N. 521 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 maggio 2000

Ordinanza  emessa  il  24  maggio  2000  dal  tribunale di Napoli nel
procedimento civile vertente tra Martino Raffaele ed altri e Banco di
Napoli S.p.a.

Credito  (Istituti  di)  -  Interessi  bancari  -  Clausole  relative
all'anatocismo  contenute  nei contratti stipulati anteriormente alla
delibera  CICR  di  cui  all'art.  25  d.lgs.  n. 342/1999 - Prevista
validita'  ed  efficacia  fino alla data di entrata in vigore di tale
delibera  -  Esorbitanza dalle deleghe conferite al Governo con legge
n. 142/1992  e  legge  n. 128/1998  - Irrazionalita' - Ingiustificata
deroga  all'art.  1283 cod. civ. - Disparita' di trattamento a favore
delle  banche  -  Lesione  del  diritto alla tutela giurisdizionale e
della  riserva  della funzione giurisdizionale ai giudici - Contrasto
con il principio di indipendenza e di autonomia della magistratura.
- D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, art. 25, comma 3.
- Costituzione, artt. 3, 24, 76, 102 e 104.
(GU n.40 del 27-9-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
  al  n. 7996  del  ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno
  1998,  avente  ad  oggetto  opposizione  a  decreto ingiuntivo, tra
  Martino  Raffele,  nella  qualita'  di  amministratore  della Mille
  Articoli  S.n.c.,  di  Raffaele  Martino  &  C., Amoroso Caterina e
  Martino  Vincenzo,  elettivamente domiciliati in Giugliano al corso
  Italia n. 81, presso lo studio dell'avv. Francesco Taglialatela che
  li  rappresenta  e difende in virtu' di procura a margine dell'atto
  di  citazione,  opponenti  e  Banco  di  Napoli S.p.a. - filiale di
  Frattamaggiore,  in  persona dei legali rappresentanti pro-tempore,
  elettivamente domiciliata in S. Antimo alla via Roma n. 157, presso
  lo  studio  dell'avv. Antimo Fermiano, che la rappresenta e difende
  in virtu' di procura a margine della comparsa di risposta, opposta.

                       Motivi della decisione

    Il tribunale letti gli atti ed i documenti di causa;
    Considerato  in  fatto  che  gli  opponenti, nel lamentarsi della
  concessione  del  decreto  ingiuntivo in favore dell'opposta per la
  scopertura   del  c/c  n. 27/1679,  acceso  presso  la  filiale  di
  Frattamaggiore,   hanno  mosso  avverso  il  decreto  contestazioni
  inerenti  anche  alla pretesa illegittimita' della capitalizzazione
  trimestrale degli interessi;
    Rilevato che, nel corso del giudizio questo giudice, a fronte del
  mutato  orientamento  della giurisprudenza della suprema Corte che,
  con le sentenze n. 2374 e 3096 del 1999 ha optato per la tesi della
  inidoneita'  degli  usi  in  materia bancaria a derogare al divieto
  dell'anatocismo  di  cui  all'art. 1283  c.c., ha ritenuto di dover
  disporre  una  consulenza  tecnica  d'ufficio  al fine di accertare
  l'ammontare  del  credito vantato depurato della quota di interessi
  maturata per effetto della cennata capitalizzazione trimestrale;
    Considerato  che nelle more e' intervenuto il decreto legislativo
  n. 342/1999,  che  all'art. 25,  modificando l'art. 120 del decreto
  legislativo  n. 385/1993,  ha  previsto  fino  all'emanazione della
  delibera  del  CICR  di  cui  al  comma  2  (anche  essa di recente
  intervenuta)  la salvezza delle clausole contrattuali che prevedono
  l'anatocismo    bancario,   contenute   nei   contratti   stipulati
  anteriormente alla detta delibera;
    Ritenuto  che  secondo  l'interpretazione  resa  evidente sia dai
  lavori  preparatori  che  dal  testo  della  norma, trattasi di una
  previsione   avente   carattere  di  sanatoria  delle  clausole  in
  questione,  attraverso una sorta di interpretazione autentica della
  disciplina  vigente, superando in tal modo le incertezze venutesi a
  creare nella prassi, a seguito dei cennati interventi della suprema
  Corte, ai quali aveva mostrato di aderire un gran numero di giudici
  di merito;
    Considerata quindi la rilevanza della citata norma nella presente
  controversia,  atteso  che  dall'applicabilita' o meno della stessa
  discende l'accoglimento o meno della proposta opposizione;
    Considerato  che non appare manifestamente infondata la questione
  di  legittimita'  costituzionale  della  normativa in oggetto per i
  seguenti motivi:
    I. - Contrasto con l'art. 76 della Costituzione.
    Il  decreto  legislativo  n. 342/1999  nel preambolo indica quali
  fonti normative legittimanti l'esercizio della potesta' legislativa
  delegata, l'art. 25 della legge n. 142/1992, l'art. 1 comma 5 della
  legge  n. 128/1998,  il decreto legislativo n. 385/1993, il decreto
  legislativo  n. 58/1998, delle quali a ben vedere solo le prime due
  appaiono  effettivamente  in  grado di sostenere la norma delegata.
  Orbene  alcuna delle norme contenute nel citato art. 25 della legge
  n. 142/1992  contiene  deleghe  o  criteri  direttivi  che  possano
  riferirsi, sia pure in maniera indiretta, alla mate-ria dei singoli
  contratti  o  servizi  bancari, ed in particolare alle modalita' di
  calcolo  degli  interessi, non potendosi peraltro individuare nella
  lettera  e)  del  citato  articolo  la  norma  di chiusura cui fare
  riferimento per l'emanazione della disposizione incriminata, atteso
  che  tale  lettera  e'  volta esclusivamente ad assicurare la piena
  attuazione  della  direttiva comunitaria 89/646 CEE del 15 dicembre
  1989,  che  nei  suoi venti articoli non contiene alcun riferimento
  alla  materia  in  questione.  Altrettanto  deve  dirsi  per quanto
  concerne   la   seconda  legge  delega,  e  precisamente  la  legge
  n. 128/1998, in quanto anche in tal caso la materia delle modalita'
  di  calcolo  degli  interessi  non e' in alcun modo contemplata tra
  quelle  riservate all'intervento del legislatore delegato (cfr. per
  un'ampia disamina della normativa in questione, tribunale Brindisi,
  9 dicembre 1999, in Corriere giuridico 2000, 356).
    Appare   quindi   evidente  l'assoluta  carenza  della  legge  di
  delegazione  che  rende  la  norma in questione in contrasto con la
  norma costituzionale di cui all'art. 76.
    II. - Contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
    La  norma  in  esame,  cosi'  come  posta  viene a realizzare una
  modifica  retroattiva  dell'art. 1283  cc., ovvero effettua una sua
  interpretazione  autentica, ma con esclusivo riferimento al settore
  dei  contratti  bancari,  ma  quale  che sia la soluzione prescelta
  appare evidente l'irrazionalita' della disciplina introdotta.
    Nella  fattispecie,  ove  si acceda alla natura interpretativa e'
  necessario  che  attraverso  la stessa non si vadano a ledere oltre
  che  i  principi  costituzionali, i valori fondamentali di civilta'
  giuridica, quali il divieto di introdurre ingiustificate disparita'
  di trattamento, la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei
  soggetti  quale  principio  connaturale  allo  stato di diritto, il
  rispetto  delle  funzioni  costituzionalmente  riservate  al potere
  giudiziario.
    Nella   fattispecie  appare  evidente  l'assoluta  disparita'  di
  trattamento  introdotta per effetto della norma di cui all'art. 25,
  comma 3 del decreto legislativo n. 342/1999.
    Infatti,  una  volta  che  la norma, prende atto dell'invalidita'
  delle  clausole di capitalizzazione trimestrale, poste ad esclusivo
  favore  di  uno  dei  contraenti,  nella specie la banca, negandone
  qualsiasi  validita'  per  l'avvenire, fatta salva la previsione di
  reciprocita',  ed  una  volta che prende altrettanto di modo che la
  salvezza  di  tale  clausole  per il passato e' affidata unicamente
  all'intervento  del  legislatore,  si  palesa  con  immediatezza il
  contrasto  con  l'art. 3  della Costituzione. In effetti non appare
  razionalmente giustificabile il permanere di un siffatto privilegio
  in  favore  degli  operatori  bancari  con  una  deroga  alla norma
  codicistici di cui all'art. 1283 c.c..
    Vi e' quindi disparita' di trattamento non solo tra la situazione
  di coloro che ebbero a contrarre prima dell'adozione della delibera
  CICR e coloro che verranno a contrarre in un momento successivo, ma
  anche  tra  la  situazione  in  cui  versa  il  creditore - banca e
  qualsiasi  altro  creditore,  essendo  accordata  solo  al primo la
  possibilita'   di   derogare   inopinatamente  al  divieto  di  cui
  all'art. 1283 c.c.
    III. - Contrasto con gli artt. 24, 102 e 104 della Costituzione.
    L'apparente  natura  interpretativa  pone  in essere poi un'altra
  violazione dei principi costituzionali venendo di fatto a ledere le
  funzioni  costituzionalmente  riservate  al  potere giudiziario, il
  che'  puo'  avvenire  laddove  l'esercizio  del  potere legislativo
  intervenga  ad  annullare  gli  effetti  del  giudicato,  ovvero ad
  incidere  su concrete fattispecie ancora sub iudice, situazione che
  appare ricorrere nel caso in esame, laddove la norma in esame, come
  gia' evidenziato in altre ordinanze con le quali e' stata sollevata
  analoga   questione   di   legittimita'  costituzionale  (tribunale
  Brindisi  9  dicembre  1999 cit.), non introduce alcuna modifica ai
  limiti  dell'autonomia  privata  riferibile ad una molteplicita' di
  situazioni  astratte  e  future,  ma  si  limita  ad introdurre una
  sanatoria  generalizzata  di  clausole relative a contratti gia' in
  essere.   In   pratica   il  precetto  manca  del  carattere  della
  generalita'  e  dell'astrattezza,  ma viene a sostituirsi all'opera
  del  potere  giudiziario, venendo a dirimere il contenzioso in atto
  tra  banche e clienti, vertente appunto sulla validita' di siffatte
  clausole.
    Il  cittadino  viene  ad  essere  di  fatto  privato della tutela
  giurisdizionale  (art. 24  Cost.),  con la violazione della riserva
  della  funzione  giurisdizionale  in  favore  dei  giudici ordinari
  (art. 102  Cost.),  e  con  una  significativa  deroga al principio
  dell'indipendenza  e  dell'autonomia  della  magistratura (art. 104
  Cost.),  avendo un altro potere dello Stato imposto la soluzione di
  singoli casi giudiziari.
    Cio'   premesso  ritiene  questo  tribunale  di  dover  sollevare
  d'ufficio  la  questione  di costituzionalita' dell'art. 25 comma 3
  del decreto legislativo n. 342/1999.
                              P. Q. M.
    Letto l'art. 23 della legge n. 53/1987;
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
  agli artt. 3, 24, 76, 102 e 104 della Costituzione, la questione di
  legittimita'  costituzionale  dell'art. 25)  comma  3  del  decreto
  legislativo n. 342/1999, solleva tale questione;
    Ordina  la  sospensione  del  giudizio  fino alla decisione della
  Corte costituzionale;
    Dispone  la  immediata  trasmissione  degli atti alla cancelleria
  della Corte costituzionale;
    Dispone  che a cura della cancelleria la presente ordinanza venga
  notificata  alle  parti,  al Presidente del Consiglio dei Ministri,
  nonche'  comunicata  ai  Presidenti della Camera dei deputati e del
  Senato.
    Napoli,  cosi'  deciso  nella  camera  di consiglio del 24 maggio
  2000.
                        Il giudice: Criscuolo
00C0979