N. 529 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 febbraio 2000
Ordinanza emessa il 10 febbraio 2000 dal tribunale di Caltagirone sez. distaccata di Grammichele nel procedimento civile vertente tra Distefano Antonio e Comune di Mineo ed altro Esecuzione forzata in genere - Opposizione agli atti esecutivi - Sottoposizione alla cognizione dello stesso giudice dell'esecuzione che ha adottato il provvedimento oggetto di opposizione (ovvero, mancata previsione dell'obbligo di astensione per il medesimo giudice) - Irragionevole disparita' di trattamento tra i cittadini, a seconda della dotazione di organico dell'Ufficio giudiziario adito - Contrasto con il principio di terzieta' e imparzialita' del giudice. - Cod. proc. civ., artt. 51, n. 4, 617 e 618. - Costituzione, artt. 3, 25 e 111, secondo comma (come modificato dall'art. 1 della legge cost. 23 novembre 1999, n. 2).(GU n.40 del 27-9-2000 )
IL TRIBUNALE Nell'ordinanza emessa nella causa civile n. 4040/1999 r.g.a.c. (pretura di Mineo), promossa da Distefano Antonio Avv. Francesco Zuccarello; contro Comune di Mineo Avv. Salvatore Ialuna Banco di Sicilia, Agenzia di Mineo, contumace, sciogliendo la riserva, letti gli atti ed esaminati i documenti, osserva quanto segue; Con ricorso depositato il 6 maggio 1999, l'ing. Antonio Distefano ha proposto opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza resa il 22 aprile 1999 dal pretore di Mineo, quale giudice dell'esecuzione, reiettiva dell'istanza di assegnazione formulata dal ricorrente - nella veste di creditore - in seno al procedimento di espropriazione presso terzi sperimentato contro il Comune di Mineo ed il Banco di Sicilia (nella qualita' di tesoriere dell'ente), per la soddisfazione di un credito portato da giusti titoli di natura giudiziaria (lodo arbitrale esecutivo). L'atto oppositivo, di contenuto impugnatorio, riproponeva - ampliandole - le medesime argomentazioni a sostegno della richiesta di assegnazione delle somme, gia' vanamente rappresentate avanti al giudice dell'esecuzione. L'esame della fattispecie, alla luce della disciplina dettata dagli artt. 617 e 618 c.p.c, nonche' - ai fini che qui interessano - dall'art. 51 c.p.c., tuttavia evidenzia dei profili che inducono a ritenere la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale delle norme di cui alle suddette disposizioni di legge, nella parte in cui non escludono che alla decisione della causa di opposizione presieda lo stesso giudice dell'esecuzione che ha adottato il provvedimento oggetto del giudizio, ovvero nella parte in cui non prevedono l'obbligo di astensione per il medesimo giudice, con riferimento agli artt. 3, 25 e 111 della Costituzione. Come e' noto, l'art. 617, secondo comma c.p.c. dispone, tra l'altro, che le opposizioni ai singoli atti esecutivi (nel novero dei quali nessuno dubita che rientri anche l'ordinanza di assegnazione o di rigetto emessa dal giudice dell'esecuzione) sono proposte al giudice dell'esecuzione, il quale - ai sensi dell'art. 618, secondo comma c.p.c. - dopo l'eventuale adozione dei provvedimenti che ritiene indilazionabili, provvede altresi' all'istruzione della causa che e' poi decisa con sentenza non impugnabile. Nell'originaria formulazione di quest'ultima norma era previsto che la decisione fosse adottata dal collegio, tuttavia la riserva di collegialita' e' stata espressamente esclusa dall'art. 99 del d.lgs. 51/1998, mentre in precedenza la disposizione si riteneva pacificamente inapplicabile in relazione a quelle cause rientranti nella competenza pretorile ratione materiae (esecuzioni mobiliari e/o presso terzi, per consegna o rilascio, obblighi di fare o non fare). Orbene, nel caso di opposizione all'ordinanza emessa dal giudice dell'esecuzione - come nella specie - e' evidente che sara' chiamato a decidere sul merito dell'opposizione lo stesso giudice che ha adottato il provvedimento opposto e, di conseguenza, appare probabile che egli - nella fase decisoria - ripercorra l'identico itinerario logico precedentemente seguito. Cio', oltre a rappresentare concretamente la regola negli uffici giudiziari di piccole dimensioni e nelle sezioni distaccate di tribunale, dove al settore delle esecuzioni civili risulta assegnato un solo magistrato; non e' tuttavia escluso dalle norme di ordinamento giudiziario in materia di formazione delle tabelle, attraverso le quali viene assicurata la concreta applicazione del principio di precostituzione del giudice sancito dall'art. 25 della Costituzione, posto che soltanto la previsione tabellare di assegnazione delle cause di opposizione a magistrati diversi da quelli addetti al settore delle esecuzioni potrebbe - in ipotesi - garantire l'esigenza di alterita' del giudice dell'impugnazione sui generis in cui, in buona sostanza, si risolve il giudizio di opposizione agli atti esecutivi avente ad oggetto un provvedimento del giudice dell'esecuzione. In difetto di una tale previsione di rango normativo, puo' sicuramente configurarsi una irragionevole disparita' di trattamento tra i cittadini in funzione dell'ufficio giudiziario adito e delle sue dotazioni di organico (se sede principale o sezione distaccata di tribunale, se con uno solo o piu' magistrati addetti al settore delle esecuzioni, etc.). La problematica risulta maggiormente acuita dalla recente novellatio dell'art 111 della Costituzione, il cui nuovo secondo comma prescrive (se mai ce ne fosse stato bisogno) che il giudice sia terzo e imparziale. A questo rimettente e' nota la giurisprudenza del Giudice ad quem, secondo la quale le insopprimibili esigenze di imparzialita' del giudice sono risolvibili nel processo civile attraverso gli istituti della astensione e della ricusazione previsti dal codice di rito agli artt. 51 e 52, in guisa tale da consentire all'interprete un'esegesi di tali norme conforme a Costituzione e quindi ricomprendervi tutti quei casi in cui la previa conoscenza della causa in altro grado inficierebbe la necessaria imparzialita' del giudice (Corte cost. 15 ottobre 1999 n. 387). Per quanto qui rileva, l'art. 51 n. 4) c.p.c. impone al giudice l'obbligo di astenersi qualora abbia conosciuto della causa come magistrato in altro grado del processo. Il fondamento costituzionale di tale previsione riposa nell'esigenza stessa di garanzia che sta alla base del concetto di revisio prioris instantiae il quale postula l'alterita' del giudice dell'impugnazione che si trova - stante la natura del mezzo di gravame - a dover ripercorrere l'iter logico che e' stato gia' seguito onde pervenire al provvedimento impugnato. Posto che la nozione di conoscenza cui fa riferimento l'art. 51 n. 4) c.p.c. deve essere intesa nel senso di "aver deciso la controversia" (cfr. Cassazione 9 febbraio 1998 n. 1323, in motiv.), appare - viceversa - dubbio se l'espressione "altro grado del processo", pur contenuta nella norma de qua, possa ricomprendere, oltre a tutte quelle fasi che, in un processo civile, si succedono con carattere di autonomia ed aventi contenuto impugnatorio che si svolgono avanti allo stesso organo giudiziario e sono attinenti al medesimo oggetto, anche la fattispecie in esame. Ed invero, a tal proposito, la giurisprudenza di legittimita' ha escluso la sussistenza dell'obbligo di astensione per il magistrato con funzioni di giudice dell'esecuzione chiamato a decidere sulla causa di opposizione avverso un'ordinanza da lui emessa nell'esercizio delle dette funzioni, in quanto la sua conoscenza della medesima questione avviene non in un successivo grado di un unico processo, ma in un nuovo procedimento ancorche' originato dall'impugnazione di un provvedimento rispetto a cui ha operato come giudice addetto all'esecuzione (cfr. Cassazione 2 aprile 1981 n. 1870). Non solo, ma deve altresi' escludersi che l'ordinanza pronunciata dal giudice dell'esecuzione sia configurabile alla stregua di una vera e propria fase, ancorche' autonoma, di un processo civile cui puo' far seguito altro momento processuale di contenuto impugnatorio, posto che - da un lato - l'opposizione agli atti esecutivi costituisce un procedimento di cognizione assolutamente distinto da quello esecutivo in cui tale ordinanza viene resa, ed inoltre esso e' destinato ad essere definito con un provvedimento avente attitudine al giudicato (sentenza), ne' - dall'altro - la citata causa possiede i caratteri di impugnazione in senso stretto che postula, invece, l'identita' del giudizio e la sua articolazione in piu' gradi. L'impossibilita' di sussumere il provvedimento adottato nel corso del procedimento esecutivo sia sotto il paradigma della pronuncia terminativa di una fase autonoma di un unico processo, sia quale evento conclusivo di un grado di giudizio, rende impraticabile la via dell'esegesi costituzionalmente corretta, pur suggerita dalla pronuncia citata, e pertanto si appalesa ineludibile la richiesta di esame delle norme suddette da parte della Corte costituzionale. Nel caso di specie, poi, la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale - sollevata d'ufficio con riferimento alle norme avanti indicate - appare oltremodo rilevante per la definizione della controversia di merito, atteso che l'ordinanza oggetto dell'opposizione risulta emessa da questo stesso magistrato in funzione di giudice dell'esecuzione (ancorche', all'epoca, ancora nelle vesti di pretore) ed, al contempo, non manifestamente infondata, deve essere ordinata la sospensione del giudizio e disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1957 n. 87; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio; Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due camere del Parlamento. Grammichele, addi' 10 febbraio 2000. Il giudice: Gurrieri 00C0987