N. 520 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 maggio 2000

Ordinanza  emessa  il  4  maggio  2000  dal  tribunale di Messina nel
procedimento  civile  vertente tra Arena Antonino ed altri e Ferrovie
dello Stato S.p.a.

Previdenza e assistenza sociale - Dipendenti dell'Ente Ferrovie dello
Stato in possesso della prescritta anzianita' minima - Collocamento a
riposo  d'ufficio,  in  forza  del  d.l. n. 324/1998, successivamente
decaduto  per  mancata conversione in legge - Prevista validita', con
la  norma  censurata,  degli atti e provvedimenti adottati e salvezza
degli  effetti  prodottisi  e dei rapporti giuridici sorti sulla base
del  predetto d.l. n. 324/1998 - Deteriore trattamento dei dipendenti
F.S.,  in  quiescenza  in  base  al  d.l.  n. 324/1998, con diritto a
pensione  nella  misura  minima,  rispetto  ai  dipendenti F.S. nelle
stesse  condizioni,  che,  a  decorrere dalla entrata in vigore della
legge n. 448/1998, ai sensi dell'art. 7 della legge medesima, possono
essere   collocati  a  riposo  solo  previa  valutazione  della  loro
condizione  di  esubero  da  concordarsi con le OO.SS. di categoria -
Incidenza  sui  principi di liberta' di organizzazione sindacale e di
liberta'  di  iniziativa economica privata, per la scelta legislativa
in  contrasto  con  quella  operata dall'Ente Ferrovie dello Stato in
accordo con le OO.SS.
- Legge 23 dicembre 1998, n. 448.
- Costituzione, artt. 3, 39 e 41.
(GU n.40 del 27-9-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Alla  udienza  del  4  maggio  2000,  ha pronunziato, nella causa
  vertente  tra: Arena Francesco, Arena Domenico, Arena Pietro, Arena
  Antonino,  Arena Antonino Nicola, Arigo' Paolino, Bagnato Vincenzo,
  Bonsignore   Giovanni,   Calabro'  Antonino,  Caracciolo  Domenico,
  Cavalea   Letterio,   Corigliano  Bruno,  De  Lisi  Rosario,  Doldo
  Antonino,  Deleo  Carmelo,  Lamatore  Pietro, Longo Giovanni, Pavia
  Rocco,   Pavia   Domenico,  Rinaldi  Domenico,  Ruggero  Francesco,
  Sciarrone   Nicola,  Scimone  Antonino,  Sposito  Umberto,  Santoro
  Giovanni,   Venera   Luigi,   Zanghi   Anenino,   Zanghi  Antonino,
  rapresentati  e difesi dall' avv. Arena L., Carolina D. e Arena D.,
  ricorrenti  contro,  Ferrovie  dello  Stato  S.p.a., in persona del
  legale rappresentante, rappresentati e difesi dagli avv.ti Velardi,
  Pedone,   Marescha,  Morrico  e  Boccia,  resistente,  la  seguente
  ordinanza.
    I  ricorrenti, dipendenti delle Ferrovie dello Stato, in possesso
  dei requisiti minimi di eta' e di contribuzione per il collocamento
  a  riposo  per  pensionamento  di vecchiaia, sono stati collocati a
  riposo  d'ufficio  in  virtu'  del  decreto  legge  n. 324  del  10
  settembre  1998  che  prevedeva  la  sospensione fino al 1o gennaio
  2002,  nei  confronti  dei  dipendenti  delle Ferrovie dello Stato,
  delle  disposizioni legislative che consentivano il mantenimento in
  servizio  oltre  i  limiti  d'eta'  per  il  collocamento  a riposo
  d'ufficio  per  il  pensionamento di vecchiaia e la risoluzione dei
  rapporti  di  lavoro,  dalla  data  di  entrata  in  vigore di esso
  decreto-legge,  nei  casi  in cui il detto mantenimento in servizio
  aveva gia' avuto corso.
    Il decreto legislativo successivamente non era stato convertito.
    I  ricorrenti avevano adito il pretore in funzione di giudice del
  lavoro  con  ricorso d'urgenza ed avevano ottenuto un provvedimento
  favorevole, oggetto di reclamo da parte della societa' F.S. accolto
  dal tribunale, poiche' nelle more era stata emanata la legge n. 448
  del  23  dicembre  1998 che aveva espressamente al comma 9 previsto
  che  restavano validi gli atti ed i provvedimenti adottati ed erano
  fatti  salvi  gli  effetti  prodottisi e i rapporti giuridici sorti
  sulla base del decreto-legge n. 324/1998.
    I  ricorrenti  quindi  hanno  adito  questa  giustizia al fine di
  sentire  dichiarare  l'illegittimita'  della  risoluzione  del loro
  rapporto  di  lavoro  perche'  in  violazione  di  norme  legali  e
  contrattuali  regolatrici  la materia, ivi compresa la stessa legge
  n. 448/1998   che   al   comma   7   riprendendo  il  disposto  del
  decreto-legge  n. 324/1998 lo limitava ai "lavoratori dipendenti in
  esubero,  nel  numero  che  sara'  concordato con le organizzazioni
  sindacali  di  categoria"  e  gli accordi del 21 maggio 1998, del 5
  agosto   1998   e  dell'11  novembre  1998,  secondo  i  quali  gli
  eccedentari   sarebbero   stati   individuati   con  priorita'  nei
  lavoratori  in  possesso  dei  requisiti contributivi necessari per
  l'acquisizione    del   diritto   alla   percentuale   massima   di
  pensionabilita'  in  ordine  alla maggiore anzianita' contributiva,
  quale risultante dalla graduatoria su base nazionale.
    I  ricorrenti,  nella  ipotesi che la risoluzione dei rapporti di
  lavoro  fosse imposta dalla legge, hanno quindi sollevato questione
  di   legittimita'   costituzionale  dell'art. 43,  comma  9,  legge
  n. 448/1998  nella  parte  in cui fa salvi gli effetti dell'art. 1,
  commi  1  e  2, del decreto-legge n. 324/1998 per contrasto con gli
  artt. 3, 4, 35, 39, 41 e 77 della Costituzione.
    Ritiene  questo  giudicante  che  la  questione  di  legittimita'
  costituzionale  della  norma  in  esame  per contrasto con l'art. 3
  della  Costituzione sia non manifestamente infondata. Ed infatti la
  norma  ha  previsto  due diverse discipline nei comma 7 e 9 per una
  identica  tipologia  di lavoratori (dipendenti F.S. in possesso dei
  requisiti  di  eta'  per  il  collocamento  in  quiescenza, che non
  avevano  raggiunto  il massimo dell'anzianita' contributiva e per i
  quali  veniva  sospeso  fino  al  1o gennaio 2002 l'efficacia delle
  norme  che consentivano il mantenimento in servizio e, per i quali,
  quindi,  la  liquidazione  della  pensione  sarebbe  avvenuta nella
  misura minima).
    I   dipendenti,   infatti,   in   virtu'   della   convalida  dei
  provvedimenti  adottati  e  della salvezza degli effetti prodottisi
  sulla  base del decreto-legge n. 324/1998 di cui all'art. 43, comma
  9,  vengono  collocati  a  riposo per il semplice fatto di trovarsi
  nelle condizioni sopra richiamate mentre i dipendenti in virtu' del
  comma  7 potranno essere collocati a riposo solo previa valutazione
  della   loro   condizione   di   esubero   da  concordarsi  con  le
  organizzazioni sindacali di categoria.
    Ora,  tale  evidente  disparita'  di trattamento non trova alcuna
  plausibile   e   ragionevole  giustificazione  perche'  se  ben  si
  comprende  la  scelta  del  legislatore  di  far  salvi gli effetti
  prodottisi  in  virtu'  di  un  decreto legge decaduto, secondo una
  prassi  che  e' stata ritenuta costituzionalmente legittima, non si
  comprende poi perche' il legislatore nel corpo della medesima legge
  e  quindi  in  un  medesimo contesto temporale, sociale e politico,
  abbia  voluto  disciplinare in maniera diversa e sensibilmente meno
  rigorosa  la  situazione  degli  altri  lavoratori, accordando agli
  stessi le garanzie del controllo sindacale.
    Verosimilmente  il  legislatore  ha voluto temperare la rigidita'
  della  norma  -  che sostanzialmente detta una sorta di risoluzione
  ope  legis  del  rapporto di lavoro, svincolata dalla rispondenza a
  tutta una serie di prescrizioni legali regolatrici la materia - ma,
  cosi'   operando,   ha   creato  una  situazione  di  inaccettabile
  diseguaglianza fra lavoratori in possesso di identici requisiti. Il
  legislatore   invece,  avrebbe  dovuto  estendere  le  garanzie  di
  controllo  di cui al comma 7 anche ai dipendenti collocati a riposo
  in virtu' del decreto-legge n. 324/1998 per cui per tale aspetto si
  richiede l'intervento del giudice delle leggi.
    Infine   va   evidenziato   che   la  questione  di  legittimita'
  costituzionale  sollevata  appare  estremamente  rilevante  ai fini
  della  decisione della controversia in esame in quanto la stessa ha
  per oggetto unicamente la risoluzione del rapporto di lavoro fra le
  parti,  derivante dall' applicazione della norma di cui si denunzia
  l'illegittimita'  costituzionale,  con le intuibili conseguenze del
  caso per i ricorrenti.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 ;
    Dichiara   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
  legittimita'    costituzionale   dell'art. 43,   comma   9,   legge
  n. 448/1998 in relazione all'art. 3 Cost.;
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la cancelleria notifichi la presente ordinanza alle
  parti  e  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e provveda alle
  prescritte  comunicazioni  al Presidente del Senato e al Presidente
  della Camera dei deputati;
    Dichiara sospeso il presente giudizio fino alla definizione della
  questione di costituzionalita'.

        Messina, addi' 4 maggio 2000.
                    Il giudice del lavoro: D'Uva
00C0978