N. 594 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 gennaio 2000

Ordinanza  emessa  il  26  gennaio  2000 dal tribunale amministrativo
regionale  della  Calabria  sul  ricorso  proposto da Macri' Giuseppe
contro prefettura di Reggio Calabria

Circolazione stradale - Soggetti che siano stati o siano sottoposti a
misura di prevenzione (nella specie: sorveglianza speciale di P.G.) -
Revoca della patente di guida - Introduzione, con decreto delegato di
disciplina piu' restrittiva - Eccesso di delega.
- Codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 120.
- Costituzione, art. 76.
(GU n.43 del 18-10-2000 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza, sul ricorso n. 87/1999 R.G.
  proposto  da  Macri'  Giuseppe,  rappresentato  e  difeso dall'avv.
  Domenico  Licastro ed elettivamente domiciliato in Reggio Calabria,
  via  Acri, presso lo studio dell'avv. Falcone; contro la prefettura
  di   Reggio   Calabria,   in   persona  del  prefetto  pro-tempore;
  rappresentata  e difesa dall'avvocatura distrettuale dello Stato di
  Reggio Calabria, presso il cui ufficio e' elettivamente domiciliata
  per legge, per l'annullamento del decreto prefettizio prot. n. 1839
  -  Sett.  II  -  C/T  del  15  settembre 1998 con il quale e' stata
  revocata  al  ricorrente  la  patente di guida cat. C n. RC5056079K
  rilasciata l'11 aprile 1998.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio della prefettura di
  Reggio Calabria;
    Viste le memorie presentate delle parti;
    Vista  l'ordinanza  di  questo tribunale amministrativo regionale
  n. 107/1999  con  cui  e'  stata  accolta la domanda incidentale di
  sospensione;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica  udienza  del  26  gennaio 2000 il relatore
  Caterina  Criscienti  ed uditi, per le parti, l'avv. D. Licastro, e
  l'avv. dello Stato, A. Quattrone.

                              F a t t o

    Con  ricorso  notificato  il  28 dicembre 1998 Macri' Giuseppe ha
  chiesto   l'annullamento   del  decreto  prefettizio,  indicato  in
  premessa,  con  cui  gli  e'  stata revocata la patente di guida in
  applicazione  dell'art. 120,  d.lgs.  30  aprile 1992 n. 285 (nuovo
  codice  della strada) e, segnatamente, per il fatto di essere stato
  sottoposto  alla  misura di prevenzione della sorveglianza speciale
  di P.S. per anni due, disposta dal tribunale di Reggio Calabria con
  provvedimento  n. 191 del 19 novembre 1990, poi ridotta ad anni uno
  dalla Corte d'appello di Reggio Calabria.
    Avverso  il predetto provvedimento il Macri' formulava i seguenti
  motivi di gravame:
        A) Violazione ed erronea applicazione della legge. Eccesso di
  potere sotto il profilo della manifesta ingiustizia con riferimento
  al diritto alla salute: il prefetto ha omesso di valutare che erano
  decorsi   oltre   sei   anni   dalla  cessazione  della  misura  di
  prevenzione,  durante i quali egli aveva sempre tenuto una condotta
  regolare  e  che  per  le  sue condizioni personali e di salute (e'
  pensionato ed ha subito qualche anno fa un intervento chirurgico al
  cuore)  il documento di guida e' indispensabile per provvedere alle
  piu' elementari esigenze di vita;
        B)   Carenza  di  motivazione  del  provvedimento  impugnato.
  Dichiarata  illegittimita'  costituzionale dell'art. 120 c.d.s.: il
  decreto  prefettizio  e'  generico e non tiene conto della sentenza
  della  Corte  costituzionale 21 ottobre 1998 n. 354, che ha sancito
  l'illegittimita' costituzionale del predetto art. 120.
    Si  costituiva  il  prefetto  di  Reggio Calabria, contestando la
  fondatezza  del  ricorso  e  precisando,  in  ordine  al profilo di
  illegittimita'   costituzionale   della  normativa  applicata,  che
  l'art. 120  d.lgs.  30  aprile  1992  n. 285  e'  stato  dichiarato
  costituzionalmente  illegittimo, per violazione dell'art. 76 Cost.,
  solo  nella  parte  in cui prevede la revoca della patente di guida
  per  coloro  che sono stati sottoposti a misura di sicurezza, e non
  gia'   per  l'ipotesi  di  pregressa  sottoposizione  a  misura  di
  prevenzione,  e  che  in  ogni  caso  detta  norma  e'  stata ormai
  sostituita  dall'art. 5  d.P.R.  19  aprile 1994 n. 575, sicche' il
  ricorso  sarebbe  inammissibile  per omessa impugnativa della norma
  regolamentare.
    In esito all'udienza del 27 ottobre 1999 il tribunale pronunciava
  ordinanza istruttoria ed all'udienza del 26 gennaio 2000, acquisiti
  i  documenti ed i chiarimenti richiesti, la causa e' stata posta in
  decisione.

                            D i r i t t o

    1.  -  Macri'  Giuseppe,  odierno ricorrente, e' stato sottoposto
  alla  misura  di  prevenzione  della  sorveglianza  speciale  dal 5
  dicembre 1990 al 4 dicembre 1991.
    In  data  15  settembre  1998  il  prefetto  di  Reggio Calabria,
  premesso  di  aver  ricevuto comunicazione dal Ministero competente
  che  in  data  11  aprile  1998  al  Macri' era stata rilasciata la
  patente  di  guida,  provvedeva  a  revocargliela  in ragione della
  pregressa sottoposizione a misura di prevenzione.
    Esclusa  la fondatezza dei motivi di gravame proposti, atteso che
  nell'attuale  formulazione  dell'art. 120,  c.d.s.  la revoca della
  patente  per  sottoposizione,  attuale  o  pregressa,  a  misura di
  prevenzione  e' atto vincolato, il collegio ritiene rilevante e non
  manifestamente   infondata   la   questione   di  costituzionalita'
  dell'art. 120  cit,  nella  parte  in  cui  prevede la revoca della
  patente  nei confronti di coloro che sono stati sottoposti a misura
  di  prevenzione,  questione  che  solleva  d'ufficio  in  relazione
  all'art. 76 Cost.
    La  questione  e' rilevante perche' - come gia' detto - la revoca
  impugnata  e'  stata  disposta  nei  confronti  del  Macri' appunto
  perche'  sottoposto  in  passato a misura di prevenzione, senza che
  sia intervenuto alcun provvedimento riabilitativo.

    2.  -  Prima  di  vagliare  la  non  manifesta infondatezza della
  questione,   e',   tuttavia,   indispensabile   premettere   alcune
  considerazioni  in  ordine  alla  genesi  e all'esatta natura della
  norma di cui si discute.
    L'art. 120,  cosi'  come  formulato  dal  d.lgs.  30  aprile 1992
  n. 285, nello stabilire i requisiti morali per ottenere il rilascio
  della  patente  di  guida, prevedeva, tra l'altro, che "non possono
  ottenere  la patente di guida i delinquenti abituali, professionali
  o  per  tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure
  di  sicurezza personali o alle misure di prevenzione prevista dalla
  legge  27  dicembre  1956  n. 1423,  come  sostituita dalla legge 3
  agosto  1988  n. 327,  nonche'  dalla  legge 31 maggio 1965 n. 575,
  cosi'  come successivamente modificata e integrata, fatti salvi gli
  effetti di provvedimenti riabilitativi".
    Il  successivo  art. 130  prevedeva poi, tra le ipotesi di revoca
  della patente, il caso in cui "il titolare non sia piu' in possesso
  dei requisiti morali previsti dall'art. 120".
    Con   la   sentenza  n. 354  del  14/21  ottobre  1998  la  Corte
  costituzionale  ha  dichiarato  l'incostituzionalita' del combinato
  disposto  degli  articoli  sopra  richiamati,  nella  parte  in cui
  prevedono  la  revoca  del  documento  di guida per coloro che sono
  stati sottoposti a misura di sicurezza, per violazione dell'art. 76
  della  Costituzione,  atteso  che i principi ed i criteri direttivi
  posti  in generale dalla legge 13 giugno 1991 n. 190, contenente la
  delega  al  Governo  per  la  revisione  delle norme concernenti la
  disciplina   della   circolazione   stradale,  non  abilitavano  il
  legislatore delegato a modificare in senso innovativo e restrittivo
  la  normativa  dettata  in  materia dalla precedente legislazione e
  contenuta  nel  d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393, che appunto prevedeva
  la revoca della patente nei confronti di coloro che fossero in atto
  sottoposti  a  misure  di sicurezza, ma non nei confronti di coloro
  che lo erano stati in passato.
    Invero   l'art.  120  d.lgs.  30  aprile  1992  n. 285  e'  stato
  sostituito  dall'art. 5  d.P.R.  19 aprile 1994 n. 575 (Regolamento
  recante  la  disciplina  di  procedimenti  per  il  rilascio  e  la
  duplicazione  della patente di guida di veicoli), che ha, comunque,
  lasciato   sostanzialmente   immutato   la   disposizione  che  qui
  interessa,  continuando,  infatti,  a  prescrivere  la revoca della
  patente  negli  stessi  casi  previsti dall'originario art. 120, e,
  quindi, anche per coloro che "sono o sono stati sottoposti a misure
  di  sicurezza  personali  o  alle  misure di prevenzione ..., fatti
  salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi".
    La  questione  sottoposta  al  vaglio  della  Corte  era stata in
  effetti    prospettata    dal    giudice    rimettente   (tribunale
  amministrativo  regionale, Campania, Napoli, 24 giugno 1997 n. 680,
  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale,  serie speciale, 15 ottobre
  1997  n. 42) con riguardo all'art. 120, sia nel testo anteriore che
  in  quello  successivo alla sostituzione con l'art. 5, primo comma,
  d.P.R.  19  aprile  1994  n. 575, nel presupposto della sostanziale
  identita' di disciplina dei casi di indegnita' morale e, quindi, di
  revoca della patente di guida.
    La  Corte  ha,  tuttavia,  pronunciato  l'illegittimita' solo del
  testo   previgente,   dichiarando  inammissibile  la  questione  di
  legittimita'    costituzionale   dell'art. 120,   come   sostituito
  dall'art. 5  cit,  per difetto di rilevanza della "nuova" norma nel
  giudizio  a  quo,  atteso  che  il  provvedimento  di  revoca della
  patente,   sulla   cui  legittimita'  il  tribunale  amministrativo
  regionale  a quo doveva pronunciarsi, era stato emesso il 12 aprile
  1995,  ossia  dopo  l'emanazione  del  citato regolamento, ma prima
  della sua entrata in vigore, avvenuta il successivo 1o ottobre.

    3.  -  Nel caso che ci occupa il decreto prefettizio avversato e'
  stato  adottato  certamente  dopo  l'entrata  in  vigore del d.P.R.
  n. 575/1994,  ma  il  Collegio  ritiene  che  l'apparente veste non
  legislativa  della  disposizione  che  viene  in  rilievo non sia -
  contrariamente  a  quanto  sostenuto  dalla  difesa  erariale  - di
  ostacolo alla sua sindacabilita' in sede di giudizio costituzionale
  per le ragioni che qui di seguito si esporranno.
    Il  d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575 e' stato emanato in forza della
  delega  regolamentare  contenuta  nell'art. 2,  comma  7,  legge 24
  dicembre  1993,  n. 537,  che  sollecitava  l'adozione di "norme di
  regolamentazione dei procedimenti amministrati", previsti da alcune
  leggi elencate in un apposito allegato, in conformita' ad una serie
  di  criteri  e principi guida, specificati nel comma 9, lett. a)-h)
  (semplificazione  dei  procedimenti,  in  modo da ridurre il numero
  delle  fasi  procedimentali  e delle amministrazioni intervenienti,
  previsioni  di  atti  di concerto e d'intesa, riduzione dei termini
  per  la  conclusione  del  procedimento,  regolazione  uniforme dei
  procedimenti dello stesso tipo, ecc.).
    Il  comma  8  specificava  poi  che  "le  norme,  anche di legge,
  regolatrici  dei procedimenti indicati al comma 7 sono abrogati con
  effetto  dalla  data di entrata in vigore dei regolamenti di cui al
  medesimo comma 7".
    E  cosi',  nella  materia  che  qui  interessa,  e'  accaduto che
  l'art. 5   d.P.R.   n. 575/1994   ha   regolamentato   ex  novo  il
  procedimento  per  la  revoca  della  patente (v. art. 120, secondo
  comma),  sia  pur  operando una riscritturazione dell'intera norma,
  che   ha   pero'   lasciato   immutata  nella  parte  di  carattere
  sostanziale,  attinente  alle condizioni soggettive che possono dar
  luogo  alla  revoca  della  patente  da  parte  del  prefetto,  che
  continua,  infatti, a prescrivere: "la patente di guida e' revocata
  dal  prefetto ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza
  e  a  coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza
  personali o alle misure di prevenzione ..., fatti salvi gli effetti
  di  provvedimenti  riabilitativi, nonche' alle persone condannate a
  pena  detentiva,  non  inferiore a tre anni, quando l'utilizzazione
  del  documento  di  guida  possa  agevolare la commissione di reati
  della stessa natura".
    E  che  nessuna  innovazione  sostanziale  il  d.P.R. n. 575/1994
  poteva  operare  e' detto chiaramente nel parere reso dal Consiglio
  di  Stato  sullo  schema  originario  del  testo regolamentare, che
  addirittura  prevedeva  proprio  l'eliminazione dei casi di diniego
  della patente ai sottoposti - in atto o in precedenza - alle misure
  di  sicurezza  e  finanche ai delinquenti abituali, professionali o
  per  tendenza  nonche' ai condannati a pena detentiva non inferiore
  ai tre anni.
    Il  Consiglio  di  Stato ha, infatti, rilevato che l'eliminazione
  delle  disposizioni  in  parola  si collocava al di fuori dell'area
  consentita  dalla  delega  regolamentare  ex  art. 2,  co. 7, legge
  n. 537/93,  trattandosi  di innovazioni sostanziali e non solamente
  procedimentali.
    Ne  discende,  a  giudizio  di  questo tribunale, che la clausola
  abrogativa  contenuta  nell'art. 2,  comma  8, cit. deve intendersi
  rigorosamente  limitata  alle  norme  regolatrici  del procedimento
  tendente  alla  revoca  della  patente,  mentre  la disposizione di
  carattere  sostanziale  di  cui  al primo comma, attinente cioe' ai
  presupposti  per  disporre  la  revoca, benche' riscritta dal d.P.R
  n. 575/1994, deve ricondursi all'originario testo del 1992.
    In   altri   termini,   al  di  la'  della  formale  sostituzione
  dell'intera  norma  ad opera del testo regolamentare, nell'art. 120
  c.d.s.  coesistono  elementi  risultanti  da  atti aventi valore di
  legge,  quale il primo comma, ed elementi introdotti da atti aventi
  valore  secondario,  quali  quelli  concernenti  il  vero e proprio
  procedimento finalizzato alla revoca.

    4. - Le  superiori considerazioni trovano, peraltro, conforto nei
  numerosi  obiter  dicta  contenuti  nella menzionata sentenza della
  Corte costituzionale.
    Il  giudice delle leggi, infatti, prima di escludere dal giudizio
  di  costituzionalita',  per  le  ragioni  esposte  sub  1/2  2,  la
  disposizione     contenuta    nell'art. 5    d.P.R.    n. 575/1994,
  "sostitutiva"  dell'originario  art. 120  c.d.s., ha accennato alle
  problematiche  nascenti  dalla  successione  nel  tempo  delle  due
  versioni  dell'art. 120,  contenute,  la prima, in una disposizione
  avente valore di legge e, la seconda, in un atto regolamentare.
    Oltre  al  problema, piu' generale, della "sindacabilita' in sede
  di giudizio costituzionale delle norme, gia' legislative, conferite
  tramite  "delegificazione all'ambito di competenza dell'esecutivo",
  la  Corte  ha  efficacemente  sottolineato  i  dubbi  esistenti sul
  "valore  normativo  da  attribuirsi alla disposizione contenuta nel
  regolamento,  nella  parte  in cui indica le condizioni sostanziali
  della revoca della patente (materia non soggetta a "delegificazione
  a norma dell'art. 2, comma 7, della legge n. 537 del 1993)" e sulla
  "operativita',   in  relazione  a  tale  parte  "sostanziale  della
  disposizione     "delegificata     della     clausola    abrogativa
  dell'originario   art. 120   del  codice  della  strada,  contenuta
  nell'art. 2, comma 8, della legge n. 537 del 1993".
    Ulteriori  conferme  al  ragionamento  seguito  da questo giudice
  (gia'  espresso  nelle decisioni 10 marzo 1999 n. 310 e 11 novembre
  1999  n. 1402)  si rinvengono nell'ordinanza n. 230 del 7/11 giugno
  1999  della  Corte  costituzionale,  di  restituzione degli atti al
  giudice  a  quo  che  aveva  sollevato la questione di legittimita'
  costituzionale   dell'art. 120   cit.,   questa   volta  nel  testo
  sostituito dall'art. 5 d.P.R. n. 575/1994, prima della decisione di
  incostituzionalita' n. 354/1998.
    Nel rimettere gli atti la Corte ha invitato il giudice remittente
  a  valutare,  ancor  prima della sottoponibilita' al giudizio della
  Consulta  di  norme  contenute  in atti regolamentari adottati alla
  stregua  dell'art. 17, comma 2, legge n. 400/1988, " i rapporti tra
  le  norme aventi forza di legge e le disposizioni regolamentari che
  le  riproducono  in  atti di "delegificazione , fuori della materia
  che   la   legge   ...   ha   previsto   come   suscettibile  della
  "delegificazione  stessa,  e  quindi  di considerare le conseguenze
  della  predetta  dichiarazione d'incostituzionalita' dell'art. 120,
  comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, sulla norma
  denunciata,  contenuta  nell'art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 757 del
  1994".
    Deve,  quindi,  concludersi  che, contrariamente all'orientamento
  espresso  dall'Avvocatura  dello Stato, la norma su cui si fonda il
  provvedimento impugnato non ha natura regolamentate, ma legislativa
  e,  dunque,  la sua illegittimita' deve essere fatta valere innanzi
  alla Corte costituzionale.
    5. -  Cio'  chiarito,  il  collegio  ritiene  che  l'art. 120 sia
  costituzionalmente  illegittimo  per  eccesso  di  delega,  per  le
  medesime   ragioni  gia'  condivise  dalla  Corte,  nella  sentenza
  n. 354/1998, rispetto alla previsione della revoca della patente di
  guida  nei  confronti  di  soggetti  non  piu' in atto sottoposti a
  misura di sicurezza.
    L'art. 2, lett. t) della legge n. 190/1991, nel fissare i criteri
  ed  i  principi  direttivi  concernenti  la  potesta'  revocatoria,
  dispone:  "riesame della disciplina del ritiro, della sospensione e
  della  revoca  della  patente  di  guida,  anche con riferimento ai
  soggetti  sottoposti  a misure di sicurezza personale e a misure di
  prevenzione".
    Considerato che neppure la legislazione previgente (artt. 82 e 91
  d.P.R  15  giugno 1959 n. 393) prevedeva la revoca del documento di
  guida  per  coloro che avevano gia' interamente scontato una misura
  di  prevenzione,  l'innovazione  introdotta  con  la legge delegata
  doveva  potersi  giustificare  solo  se  contemplata nei principi e
  criteri direttivi della legge di delegazione.
    Ma  come si evince dal tenore della norma sopra riportata e, piu'
  in  generale, dall'intera legge di delegazione - volta a consentire
  al  Governo  solo  una  revisione ed un riordino della legislazione
  gia'  vigente,  la  quale  rimane, quindi, la ineliminabile base di
  partenza  dell'attivita'  delegata  (in termini ancora Corte cost.,
  n. 354/1998,   che   ha   respinto  la  questione  di  legittimita'
  costituzionale  della  legge  di  delegazione, sollevata sempre con
  riferimento all'art. 76 Cost.) - una simile indicazione non e' dato
  rinvenire.
    Deve  allora  concludersi,  analogamente  a  quanto  rilevato dal
  giudice  delle  leggi  rispetto  alle  misure  di sicurezza, che il
  legislatore  delegato  non  era  abilitato  a  modificare  in senso
  innovativo  e  restrittivo  la  disciplina dettata in materia dalla
  precedente  legislazione, con la conseguenza che la norma che viene
  in  rilievo  nel presente giudizio viola la legge di delegazione e,
  per essa, l'art. 76 della Costituzione.
                              P. Q. M.
    Ritenuta  rilevante  e non manifestamente infondata, in relazione
  all'art. 76  Cost., la questione di costituzionalita' dell'art. 120
  del  codice  della  strada,  per le ragioni esposte in motivazione,
  ordina   la   sospensione   del  presente  giudizio  e  l'immediata
  trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
      Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia
  notificata  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  nonche'
  comunicata  a  procuratori  delle  parti  in causa ed ai Presidenti
  delle due Camere del Parlamento.
    Cosi' deciso in Reggio Calabria, nella camera di consiglio del 26
  gennaio 2000.
                       Il Presidente: Ravalli
Il giudice estensore: Criscenti
00C1059