 448/1991); Ed infatti la Corte costituzionale proprio nella sentenza 4/1974 ha affermato che "i due reati hanno in comune l'elemento materiale e l'elemento psicologico. Identico e' il loro contenuto, in entrambi offensivo dello stesso bene che si e' voluto proteggere: denaro e cose mobili appartenenti allo Stato; identico altresi' l'azione tipica delle due condotte criminose concretatesi nell'appropriazione o distrazione di beni da parte di soggetti attivi aventi una specifica qualifica (pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, e militare incaricato di funzioni amministrative o di comando)". La conferma della ritenuta identita' sostanziale tra le due figure e la necessita' conseguente di una omogeneizzazione delle rispettive discipline si rinviene anche in altre pronunce della Corte costituzionale: in considerazione di essa e' stata estesa al peculato militare l'amnistia di cui al d.P.R. 283/1970, nonche' eliminato (sentenza 448/1991) dall'art. 215 c.p.m.p. l'inciso "ovvero lo distrae a profitto proprio o di altri", per ripristinare in quest'ultimo caso appunto il parallelismo tra le due norme, spezzato dalla legge 26 aprile 1990 n. 86 che aveva modificato il testo originario dell'art. 314 c.p.. La circostanza che la cognizione del peculato militare appartenga ad un giudice monocratico crea una irragionevole disparita' di trattamento tra imputati a seconda che siano pubblici ufficiali militari (militari incaricati di funzioni amministrative o di comando) ovvero pubblici ufficiali ai sensi dell'art. 357 c.p. e, quindi, a secondo che siano imputati di peculato militare ex art. 215 c.p.m.p. ovvero imputati del peculato comune di cui all'art. 314 c.p.. Tale disparita' di trattamento appare in tutta evidenza se si considera che un soggetto non militare qualora fosse imputato di peculato comune sarebbe giudicato dal tribunale in composizione collegiale, qualora diversamente dovesse rispondere di peculato militare (in concorso) sarebbe giudicato dal tribunale in composizione monocratica. E non sembra sostenibile che questo diverso regime possa collegarsi alla diversa gravita' delle due ipotesi di reato - essendo stato dal legislatore considerato meno grave il peculato militare, dato che per esso e' comminata una sanzione, che nel minimo e' inferiore di un anno a quella prevista per il peculato comune -, in quanto come ancora ritiene la Corte costituzionale "una diversa valutazione delle due fattispecie non puo' essere desunta da particolari ragioni inerenti all'amministrazione militare". In definitiva la situazione denunciata si pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione contraddicendo il principio ivi enunciato che impone identita' di trattamento rispetto a situazioni analoghe, e pertanto la questione non appare manifestamente infondata, e d'altro canto e' rilevante nel procedimento in corso per le conseguenze che ne deriverebbero dal suo accoglimento in relazione alla composizione del giudice.
P. Q. M. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33-bis comma 1 lett. b) C.P.P., laddove non prevede che sia attribuito al tribunale in composizione collegiale il reato di peculato militare di cui all'art. 215 c.p.m.p. per contrasto con l'art. 3 Costituzione; Sospende il giudizio in corso ed ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che copia della presente ordinanza a cura della cancelleria sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera. Padova, addi' 5 aprile 2000. Il giudice: Bocchini 00C0955