N. 574 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 luglio 2000
Ordinanza emessa il 14 luglio 2000 dal tribunale militare di Roma nel procedimento penale a carico di Autiero Gennaro Processo penale - Ordinamento giudiziario militare di pace - Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado, recate dal d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 - Mancata estensione al rito penale militare - Mancata previsione, in particolare, della possibilita' per il tribunale militare di giudicare anche in composizione monocratica - Irragionevole disparita' di trattamento - Violazione del principio di buon andamento dei pubblici uffici - Contrasto con il principio secondo cui la legge assicura la ragionevole durata del processo. - Cod. pen. militare di pace, artt. 261, 271 e 272; legge 7 maggio 1981, n. 180, art. 2. - Costituzione, artt. 3, primo comma, 97, primo comma, e 111.(GU n.42 del 11-10-2000 )
IL TRIBUNALE MILITARE Alla pubblica udienza del 14 luglio 2000, nel procedimento penale a carico Autiero Gennaro, nato a Napoli il 31 marzo 1979, imputato del reato di mancanza alla chiamata aggravata (artt. 151 e 154, n. 1 c.p.m.p.) perche', chiamato alle armi a mezzo di cartolina precetto regolarmente notificata, non si presentava al 123o Rgt. "Chieti" in Chieti in data 27 gennaio 1999, data prefissa, rimanendo in stato di arbitraria assenza nei cinque giorni successivi e fino a tutt'oggi (con sospensione dal 13 agosto 1999 al 23 dicembre 1999, data in cui risulta detenuto per reati comuni). Con l'aggravante dell'essere l'assenza superiore a mesi sei; Ha pronunciato la seguente ordinanza sulla questione di legittimita' costituzionale degli articoli 261 c.p.m.p. e dell'art. 2, legge 7 maggio 1981, n. 180 (modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace, come richiamato dagli articoli 271 e 272 c.p.m.p.) in relazione agli articoli 3, 97 e 111 della Costituzione. O s s e r v a Nel presente procedimento il p.m. ha proposto questione di legittimita' costituzionale degli articoli 261, 271 c.p.m.p. e dell'art. 2, legge 7 maggio 1981, n. 180, per violazione degli artt. 3, 97 e 111 Cost., nella parte in cui essi non prevedono l'estensione al rito penale militare della normativa dettata dal decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, in tema di giudizio monocratico. La difesa non si e' opposta. E' noto in proposito che l'art. 14, d.lgs. n. 51/1998, fissando il nuovo testo dell'art. 48 dell'ordinamento giudiziario ordinario, enuncia la regola generale della composizione monocratica del tribunale, salvo i casi in cui la legge preveda diversamente. In ordine poi al rito da seguirsi nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica esso e' disciplinato dagli articoli 549 e segg. c.p.p., come modificati dalla legge n. 479/1999. Al riguardo ha di recente ritenuto la Corte suprema di Cassazione che le speciali disposizioni ordinamentali dettate dall'art. 2 legge n. 180/1981 (come richiamate dall'art. 271 c.p.m.p. ma anche, in tema di requisiti formali della sentenza e del processo verbale di dibattimento, dagli artt. 371 e 374 c.p.m.p.) impediscono di ritenere che la nuova normativa ordinamentale e processuale, dettata dal d.lgs. n. 51/1998 e dalla legge n. 479/1999 per il tribunale in composizione monocratica, possa automaticamente trasferirsi nel rito militare (Cass. sez. I sent. n. 4488/2000 e Cass. sez. I sent. 4498/2000). La stessa Corte ha, peraltro, rilevato che a fronte di un tribunale militare chiamato nella fase dibattimentale a giudicare in esclusiva ed invariabile composizione collegiale mista, con l'intervento cioe' a fianco di due giudici togati di un membro laico, ufficiale delle Forze Armate, restano fermi i poteri del giudice militare monocratico, giudice per le indagini preliminari e dell'udienza preliminare, nei procedimenti speciali di tipo negoziale ed a definizione anticipata, come l'applicazione concordata della pena ed il giudizio abbreviato. Si e' pertanto venuto a determinare un quadro normativo in forza del quale l'appartenente alle Forze armate imputato di un reato militare, del tutto omogeneo per titolo e trattamento sanzionatorio a quelli per i quali l'AGO opera con rito e giudice monocratici, continua ad essere giudicato dinanzi ad un tribunale in ineludibile composizione collegiale. Non solo: laddove il militare sia imputato di un reato militare connesso in virtu' dell'art. 12 c.p.p. con un reato comune piu' grave, ma comunque ricompreso tra quelli attribuiti alla competenza del giudice monocratico, egli verra' giudicato in forza dell'art. 13 c.p.p. dal giudice ordinario ovviamente con rito e composizione monocratici. Poiche' inoltre lo stesso art. 13 c.p.p. sembra voler limitare l'operativita' della connessione tra reati comuni e reati militari ai casi di connessione c.d. oggettiva, escludendola nel caso di connessione c.d. soggettiva, ove di quel reato militare siano imputati in concorso un estraneo alle FF.AA. ed un militare, quest'ultimo verra' giudicato dal tribunale militare nella composizione collegiale tuttora fissata dall'art. 2, legge n. 180/1981, laddove l'estraneo sara' sottoposto con rito monocratico al giudizio del tribunale in composizione monocratica. In ogni caso la procedura prevista per i reati soggetti alla giurisdizione militare e', per cosi' dire, appesantita al termine delle indagini preliminari dall'udienza preliminare, e nella fase dibattimentale dalla composizione collegiale del tribunale, e cio' indipendentemente dal titolo del reato o dal trattamento sanzionatorio. Tutto cio' ad avviso di questo giudice determina una disparita' di trattamento da ritenersi in contrasto con il principio di ragionevolezza fissato dall'art. 3 Cost., nella misura in cui situazioni del tutto simili ricevono un inspiegabile diverso trattamento normativo. Come affermato dal p.m. appare inoltre violato il principio generale, determinato dall'art. 97, primo comma, Cost., secondo il quale la legge deve assicurare il buon andamento dei pubblici uffici. Principio quest'ultimo tanto piu' rilevante, ove interpretato alla luce del nuovo testo dell'art. 111 Cost, introdotto dalla legge 23 novembre 1999, n. 2, in forza del quale la legge deve assicurare la ragionevole durata del processo. Orbene, non puo' non ritenersi che, ragionevolmente, la legge deve dettare le condizioni affinche' la durata dei procedimenti di competenza del giudice militare risponda, quanto meno, agli stessi canoni di celere definizione garantiti per il rito ordinario. Appare pertanto non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' per violazione degli artt. 3, 97 e 111 Cost., in primo luogo dell'art. 261 c.p.m.p. nella parte in cui, nel sancire che davanti ai tribunali militari si osservano le disposizioni del codice di procedura penale, non prevede che tra esse siano ricomprese anche quelle sul rito monocratico; ed, in secondo luogo, dell'art. 2, legge n. 180/1981, come richiamato dagli articoli 271 e 272 c.p.m.p., nella parte in cui non prevede anche la composizione monocratica del tribunale militare per gli stessi reati per i quali essa e' determinata in ordine ai procedimenti da tenersi dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria. Va infine considerato che l'odierno imputato e' stato tratto dal p.m. davanti a questo collegio con citazione diretta a giudizio ai sensi dell'art. 550 c.p.p. Di conseguenza la questione sollevata e' rilevante per il caso concreto dovendosi ritenere che questo giudice, ove la Corte costituzionale non intervenga nell'invocata direzione, dovrebbe dichiarare la nullita' di tale citazione a giudizio ai sensi degli articoli 178, primo comma, lett. b) e 179 c.p.p., Cio' ovviamente nel presupposto che la disposizione contenuta nell'art. 550 comma 3, c.p.p. (secondo la quale se il p.m. ha esercitato l'azione penale con citazione diretta per un reato per il quale e' prevista l'udienza preliminare, il giudice puo' ordinare la trasmissione degli atti al p.m. solo quando la relativa eccezione sia proposta entro il termine indicato dall'art. 491, primo comma c.p.p.) valga esclusivamente all'interno del procedimento da tenersi dinanzi al giudice ordinario, per il quale solo l'intera normativa sul rito monocratico e', almeno ad oggi, applicabile. Non puo' in ogni caso dubitarsi, ai fini della concreta rilevanza della questione sollevata, che nel caso in cui essa venisse accolta il reato di "mancanza alla chiamata" in imputazione rientrerebbe nell'ambito di operativita' sia del rito monocratico disciplinato dal libro ottavo del c.p.p. sia del criterio di riparto di competenza tra il tribunale in composizione collegiale o in composizione monocratica, si' da determinare che questo tribunale militare dovrebbe monocraticamente comporsi.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953; Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata ai fini della decisione; Solleva, per violazione degli articoli 3, primo comma, 97, primo comma, e 111 della Costituzione questione di legittimita' costituzionale degli articoli 261, 271 e 272 c.p.m.p. e dell'art. 2, legge n. 180/1981, nella parte in cui non prevedono l'estensione anche al rito penale militare della normativa prevista dal decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, e successive modificazioni, in tema di giudizio monocratico ed in particolare nella parte in cui non contemplano che il tribunale militare possa giudicare anche in composizione monocratica; Sospende il procedimento fino alla decisione della Corte costituzionale sulla questione; Ordina la notifica della presente ordinanza, a cura della cancelleria, alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri e la comunicazione della stessa ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Roma, addi' 14 luglio 2000. Il Presidente: Quistelli Il giudice estensore: Lepore 00C1039