N. 513 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 giugno 2000

Ordinanza  emessa  il 6 giugno 2000 dal g.i.p. presso il tribunale di
Ascoli Piceno nel procedimento penale a carico di Petrella Alberto ed
altro

Processo penale - Incompatibilita' del giudice - Giudice dell'udienza
preliminare   che  abbia  emesso  decreto  di  rinvio  a  giudizio  -
Incompatibilita' a tenere l'udienza preliminare per lo stesso fatto e
nei  confronti dello stesso imputato, in seguito a nuova richiesta di
rinvio  a giudizio da parte del pubblico ministero, determinata dalla
regressione  del procedimento disposta dal giudice del dibattimento -
Mancata   previsione   -  Diversita'  di  trattamento  di  situazioni
processuali  sostanzialmente  identiche  -  Lesione  del principio di
terzieta' del giudice.
- Cod. proc. pen., art. 34-bis.
- Costituzione, artt. 3 e 111, secondo comma.
(GU n.40 del 27-9-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    L'anno  2000,  il  mese di giugno, il giorno 6, alle ore 10,35 in
  Ascoli  Piceno,  palazzo  di  giustizia,  innanzi  al  giudice  per
  l'udienza  preliminare  dott.  Carlo  Calvaresi,  assistito  per la
  redazione  del  presente  verbale  in  forma  riassuntiva  ai sensi
  dell'art. 140  comma  2  c.p.p., dall'assistente giudiziario Lorena
  Ciommei, in camera di consiglio, sono comparsi:
        il p.m. in persona del dott. Adriano Crincoli;
        imputati:   1)  Petrella  Alberto,  libero  presente,  difeso
  dall'avv.  Maria  Capponi  di fiducia presente; 2) Fabiani Giuseppe
  Fabio,  libero  contumace,  difeso  dall'avv.  Nazario  Agostini di
  fiducia  presente;  constatata  la  regolarita'  e ritualita' degli
  avvisi,  sentiti  il  p.m.,  ed il difensore dichiara la contumacia
  dell'imputato Fabiani Giuseppe Fabio come da separata ordinanza;
        p.o.: Pagnoni Pietrino, non comparso.
    Preliminarmente  i  difensori  eccepiscono l'incompatibilita' del
  g.u.p.,  atteso che il medesimo si e' gia' pronunciato nel medesimo
  procedimento disponendo il rinvio a giudizio.
    Il p.m. chiede respingersi l'eccezione.
    Alle  ore  11,17  essendo  comparso  l'imputato  Fabiani Giuseppe
  Fabio,  il  g.u.p.  revoca  l'ordinanza di contumacia nei confronti
  dello stesso.
    Il  g.u.p. dott. Carlo Calvaresi, letti gli atti del procedimento
  n. 1570/93  r.g.n.r.  (n. 582/94  r.g.  g.i.p.)  a  carico  di:  1)
  Petrella Alberto, nato il 16 giugno 1932 a San Benedetto del Tronto
  residente   a   Wisbaden   (Germania),via   Tannenstrasse   n. 3  -
  domiciliato  a  Bologna, via Mezzofanti n. 71 - 2) Fabiani Giuseppe
  Fabio,  nato  il  19 maggio 1944 ad Ascoli Piceno e residente a San
  Benedetto  del Tronto, via Crispi n. 49, imputati del reato p. e p.
  dagli  artt. 110  e  368  c.p.,  perche',  in concorso tra loro con
  denunzia  sporta  al  commissariato  di  P.S., di San Benedetto del
  Tronto  in  data 18 maggio 1993, incolpavano falsamente persona poi
  identificata  per Pagnoni Pietrino, sapendolo innocente, di essersi
  appropriato  dell'assegno bancario n. 7138345 tratto sul c/c 4557/1
  della  Cassa  di  Risparmio di Fermo, facendo si' che nei confronti
  del  Pagnoni  si  iniziasse procedimento penale. In particolare tra
  l'altro  il  Fabiani  quale  ideatore, ispiratore e redattore della
  denunzia,  il  Petrella  quale  beneficiano  e destinatario. In San
  Benedetto  del Tronto il 18 maggio 1993, ha pronunciato la seguente
  ordinanza.
                           I n  f a t t o
    Con  decreto del 27 marzo 1998 questo g.u.p., disponeva il rinvio
  a  giudizio  del tribunale di Ascoli Piceno degli imputati Petrella
  Alberto   e   Fabiani  Giuseppe  Fabio,  sopra  generalizzati,  per
  l'imputazione  di  concorso in calunnia conforme a quella riportata
  nel medesimo decreto.
    All'udienza  dibattimentale  del  26  ottobre  1998  il tribunale
  penale   di  Ascoli  Piceno  pronunciava  ordinanza  con  la  quale
  dichiarava la nullita' del decreto che disponeva il giudizio emesso
  da  questo  il 27 aprile 1998, ordinando la restituzione degli atti
  al  p.m. per l'ulteriore corso, motivando detto annullamento con la
  necessita'  di  precisare,  nel  capo  d'imputazione,  se l'atto in
  ipotesi   calunnioso   consistesse  nella  denuncia  presentata  da
  Petrella  Alberto al commissariato P.S. di San Benedetto del Tronto
  il  18  maggio  1993  oppure  ne1la "querela - denuncia" presentata
  dallo  stesso Petrella lo stesso giorno 18 maggio 1993 alla procura
  della  Repubblica  presso la pretura circondariale di Ascoli Piceno
  contro Pagnoni Pietrino.
    Il  p.m.,  ricevuti gli atti, precisava l'imputazione nei termini
  di  cui  all'epigrafe  ritenendo  l'atto  calunnioso  rilevante  la
  denuncia  sporta  al  commissariato  di  P.S.  di San Benedetto del
  Tronto  il  18  maggio 1993, ed in data 7 settembre 1999 depositava
  richiesta di rinvio a giudizio.
    All'odierna   udienza   preliminare,  le  difese  degli  imputati
  eccepivano  l'incompatibilita'  di  questo  g.u.p. per essersi egli
  gia'  pronunciato  sul fatto sostanzialmente identico nei confronti
  degli stessi imputati disponendone il rinvio a giudizio all'udienza
  preliminare del 27 marzo 1998.
                         I n  d i r i t t o
    L'eccepita   incompatibilita'  di  questo  g.u.p.  per  attivita'
  precedentemente   svolte   nello  stesso  procedimento  non  appare
  positivamente affermata dalla normativa di cui agli articoli 34, 35
  e 36 c.p.p.
    Trattasi  invero  di  ipotesi  in  particolare  non  disciplinata
  dall'art. 34,  secondo  comma c.p.p., il quale disciplina meramente
  le   ipotesi   di   incompatibilita'   a  partecipare  al  giudizio
  dibattimentale  del  giudice  che  abbia  adottato il provvedimento
  esclusivo  dell'udienza  preliminare.  Nella  presente  fattispecie
  questo g.u.p. non si trova nella fase dibattimentale, ma nella fase
  di  una nuova udienza preliminare determinata dalla regressione del
  procedimento  disposta  dal  giudice dibattimentale. La fattispecie
  non  appare  peraltro  regolata  dall'art. 34,  comma 2-bis c.p.p.,
  inserito  dall'art. 171  del  d.lgs.  19  febbraio  1998  n. 51 ne'
  dall'art. 34  comma  2-ter  c.p.p.  inserito dall'art. 11, legge 16
  dicembre    1999    n. 479,    poiche'    tali    norme   prevedono
  l'incompatibilita'  a  svolgere  funzioni  di  giudice dell'udienza
  preliminare  per  il  magistrato  che  abbia adottato provvedimenti
  (esclusi  quelli di cui al comma 2-ter appunto) quale giudice delle
  indagini preliminari nel medesimo procedimento.
    Appare a questo punto evidente a questo giudice remittente che la
  normativa  regolante  l'incompatibilita' del g.u.p. sia lacunosa ed
  in  particolare in contrasto con gli articoli 111, secondo comma, e
  3 della Costituzione.
    Appare  in  particolare  in  contrasto  con  le  richiamate norme
  costituzionali  l'art. 34  comina  2-bis c.p.p. laddove non preveda
  l'incompatibilita'  ad  esercitare funzioni di giudice dell'udienza
  preliminare  del  magistrato  che  abbia  in precedenza adottato il
  provvedimento  conclusivo  dell'udienza  preliminare il quale debba
  pronunciarsi  sulla  medesima  fattispecie  a  carico  degli stessi
  imputati a seguito di nuova richiesta di rinvio a giudizio del p.m.
  determinata  dalla  regressione degli atti disposta dal giudice del
  dibattimento.
    In  particolare  il contrasto con l'art. 111, secondo comma della
  Costituzione  che afferma il principio della terzieta' del giudice,
  che  per  costante  giurisprudenza  della  Corte costituzionale, va
  inteso  non  tanto  e  non  solo  come effettiva equidistanza dalle
  posizioni  delle  parti  nel  processo  ma anche come necessita' di
  evitare  situazioni di prae iudicium o che possano ingenerare nelle
  parti  timori di prae iudicium, si evidenzia per il fatto che nella
  fattispecie  in  oggetto  il  giudicante  ha  gia'  delibato  sulla
  regiudicanda  in  senso  sfavorevole agli imputati, disponendone il
  rinvio   a   giudizio   in   ordine   ad   un   capo  d'imputazione
  sostanzialmente  identico a quello riproposto dal p.m., nella nuova
  richiesta di rinvio a giudizio.
    Trattasi  pertanto  di  situazione  nella  quale quantomeno, agli
  occhi  delle parti processuali, e degli imputati in particolare, il
  magistrato puo' non offrire le necessarie garanzie di imparzialita'
  e  terzieta'  o  puo' comunque apparire condizionato dal precedente
  pronunciamento.  Tanto  basta  a  determinare,  ad avviso di questo
  g.u.p.,   il   contrasto   con   l'art. 111,  secondo  comma  della
  Costituzione    contrasto    che    nell'impossibilita'    di   una
  interpretazione  estensiva  del comma 2-bis dell'art. 34 c.p.p. (il
  quale,  si  ribadisce, ravvisa l'incompatibilita' del g.u.p. per il
  solo  compimento  di  attivita'  connesse  alla fase delle indagini
  preliminari  ma  non  per  attivita'  compiute nella fase pregressa
  dell'udienza  preliminare  poi  reiterata),  rende  necessaria  una
  pronuncia  interpretativo-additiva  della  Corte  regolatrice delle
  leggi.
    Per  altro verso ad avviso di questo g.u.p. l'art 34, comma 2-bis
  c.p.p.  confligge  con  il  principio  di  eguaglianza  sostanziale
  sancito  dall'art. 3  Costituzione  poiche'  tale  norma  determina
  diversita'  di  trattamento  a  fronte  di  situazioni  processuali
  sostanzialmente identiche. Se infatti la ratio del richiamato comma
  2-bis  dell'art.  34  c.p.p.,  e'  quella di garantire che anche il
  giudice  dell'udienza  preliminare,  ancor  prima  del  giudice del
  dibattimento  sia  esente  dal  pregiudizio o dalla possibilita' di
  pregiudizio  derivantegli dalla pregressa cognizione degli atti del
  procedimento  avuta  nella  qualita'  di  giudice  per  le indagini
  preliminari (ed e' appena il caso di sottolineare che la conoscenza
  degli  atti  dell'incarto processuale da parte del g.i.p. e' spesso
  parziale  ed  episodica in quanto si verifica per la concessione di
  autorizzazioni  ad  intercettazioni  o  per  l'adozione  di  misure
  cautelari  nella fase iniziale delle indagini o per la mera proroga
  del termine della durata delle indagini preliminari), appare chiaro
  che il giudice che abbia avuto la conoscenza degli atti dell'intero
  fascicolo  del  p.m. quale giudice dell'udienza preliminare e sulla
  base   di   essi   abbia   adottato   un  provvedimento  conclusivo
  dell'udienza  preliminare  non puo', a maggior ragione, risultare o
  apparire  non  affetto  dal  pregiudizio  che  la  richiamata norma
  intende evitare.
    Pertanto  situazioni  sostanzialmente  identiche  di imputati che
  debbono   comparire  davanti  ad  un  magistrato  che  si  e'  gia'
  pronunciato  sulla  base  degli  atti del procedimento troverebbero
  tutela  solo  nel  caso  in cui quel magistrato si sia occupato del
  merito  della vicenda quale giudice dell'indagini preliminari e non
  troverebbero  invece  tutela  qualora  lo  stesso magistrato si sia
  occupato  della regiudicanda nella diversa veste formale di giudice
  dell'udienza  preliminare  (situazione  quest'ultima, si ribadisce,
  che  ha  addirittura implicato un esame del merito sicuramente piu'
  approfondito e completo dell'esame del merito svolto episodicamente
  e su un fascicolo ancora in formazione dal g.i.p.).
    Appare  pertanto  evidente  la  non  manifesta infondatezza della
  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2-bis
  c.p.p., per contrasto con gli articoli 3 e 111, secondo comma della
  Costituzione,  nonche'  la  rilevanza  della questione stessa nella
  presente  fase  processuale  investendo  essa  la  questione  della
  possibilita'  o meno per questo magistrato di procedere ad un nuovo
  esame della regiudicanda in una nuova udienza preliminare.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
  legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2-bis c.p.p., nella
  parte  in  cui  non  prevede  l'incompatibilita' a tenere l'udienza
  preliminare   da   parte  del  magistrato  che  abbia  adottato  il
  provvedimento  conclusivo  dell'udienza  preliminare  per lo stesso
  fatto  e  nei  confronti dello stesso imputato ed al quale gli atti
  siano  nuovamente  trasmessi  con richiesta di rinvio a giudizio da
  parte  del  p.m.,  a seguito della regressione disposta dal giudice
  dibattimentale  per  contrasto con gli artt. 3 e 111, secondo comma
  della Costituzione, per le ragioni indicate in motivazione;
    Ordina  la  sospensione  del  giudizio  in attesa della decisione
  della Corte costituzionale;
    Ordina  che  la  presente  ordinanza  sia notificata a cura della
  cancelleria  alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri
  e  che  sia  altresi' comunicata ai Presidenti delle due Camere del
  Parlamento.
        Ascoli Piceno, addi' 6 giugno 2000.
                        Il giudice: Calvaresi
00C0971