N. 559 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 giugno 2000

Ordinanza  emessa  il 15 giugno 2000 dal tribunale di sorveglianza di
Sassari sulle istanze proposte da Cualbu Pierino Gianni

Pena  -  Liberazione  condizionale - Concedibilita' ai condannati per
determinati  reati, subordinata al requisito della "collaborazione" -
Mancata  previsione  della  concedibilita',  anche  ai  soggetti "non
collaboratori",  condannati per gli stessi reati con sentenza passata
in  giudicato prima dell'entrata in vigore della nuova normativa piu'
restrittiva,  i  quali avrebbero potuto usufruire del beneficio della
liberazione  in  base  alla normativa allora vigente - Violazione del
principio della irretroattivita' della norma penale, estensibile agli
istituti di esecuzione della pena.
- D.L.  13  maggio  1991,  n. 152, art. 2, comma 1, conv. in legge 12
  giugno 1991, n. 203; legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis comma
  1,   sostituito  dall'art. 15  del  d.l.  8  giugno  1992,  n. 306,
  convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356.
- Costituzione, art. 25, comma secondo.
(GU n.42 del 11-10-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Sciogliendo la riserva espressa nell'udienza del 15 giugno 2000;
    visti  ed  esaminati gli atti relativi all'istanza di liberazione
  condizionale proposta da:
        Cualbu  Pierino  Gianni,  nato  in  Fonni  il 28 giugno 1951,
  detenuto nella Casa circ. di Nuoro, in espiazione della pena di cui
  alla sentenza 2 marzo 1987 della Corte d'appello di Cagliari;

                            O s s e r v a

    Con  istanza  rivolta  a  questo  tribunale Cualbu Pierino Gianni
  chiedeva  di  essere  ammesso  alla  liberazione  condizionale  sul
  presupposto  della sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi
  previsti dall'art. 176 c.p.
    Rilevava  di  essere  detenuto  dal  3  luglio 1991, a seguito di
  condanna  per  sequestro  di  persona a scopo di estorsione, rapina
  aggravata  e porto abusivo di armi, di aver patito di anni due mesi
  quattro   e   giorni  sette  di  custodia  cautelare  anteriormente
  all'entrata  in vigore dell'art. 4-bis, legge 354/1975 e successive
  modificazioni,  di aver beneficiato di condono nella misura di anni
  due  e  mesi  sei,  di  aver  fruito  di liberazione anticipata per
  l'intero   arco   della  detenzione,  di  aver  sempre  partecipato
  attivamente  ai  programmi e ai percorsi rieducativi predisposti in
  istituto,  di  aver  usufruito  di  permessi  ex art. 30 O.P. senza
  l'ausilio  della  scorta  e di aver risarcito il danno alla persona
  offesa.
    All'udienza  del  20  gennaio 2000, la difesa del detenuto veniva
  autorizzata  a  redarre  memoria;  atto  poi  depositato  nel corso
  dell'udienza del 15 giugno successivo.
    Afferma  la  difesa  l'incidenza  nel  caso  in  questione, della
  problematica  sollevata  con l'ordinanza della Corte costituzionale
  n. 180,  depositata  in data 8 giugno 2000 (afferente questione che
  interessa  il medesimo detenuto seppur con riferimento al beneficio
  del  permesso premio), nonche' dei provvedimenti della stessa Corte
  ivi  richiamati (sentenza n. 137 del 1999 e ordinanza n. 397 sempre
  del 1999).
    Si  vuol  sostenere  infatti,  alla  luce  del  cennato materiale
  giurisprudenziale  e di altro sempre di provenienza della Corte, la
  sussistenza di un quadro di principi in base ai quali "l'intervento
  legislativo  non  puo'  paralizzare  un  percorso  rieducativo gia'
  iniziato";  "il grado di rieducazione deve esser valutato nel corso
  del  tempo, mentre il giudizio di adeguatezza, in uno con quello di
  meritevolezza   puo'  esser  espresso  soltanto  al  momento  della
  decisione quando il percorso ha avuto significativi sviluppi".
    Cio'  ai  fini  di  superare l'altrimenti inevitabile giudizio di
  inammissibilita'  della richiesta, derivante dal combinato disposto
  degli  artt. 2,  decr. legge 13 maggio 1991, n. 152, 4-bis e 58-ter
  della  legge  n. 354  del 1975; norme che precludono la concessione
  della  liberazione condizionale al condannati per determinati reati
  quando  non  sia  ravvisabile  in  capo  al  condannati  stessi  il
  requisito della "collaborazione" normativamente prevista.
    Non  pare  pero'  condivisibile,  allo  stato, tale impostazione;
  invero  dal  complesso  della  giurisprudenza  emanata dalla Corte,
  compresa  quella  di immediato riferimento difensivo, emerge semmai
  l'obbligo  di  attenersi,  nell'interpretazione delle norme citate,
  all'"affermazione   seconda   cui   non   si   puo'  ostacolare  il
  raggiungimento   della   finalita'   rieducativa  prescritta  dalla
  Costituzione all'art. 27, con il precludere l'accesso a determinati
  benefici  o  a  determinate misure alternative in favore di chi, al
  momento  in  cui  e'  entrata in vigore una legge restrittiva abbia
  gia'  realizzato tutte le condizioni per usufruire di quei benefici
  o  di  quelle  misure"  (Corte  cost. sent. n. 137 del 14-22 aprile
  1999).
    Non  e'  al  contrario  irrilevante  o  manifestamente  infondata
  l'eccezione  di  legittimita' costituzionale sollevata in subordine
  dal  detenuto,  e  riguardante  il contrasto fra gli articoli 2 del
  decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, e 4-bis della legge 26 luglio
  1975,   n. 354,  nell'attuale  testo  in  vigore,  e  la  normativa
  costituzionale di riferimento (art. 25, comma secondo), nella parte
  in cui escludono dal beneficio della liberazione condizionale anche
  i  soggetti  "non  collaboratori", e condannati per uno dei delitti
  indicati  nel  primo  periodo del primo comma dell'art. 4-bis sopra
  detto  con  sentenza  passata  in  giudicato  prima dell'entrata in
  vigore della normativa restrittiva.
    La  questione  e'  rilevante  perche'  il  Cualbu  (condannato  a
  ventanni  anni  di reclusione per sequestro di persona commesso nel
  1983  con  sentenza divenuta esecutiva nel maggio del 1990) secondo
  la  normativa  in vigore all'epoca del passaggio in giudicato della
  sentenza  di  condanna  e  al momento di inizio dell'espiazione, si
  troverebbe  nelle  condizioni  di  legge  per accedere al beneficio
  richiesto.
    II detenuto infatti, in esecuzione di pena dal luglio 1991 - dopo
  aver  scontato oltre due anni di custodia cautelare -, ha espiato i
  due   terzi   della   pena   inflitta;   risulta  abbia  tenuto  un
  comportamento   tale   da   far   ritenere   il   suo  ravvedimento
  (correttezza,   adesione   alle  regole  istituzionali  e  convinta
  partecipazione  al  trattamento con volonta' di superare il passato
  deviante;  fruizione  corretta  di  permessi per gravi motivi senza
  l'ausilio  della  scorta);  ha  adempiuto  alle obbligazioni civili
  nascenti  dal  reato;  non risultano accertati collegamenti attuali
  con la criminalita' organizzata e/o eversiva.
    Si  osserva  inoltre  come  questo  tribunale abbia avuto modo di
  esaminare   (ord.   4  luglio  1996)  l'eventuale  sussistenza  del
  requisito  della  collaborazione  sotto  tutti gli indicati profili
  della   collaborazione   effettiva   o,   diversamente,  di  quella
  inesigibile,  per l'integrale accertamento dei fatti o per il ruolo
  marginale  svolto,  concludendo per l'insussistenza della medesima.
  Con  ordinanza  18 giugno  1998, questo stesso tribunale ha inoltre
  escluso che il Cualbu al momento dell'entrata in vigore del d.-l. 8
  giugno  1992, n. 306 avesse gia' raggiunto un grado di rieducazione
  tale da poter beneficiare della semiliberta'.
    L'asserito  contrasto  fra  gli  articoli  2 del decreto-legge 13
  maggio  1991,  n. 152, e 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 e
  l'art. 25,  comma  secondo,  della  Costituzione  e'  questione non
  manifestamente infondata.
    Si osserva in proposito come il principio di retroattivita' della
  norma  penale  incriminnatrice  (del  c.d. diritto penale punitivo)
  gia'   disciplinato  dall'art. 2  cod.  pen.  e  quindi  assurto  a
  principio   di  rango  costituzionale  (art. 25,  2o  comma  Cost.)
  riguardi le norme che disciplinano le fattispecie astratte di reato
  e  le conseguenze sanzionatorie: durata e specie della pena, misure
  di  sicurezza, pene accessorie e altri effetti penali, circostanze,
  qualifica  del  fato,  cause  giustificative  ed estintive; insomma
  tutti  quegli  elementi  che  concorrono  a  formare il giudizio di
  disvalore  astratto che il legislatore riconduce ad una determinata
  condotta.  Ma  si  tratta  di  principio che va riferito anche alle
  norme  che costituiscono il c.d. diritto dell'esecuzione della pena
  e  che  incidono  sulle  modalita'  dell'espiazione oltre che sulla
  qualita' e quantita' della pena da espiare in concreto.
    Orbene  la  liberazione condizionale, disciplinata dagli articoli
  176  e 177 del codice penale, e' istituto che incide direttamente e
  sostanzialmente  sulla  durata  della  pena;  consente  infatti  la
  liberazione  del  condannato stabilendo che, decorso il tempo della
  pena  inflitta  senza  che  siano  intervenute  cause di revoca, la
  medesima  pena  detentiva rimanga estinta e siano altresi' revocate
  le eventuali misure di sicurezza personali ordinate.
    Si  tratta  di istituto che, ricompreso nel codice penale al capo
  secondo del titolo quinto ("Dell'estinzione della pena"), preesiste
  alla  costituzione  ed all'ordinamento penitenziario; con l'entrata
  in  vigore di questi ultimi ha acquisito ulteriore valenza rispetto
  all'originaria  funzione  di  strumento  di  estinzione della pena;
  arricchendosi   nel  conformarsi  alle  finalita'  rieducative  che
  l'art. 27  della  Costituzione assegna alla pena si e' inserito nel
  complesso  di  misure  e  benefici  che l'ordinamento penitenziario
  appronta  affinche'  le  tappe  della  rieducazione del condannato,
  quali  determinate  dall'evolversi  della  risposta  individuale al
  trattamento,  coincidano  con spazi sempre piu' ampi ed adeguati di
  risocializzazione effettiva.
    E   cio'   senza   perdere   la   sua   natura   di  disposizione
  sostanzialmente  penale  che  e'  in  grado  di incidere in maniera
  generale  ed  astratta  sulla durata effettiva di tutte le pene per
  qualsiasi   reato   previste,  atteggiandosi  rispetto  a  ciascuna
  fattispecie incriminatrice quale norma presupposta e sottintesa che
  ne  determina  in concreto, sia pure sotto condizione, le effettive
  conseguenze sanzionatorie.
    Sono  il  duplice  profilo di norma penale sostanziale e di norma
  che  comunque  partecipa  della  funzione rieducativo-trattamentale
  propria    degli    istituti    che    costituiscono   il   diritto
  dell'esecuzione,  e' ammissibile che per essa valga il principio di
  irretroattivita'  garantito  dal  comma  secondo  dell' articolo 25
  della Costituzione; con l'ovvia conseguenza che le norme successive
  - le quali richiedano comportamenti non previsti in passato al fini
  del  conseguimento  della  liberazione  condizionale - operando una
  innegabile   reformatio  in  peius  del  trattamento  sanzionatorio
  previsto  all'atto  della commissione del reato, siano in contrasto
  con l'art. 25 citato.
    Tutto  quanto  sopra  esposto  induce  il  collegio  a richiedere
  l'intervento  del  giudice  costituzionale  perche'  accerti  se le
  disposizioni  di  legge siano conformi ai dettami costituzionali in
  materia di irretroattivita' della legge penale;
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.1, e
  23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
  legittimita'  costituzionale  degli  articoli  2,  comma primo, del
  decreto  legge  13  maggio 1991, n. 152 - convertito nella legge 12
  giugno  1991,  n. 203 - e 4-bis, comma primo, della legge 26 luglio
  1975,  n. 354,  come  sostituito  dall'art. 15  del decreto-legge 8
  giugno  1992, n. 306 - convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356
  - in relazione all'art. 25, secondo comma della Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
  costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria per le comunicazioni, le notificazioni e
  le forme di pubblicita' previste dall'art. 23 della citata legge.
        Sassari, addi' 15 giugno 2000.
                        Il Presidente: Carta
00C1023