N. 518 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 maggio 2000

Ordinanza  emessa  il  4  maggio  2000  dal  tribunale di Messina nel
procedimento  civile  vertente tra Briganti Rocco ed altri e Ferrovie
dello Stato S.p.a.

Previdenza e assistenza sociale - Dipendenti dell'Ente Ferrovie dello
Stato in possesso della prescritta anzianita' minima - Collocamento a
riposo  d'ufficio,  in  forza  del  d.l. n. 324/1998, successivamente
decaduto  per  mancata conversione in legge - Prevista validita', con
la  norma  censurata,  degli atti e provvedimenti adottati e salvezza
degli  effetti  prodottisi  e dei rapporti giuridici sorti sulla base
del  predetto d.l. n. 324/1998 - Deteriore trattamento dei dipendenti
F.S.,  in  quiescenza  in  base  al  d.l.  n. 324/1998, con diritto a
pensione  nella  misura  minima,  rispetto  ai  dipendenti F.S. nelle
stesse  condizioni,  che,  a  decorrere dalla entrata in vigore della
legge n. 448/1998, ai sensi dell'art. 7 della legge medesima, possono
essere   collocati  a  riposo  solo  previa  valutazione  della  loro
condizione  di  esubero  da  concordarsi con le OO.SS. di categoria -
Incidenza  sui  principi di liberta' di organizzazione sindacale e di
liberta'  di  iniziativa economica privata, per la scelta legislativa
in  contrasto  con  quella  operata dall'Ente Ferrovie dello Stato in
accordo con le OO.SS.
- Legge 23 dicembre 1998, n. 448.
- Costituzione, artt. 3, 39 e 41.
(GU n.40 del 27-9-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    L'udienza  del 4 maggio 2000 ha pronunciato, nella causa vertente
  tra Briganti Rocco, Cardile Giuseppe, Costantino Giuseppe, D'Arrigo
  Salvatore,  Greco  Francesco,  Ruello Antonino, Santagati Antonino,
  Soraci  Antonino,  Staiti  Angelo,  Zampaglione  Antonino,  Zanghi'
  Felice, Belantone Giuseppe, Zaffiro Santo Calogero, rappresentati e
  difesi  dall'  avv.  G.  Zanghi',  ricorrenti contro Ferrovie dello
  Stato S.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentati e
  difesi  dagli  avv.  Velardi  e  Pedone,  resistente,  la  seguente
  ordinanza.
    I  ricorrenti, dipendenti delle Ferrovie dello Stato, in possesso
  dei requisiti minimi di eta' e di contribuzione per il collocamento
  a  riposo  per  pensionamento  di vecchiaia, sono stati collocati a
  riposo  d' ufficio in virtu' del d.l. 324 del 10 settembre 1998 che
  prevedeva la sospensione fino al 1o gennaio 2002, nei confronti dei
  dipendenti   delle   Ferrovie   dello   Stato,  delle  disposizioni
  legislative  che  consentivano  il mantenimento in servizio oltre i
  limiti  d'eta'  per  il  collocamento  a  riposo  d'ufficio  per il
  pensionamento di vecchiaia e la risoluzione dei rapporti di lavoro,
  dalla  data di entrata in vigore di esso decreto-legge, nei casi in
  cui il detto mantenimento in servizio aveva gia' avuto corso.
    Il decreto-legge successivamente non era stato convertito.
    I  ricorrenti avevano adito il pretore il funzione di giudice del
  lavoro  con  ricorso d'urgenza ed avevano ottenuto un provvedimento
  favorevole,  oggetto di reclamo da parte della societa' accolto dal
  tribunale, poiche' nelle more era stata emanata la legge n. 448 del
  23 dicembre  1998  che  aveva espressamente al comma 9 previsto che
  restavano  validi  gli  atti  ed  i provvedimenti adottati ed erano
  fatti  salvi  gli  effetti  prodottisi e i rapporti giuridici sorti
  sulla base del d.l. 324/1998.
    I  ricorrenti  quindi  hanno  adito  questa  giustizia al fine di
  sentire  dichiarare  l'illegittimita'  della  risoluzione  del loro
  rapporto  di  lavoro  perche'  in  violazione  di  norme  legali  e
  contrattuali  regolatrici  la  materia ivi compresa la stessa legge
  448/1998  che  al comma 7 riprendendo il disposto del d.l. 324/1998
  lo  limitava  ai  "lavoratori dipendenti in esubero, nel numero che
  sara'  concordato  con  le organizzazioni sindacali di categoria" e
  gli   accordi  del  21 maggio  1998,  del  5 agosto  1998  e  dell'
  11 novembre  1998,  secondo i quali gli eccedentari sarebbero stati
  individuati  con priorita' nei lavoratori in possesso dei requisiti
  contributivi   necessari   per   l'acquisizione  del  diritto  alla
  percentuale  massima  di  pensionabilita'  in  ordine alla maggiore
  anzianita' contributiva, quale risultante dalla graduatoria su base
  nazionale.
    I  ricorrenti,  nella  ipotesi che la risoluzione dei rapporti di
  lavoro  fosse imposta dalla legge, hanno quindi sollevato questione
  di  legittimita' costituzionale dell'art. 43 comma 9 legge 448/1998
  nella  parte  in cui fa salvi gli effetti dell'art. 1, commi 1 e 2,
  decreto-legge n. 324/1998 per contrasto con gli artt. 3, 4, 35, 39,
  41 e 77 Costituzione.
    Ritiene  questo  giudicante  che  la  questione  di  legittimita'
  costituzionale  della  norma  in  esame  per contrasto con l'art. 3
  della  Costituzione sia non manifestamente infondata. Ed infatti la
  norma  ha  previsto  due diverse discipline nei commi 7 e 9 per una
  identica  tipologia  di lavoratori (dipendenti F.S. in possesso dei
  requisiti  di  eta'  per  il  collocamento  in  quiescenza, che non
  avevano  raggiunto  il massimo dell'anzianita' contributiva e per i
  quali  veniva  sospeso  fino  al  1o gennaio 2002 l'efficacia delle
  norme  che  consentivano il mantenimento in servizio e, per i quali
  quindi,  la  liquidazione  della  pensione  sarebbe  avvenuta nella
  misura minima).
    I   dipendenti,   infatti,   in   virtu'   della   convalida  dei
  provvedimenti  adottati  e  della salvezza degli effetti prodottisi
  sulla  base del decreto-legge n. 324/1998 di cui all'art. 43, comma
  9,  vengono  collocati  a  riposo per il semplice fatto di trovarsi
  nelle condizioni sopra richiamate mentre i dipendenti in virtu' del
  comma  7 potranno essere collocati a riposo solo previa valutazione
  della   loro   condizione   di   esubero   da  concordarsi  con  le
  organizzazioni sindacali di categoria.
    Ora,  tale  evidente  disparita'  di trattamento non trova alcuna
  plausibile   e   ragionevole  giustificazione  perche'  se  ben  si
  comprende  la  scelta  del  legislatore  di  far  salvi gli effetti
  prodottisi  in  virtu'  di  un  decreto legge decaduto, secondo una
  prassi  che  e' stata ritenuta costituzionalmente legittima, non si
  comprende  poi  perche'  il  legislatore,  nel corpo della medesima
  legge  e  quindi  in  un  medesimo  contesto  temporale,  sociale e
  politico,   abbia   voluto   disciplinare   in  maniera  diversa  e
  sensibilmente  meno  rigorosa la situazione degli altri lavoratori,
  accordando agli stessi le garanzie del controllo sindacale.
    Verosimilmente  il  legislatore  ha voluto temperare la rigidita'
  della  norma  -  che sostanzialmente detta una sorta di risoluzione
  ope  legis  del  rapporto  di lavoro svincolata dalla rispondenza a
  tutta  una serie di prescrizioni legali regolatrici la materia - ma
  cosi'   operando   ha   creato   una  situazione  di  inaccettabile
  diseguaglianza fra lavoratori in possesso di identici requisiti. Il
  legislatore,  invece,  avrebbe  dovuto  estendere  le  garanzie  di
  controllo  di cui al comma 7 anche ai dipendenti collocati a riposo
  in  virtu'  del decreto-legge n. 324/1998, per cui per tale aspetto
  si richiede l'intervento del giudice delle leggi.
    Ancora,   non   manifestamente   infondata  appare  la  sollevata
  questione  di  illegittimita'  costituzionale  per  contrasto della
  norma  con  l'art. 39  della  della  Costituzione  che  sancisce la
  liberta'  di  organizzazione  sindacale,  le  determinazioni  della
  quale, nel caso in esame, sono state del tutto disattese poiche' le
  organizzazioni  sindacali avevano previsto il collocamento a riposo
  solo  per  i  dipendenti  che  avessero  raggiunto  i  37  anni  di
  anzianita'  contributiva.  Ne'  sembra  possa  ritenersi  che  tale
  intervento   fosse   necessitato   da   situazioni   eccezionali  e
  transitorie,  tanto  e'  vero  che  le  Fs  hanno proceduto a nuove
  assunzioni, per cui non puo' neanche ritenersi che la norma volesse
  rispondere  ad  obiettivi generali di politica economica - e che il
  legislatore  -  nella  stessa  legge, ha previsto per lavoratori in
  identica posizione una diversa disciplina.
    Peraltro  il  non aver tenuto conto delle previsioni contrattuali
  sopra  indicate  - che fissavano per il collocamento in pensione il
  limite dei 37 anni di anzianita' contributiva ,appare in violazione
  pure  dell'art. 41  della  Costituzione,  che sancisce il principio
  della  liberta' dell'iniziativa economica privata che e' stata, nel
  caso  in  esame, contrastata dal legislatore che ha imposto alle Fs
  il collocamento a riposo dei dipendenti con il minimo dei requisiti
  contributivi   in   luogo  del  diverso  criterio  scelto  da  esso
  imprenditore in accordo con le organizzazioni sindacali.
    Infine   va   evidenziato   che   la  questione  di  legittimita'
  costituzionale  sollevata  appare  estremamente  rilevante  ai fini
  della  decisione della controversia in esame in quanto la stessa ha
  per oggetto unicamente la risoluzione del rapporto di lavoro fra le
  parti,  derivante  dall'applicazione della norma di cui si denunzia
  l'illegittimita'  costituzionale  con  le intuibili conseguenze del
  caso per i ricorrenti.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
  legittimita' costituzionale dell'art. 43, comma 9 legge 448/1998 in
  relazione agli artt. 3, 39 e 41 Cost.;
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la cancelleria notifichi la presente ordinanza alle
  parti  e  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e provveda alle
  prescritte  comunicazioni  al Presidente del senato e al Presidente
  della camera dei deputati;
    Dichiara sospeso il presente giudizio fino alla definizione della
  questione di costituzionalita'.
        Messina, addi' 4 maggio 2000.
                    Il giudice del lavoro: D'Uva
00C0976