N. 542 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 marzo 2000
Ordinanza emessa il 9 marzo 2000 dal tribunale amministrativo regionale del Piemonte sul ricorso proposto da Mazza Erminio contro il Ministero delle finanze ed altro Impiego pubblico - Somme erogate al personale del comparto Ministeri, per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali, ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, legge n. 312/1980 - Esclusione della rivalutazione monetaria e degli interessi - Ingiustificata deroga al principio di debenza degli interessi sui crediti monetari - Incidenza sul principio di retribuzione proporzionata ed adeguata, sul diritto di difesa, sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a., e di tutela giurisdizionale - Indebita interferenza nella sfera di attribuzione del potere giurisdizionale. - Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 4. - Costituzione, artt. 3, 24, 36, 97, 102, 103, e 113.(GU n.41 del 4-10-2000 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 384 del 1996, proposto da Erminio Mazza, rappresentato e difeso dall'avv.to Claudia Boccardo ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Torino, Via Madonna delle Rose, n. 38; Contro i Ministeri delle finanze e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, in persona dei rispettivi Ministri pro-tempore, rappresentati e difesi dalla ex lege domiciliataria Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino; per l'accertamento del diritto del ricorrente, in relazione al ritardo nel pagamento, alla corresponsione degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sugli arretrati, con decorrenza dalla data di maturazione del credito fino al saldo e per la condanna conseguente del Ministero delle finanze, in persona del Ministro pro-tempore, al pagamento delle anzidette somme. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dei Ministeri delle finanze e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 9 marzo 2000 la relazione del primo referendario dr. Italo Volpe e uditi, altresi', l'avv.to Claudia Boccardo per la parte ricorrente e l'avv.to dello Stato Guido Carotenuto per il Ministero resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o Ritenendosi leso, col ricorso in epigrafe Erminio Mazza, premesso di essere stato, come dipendente del Ministero delle finanze, inquadrato ai sensi dell'art. 4, ottavo comma della legge n. 312, del 1980 nel profilo professionale di collaboratore tributario della settima qualifica funzionale, con decorrenze 1o gennaio 1978, ai fini giuridici, e 1o luglio 1978, ai fini economici, e di aver ricevuto dai competenti uffici periferici dell'amministrazione del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con rate ottobre 1990, luglio 1992, novembre 1993, esclusivamente la corresponsione dei maggiori emolumenti arretrati, rimanendo senza risposta il suo sollecito 15 dicembre 1994 all'amministrazione delle finanze, per la corresponsione degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sulle differenze retributive riconosciute in ritardo, evocava in giudizio le predette amministrazioni dello Stato perche' nel loro riguardi fosse accertato il suo diritto ai crediti pecuniari esposti e condannata l'amministrazione delle finanze al conseguente pagamento. Si costituivano in giudizio i Ministeri delle finanze e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, concludendo per la reiezione del ricorso. Acquisita documentazione, la causa veniva chiamata all'udienza di discussione del 9 marzo 2000 ed ivi trattenuta in decisione. D i r i t t o 1. - La questione posta con il ricorso e' stata gia' esaminata dalla giurisprudenza (C.d.S., sez. IV, 27 settembre 1993, n. 799; 29 maggio 1995, n. 278; sez. VI 26 maggio 1997, n. 747; sez. IV, 29 maggio 1998, n. 893), nel senso che interessi e rivalutazione monetaria sugli emolumenti retributivi tardivamente corrisposti ai dipendenti statali, a seguito del loro inquadramento ex art. 4, ottavo comma, della legge n. 312 del 1980, competono a decorrere dall'8 novembre 1988, allorche' e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la delibera 28 settembre 1988 della commissione paritetica di cui all'art. 10 della medesima legge, con la quale e' stata determinata la corrispondenza tra le precedenti qualifiche ed i nuovi profili professionali istituiti con la sopravvenuta legge n. 312 del 1980. Di conseguenza, secondo le conclusioni cui e' pervenuta la richiamata giurisprudenza, ai fini del perfezionamento del complesso procedimento di inquadramento dei dipendenti dello Stato, nel contesto delle nuove qualifiche funzionali individuate in sede di riassetto retributivo-funzionale disposto dalla richiamata legge n. 312 del 1980, le diverse amministrazioni di appartenenza dei dipendenti risultavano costituite in mora alla riferita data dell'8 novembre 1988, in quanto, a seguito della pubblicazione della tabella di equiparazione tra le precedenti qualifiche ed i nuovi profili professionali, non si frapponeva piu' alcuna preclusione od impedimento procedimentale per la formalizzazione dei nuovi inquadramenti sulla base delle diverse mansioni lavorative effettivamente svolte, rispetto alla qualifica di effettiva titolarita', ai sensi di quanto previsto dall'art. 3, ottavo comma, della richiamata legge n. 312 del 1980. Cio' comporta che il credito di lavoro del dipendente interessato a tale operazione di reinquadramento e' venuto ad esistenza, ai fini della decorrenza della rivalutazione monetaria e degli interessi compensativi, alla data di pubblicazione della richiamata deliberazione della commissione paritetica per l'inquadramento, costituendo tale delibera l'atto conclusivo del procedimento amministrativo devoluto dalla legge ai competenti organi, nel quale si sono sostanziate le opzioni discrezionali e valutative in base alle quali e' stato in concreto possibile il nuovo inquadramento. In relazione a quanto precisato, il collegio non ha motivo di discostarsi dall'orientamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato e, quindi, il ricorso andrebbe accolto, avendo il ricorrente diritto al pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulle retribuzioni differenziali spettanti per effetto dell'accennato inquadramento ex art. 4, ottavo comma, della legge n. 312 del 1980, e tardivamente corrisposte rispetto alla richiamata data dell'8 novembre 1988, a decorrere da tale termine fino al giorno dell'effettivo pagamento delle stesse. 2. - Tuttavia, l'accoglimento del ricorso risulta attualmente precluso dalla sopravvenuta disposizione dell'art. 26, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante misure di finanza pubblica collegate alla legge finanziaria per l'anno 1999 (legge 23 dicembre 1998, n. 449 il quale ha espressamente stabilito che "le somme corrisposte al personale del comparto ministeriale per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 ... non danno luogo ad interessi ne' a rivalutazione monetaria". Cio' comporta, dunque, ai fini che qui interessa, la impossibilita' per il giudice adito di acclarare la sussistenza di un diritto di credito espressamente disconosciuto dal legislatore, il quale, secondo il collegio, con la previsione normativa richiamata non ha dato luogo ad alcuna interpretazione delle norme vigenti, come sembrerebbe desumersi dalla titolazione dell'art. 26 della legge n. 448 del 1998, per cui deve escludersi qualsiasi efficacia retroattiva, propria delle norme di interpretazione autentica, del disposto disconoscimento del diritto alla rivalutazione monetaria dello speciale credito retributivo di cui si controverte, attesa la sostanziale precettivita' del divieto di pagamento di interessi, la cui operativita' viene a concretizzarsi solo per crediti non ancora riconosciuti in sede giudiziaria alla data del 1o gennaio 1999 di efficacia del divieto suddetto. Cio' posto, non vi e' dubbio che anche nella prospettiva della affermata natura non interpretativa e, quindi, non retroattiva della norma suddetta, per quanto riguarda il caso che occupa, secondo il collegio, la innovativa previsione legislativa si rivela comunque di ostacolo alla valorizzazione del richiamato orientamento della giurisprudenza amministrativa, favorevole al riconoscimento del diritto alla rivalutazione monetaria delle retribuzioni differenziali tardivamente corrisposte al ricorrente, ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge n. 312 del 1980, poiche' e' indubitabile che la nuova norma che disconosce tale pretesa patrimoniale trovi piena applicazione nei giudizi pendenti non ancora definiti con sentenza. 3. - In relazione a tale circostanza, in forza dei poteri riconosciuti dall'art. 134 della Costituzione e dall'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il collegio ravvisa la necessita' di sollevare d'ufficio eccezione di incostituzionalita' del citato art. 26, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, attesa la riconosciuta rilevanza e non manifesta infondatezza dei dubbi di costituzionalita' della medesima ingenerati in rapporto ai principi affermati dagli artt. 3, 24, 36, 97, 102, 103 e 113 della Costituzione. Le sollevate questioni di possibile contrasto costituzionale sono sicuramente rilevanti per la decisione della causa, se si considera l'evidente nesso di strumentalita' esistente fra la norma sospettata di incostituzionalita' e la risoluzione del giudizio de quo, per la cui decisione si impone necessariamente l'applicazione di detta disposizione normativa, la cui chiara enunciazione dispositiva e precettiva non consente al collegio di privilegiare una diversa soluzione interpretativa favorevole al ricorrente diretta a fugare il sospetto di contrasto con le accennate norme della Costituzione. Parimenti, la questione appare non manifestamente infondata, considerato che il solo profilarsi di un dubbio di incostituzionalita' impone al giudice, ex art. 23 della legge n. 87 del 1953, di provocare l'intervento della Corte. 3.A. - ln particolare, secondo il collegio la prevista esclusione operata dall'art. 26, comma 4, della legge n. 448 del 1998 della corresponsione degli interessi e della rivalutazione monetaria sulle somme dovute e tardivamente corrisposte a seguito del definitivo inquadramento ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge n. 312 del 1980, si pone in primo luogo in contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione, poiche' in tal modo si sottopongono i crediti considerati, in conseguenza dell'inadempimento dei rispettivi debiti, ad un trattamento risarcitorio deteriore rispetto a quello previsto per ogni altro credito di qualiasi genere ed anche da lavoro dipendente, senza la sussistenza di peculiarita' differenziatrici. Non solo, ma la stessa norma, con l'esclusione del previsto ristoro dell'inadempimento dei crediti retributivi suddetti, viene ad ingenerare una ingiusta discriminazione tra i dipendenti statali che vantano crediti identici nei confronti dell'amministrazione, alcuni dei quali hanno visto riconosciuto il diritto alla percezione della rivalutazione monetaria e degli interessi legali per effetto di pronunce giudiziarie e magari hanno anche ottenuto la liquidazione delle relative spettanze, mentre altri, nonostante si siano parimenti attivati in sede giudiziaria per ottenere il soddisfacimento delle loro pretese patrimoniali, si sono tuttavia visti ingiustamente pregiudicare le proprie aspettative per effetto dell'intervento del legislatore sospettato di incostituzionalita', il quale, in tal modo, si ritiene abbia violato il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, attesa la omogeneita' delle situazioni giuridiche per le quali la legge in questione ha previsto una regolamentazione differenziata. 3.B. - Secondo il collegio, la norma di cui si controverte si pone sotto altro profilo ugualmente in contrasto con l'art. 36 della Costituzione, poiche' viene a vulnerare il diritto alla giusta retribuzione, mediante la sostanziale preclusione della operativita' dei sistemi di garanzia della realita' della retribuzione stessa, dal momento che, senza il riconoscimento della rivalutazione, si determina un ingiustificato depauperamento del contenuto economico dello stesso trattamento retributivo, a fronte del ritardo con cui il medesimo viene materialmente corrisposto. 3.C. - Vi e' da rilevare inoltre che il sospetto di illegittimita' dell'art. 26, comma 4, della legge n. 448 del 1998 si estende anche alla violazione degli artt. 24, 102, 103 e 113 della Costituzione, in quanto, di fatto, con l'accennato innovativo intervento di disconoscimento del diritto alla rivalutazione dei crediti retributivi, in contrasto con l'orientamento della giurisprudenza, il legislatore ha di fatto vanificato il diritto costituzionale di tutela giurisdizionale riconosciuto dall'art, 24 della Carta fondamentale, attesa la evidente applicabilita' della nuova norma anche in giudizi tuttora pendenti, quale e' quello di cui e' causa, promosso proprio per il riconoscimento del suddetto beneficio economico a titolo di sanzione patrimoniale del ritardo nell'adempimento dell'obbligazione retributiva principale. La lesione della suddetta posizione soggettiva costituzionalmente garantita, si e' accompagnata con una illegittima interferenza nella sfera di attribuzione del potere giurisdizionale riconosciuto dall'art. 102 della Costituzione e, piu' in particolare, dagli artt. 103 e 113, per quanto riguarda le prerogative di tutela riservate al giudice amministrativo nei confronti degli atti e dei comportamenti della pubblica amministrazione. Infatti, se e' vero che i precetti richiamati non vietano che il legislatore ordinario possa variamente disciplinare il diritto di difesa quale espressione della tutela giurisdizionale, in funzione di superiori interessi di giustizia, subordinandone eventualmente l'esercizio all'esperimento di una procedura amministrativa, cio' non toglie tuttavia che sussistono limiti ad una simile discrezionalita', fra cui il principale e' rappresentato dalla condizione che l'esercizio del diritto di difesa sia garantito in modo effettivo ed adeguato alle circostanze. Donde, in riferimento a tale principio, ritiene il collegio che il limite anzidetto risulti ampiamente superato allorquando, come nel caso di specie, il legislatore intervenga successivamente all'esercizio dell'azione giudiziaria con disposizioni preclusive ed innovative preordinate, in sostanza, a vanificare la tutela giurisdizionale. Peraltro, lo stesso insegnamento della Corte costituzionale e' nel senso che violano l'art. 24 della Costituzione quelle norme che, intervenendo nel corso di un giudizio, recano una nuova disciplina sostanziale di segno opposto alle richieste degli attori di quel processo ed alle interpretazioni giurisprudenziali ad essi favorevoli (cfr. Corte costituzionale, sentenza 10 aprile 1987, n. 123, in riferimento all'art. 10, primo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425). 3.D. - Ad avviso del collegio, la norma in questione presenta un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale, in quanto il sopravvenuto disconoscimento legislativo del diritto alla rivalutazione del credito retributivo vantato dalla ricorrente nei confronti dell'amministrazione statale, si pone in contrasto anche con il principio di buon andamento e di imparzialita' affermato dall'art. 97 della Costituzione, a cui deve essere improntata l'azione della pubblica amministrazione, dal momento che in tal modo si introduce una ingiustificata deroga a favore dello Stato al principio fondamentale di liquidazione dei debiti liquidi ed esigibili. 4. - In conclusione, poiche' in relazione a quanto precisato le delineate questioni di incostituzionalita' dell'art. 26, comma 4, della legge n. 448 del 1998 sono rilevanti, nonche' non manifestamente infondate, va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la pronuncia sulla legittimita' costituzionale della suindicata norma, rimanendo sospeso il presente giudizio, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di incostituzionalita' dell'art. 26, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, relativamente alla prevista non corresponsione della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle somme erogate al personale dei comparto Ministeri, per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali, ai sensi dell'art. 3, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312, per contrasto con gli artt. 3, 24, 36, 97, 102, 103 e 113 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, rimanendo sospeso il presente giudizio; Ordina alla segreteria di notificare la presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' di comunicarla al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Torino, nella camera di consiglio del 9 marzo 2000. Il Presidente: Gomez de Ayala Il primo referendario - estensore: Volpe 00C1000