N. 511 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 maggio 2000

Ordinanza  emessa  l'8  maggio  2000  dal  tribunale  di  Firenze nel
procedimento penale a carico di Beneducci Francesco ed altri

Processo   penale   -  Dibattimento  -  Acquisizione  delle  prove  -
Dichiarazioni, gia' acquisite al fascicolo del dibattimento alla data
di  entrata  in  vigore  della legge costituzionale 23 novembre 1999,
n. 2,  rese,  nel corso delle indagini preliminari, da chi per libera
scelta si e' sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato
o  del  suo  difensore  -  Consentita  utilizzazione  e valutazione -
Disparita' di trattamento tra imputati.
- Legge  25  febbraio 2000, n. 35, art. 1, commi 1 e 2 (recte: d.l. 7
  gennaio 2000, n. 2, art. 1, commi 1 e 2, nel testo sostituito dalla
  legge di conversione 25 febbraio 2000, n. 2).
- Costituzione, art. 3.
(GU n.40 del 27-9-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Sull'eccezione   di   legittimita'  costituzionale  del  comma  2
  dell'art. 1 della legge 25 febbraio 2000, n. 35, di conversione con
  modificazione  del  decreto-legge  7  gennaio 2000, n. 2, sollevata
  dalla  difesa di Gargani Stefano, cui si sono associati i difensori
  degli altri imputati, rileva quanto segue:

        nel  presente  dibattimento,  apertosi  il  30 marzo 1999, e'
  stata  data  lettura  delle  dichiarazioni  rese  nel  corso  delle
  indagini  preliminari  da  alcuni imputati di reato connesso che si
  sono  avvalsi  della  facolta'  di  non rispondere, con conseguente
  acquisizione  dei  relativi  verbali al fascicolo del dibattimento;
  tali  letture ed acquisizioni sono intervenute fino all'udienza del
  28   dicembre   1999   nella  vigenza  dell'art.  513  c.p.p.  come
  interpretato  dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 361 del
  1998,   senza   che  i  difensori  avessero  prestato  il  consenso
  all'utilizzazione delle dichiarazioni stesse;
        nelle  udienze successive, ed in particolare nell'udienza del
  3  aprile  2000, essendosi avvalsi altri imputati di reato connesso
  della  facolta'  di  non  rispondere,  il  tribunale  respingeva la
  richiesta  del p.m. di acquisizione dei verbali delle dichiarazioni
  rese  nel  corso delle indagini preliminari, sulla base del dettato
  dell'art.  111  della  Costituzione  e rilevando che "sulla base di
  tale  nuova  normativa  costituzionale,  in assenza di una modifica
  legislativa  dell'art.  513 c.p.p., non puo' piu' ritenersi attuale
  l'interpretazione  data  dalla  Corte costituzionale con la senteza
  n. 361  del  1998  a detta norma per cui deve applicarsi il secondo
  comma  dello  stesso articolo secondo cui qualora il dichiarante si
  avvalga  della  facolta'  di  non  rispondere il giudice dispone la
  lettra dei verbali contenenti le dichiarazioni rese nel corso delle
  indagini preliminari solo sull'accordo delle parti";
        all'odierna  udienza,  esaurita l'istruttoria dibattimentale,
  la  difesa  dell'imputato Gargani Stefano ha sollevato la questione
  di  legittimita'  costituzionale sopra evidenziata, con riferimento
  agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
        sulla  base  del  dettato del comma 2 dell'art. 1 della legge
  n. 35/2000,   in   effetti,  i  verbali  delle  dichiarazioni  gia'
  acquisiti  al fascicolo per il dibattimento alla data di entrata in
  vigore  dell'art.  111  della Costituzione devono essere oggetto di
  valutazione  da  parte del giudice, sia pure secondo il criterio di
  giudizio  dettato  dalla  stessa norma in deroga ai principi di cui
  all'art.  192  c.p.p.  ("...  sono  valutate  ...  solo  se la loro
  attendibilita'  e' confermata da altri elementi di prova, assunti o
  formati  con  diverse  modalita'");  al  contrario, ovviamente, non
  possono  essere  oggetto  di valutazione quelle altre dichiarazioni
  rese  da imputati di reato connesso non acquisite in quanto l'esame
  degli   stessi   in  dibattimento  e'  intervenuto  successivamente
  all'entrata in vigore della legge n. 35 citata;
        si deve anche premettere che nel presente processo la maggior
  parte  degli  imputati  sono  chiamati  a  rispondere  del reato di
  associazione  per delinquere finalizzata alla commissione di truffe
  oltre  che  dei  reati  fine  e,  pertanto,  si tratta di posizioni
  strettamente  connesse  l'une  alle  altre  anche  sotto il profilo
  probatorio;
        il quadro normativo come sopra delineato comporta, cosi', una
  evidente  disparita'  di  trattamento,  dal  punto  di  vista della
  valutazione  della  prova  della colpevolezza dei vari imputati: in
  effetti,  in conseguenza di un mero dato temporale - la data in cui
  i  vari  imputati ex art. 210 c.p.p. sono stati esaminati e si sono
  avvalsi  della  facolta'  di  non rispondere - del tutto aleatorio,
  legato  a  dinamiche  organizzative  che prescindono dalla volonta'
  delle parti, e' stato acquisito o meno del materiale probatorio che
  potra',  quindi,  essere  o  meno valutato per la deliberazione. Di
  conseguenza  puo'  verificarsi  che  la posizione di un determinato
  imputato  del reato associativo possa essere valutata sulla base di
  dichiarazioni  acquisite come sopra, con la possibilita' che la sua
  responsabilita'  possa  essere accertata anche in base alle stesse,
  mentre  quella  di  un  alro sia al contrario valutata diversamente
  perche' le dichiarazioni che lo riguardano non sono state acquisite
  al fasciolo per il dibattimento;
        in  sostanza  cio'  che  appare assai irragionevole, e quindi
  dettato  in  violazione  dell'art.  3 della Costituzione, e' che il
  discrimine  tra  l'utilizzazione  ai  fini  decisori  dei  predetti
  verbali  sia  agganciata  ad un dato temporale casuale che cade nel
  corso dell'istruttoria dibattimentale;
        a   tal   proposito,   e'   pur   vero   che  il  legislatore
  costituzionale ha previsto all'art. 2 della legge costituzionale 23
  novembre 1999, n. 2 la possibilita' per il legislatore ordinario di
  regolare   in  via  transitoria  l'applicazione  dei  principi  del
  novellato  art. 111 della Costituzione, ma lo ha fatto in relazione
  ai  "procedimenti  penali  in  corso alla data della sua entrata in
  vigore",  con  cio'  intendendo  senza  dubbio  riferirsi  a regole
  uniformi che valessero, in relazione ad un determinato procedimento
  penale,   per   l'intero  iter  professionale.  Non  pare,  quindi,
  illegittimo prevedere che, per i procedimenti in corso alla data di
  entrata  in  vigore  della  novella  costituzionale, il legislatore
  ordinario   detti  un'applicazione  attenuata  dei  nuovi  principi
  costituzionali   al   fine   di   salvaguardare   altri   interessi
  costituzionalmente  protetti;  pare  invece,  irragionevole  che la
  norma  della  legge  35  citata  abbia  previsto  un diverso regime
  probatorio   nell'ambito   della  stessa  fase  processuale  di  un
  determinato  processo,  cosi'  comportando il rischio di un diverso
  trattamento  sanzionatorio  di soggetti imputati del medesimo reato
  nell'ambito del medesimo processo;
        al  contrario  non  pare che sussista la lamentata violazione
  dell'art.  24  della Costituzione, poiche' in primo luogo non vi e'
  stata  nessuna  violazione  del  diritto  di  difesa, integralmente
  esercitato   nel  presente  processo  in  relazione  alla  fase  di
  formazione  della  prova  e  in  secondo luogo la norma transitoria
  della   legge   35  citata  attiene  esclusivamente  alla  fase  di
  valutazione della stessa;
        oltre  ad  essere  non manifestamente infondata, la questione
  appare,    altresi',    rilevante:    all'esito    dell'istruttoria
  dibattimentale  e  prima  dell'inizio  della  discussione finale le
  parti  e  il  giudice,  infatti,  devono  conoscere  quale  sia  il
  materiale probatorio legittimamente utilizzabile per la decisione e
  le regole di valutazione dello stesso.

    In  definitiva  l'eccezione  pare  rilevante e non manifestamente
  infondata,  con  conseguente obbligo per il giudice di sollevare la
  questione di legittimita' costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  la  rilevanza  e  la  non  manifesta infondatezza della
  questione  di  legittimita' costituzionale dell'ar. 1, commi 1 e 2,
  della  legge  25  febbraio  2000,  n. 35, in riferimento all'art. 3
  della  Costituzione, per la parte in cui permette l'utilizzazione e
  la valutazione dei verbali delle dichiarazioni rese nel corso delle
  indagini  preliminari  da  chi,  per  libera  scelta,  si e' sempre
  volontariamente   sottratto   all'esame  dell'imputato  o  del  suo
  difensore   acquisiti   al  fascicolo  per  il  dibattimento  prima
  dell'entrata  in  vigore  della  legge  costituzionale n. 2, del 23
  novembre   1999;      Sospende  il  processo  in  corso  e  dispone
  l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria per la notifica della presente ordinanza
  al   Presidente   del   Consiglio   dei  Ministri  nonche'  per  la
  comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Firenze, addi' 8 maggio 2000.
                     Il Presidente: Boncompagni
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