N. 491 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 dicembre 1999

Ordinanza  emessa  il  20  dicembre 1999 dal tribunale amministrativo
regionale  dell'Emilia  Romagna  sul  ricorso  proposto  da  Comitato
bolognese  "Scuola  e Costituzione" ed altre contro la Regione Emilia
Romagna

Scuola  statale  e  privata  -  Regione  Emilia-Romagna - Criteri per
l'assegnazione  dei  contributi  ai  comuni  per  l'attivazione di un
sistema  pubblico integrato della scuola dell'infanzia - Ripartizione
del  fondo  per  la  promozione delle convenzioni fra comuni e scuole
dell'infanzia private, tra i comuni sottoscrittori di convenzioni con
le  scuole dell'infanzia private - Limitazione dei finanziamenti alle
scuole sottoscrittrici di convenzioni con i comuni - Violazione della
sfera  di  competenza regionale limitata all'assistenza scolastica ed
invasione  della  sfera di competenza statale relativa all'istruzione
scolastica - Violazione del principio della liberta' di istruzione di
scuole  e  istituti  d'istruzione senza oneri finanziari a carico del
bilancio  pubblico  - Riproposizione di questione, gia' oggetto della
ordinanza della Corte n. 67/1998.
- Legge regione Emilia-Romagna 24 aprile 1995, n. 52.
- Costituzione,  artt. 33, primo, secondo e terzo comma, e 117, primo
  comma.
(GU n.39 del 20-9-2000 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso proposto dal
  Comitato Bolognese "Scuola e Costituzione", dalla chiesa evangelica
  metodista di Bologna, dalla chiesa cristiana avventista del settimo
  giorno   di   Bologna,   dalla   comunita'   ebraica   di  Bologna,
  rappresentati  e  difesi  dagli avv.ti Federico Sorrentino, Massimo
  Luciani,  Corrado  Mauceri e Maria Virgilio e domiciliati presso lo
  studio  di  quest'ultimo, in Bologna, Via Rubbiani n. 3;     Contro
  Regione  Emilia-Romagna,  rappresentata  e  difesa dall'avv. Andrea
  Pennesi  (Bologna,  Strada  Maggiore  n. 47);  per  l'annullamento:
          della     deliberazione     del     consiglio     regionale
  dell'Emilia-Romagna   del   28   settembre   1995,   n. 97  recante
  l'intitolazione   "legge   regionale   24 aprile   1995,   n. 52  -
  approvazione  dei  criteri  per  l'assegnazione  dei  contributi ai
  comuni  per  l'anno  1995  per  l'attivazione di convenzioni per la
  qualificazione  e  il  sostegno  delle scuole dell'infanzia private
  senza  fini di lucro o gestite da I.P.A.B." e degli atti connessi e
  presupposti,   in   particolare   della   circolare  dell'assessore
  regionale   agli   affari  sociali  e  familiari,  associazionismo,
  qualita'  urbana,  prot.  n. 20783  del  17 agosto  1995.     Uditi
  all'udienza  pubblica del 15 ottobre 1998 gli avv.ti Maria Virgilio
  e  Massimo Luciani per i ricorrenti e Andrea Pennesi per la Regione
  resistente; considerato quanto segue:

                              F a t t o

    La parte ricorrente impugna, chiedendone l'annullamento, gli atti
  meglio  indicati  dianzi.  A sostegno del ricorso, essa presenta le
  censure seguenti:     1. - Violazione di legge, in riferimento agli
  artt. 2  comma  1  lettera  b), quinto alinea; 10, comma 1, lett. e
  bis);   10,   penultimo   comma,   legge  regionale  Emilia-Romagna
  25 gennaio  1983  n. 6,  nel testo modificato della legge regionale
  Emilia-Romagna  24 aprile 1995 n. 52.     Si rileva come "l'art. 4,
  comma 1, legge regionale n. 52 del 1995 ha istituto un fondo per la
  promozione  delle  convenzioni  fra  comuni  e scuole dell'infanzia
  private".  A  sua  volta,  l'art. 5,  comma 1, ha disposto che tale
  fondo  e'  ripartito fra i comuni che abbiano stipulato convenzioni
  con scuole dell'infanzia private nelle quali siano previsti oneri a
  carico   dei   comuni   per  contributi  di  spesa  corrente  e  di
  investimento".
    Si  aggiunge  che  "il  fondo  ha  la  funzione  di promuovere la
  stipulazione  di  convenzioni  fra  comuni  e  scuole dell'infanzia
  private, e solo fra i comuni che tali convenzioni abbiano stipulato
  il  fondo  dev'essere  ripartito. In totale spregio della legge, la
  deliberazione  impugnata,  invece, prevede che al riparto del fondo
  accedono   anche   i   comuni   che  sono  privi  delle  menzionate
  convenzioni".
    Si rileva, infine, che "anche a volersi rifare allo spirito della
  legge,  tuttavia,  le  conclusioni  non muterebbero. Intenzione del
  legislatore era infatti garantire un sostegno finanziario ai comuni
  che  avessero  effettivamente  stipulato  convenzioni  con istituti
  scolastici privati. (..).
    Soltanto  limitando  il  sostegno finanziario ai comuni dotati di
  convenzione,  del  resto,  era  possibile  incentivare  i  comuni a
  dotarsi  dello  strumento convenzionale. Ritenere, come si fa nelle
  premesse   alla  proposta  della  giunta  regionale  (integralmente
  recepita   dalla   deliberazione  impugnata),  che  la  stipula  di
  ulteriori  convenzioni si possa promuovere e sollecitare attraverso
  il  grazioso finanziamento anche e proprio dei comuni che non hanno
  stipulato  convenzioni  e'  un  controsenso  che  non  abbisogna di
  commenti".      2.  -  Violazione  di  legge e, in riferimento agli
  artt. 3,  33,  primo e terzo comma, e 128 della Costituzione e agli
  artt. 2, comma 1, lettera b), quinto alinea, e 10, penultimo comma,
  della  legge  regionale  Emilia-Romagna  25 gennaio  1983 n. 6, nel
  testo  modificato  dalla  legge  regionale Emilia-Romagna 24 aprile
  1995 n. 52.
    Si  osserva  come  "la deliberazione impugnata dispone che, per i
  comuni   della   fascia   a),  ai  fini  della  determinazione  dei
  contributi,  verra'  considerata,  fra  l'altro  (punto  1.2.)" "la
  congruenza  dei  contenuti  delle  convenzioni  adottate  a livello
  locale rispetto al protocollo d'intesa tra regione e FISM regionale
  (..),  in  particolare rispetto ai seguenti elementi: accesso degli
  utenti,  modalita'  di  partecipazione  delle  famiglie, equita' di
  trattamento  economico,  orientamenti educativi (con riferimento al
  d.m.  3 giugno  1991)  organizzazione  del  servizio,  personale  e
  coordinamento   tecnico,  raccordo  con  altre  agenzie  educative,
  adeguamento   strutturale,   servizi   per  l'accesso,  criteri  di
  valutazione-verifica."
    Ne  discende  che  "il  computo  della  misura  dei contributi da
  erogarsi  in  favore  dei  comuni  viene effettuato assumendo quale
  criterio  determinante,  accanto  a quelli del numero delle sezioni
  delle  scuole  materne  convenzionate  (punto  1.1) e dell'ampiezza
  demografica  dei  comuni  (punto  1.3) la congruenza rispetto al (e
  quindi  il  rispetto  del)  protocollo  d'intesa tra regione e FISM
  regionale.
    In  questo  modo  (..)  la  fruibilita'  concreta  dei contributi
  regionali  e'  rigidamente subordinata al rispetto di un protocollo
  d'intesa  fra l'amministrazione regionale e una comune associazione
  privata.  Per quanto rappresentativa questa possa essere, un simile
  trattamento  e'  del tutto ingiustificato. Invero, non esiste nella
  legislazione  regionale alcun elemento che la isoli e la differenzi
  rispetto  alle  altre associazioni private operanti nel mondo della
  scuola.  Aver  assunto  un accordo stipulato con detta associazione
  quale  stregua  cui  commisurare  le convenzioni stipulate dai vari
  comuni e' dunque scelta che non trova alcun supporto normativo."
    Si  aggiunge  che  "manifestamente violate, poi, sono le predette
  disposizioni  della  legge  regionale  n. 6  del  1983  (nel  testo
  modificato dalla legge regionale n. 52 del 1995)".
    Esse,  infatti, si limitano a prevedere che le risorse del "fondo
  per   la   promozione   delle   convenzioni  fra  comuni  e  scuole
  dell'infanzia  private"  siano  ripartite  tra i comuni che abbiano
  stipulato  convenzioni  con  istituzioni scolastiche private, senza
  differenziare affatto all'interno di tale categoria.
    Spettava  dunque  alla giunta regionale determinare i criteri per
  la  concreta  ripartizione  delle  risorse, ma e' evidente che cio'
  avrebbe  dovuto  avvenire sulla base di parametri il piu' possibile
  oggettivi  e  in  riferimento alle effettive esigenze dei comuni in
  ordine alla prestazione del servizio scolastico.
    Ancorando  l'erogazione  delle  risorse al rispetto di un accordo
  tra   la   regione  e  un'associazione  privata,  la  deliberazione
  impugnata   stravolge   il   senso  della  previsione  legislativa,
  sostituendo  la  volonta'  soggettiva  dei firmatari del Protocollo
  all'oggettivita' dei fatti e dei bisogni.
    E'  chiaro,  altresi',  che  per  questo aspetto il provvedimento
  impugnato viola il principio di eguaglianza.
    La  FISM,  infatti,  e'  stata  arbitrariamente preferita ad ogni
  altra  associazione  privata  operante  nel mondo scolastico, senza
  alcuna  apertura  pluralistica  alle  altre  realta'  del  settore.
  Questo,  oltretutto, in un ambito, come quello dell'istruzione, nel
  quale  le  esigenze dell'eguaglianza fra i cittadini sono al centro
  dell'attenzione della Carta Costituzionale.
    Per  giunta,  la  FISM  e'  stata  addirittura  investita  di una
  funzione condizionante nei confronti dei comuni, nel momento in cui
  la si e' chiamata a stipulare con la regione un protocollo al quale
  e'  stato  conferito  valore  paradigmatico in sede di assegnazione
  delle  risorse  gestite  nell'ambito  del  "fondo per la promozione
  delle  convenzioni  fra  comuni  e  scuole  dell'infanzia private".
      In questo modo, subordinando l'autonomia comunale all'autonomia
  privata,  si  e'  arrecato un gravissimo vulnus all'autonomia degli
  enti  locali  garantita  dall'art. 128  Cost.,  a tenor del quale i
  comuni  "sono  enti  autonomi  nell'ambito  dei principi fissati da
  leggi    generali    della   Repubblica".       Il   riconoscimento
  costituzionale  dell'autonomia dei comuni ha l'evidente funzione di
  garantire,  da  un  lato.  l'autogoverno  e la partecipazione delle
  popolazioni  locali  (in  questo  stesso  senso, del resto, proprio
  l'art. 53  dello statuto della regione Emilia-Romagna); dall'altro,
  di  assicurare  un  apprezzamento del pubblico interesse in ragione
  dell'adeguata  considerazione  delle  esigenze  locali, di volta in
  volta   diverse.       L'una  e  l'altra  funzione  della  garanzia
  costituzionale  sono  frustrate  dalla deliberazione impugnata, che
  subordina  l'autonomia  degli  enti locali (che possono accedere ai
  finanziamenti solo nella misura in cui si conformano al protocollo)
  all'autonomia  privata  di un soggetto particolare come la FISM. Il
  tutto,  in  una materia in cui le funzioni amministrative, ai sensi
  dell'art. 45, comma 1, del d.P.R. n. 616 del 1977, "sono attribuite
  ai  comuni".      Gravemente  vulnerate,  poi,  sono la liberta' di
  insegnamento  e  la liberta' di istituire scuole che sono garantite
  dall'art. 33,  primo  e terzo comma, Cost.. E' infatti evidente che
  qualunque  istituzione  scolastica  privata,  se vorra' accedere al
  sostegno  previsto  dalla  legge  regionale  n. 52 del 1995, dovra'
  necessariamente  conformarsi alle previsioni dettate dal menzionato
  protocollo.      Esso,  pero',  incide profondamente sull'autonomia
  didattica,  sull'organizzazione  dei servizi, sullo stesso rapporto
  di   impiego   dei   dipendenti,   condizionando   cosi'   in  modo
  inaccettabile  le  libere  scelte di chi voglia operare nel settore
  scolastico  per l'infanzia. Per soprammercato, tale condizionamento
  e' determinato da un atto (il protocollo) che recepisce, oltre alla
  volonta'  dell'ente  regionale,  la  privata volonta' della FISM, e
  cioe'  di  una  associazione  privata,  che  possiede una specifica
  connotazione  ideale  e  culturale.  Come  nell'orwelliana fattoria
  degli  animali,  dunque,  anche  se  formalmente tutti sono eguali,
  sostanzialmente  alcuni  operatori  scolastici finiscono per essere
  piu'  eguali  degli  altri.      3.  -  Illegittimita' derivata per
  illegittimita'  costituzionale,  in  riferimento agli artt. 3 e 128
  della Costituzione.
    Si  rileva  come "nella denegata ipotesi che la prima parte della
  ricostruzione   prospettata   al   paragrafo   precedente   venisse
  respinta,ritenendosi   che   la  deliberazione  impugnata  non  sia
  violativa   della   menzionata   normativa  regionale,  i  vizi  di
  illegittimita'   lamentati   nei   confronti   della  deliberazione
  dovrebbero  pianamente  trasferirsi su quest'ultima, nella parte in
  cui    consente    all'amministrazione    regionale   di   assumere
  provvedimenti cosi' clamorosamente contrastanti con il principio di
  eguaglianza  fra  i privati e con il principio dell'autonomia degli
  enti locali."
    4.  -  Illegittimita' derivata per illegittimita' costituzionale,
  in   riferimento   agli   artt. 33,   e   117,  primo  comma  della
  Costituzione.
    Si  rileva  che "un vizio ancor piu' radicale affligge, pero', il
  provvedimento    impugnato.   Esso   risulta   infatti   (ancorche'
  illegittimamente  (..) ) attuativo di una legge regionale (la legge
  regionale  n. 52 del 1995) della quale e' evidente l'illegittimita'
  costituzionale.
    Fra  le  materie  di  competenza  regionale  di  cui al 117 della
  Costituzione,  infatti,  sono  ricomprese  l'istruzione artigiana e
  professionale  e l'assistenza scolastica. La materia "istruzione in
  generale,  invece, non e' menzionata. A sua volta, il d.lgs. n. 616
  del  1997  non  consente  che si faccia confusione fra istruzione e
  assistenza scolastica."
    Si  osserva  come  appare  chiaro che il legislatore regionale ha
  inteso,  in  violazione  del  dettato  costituzionale, disciplinare
  proprio  la  materia  istruzione,  fuoriuscendo  dai limiti ad esso
  assegnati,  ed  in particolare andando ben al di la' della semplice
  "assistenza scolastica."
    Gia' la modificazione del titolo originario della legge regionale
  n. 6  del 1983 e' rivelatrice. Mentre (..) tale legge si intitolava
  semplicemente  "diritto  allo  studio", il nuovo titolo e' "diritto
  allo studio e qualificazione del sistema integrato pubblico-privato
  delle  scuole  dell'infanzia".  Come  risulta  da tale formulazione
  letterale,  il  legislatore regionale ha inteso andare ben oltre il
  campo (..) della garanzia del diritto allo studio, invadendo quello
  della disciplina generale dell'istruzione.
    Tanto,   oltretutto,   con   ambizioni   di   altissimo  profilo:
  l'obiettivo e' (..) la realizzazione di un "sistema integrato delle
  scuole  dell'infanzia  basato sul progressivo coordinamento e sulla
  collaborazione  fra le diverse offerte educative", e il legislatore
  regionale   mira   alla   "qualificazione   di  tali  offerte,  per
  valorizzare  competenze,  risorse  e  soggetti  pubblici e privati"
  (art. 1, comma 2, punto 2-bis, della legge regionale n. 6 del 1989,
  nel testo introdotto dalla legge regionale n. 52 del 1995).
    Le  enormi  ambizioni  del  legislatore regionale sono, comunque,
  ulteriormente  (..) disvelate proprio dalle premesse della proposta
  della  giunta  regionale recepita dall'atto protocollo d'intesa con
  la  FISM  e  della risoluzione n. 5172/5362, adottata dal consiglio
  regionale  in data 6 ottobre 1994. In quest'ultima, in particolare,
  il   consiglio   regionale   valuta   "indifferibile   un  riordino
  strutturale  e  culturale  che, ragionando in termini di "sistema ,
  abbia  come  obiettivi  l'aumento  dell'efficacia formativa e della
  scolarita' come risorsa individuale e sociale", e impegna la giunta
  ad  adottare interventi di qualificazione dell'intero sistema delle
  scuole  dell'infanzia,  etc..  Cosa tutto questo abbia a che vedere
  con la materia "assistenza scolastica" non e' dato comprendere.
    Tutto  l'impianto  della  legge  n. 52  del  1995,  comunque,  e'
  radicalmente illegittimo, perche' tutti gli interventi ivi previsti
  sono funzionalizzati al raggiungimento di tali obiettivi. E' dunque
  questo  un caso di illegittimita' costituzionale di un intero testo
  legislativo,   ipotesi   che   (..)   secondo   la   giurisprudenza
  costituzionale  ricorre tutte le volte in cui il legame della legge
  sia  tanto  stretto  che esse risultano in autonome le une rispetto
  alle altre.
    5.  -  Illegittimita' derivata per illegittimita' costituzionale,
  in riferimento all'art. 33, commi 1 e 3, della Costituzione.
    Si   rileva   come   "ulteriormente   viziata  da  illegittimita'
  costituzionale  risulta peraltro la legge regionale n. 52 del 1995,
  e con essa la deliberazione impugnata, per violazione dell'art. 33,
  terzo  comma  della Costituzione, a tenor del quale "Enti e privati
  hanno  il  diritto  di  istituire  scuole ed istituti di educazione
  senza oneri per lo Stato", in combinato disposto con il comma 1 del
  medesimo  art. 33  (..)  e' attualmente assai accesa la discussione
  sulle  modalita' di un possibile sostegno pubblico che favorisca la
  frequenza  della  scuola privata, senza modificare l'art. 33, comma
  4,  della  Costituzione  (..)  comunque,  non si e' andati oltre la
  proposta di un sostegno indiretto per le famiglie che indirizzino i
  propri  figli  alla scuola privata attraverso la detassazione delle
  loro  spese  scolastiche  (cfr.  ad es. l'art. 9 del p.d.l. Camera,
  n. 142),  oppure  quella  di  agevolazioni  fiscali  per il settore
  scolastico  (cfr.  ad  es.  l'art. 8  del  p.d.l. Senato, n. 1339 o
  l'art. 8   del   p.d.l.  Camera,  n. 2404).  Per  la  sua  evidente
  contrarieta'  all'art. 33,  comma  3, Cost., invece, la proposta di
  finanziamenti  diretti alla scuola privata non e' stata avanzata in
  sede parlamentare.
    In  effetti, il dettato costituzionale non si presta ad equivoci.
  Come  ha osservato la piu' autorevole dottrina costituzionalistica,
  l'art. 33,  terzo  comma,  Cost.. esclude "nei termini piu' larghi"
  che  l'esercizio  della (pur indiscutibile) liberta' di istituire e
  gestire scuole private possa gravare sul bilancio dello Stato (..).
  Il divieto, peraltro, non riguarda solo lo Stato ma anche gli altri
  enti  pubblici  (..)  fra  i quali ovviamente le regioni. La logica
  della   disposizione   costituzionale   e'   infatti   quella   che
  l'iniziativa  privata  nel settore scolastico non debba (..) essere
  compressa,  ma  non  possa  neppure  essere sostentata da pubbliche
  risorse,  che'  altrimenti si stornerebbero fondi da impiegarsi per
  il necessario e imprescindibile intervento pubblico in materia, che
  e'  cosi'  vasto che lo Stato e' tenuto ad istituire proprie scuole
  "per ogni ordine e grado" (artt. 33, comma 2, Cost).
    Questo  regime,  del  resto,  e'  coerente  con  il  principio di
  liberta' che ispira tutta la normativa costituzionale in materia di
  scuola.  Tale  principio  illumina  tutto  il  settore: liberta' di
  istituire  scuole private; liberta' di insegnamento; liberta' degli
  studenti di formarsi i propri autonomi convincimenti, etc..
    La  preclusione  del  finanziamento  pubblico  non  comprime,  ma
  addirittura   esalta  la  liberta',  che  (..)  e'  inevitabilmente
  assoggettata   a   limiti  e  controlli  quando  la  mano  pubblica
  interviene  per  sostenerla finanziariamente (e la cosa, qui, si e'
  puntualmente  verificata,  con  il  sistema  degli "impegni" che le
  scuole  private  debbono  assumere in sede di convenzione per poter
  poi  godere del pubblico sostegno). Il divieto di finanziamento con
  pubblico  danaro delle scuole private non e' un limite, ma una vera
  e propria garanzia per la liberta' (fondamentale) di istituirle.
    Tutto  questo  e' stato completamente dimenticato dal legislatore
  regionale,  che  ha  tranquillamente  previsto che i comuni possano
  contribuire alla gestione delle scuole private, addossandosi "oneri
  per  contributi  di  spesa  corrente  e  di investimento" (art. 10,
  penultimo  comma,  della  legge  regionale n. 6 del 1983, nel testo
  introdotto  dalla  legge  regionale  n. 52  del  1995),  e che essi
  possano  attivarsi  per il "sostegno" delle scuole private (art. 2,
  comma  1,  lett. b), della legge regionale n. 6 del 1983, nel testo
  introdotto dalla legge regionale n  52 del 1995).
    Come  si  riconosce espressamente nel provvedimento impugnato (v.
  la  parte  dell'all. A nella quale si definisce la fascia di comuni
  "B"),  gli  oneri  finanziari  che  la  legge regionale consente ai
  comuni  di  assumere  in  materia scolastica sono diretti in favore
  delle   scuole   private.  In  questo  modo,  e  in  considerazione
  dell'enorme  vastita'  degli obiettivi degli interventi di sostegno
  (cio'   che   si   evince  dall'ampiezza  dei  temi  oggetto  della
  convenzione  -tipo), si chiarisce che il finanziamento pubblico non
  riguarda  i  soli  studenti (o le loro famiglie) per consentire che
  tutti,  anche  coloro  che  si  rivolgono alla scuola privata siano
  posti  in  condizione  di  godere  effettivamente  del diritto allo
  studio.  Esso  si  rivolge  invece (addirittura primariamente) agli
  istituti   privati,   e  vale  a  sostenere  direttamente  la  loro
  gestione."
    La  parte  ricorrente ha conclusivamente richiesto l'annullamento
  degli    atti   impugnati,   "eventualmente   sollevando   in   via
  pregiudiziale  questione incidentale di legittimita' costituzionale
  della  legge  regionale  Emilia-Romagna  n. 6  del  1983,  per come
  modificata  dalla legge regionale Emilia-Romagna n. 52 del 1995, in
  riferimento  agli  artt. 3,  primo  e  terzo  commi; 34; 117, primo
  comma, e 128 della Costituzione."
    L'amministrazione  regionale  ha  eccepito l'inammissibilita' del
  ricorso    sotto    diversi    profili   (mancata   notifica   alla
  controinteressata  federazione  italiana  scuole  materne  - Emilia
  Romagna;  carenza  di  interesse).  Con sentenza parziale 1o aprile
  1997  n. 191,  questa  sezione  ha in parte accolto il ricorso (con
  riferimento  alla prima censura), in parte dichiarato inammissibile
  il  medesimo  (con  riferimento  alla  seconda e terza censura, per
  mancata  notifica  alla FISM Emilia Romagna quale controinteressata
  unicamente  in  relazione  a  tali specifici profili di gravame) ed
  infine  inviato  alla Corte costituzionale, con separata ordinanza,
  la  questione  di legittimita' costituzionale della legge regionale
  28 settembre 1995 n. 52 in relazione agli artt. 33, secondo e terzo
  comma,  e  117,  primo  comma,  della Costituzione (quarta e quinta
  censura).
    Con  ordinanza  l7 marzo  1998  n. 67, la Corte costituzionale ha
  dichiarato   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
  legittimita' costituzionale dianzi indicata, sotto il profilo della
  carenza di motivazione sulla rilevanza della questione medesima.
    Con  successive  memorie in data 3 e 9 ottobre 1998 (quest'ultima
  tardivamente depositata), le parti hanno ulteriormente delineato le
  rispettive argomentazioni.
    La  sezione  -  con  decisione in data odierna - ha rinviato alla
  Corte  costituzionale,  con  la  presente  e separata ordinanza, la
  questione  di  legittimita'  costituzionale  della  legge regionale
  n. 52  del  1995  per  contrasto con gli artt. 33, primo, secondo e
  terzo  comma  e  117,  primo  comma della Costituzione, sospendendo
  nelle  more  del  giudizio  incidentale  di  costituzionalita' ogni
  definitiva decisione nel merito.

                               Diritto

    1.  -  Va  preliminarmente rilevato che - indipendentemente dalla
  consequenzialita'  formale  delle  censure  in  esso  dedotte - nel
  presente  ricorso  si  contesta  l'impugnata delibera sia nella sua
  interezza  (seconda,  terza,  quarta  e  quinta  censura),  sia  in
  relazione  ad  un  suo  profilo  parziale  e  ben delimitato (prima
  censura)  e  che  pertanto oggetto largamente prevalente del "thema
  decidendum"  e'  la illegittimita' derivata dell'impugnata delibera
  per l'asservita illegittimita' costituzionale della legge regionale
  Emilia-Romagna  n. 6/1983  -  per  come modificata dalla successiva
  legge  regionale  Emilia-Romagna  n. 52/1995  - in riferimento agli
  artt. 3,  33  commi  primo e terzo, 34, 117 primo comma e 128 della
  Costituzione: questione di legittimita' Costituzionale sollevata in
  via pregiudiziale dalla parte ricorrente (v. ricorso, pag. 18/19).
    Va  anche  aggiunto che questa sezione, con la decisione parziale
  1o aprile  1997  n. 191  -  ha  in  parte  accolto  il ricorso (con
  riferimento  esclusivo  al profilo parziale e ben delimitato di cui
  alla  prima censura), in parte dichiarato inammissibile il medesimo
  (con riferimento alla seconda e terza censura, per mancata notifica
  del   ricorso  alla  FISM  Emilia-Romagna  quale  controinteressata
  unicamente  in  relazione  a  tali specifici profili di gravame) ed
  infine  -  riconoscendo  l'ammissibilita'  del  ricorso nella parte
  residua  -  ha  rinviato  alla  Corte  costituzionale, con separata
  ordinanza,  la questione di legittimita' costituzionale della legge
  regionale  28 settembre  1995  n. 52,  in  relazione agli artt. 33,
  secondo e terzo comma, e 117 primo comma della Costituzione (quarta
  e quinta censura).
    Con  ordinanza  17 marzo  1998  n. 67, la Corte costituzionale ha
  dichiarato   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
  legittimita'   costituzionale  dianzi  indicata  sotto  il  profilo
  esclusivo  della  carenza  di  motivazione in ordine alla rilevanza
  della  questione  medesima  ai  fini della decisione della presente
  controversia.
    Rileva,  peraltro,  il  collegio  che la predetta pronuncia della
  Corte  costituzionale ha una valenza meramente processuale e non di
  merito  e  che  pertanto  essa non preclude - per la sua natura non
  specificamente   decisoria   la   riproposizione  della  suindicata
  questione  di  legittimita'  costituzionale  (in  tal senso v., per
  tutte,  Corte  costituzionale. dec. 19 - 27 luglio 1989, n. 451, in
  motivazione),   nei  termini  parzialmente  modificati  di  cui  in
  prosieguo.
    La parte ricorrente delinea - con la quarta e quinta censura - la
  illegittimita'   derivata  dall'impugnata  delibera  per  l'assenta
  incostituzionalita'   della  legge  regionale  n. 52/1995  nel  suo
  complesso  a  causa dello stretto legame intercorrente tra le norme
  della  stessa,  per  violazione  degli  artt. 33 e 117, primo comma
  della Costituzione.
    Si  afferma,  in  particolare,  che  il  legislatore  regionale -
  fuoriuscendo   dall'ambito   della  competenza  assegnatagli  dalla
  costituzionale,   che   limita  il  suo  intervento  all'assistenza
  scolastica  ed  all'istruzione  artigiana e professionale ha inteso
  disciplinare   la  materia  dell'istruzione.  Di  cio'  si  avrebbe
  conferma  dallo  stesso  titolo della legge in esame ("diritto allo
  studio  e  qualificazione  del sistema integrato pubblico - privato
  delle  scuole  dell'infanzia")  sostitutivo  del  precedente titolo
  della  legge  regionale n. 6/1983 ("diritto allo studio") di cui la
  prima costituisce integrazione ed ampliamento.
    Il  legislatore regionale inoltre - mediante il riconoscimento di
  contributi  di  spesa corrente e di investimento a sostegno diretto
  delle  scuole  private  d'infanzia  e della loro gestione - avrebbe
  manifestamente  violato  la  disposizione di cui all'art. 33, terzo
  comma, della Costituzione che riconosce bensi' ad enti e privati il
  diritto  di  istituire  scuole  ed  istituti di educazione, purche'
  senza oneri per lo stato.
    Il   collegio   ritiene   che   tale  questione  di  legittimita'
  costituzionale  non  sia  manifestamente  infondata  in  entrambi i
  profili dianzi indicati, per le considerazioni che seguono.
    Quanto    al    profilo   relativo   all'assenta   illegittimita'
  costituzionale  della  legislazione  regionale  di  riferimento per
  violazione  dell'art. 117,  primo  comma,  della  Costituzione,  va
  preliminarmente  rilevato  che  quest'ultima  norma  include fra le
  materie   di   competenza  legislativa  regionale,  tra  le  altre,
  l'istruzione  artigiana  e professionale e l'assistenza scolastica.
  Cio'  posto,  appare evidente come la materia in esame non riguardi
  ne'  l'uno ne' l'altro comparto. In particolare, per quanto attiene
  al  comparto  dell'assistenza scolastica, il decreto del Presidente
  della  Repubblica  24 luglio 1977, n. 616, all'art. 42 - stabilisce
  che   "le   funzioni  amministrative  relative  alla  materia  (..)
  concernono tutte le strutture, i servizi e le attivita' destinate a
  facilitare  mediante  erogazioni e provvidenze in denaro o mediante
  servizi   individuali  o  collettivi,  a  favore  degli  alunni  di
  istituzioni  scolastiche  pubbliche  o private, (..) l'assolvimento
  dell'obbligo   scolastico   nonche',  per  gli  studenti  capaci  e
  meritevoli ancorche' privi di mezzi, la prosecuzione degli studi".
    Ne  discende  che  l'assistenza  scolastica  e' materia distinta,
  ancorche'  collegata strettamente a quella dell'istruzione, poiche'
  essa   attiene  all'insieme  di  misure  e  provvidenze  dirette  a
  facilitare,  per  poterlo rendere effettivo, il diritto allo studio
  nel suo fondamento materiale (Corte costituzionale, dec. 22 gennaio
  1982,  n. 36, in motivazione; Id., dec. 1o febbraio 1967, n. 7; Id.
  dec. 2 luglio 1968, n. 106).
    Essa  pertanto  riguarda esclusivamente l'erogazione di sussidi e
  provvidenze  direttamente  a favore degli alunni, mentre invece nel
  caso in esame la legge regionale n. 52/1995 prevede l'erogazione di
  un sostegno finanziario, mediante contributi di spesa corrente e di
  investimento, direttamente a favore delle scuole private d'infanzia
  (artt. 3 e 5 legge citata).
    Ne' le provvidenze ed i sussidi previsti dalla legge regionale in
  esame  potrebbero  rientrare  -  diversamente  da  quel  che  opina
  l'amministrazione   resistente   (v.  allegato  n. 2  alla  memoria
  3 ottobre  1998)  -  nell'ambito  della  materia  della beneficenza
  pubblica,  anch'essa  ricompresa  dall'art. 117, primo comma tra le
  materie di competenza legislativa regionale.
    Il  d.P.R.  24  luglio  1997,  n. 616  - all'art. 22 - stabilisce
  infatti  che le "funzioni amministrative relative alla materia (..)
  concernono  tutte  le  attivita'  che  attengono,  nel quadro/della
  sicurezza  sociale, alla predisposizione ed erogazione dei servizi,
  gratuiti  o a pagamento, o di prestazioni economiche, sia in denaro
  che  in natura, a favore dei singoli, o di gruppi, qualunque sia il
  titolo  in  base  al  quale  sono  individuati i destinatari, anche
  quando si tratti di forme di assistenza a categorie determinate e -
  nel  successivo  art. 23  ("specificazione")  -  precisa  che  sono
  comprese   nelle   funzioni   amministrative  di  cui  all'articolo
  precedente le attivita' relative:
        a)   all'assistenza   economica   in  favore  delle  famiglie
  bisognose dei defunti e delle vittime del delitto;
        b) all'assistenza post-penitenziaria:
        c)   agli  interventi  in  favore  di  minorenni  soggetti  a
  provvedimenti  delle  autorita'  giudiziarie  minorili  nell'ambito
  della competenza amministrativa e civile;
        d) agli interventi di protezione speciale di cui agli artt. 8
  e ss. della legge 20 febbraio 1958, n. 75".
    Ne   discende   che  la  materia  predetta  ha  direttamente  per
  destinatari persone fisiche - come singoli o per gruppi e categorie
  - in condizioni di rilevante disagio sociale ed ha conseguentemente
  caratteri  costitutivi  fortemente  differenziati  rispetto  ad  un
  intervento  legislativo regionale - quale quello in esame - diretto
  ad assicurare invece sostegno finanziario in via continuativa sotto
  forma  di  contributi  di spesa corrente e di investimento a favore
  delle  scuole private d'infanzia e comunque indipendentemente dalle
  condizioni di bilancio di queste ultime.
    Va   anche   aggiunto   che   lo  stesso  statuto  della  regione
  Emilia-Romagna collega le residuali competenze regionali in materia
  scolastica alla finalita' esclusiva di rendere effettivo il diritto
  allo  studio  ed  alla  cultura  fino ai livelli piu' alti (art. 2,
  comma 3, lett. e).
    Il   collegio  rileva,  pertanto,  che  l'intervento  legislativo
  regionale  in  oggetto non appare rientrare in alcuna delle materie
  riservate  alla  competenza  regionale  dall'art. 117, primo comma.
  della Costituzione.
    Ma  vi  e'  di piu'. Tale intervento legislativo - nel perseguire
  espressamente "l'obiettivo di realizzare un sistema integrato delle
  scuole  dell'infanzia  basato sul progressivo coordinamento e sulla
  collaborazione  fra  le diverse offerte educative, in una logica di
  qualificazione  delle  stesse  che  sappia  valorizzare competenze,
  risorse  e soggetti pubblici e privati" (art. 2 legge n. 52/1995) -
  attiene specificamente alla materia dell'istruzione che e' preclusa
  alla competenza regionale (ad eccezione dell'istruzione artigiana e
  professionale) dall'art. 117, primo comma, della Costituzione ed e'
  invece riservata allo Stato (a cui spetta dettare le norme generali
  sull'istruzione) dall'art. 33, secondo comma, della Costituzione.
    Che  la  disciplina  concernente  le  scuole  d'infanzia  attenga
  specificamente alla materia dell'istruzione, appare discendere - ad
  avviso  del  collegio - da una molteplicita' univoca di elementi di
  valutazione.
    Sin  dalla  legge  24  luglio  1962,  n. 1073  (avente ad oggetto
  "provvedimenti  per  lo sviluppo della scuola nel triennio dal 1962
  al  1965")  si fa espressamente menzione - al titolo II, artt. 31 e
  ss.  -  di  "provvidenze per lo sviluppo di particolari istituzioni
  scolastiche",   includendovi  il  complesso  delle  scuole  materne
  statali e non (art. 31) oltre che altri istituti scolastici come le
  scuole  speciali  per  minorati  psicofisici  e per la rieducazione
  sociale   e   le  classi  differenziali  presso  le  scuole  comuni
  (art. 32),  i  corsi della scuola popolare contro l'analfebetismo e
  per l'educazione degli adulti (art. 36), ecc.
    Successivamente,  la  legge  18  marzo  1968,  n. 444 (in tema di
  "ordinamento  della  scuola  materna  statale"), prescrive che tale
  scuola   "si   propone   fini  di  educazione.  di  sviluppo  della
  personalita'  infantile,  di  assistenza  e  di  preparazione  alla
  frequenza  della  scuola  dell'obbligo,  integrando  l'opera  della
  famiglia"   (art. 1,   secondo   comma)  e  che  "gli  orientamenti
  dell'attivita'  educativa nelle scuole materne statali sono emanati
  (..) su proposta del Ministro della pubblica istruzione, sentita la
  terza  sezione  del  Consiglio superiore della pubblica istruzione"
  (art. 2  cpv.);  inoltre  "e'  garantita  ad  ogni insegnante piena
  liberta'   didattica   nell'ambito   degli  orientamenti  educativi
  previsti dal precedente comma" (art. 2, secondo comma).
    Ed   ancora  il  d.lgs.  16  aprile  1994,  n. 297  (in  tema  di
  "approvazione   del  testo  unico  delle  disposizioni  legislative
  vigenti  in  materia  di  istruzione,  relative alle scuole di ogni
  grado"),  nel  confermare le disposizioni generali dianzi indicate,
  include  espressamente  il  titolo  relativo  alla  scuola  materna
  (artt. 99  ss.) nell'ambito della parte II relativa all'ordinamento
  scolastico,  su proposta del Ministero della pubblica istruzione ed
  acquisito  il  parere delle competenti commissioni permanenti della
  Camera dei deputati e del Senato.
    Infine,  il  d.m.  3  giugno  1991  - adottato dal Ministro della
  pubblica  istruzione,  udito  il consiglio nazionale della pubblica
  istruzione - nel definire gli orientamenti dell'attivita' educativa
  nelle  scuole materne statali, rileva nella premessa come "la legge
  n. 444/1968  ha  consentito  (...) una piu' definita consapevolezza
  delle funzioni della scuola materna, che si configura ormai come il
  primo grado del sistema scolastico" e nella parte II ("il bambino e
  la  sua  scuola")  riconosce che "la scuola dell'infanzia concorre,
  nell'ambito  del  sistema  scolastico,  a  promuovere la formazione
  integrale della personalita' dei bambini dai tre ai sei anni, nella
  prospettiva  della  formazione  di soggetti liberi, responsabili ed
  attivamente partecipi".
    Conclusivamente  sul  punto,  ritiene  dunque  il collegio che la
  finalita'   costitutiva  di  formazione  della  personalita'  degli
  allievi,  la  connessa  liberta'  d'insegnamento  dei  docenti e la
  stessa  definizione  degli  orientamenti  educativi  da parte degli
  organi  interni  del Ministero funzionalmente competente in materia
  concorrano  univocamente  al riconoscimento che qualsiasi normativa
  direttamente   attinente  all'attivita'  e  gestione  delle  scuole
  d'infanzia  si  configura necessariamente come normativa in materia
  di  istruzione,  come  tale  preclusa  (nel comparto in esame) alla
  competenza  legislativa  regionale dall'art. 117, primo comma della
  Costituzione.
    Quanto,  infine,  al profilo relativo all'asserita illegittimita'
  costituzionale  della  legislazione  regionale  di  riferimento per
  violazione degli artt. 33, primo e terzo comma, della Costituzione,
  va  preliminarmente  rilevato che tali disposizioni stabiliscono da
  un  lato il principio della liberta' d'insegnamento e dall'altro il
  principio  della  liberta'  di istituzione di scuole ed istituti di
  educazione senza oneri per lo Stato.
    Cio'  posto,  ritiene  il  collegio  che  -  rientrando le scuole
  d'infanzia nell'amplissima nozione costituzionale dianzi indicata e
  relativa  al  complesso  sia  delle  scuole  sia  degli istituti di
  educazione,   per   le   considerazioni   sopraindicate  e  per  la
  connotazione  specificamente formativa della personalita', e quindi
  educativa, che le scuole d'infanzia necessariamente possiedono - la
  previsione  di  un sostegno finanziario direttamente a favore delle
  scuole  d'infanzia  private  per  contributi di spesa corrente e di
  investimento,  come  previsto  dagli  artt. 3  e  5 legge regionale
  n. 52/1995,  appaia  in  contrasto con il divieto costituzionale di
  oneri  finanziari  in  materia  a  carico del bilancio pubblico. Un
  divieto  che  -  secondo  l'orientamento della Corte costituzionale
  (dec.  30  dicembre  1994,  n. 454,  in  motivazione) - non risulta
  violato  unicamente  nell'ipotesi in cui la prestazione pubblica di
  sostegno  abbia come destinatari diretti gli alunni e non le scuole
  private.
    Inoltre,  ritiene  il  collegio che ogni contribuzione pubblica -
  ove  rivolta  direttamente  a  favore  della  gestione di scuole ed
  istituti di educazione privati - contenga il rischio elevato di una
  ingerenza sull'organizzazione della scuola stessa.
      E piu' la contribuzione concessa e' significativa - nel caso in
  esame  l'impugnata  delibera  regionale  prevede  uno  stanziamento
  annuale  a  tal  fine  di  ".  3.000.000.000 (tre miliardi) - tanto
  maggiore   sara'   il  rischio  sopraindicato,  nel  senso  che  il
  necessario  controllo  sulle concrete modalita' d'uso delle risorse
  pubbliche   assegnate,  ancorche'  formalmente  rivolto  a  profili
  estranei  all'insegnamento  puo'  nella  sostanza condizionare, ove
  particolarmente  penetrante, anche quest'ultimo, come gia' rilevato
  nella  precedente  ordinanza  di remissione 1o aprile 1997, n. 1 di
  questa sezione.
    Il  collegio  ritiene,  infine,  che la questione di legittimita'
  costituzionale   dianzi   indicata  sia  rilevante  ai  fini  della
  decisione della presente controversia.
    Va  a  tale  riguardo  preliminarmente  osservato  che  - come ha
  recentemente   argomentato   la  Corte  costituzionale  -  "secondo
  costante  giurisprudenza,  il  controllo che la Corte e' chiamata a
  svolgere  sulla  valutazione  di  rilevanza  compiuta  dal  giudice
  remittente,  nel ritenere di dover fare applicazione della norma al
  caso  sottoposto  al  suo  esame,  consiste  nella  verifica di una
  ragionevole   possibilita'   che  la  disposizione  denunciata  sia
  applicabile  nel  giudizio  a  quo  (Corte  costituzionale, dec. 19
  giugno  1998,  n. 227,  in  motivazione) e che l'applicabilita' nel
  presente   giudizio   della  denunciata  legge  regionale  discende
  manifestamente   dalla   circostanza   che   l'impugnata   delibera
  consiliare  costituisce  espressamente  attuazione  in dettaglio di
  quella  medesima  legge  regionale  per  cui  il  riconoscimento in
  ipotesi  dell'illegittimita'  costituzionale  di  quest'ultima  non
  potrebbe  non  riverberarsi anche sulla legittimita' della delibera
  consiliare impugnata nel presente giudizio".
    Va anche aggiunto che - indipendentemente dalla consequenzialita'
  formale  delle  censure  in esso dedotte - nel ricorso all'esame e'
  stata  sollevata  in  via  pregiudiziale  questione di legittimita'
  costituzionale  della  legge  regionale  citata  (v.  ricorso, pag.
  18/19) e che l'impugnata delibera e' stata contestata sia nella sua
  interezza  (seconda,  terza,  quarta  e  quinta  censura),  sia  in
  relazione  ad  un  suo  profilo  parziale  e  ben  delineato (prima
  censura) accolto da questa sezione con la decisione 1o aprile 1997,
  n. 191:  ne  discende  che oggetto largamente prevalente del "thema
  decidendum"  e'  l'asserita  illegittimita' derivata dell'impugnata
  delibera  per  illegittimita'  costituzionale della legge regionale
  citata e che pertanto la richiamata decisione di questa sezione non
  appare  esaurire  il  potere  decisorio del collegio in merito alla
  presente  controversia, perche' essa ha definito soltanto una parte
  secondaria   (e   sostanzialmente   marginale)   dell'oggetto   del
  contendere.
    Con  altre  parole,  il  collegio  non  puo' non rilevare come la
  prospettazione  che  possa  essersi  esaurito  - nella controversia
  all'esame  -  il potere decisorio del giudice remittente (ordinanza
  17 marzo  1998,  n. 67  della  Corte  cost.)  potrebbe concorrere a
  configurare,   in   ipotesi,   una  situazione  futura  di  diniego
  sostanziale  di  giustizia  in  relazione all'oggetto principale (e
  largamente  prevalente,  nella  sua  ampiezza) del thema decidendum
  nella  presente  controversia  e  dello  stesso petitum della parte
  ricorrente, come dianzi delineato.
    Occorre,  infine, osservare che questa sezione - nella menzionata
  decisione  1o aprile 1997, n. 191 - ha gia' motivato in ordine alla
  riconosciuta  inammissibilita'  del  ricorso  per la parte connessa
  alle  determinazioni  d'interesse  della  F.I.S.M. (seconda e terza
  censura) ed alla contestuale ammissibilita' delle ulteriori censure
  (quarta e quinta).
    In tale decisione si argomenta, infatti, che l'impugnata delibera
  "si  compone  di piu' determinazioni. Rispetto ad alcune di esse la
  FISM non assume la posizione di controinteressata (..).
    Con esclusione del punto 1.2. [dell'impugnata delibera] in cui si
  rinvia  anche  alla  congruenza  dei  contenuti  delle  convenzioni
  adottate  a  livello  locale  rispetto  al  protocollo d'intesa tra
  regione   e   FISM  regionale  al  fine  della  determinazione  del
  contributo da concedere, si osserva che le altre determinazioni, in
  quanto   determinazioni  a  contenuto  generale,  non  direttamente
  riferibili   ad   un   soggetto   preciso,   superano   il   vaglio
  dell'eccezione  di  inammissibilita'. Ne consegue che il gravame e'
  ammissibile  in  ogni  sua parte, ad esclusione del punto 1.2 della
  deliberazione      impugnata      (che     rinvia     espressamente
  all'applicabilita'   del   protocollo  d'intesa  con  la  F.I.S.M.)
  censurato con la seconda e terza doglianza" (dec.cit., pag. 12/13).
    Va  anche  aggiunto,  incidentalmente,  che  il  sindacato  sulla
  eventuale latitudine della richiamata decisione di inammissibilita'
  solo  parziale  del  ricorso,  adottata  da questa sezione, compete
  esclusivamente al giudice amministrativo d'appello.
                              P. Q. M.
    Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata, in relazione
  agli  artt. 33,  primo,  secondo  e terzo comma e 117, primo comma,
  della  Costituzione  la  questione  di  legittimita' costituzionale
  della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 52 del 24 aprile 1995;
    Dispone che - a cura della segreteria della sezione - la presente
  ordinanza  sia  notificata alle parti in causa, al presidente della
  giunta  regionale  dell'Emilia-Romagna, al Presidente del Consiglio
  dei  Ministri  e  comunicata  al Presidente del consiglio regionale
  della medesima regione.
    Cosi'  deciso  in  Bologna  in data 15 ottobre 1998 e 20 dicembre
  1999.
                Il Presidente estensore: Mozzarelli
00C0956