N. 536 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 aprile 2000

Ordinanza  emessa  il  18  aprile  2000  dal tribunale amministrativo
regionale  del  Molise  sul  ricorso  proposto da Rinalducci Giuseppe
contro il prefetto di Campobasso ed altri

Circolazione stradale - Soggetti che siano stati o siano sottoposti a
misura  di  prevenzione  (nella specie: foglio di via obbligatorio) -
Revoca  della patente di guida - Irragionevole equiparazione, ai fini
della  revoca  della  patente,  di  misure di prevenzione diverse per
gravita'  ed  effetti  -  Incidenza sul diritto di circolazione e sui
principi  di  imparzialita'  e buon andamento della p.a. - Eccesso di
delega   -  Riferimento  alle  sentenze  della  Corte  costituzionale
nn. 210/1995 e 354/1998.
- Codice  della  strada  (d.lgs.  30  aprile 1992, n. 285), art. 120,
  comma 1 (in relazione all'art. 130, stesso Codice).
- Costituzione, artt. 3, 16, 76 e 97.
(GU n.41 del 4-10-2000 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 345/1999
  proposto  da  Giuseppe Rinalducci rappresentato e difeso dagli avv.
  Mariarosaria  Simonelli  e Arturo Costantino Messere, elettivamente
  domiciliaro  in  Campobasso, Via G. Mazzini n. 38, presso lo studio
  dello stesso.
    Contro   il   prefetto   di  Campobasso  rappresentato  e  difeso
  dall'Avvocatura  dello  Stato,  presso  gli uffici della stessa ope
  legis  domiciliato  in  Campobasso,  via  Garibaldi, 124; Ministero
  degli  interni,  Ministero  dei  trasporti,  per l'annullamento del
  decreto  27  gennaio 1998, con il quale e' stata disposta la revoca
  della patente di guida cat. D-E.
    Visto  il  ricorso  con  i  relativi  allegati, nonche' l'atto di
  costituzione  in  giudizio  dell'amministrazione  resistente  e  le
  memorie depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi,  alla pubblica udienza del 19 gennaio 2000, relatore dott.
  Alberto Tramaglini, gli avv. Simonelli ed Albano;
    Ritenuto quanto segue:

                              F a t t o

    Con  il  provvedimento  indicato  in  epigrafe,  in  questa  sede
  impugnato,   il  prefetto  di  Campobasso  ha  disposto,  ai  sensi
  dell'art. 120,  comma  primo,  decreto  legislativo n. 285/1992, la
  revoca  della  patente  di guida cat. D-E a suo tempo rilasciata al
  ricorrente,  in  quanto lo stesso e' sottoposto ad una delle misure
  di cui alla legge n. 1423/1956.
    Avverso  tale  atto  egli  deduce  eccesso  di  potere sotto vari
  profili,  rilevando  che  il  prefetto  ha  disposto  la revoca sul
  semplice  presupposto  dell'esistenza  di  un  ordine  di rimpatrio
  emesso dalla questura di Rimini, senza nulla motivare sulle ragioni
  di  pericolosita' sociale poste alla base del provvedimento nonche'
  sulla  incidenza  dei  fatti  posti  a  base  dell'atto presupposto
  rispetto  alla  idoneita'  alla  guida  in  particolare,  ritenendo
  l'ordine di rimpatrio fondato sul sospetto di tossicodipendenza, il
  ricorrente  ritiene  che  il  prefetto di Campobasso avrebbe dovuto
  innanzitutto  verificare  la  fondatezza  di tale dubbio e comunque
  verificare  in  che  modo l'ipotizzato uso di sostanze stupefacenti
  incidesse sulle sue condizioni psico-fisiche e sulla idoneita' alla
  guida.
    Costituitasi  in  giudizio  l'amministrazione  ha concluso per il
  rigetto  del  ricorso,  posto  che  il  sistema di cui all'art. 120
  decreto  legislativo  285/1992  escluderebbe ogni discrezionalita',
  dovendo  la  patente essere senz'altro revocata allorche' sia stata
  comminata una misura di prevenzione.
    All'udienza  di discussione le parti si sono rimesse agli scritti
  in atti ed il ricorso e' stato trattenuto in decisione.

                            D i r i t t o

    Il  ricorrente  ha  subito il decreto prefettizio di revoca della
  patente  di  guida  ai  sensi  dell'art. 120,  comma primo, decreto
  legislativo   30   aprile   1992,   n. 285  (nel  testo  introdotto
  dall'art. 5,  comma primo, d.P.R. 19 aprile 1994 n. 575), in quanto
  destinatario   dell'ordine   di   rimpatrio   con   foglio  di  via
  obbligatorio  di  cui  (all'art. 2 legge 27 dicembre 1956, n. 1423,
  emanato dal questore di Rimini.
    Nelle  sue  prospettazioni  egli  sottolinea,  pur  se da diverse
  angolazioni,  che  il prefetto non ha in alcun modo valutato la sua
  personalita',  le  sue  condizioni  personali  e  la  sua eventuale
  pericolosita', prima di pronunciare la revoca della patente.
    L'art. 120  del codice della strada del 1992 (decreto legislativo
  30  aprile  1992  n. 285),  come  "sostituito" dal d.P.R. 575/1994,
  dispone   "la   patente  di  guida  e'  revocata  dal  prefetto  ai
  delinquenti  abituali,  professionali o per tendenza e a coloro che
  sono (...) sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure
  di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come
  sostituita  dalla  legge  3  agosto  1988, n. 327, e dalla legge 31
  maggio  1965,  n. 575,  cosi'  come  successivamente  modificata  e
  integrata,  fatti  salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi
  ...".
    Data la formulazione della norma "la patente di guida e' revocata
  dal  prefetto"  in  presenza  di  una  misura  di  prevenzione), il
  collegio  ritiene  che una simile valutazione discrezionale non era
  consentita  all'autorita'  procedente.  Si  tratta, infatti, di una
  espressione  che  mostra  chiaramente  la  volonta' del legislatore
  delegato  di  precludere  qualunque  giudizio  discrezionale  e  di
  sancire  l'obbligo  di  revoca in presenza del solo verificarsi del
  presupposto,  dato,  nel  caso  di specie, dall'applicazione di una
  misura  di  prevenzione. Si tratta peraltro di una formulazione del
  tutto  analoga (con il rilievo che tale corrispondenza ha in questa
  materia,   secondo   quanto   si   vedra'  oltre)  a  quella  delle
  corrispondenti  norme  dell'abrogato codice della strada (d.P.R. 15
  giugno  1959  n. 393),  e segnatamente l'art. 91, tredicesimo comma
  n. 2, e l'art. 82, primo comma.
    D'altra  parte  il  carattere  vincolato del provvedimento emerge
  anche dal testo "originale" degli artt. 120 (dove tale carattere e'
  chiaramente  evidenziato  dal  raffronto  tra  le ipotesi di cui al
  primo  comma e quella del secondo comma) e 130 la "patente di guida
  e'  revocata  dal  prefetto  ... quando il titolare non sia piu' in
  possesso dei requisiti morali previsti dall'art. 120") del codice.
    Se  tale  e' l'interpretazione della norma, le censure introdotte
  con il ricorso dovrebbero ritenersi tutte infondate.
    Il  collegio  dubita  tuttavia  della legittimita' costituzionale
  delle  norme  appena  richiamate,  nella  parte in cui prevedono la
  misura  della revoca nei confronti di soggetti "sottoposti ... alle
  misure  di  prevenzione  previste  dalla  legge  27  dicembre 1956,
  n. 1423,  come  sostituita  dalla  legge  3  agosto 1988, n. 327" e
  segnatamente   alle   misure   previste   dall'art. 2  della  legge
  n. 1423/1956.
    La   questione   e'   rilevante   in   quanto,  ove  fondata,  la
  cancellazione     delle     norme    denunciate    dall'ordinamento
  determinerebbe l'accoglimento delle censure che contestano in vario
  modo  la  mancata  verifica  dei  presupposti  di  idoneita'  o  di
  moralita' su cui fondare la revoca.
    Il collegio ritiene preliminarmente che la questione possa essere
  sottoposta  alla  Corte nonostante il nuovo testo degli artt. 120 e
  130  del codice della strada sia dettato da un testo regolamentare,
  pertanto sprovvisto di forza di legge, quale e' l'art. 5 del d.P.R.
  19    aprile    1994    n. 575,   emanato   in   attuazione   della
  "delegificazione"  prevista  dall'art. 2, comma 7 ed 8, della legge
  24 dicembre 1993, n. 537.
    Va  infatti  osservato che le condizioni sostanziali della revoca
  non   erano  soggette  a  delegificazione,  che  riguardava  invece
  esclusivamente  la  disciplina  del  procedimento  (comma  9  legge
  537/1993,  cfr.,  d'altronde, art. 1 d.P.R. 575/1994). Per cui, non
  ritenendo   che   la   disciplina  regolamentare  successiva  fosse
  autorizzata  ad  attuare  innovazioni  sostanziali  e tantomeno che
  fosse  autorizzata  a  novare la fonte normativa da cui tali misure
  promanano,  deve ritenersi che la riscrittura degli artt. 120 e 130
  operata  dalla  norma regolamentare sia priva di effetto innovativo
  riguardo alle condizioni sostanziali per la revoca.
    La  disposizione regolamentare ha preteso di riscrivere nella sua
  interezza  il  testo  legislativo  senza  che alcuna norma di rango
  primario la avesse a cio' autorizzata: non puo', percio', ritenersi
  consumato  l'effetto  abrogativo,  essendo questo limitato, secondo
  quanto  previsto  dal  comma  8  dell'art. 2 della legge n. 537 del
  1993,  alle  "norme,  anche  di legge, regolatrici dei procedimenti
  indicati  al  comma  7"  e quindi del tutto inoperante per le norme
  "sostanziali";
    Da cio' il collegio ritiene che la previsione sanzionatoria trovi
  ancora  la  sua fonte nel testo originario degli art. 120 e 130 del
  codice  della  strada  e che quindi promani da atto avente forza di
  legge  ex  art. 134  Cost.,  pertanto le considerazioni che seguono
  devono intendersi riferite a tali norme, ovvero comunque alla nuova
  formulazione  di  cui  al  d.P.R. 575/1994, ove al risultante testo
  dell'art. 120  si  attribuisca  valore  di disposizione composta da
  elementi  aventi  forza  di  legge, e qui rimesse al giudizio della
  Corte  (le  previsioni  sanzionatorie),  unitamente  ad elementi di
  rango  normativo  secondario  (la disciplina del procedimento), del
  tutto irrilevanti nel caso di specie.
    Il  primo  dubbio  di legittimita' costituzionale e' in relazione
  all'art. 76  della  Costituzione  ed  a quanto gia' osservato dalla
  Corte costituzionale nella sentenza 21 ottobre 1998 n. 354.
    L'art. 2  lett. t)  legge  13  giugno  1991 n. 190, contenente la
  delega  al  Governo  per  la  revisione  delle norme concernenti la
  disciplina  della  circolazione stradale, prevede il "riesame della
  disciplina  del  ritiro,  della  sospensione  e  della revoca della
  patente  di  guida,  anche con riferimento ai soggetti sottoposti a
  misure  di  sicurezza personale e a misure di prevenzione". "Questa
  indicazione,  tuttavia,  indubitabilmente - contrariamente a quanto
  il Legislatore delegante ha inteso nell'incipit dell'art. 2, ove le
  lettere  da  a)  a  g)  sono  qualificate quali "criteri e principi
  direttivi"  -  ha  a  che  vedere piuttosto con la definizione e la
  specificazione  della  materia  oggetto di delegazione, nell'ambito
  della   generica   materia  della  "disciplina  della  circolazione
  stradale".
    Da tale premessa, la Corte ha osservato ulteriormente che, mentre
  la  delega all'innovazione della previgente disciplina necessita di
  "principi  e  criteri  direttivi,  idonei  a circoscrivere le nuove
  scelte discrezionali dell'esecutivo", la disposizione quella di cui
  all'art. 2,  lett. t)  "in mancanza di principi e criteri direttivi
  che giustifichino la riforma, deve essere intesa in senso minimale,
  tale  da  non  consentire, di per se', l'adozione di norme delegate
  sostanzialmente   innovative   rispetto   al   sistema  legislativo
  previgente  o,  se  del caso, richieste dal coordinamento con nuove
  norme apprestate dal Legislatore delegato".
    Alla    luce   di   tali   osservazioni,   la   Corte   dichiaro'
  l'illegittimita'   costituzionale  dell'innovazione  contenuta  nel
  nuovo  codice  della  strada, priva di riscontro nella legislazione
  previgente,  che  estendeva la revoca alle persone che "sono state"
  sottoposte a misura di sicurezza.
    Altrettanto  in  contrasto  con l'art. 2, lett. t), legge n. 190,
  del   1991,  e  quindi  con  l'art. 76  Cost.,  sono  le  censurate
  previsioni  del  Codice  della strada che prevedono la revoca della
  patente  nei  confronti  dei  soggetti  sottoposti  alle  misure di
  prevenzione  "previste  dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come
  sostituita dalla legge 3 agosto 1988, n. 327".
    Anche tale previone, infatti, non ha riscontro nella legislazione
  previgente,  dove  (art. 82,  primo  comma, ed art. 91, tredicesimo
  comma  n. 2,  d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393) la revoca della patente
  era  prevista  per  "coloro  che sono sottoposti ... alle misure di
  prevenzione  previste  dall'art. 3  della  legge  27 dicembre 1956,
  n. 1423".
    Il  nuovo  testo  ha invece esteso la revoca anche in presenza di
  provvedimenti adottati ex art. 2 della legge n. 1423/1956, senza in
  cio'  trovare  alcuna  limitazione  in principi e criteri direttivi
  posti dalla legge di delega.
    Il nuovo codice ha pertanto ampliato le fattispecie da cui deriva
  la revoca, la quale viene quindi a discendere in via automatica non
  piu'  soltanto  dalle  misure scaturenti dal procedimento ex art. 4
  della  legge  del 1956 ed irrogate dal tribunale, ma anche a quelle
  disposte  con  provvedimento  dell'autorita'  di polizia cui di cui
  all'art. 2.
    Come  si  vede, si tratta di un'innovazione non di poco conto che
  pertanto  doveva  ritenersi  esclusa  dalla legge di delega, il che
  rende  le  norme  delegate  censurate  in contrasto con la stessa e
  quindi con l'art. 76 Cost.
    Il   collegio  ritiene  ulteriormente  che  le  norme  denunciate
  evidenzino un contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.
    Le  norme  del  codice  della  strada  prevedono un provvedimento
  limitativo   della   liberta'   di   circolazione  e  della  stessa
  possibilita'   di  svolgere  un'attivita'  lavorativa  (la  patente
  revocata  al  ricorrente  e'  di  categoria D-E ed egli esercita la
  professione di camionista), cosi' incidendo su posizioni soggettive
  di   rango  costituzionale,  quale  conseguenza  necessaria  di  un
  provvedimento amministrativo di carattere preventivo.
    Appare   sulla  questione  rilevante  quanto  rilevato  da  Corte
  costituzionale  31 maggio 1995, n. 210 che, richiamando la sentenza
  n. 419  del  1994,  ha  escluso che la misura di cui all'articolo 2
  legge   n. 1453/1956   concretizzi   una   degradazione   giuridica
  dell'individuo,  non  essendo  in  essa presente "una menomazione o
  mortificazione  della  dignita' o del prestigio della persona, tale
  da  poter  essere  equiparata  a  quell'assoggettamento  all'altrui
  potere in cui si concreta la violazione dell'habeas corpus" per cui
  non  si  vede  come tale provvedimento possa ritenersi dimostrativo
  della  perdita  dei  "requisiti morali" presupposto che accomuna le
  ipotesi  di  revoca della patente previste dall'art. 120 del codice
  della strada.
    Non  sembra  percio' sussistere proporzionalita' ne' nesso logico
  alcuno  nella  relazione  che  la  norma  instaura tra il contenuto
  dell'ordine  di  rimpatrio, con il connesso divieto di fare ritorno
  nel  comune  da cui il soggetto e' stato allontanato, che non priva
  il  soggetto  della liberta' di circolare in qualunque altro comune
  della Repubblica, e la privazione del titolo di guida.
    Il   che   manifesta  un  primo  non  ragionevole  aspetto  della
  previsione denunciata.
    Dalla  norma  denunciata  deriva  inoltre la medesima conseguenza
  della revoca del titolo di guida per fattispecie tra loro del tutto
  eterogenee (misure di sicurezza personali, misure di prevenzione ex
  art. 3  legge  n. 1423/1956,  misure  ex art. 2 della stessa legge,
  condanne  a pene detentive non inferiori a tre anni) in ordine alla
  loro  possibilita' di dimostrare la perdita dei requisiti morali. E
  mentre  in  caso di condanna a pena detentiva superiore a tre anni,
  la   revoca  e'  disposta  solo  a  seguito  di  valutazione  della
  utilizzabilita'  del documento di guida per la commissione di reati
  della  stessa  natura,  la  revoca  segue invece immancabilmente in
  presenza di un presupposto che appare di minor rilievo e pregnanza,
  quale l'ordine di rimpatrio ex art. 2 della legge n. 1423 del 1956.
    E  la  previsione  appare abnorme perche' fa dipendere in fin dei
  conti  la titolarita' della patente e la limitazione della liberta'
  di  circolazione  da  una  valutazione  compiuta  dall'autorita' di
  polizia,  senza  alcun  accertamento della pericolosita' sociale ai
  sensi  degli  artt. 3 e ss. della legge n. 1453 del 1956, cosicche'
  la   revoca  finisce  per  applicarsi  indifferentemente  tanto  ai
  sottoposti  alle  misure  di  prevenzione disposte dal tribunale al
  termine  di  un  procedimento  in  funzione  garantista,  quanto ai
  soggetti allontanati da un certo comune a seguito di valutazione di
  pericolosita'  compiuta dalla sola autorita' di pubblica sicurezza,
  il   che,   oltre   a  manifestare  un  ulteriore  aspetto  di  non
  ragionevolezza, al collegio appare rilevante anche in relazione con
  l'art. 16 Cost.
    Le   norme   censurate   urtano   peraltro  con  l'art. 97  della
  Costituzione  e  con  il  principio  di  buona amministrazione, che
  presuppone  la  valutazione concreta delle situazioni incidenti sui
  diritti  di  liberta' dei cittadini, invece negata dalla previsione
  di  automaticita'  del  provvedimento  di revoca, la cui emanazione
  finisce per essere imposta da altro provvedimento, peraltro emanato
  da  autorita'  gerarchicamente sottoposta, preordinato alla cura di
  ben distinti interessi.
                              P. Q. M.
    Riservata ogni altra pronuncia in rito, sul merito e sulle spese,
  ritenendo  rilevante  e  non manifestamente infondata, in relazione
  agli  artt. 3,  16,  76  e  97  della Costituzione, la questione di
  legittimita'   costituzionale   dell'art. 120,   primo   comma,  in
  relazione  all'art. 130  d.lgs.  30 aprile 1992 n. 285, nei termini
  indicati in motivazione, nella parte in cui prevede la revoca della
  patente  da  parte  del  prefetto "a coloro che sono sottoposti ...
  alle  misure  di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956,
  n. 1423, come sostituita dalla legge 3 agosto 1988, n. 327...";
    Sospende il giudizio;
    Dispone  che,  a  cura  della  segreteria della sezione, gli atti
  vengano trasmessi alla Corte costituzionale e la presente ordinanza
  venga  notificata  alle  parti  ed  al Presidente del Consiglio dei
  Ministri,   nonche'  comunicata  ai  Presidenti  della  Camera  dei
  deputati e del Senato della Repubblica.
    Cosi'  deciso  in  Campobasso  nelle  camere  di consiglio del 19
  gennaio e del 18 aprile 2000.
                       Il Presidente: Amoroso
                Il magistrato estensore: Tramaglini
00C0994