N. 653 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 giugno 2000

Ordinanza  emessa  il  13  giugno  2000  dal  tribunale  di  Roma nel
procedimento penale a carico di Longhi Pasqualino

Processo  penale - Valutazione della prova - Prevista possibilita' di
desumere   l'esistenza  di  un  fatto  da  indizi  gravi,  precisi  e
concordanti  -  Lesione  del principio del giusto processo (dal quale
deriva,  asseritamente,  la necessita' di un sistema basato solamente
su  prove e non su indizi) - Violazione del principio di eguaglianza,
con incidenza sulla liberta' personale dei cittadini.
- Cod. proc. pen., art. 192, comma 2.
- Costituzione, artt. 2, 3, 13 e 111.
(GU n.45 del 2-11-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Nel  processo  a  carico  di  Longhi Pasqualino, avendo la difesa
  richiesto  rito  abbreviato, sentite le conclusioni delle parti con
  richiesta di condanna da parte del p.m. a mesi 1 di reclusione e L.
  100.000  di  multa;  con  richiesta  della difesa di assoluzione ai
  sensi  dell'art. 530  secondo  comma  c.p.p.  o in subordine minimo
  della pena.

                            O s s e r v a

    Il processo e' di natura chiaramente indiziaria.
    L'app.  Adesso  Nicola  ha  riferito,  infatti,  che  il derubato
  Cesarei  Luciano  avrebbe  saputo  del  furto di occhiali dalla sua
  autovettura ad opera del Longhi da una persona che non e' stata poi
  rintracciata.
    Occhiali  da  sole  simili  a  quelli derubati marca Calvin Klein
  venivano  visti  dagli  operanti in testa al Longhi successivamente
  rintracciato.
    Trattasi,  dunque,  di accuse de relato, di terza mano provenendo
  da  soggetto  ignoto,  che  sarebbero  state  riferite al Cesarei e
  infine all'appuntato Adesso.
    Il  riconoscimento di quegli occhiali da parte del Cesarei sembra
  basato  solo sulla marca peraltro di larga diffusione Calvin Klein,
  ma  manca l'experimentum crucis per dire che gli occhiali erano gli
  stessi   sottratti,   rimanendo   puri  elementi  indiziari  quelli
  acquisiti.
    Tanto  premesso  ritiene questo giudice di sollevare questione di
  incostituzionalita' dell'art. 192, secondo comma c.p.p. in rapporto
  agli artt. 2, 3, 13 e 111 della Costituzione.
    In  Italia, in brevissima cronistoria, il processo indiziario non
  era  previsto dal codice Rocco ma fu elaborato dalla giurisprudenza
  e  introdotto nell'attuale codice di procedura penale che ha creato
  un sistema d'interpetrazione dei dati fondato in primis sulle prove
  e   solo   in   via   marginale  sugli  indizi  "gravi,  precisi  e
  concordanti".
    Si  avanza  da  quest'ufficio a codesta eccellentissima Corte una
  proposta  di  verifica  dell'illegittimita'  costituzionale proprio
  dell'art. 192,  secondo comma c.p.p. la' dove detta "L'esistenza di
  un  fatto  non  puo' essere desunta da indizi a meno che questi non
  siano  gravi,  precisi e concordanti". Si ritiene ex contrariis che
  mai  l'esistenza  di  un  fatto  sembra  essere desumibile, stricta
  scientia, da indizi quand'anche "gravi, precisi e concordanti".
    Se  il  discorso  della  probatio e' un fatto scientifico, il suo
  esame  non  puo'  essere  scisso  da  un discorso epistemologico in
  generale,   vale   a  dire  sul  senso  e  sul  limite  del  metodo
  scientifico,  tenendo  conto  delle ultime tendenze della filosofia
  della scienza in materia.
    A  questa  procedura esegetica va ancorato in maniera rigorosa il
  criterio  del  "libero  convincimento  del  giudice", sia a livello
  legislativo  che pragmatico, distinguendo la scienza come risultato
  dalla scienza come mera congettura. A quest'ultima area appartiene,
  a  parere  del  proponente, il processo indiziario sia pur condotto
  nelle linee del massimo rigore interpretativo.
    La   norma  citata  appare  in  contrasto  con  l'art. 111  della
  Costituzione  che nella nuova formulazione (Legge Costituzionale 23
  novembre  1999  n. 2 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del
  23  dicembre  1999)  detta:  "La giurisdizione si attua mediante il
  giusto processo regolato dalla legge".
    Il  processo  e'  giusto  non  solo  quando vengano rispettate le
  posizioni formali paritarie tra accusa e difesa, ma anche quando si
  realizzi  nella  sostanza  una  rigorosa  valutazione delle prove a
  carico   degli   imputati,  ad  evitare  ogni  forma  di  alea  che
  comprometta la parita' dei cittadini imputati di fronte alla legge,
  avendo  tutti  il diritto di avere il processo per prove forti, che
  portino  davanti  a  qualunque giudice al medesimo risultato, e non
  per  indizi. Infatti la citata norma costituzionale prosegue: "Ogni
  processo  si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni
  di parita', davanti al giudice terzo e imparziale". L'imparzialita'
  e  la  terzieta'  del  giudice  e'  garantita proprio da un sistema
  probatorio scientifico fondato sul setaccio critico che salvaguardi
  i   processi   da   pure   ricostruzioni   logiche   (indiziarie  e
  congetturali)   che   potrebbero   essere   inficiate  dagli  idola
  baconiani.
    Il  successivo  sistema  rigoroso predisposto dall'art. 111 della
  Costituzione per l'assunzione di specifiche forme di prove a carico
  degli  imputati  non fa che ribadire la forza cogente di un sistema
  giusto basato solamente su prove e non su indizi.
    Il   richiamo   al   giusto   processo  contenuto  nello  statuto
  dell'istituendo  tribunale penale internazionale riporta ad analogo
  principio  contenuto  in  tutti  i patti internazionali sui diritti
  umani.
    La  decifrazione  concreta  del  giusto processo non si esaurisce
  nella   parita'  tra  le  parti  processuali,  dunque,  e  richiede
  l'applicazione  nella valutazione della prova di un criterio valido
  quale  appare  solo  quello scientifico in un mondo reale di eguali
  davanti  alla  legge.  Peculiarmente  va  applicato  il metodo piu'
  avanzato  in  scienza,  quello  di Karl Popper, procedendo non solo
  alla  verifica  dei  dati  ma alla loro rigorosa falsificazione, in
  prova  e  controprova attraverso la processazione di ulteriori dati
  che  potrebbero  scalfire  l'ipotesi base. Cio' ad evitare verdetti
  basati non sulla verita' scientifica ma sull'azzardo logico.
    Questo,  a parere del giudice proponente implica la necessita' di
  un  sistema  basato  unicamente  su  prove  (non  indizi), sicure e
  fortissime.  Soprattutto  prove  scientifiche, con un potenziamento
  degl'investigatori  sul  modello  di Scotland Yard, perche' solo la
  scienza  investigativa garantisce un'effettiva certezza del sistema
  probatorio,  essendo  in  via  di  stretta  epistemologia la logica
  ricostruttiva  quasi un mera conseguenza e non un gioco linguistico
  che riesca a dimostrare qualunque cosa.
    Nella  scienza  setacciata  secondo  i criteri dell'epistemologia
  popperiana  le  tracce  dei  fenomeni  non portano a nulla ma hanno
  senso solo se conducano a prove conclusive e ripetute costantemente
  da qualunque sperimentatore esaminate.
    La  scienza  giudiziaria  per  essere  tale  deve,  a  parere del
  proponente, adeguarsi a tale criterio epistemologico. Infatti nella
  scienza  delle  prove  giudiziarie  con  gli  indizi  puri, sia pur
  mascherati da enigmistici intrecci significanti, si puo' dire tutto
  e  il  contrario di tutto; ergo il processo indiziario appare prima
  facie  come  un  processo anticostituzionale perche' non garantisce
  ne'  la  certezza  del diritto e della prova, ne' l'eguaglianza dei
  cittadini    davanti   alla   legge   (art. 3   Cost.),   potendone
  compromettere  ingiustamente  la  liberta'  (art. 2 e 13 Cost.) con
  carcerazioni   preventive   anche   lunghe  basate  su  meri  fatti
  indiziari.
    In  questa prospettiva la dichiarazione d'incostituzionalita' del
  processo  indiziario  nel  nostro  sistema  renderebbe  concreto il
  principio  di  eguaglianza  nell'avere  leggi  giuste  e  di essere
  giudicati  secondo  criteri  non  piu'  letterari  ma  scientifici,
  affinche'   i   verdetti  si  avvicinino  con  altissimo  grado  di
  probabilita'  alla  verita'.  La  garanzia  dell'eguaglianza  nasce
  proprio  dal  rigore  del  metodo  epistemologico  che esclude alee
  logiche.
    Per   cio'   ritiene  quest'ufficio  che  non  e'  manifestamente
  infondata   la   questione  di  incostituzionalita'  dell'art. 192,
  secondo  comma  c.p.p.  in rapporto agli artt. 2, 3, 13 e 111 della
  Costituzione.
    Nel  caso  di specie trattasi di processo chiaramente indiziario.
  Poiche'    l'attuale    giudizio    non    puo'   essere   definito
  indipendentemente    dalla    risoluzione    della   questione   di
  legittimita', richiedendosi a questo giudice di decidere in base un
  criterio  indiziario  che  potrebbe  essere incostituzionale, vanno
  rimessi  gli atti alla Corte costituzionale sospendendo il processo
  in attesa della decisione della Corte sul punto.
                              P. Q. M.
    Vista  la  legge  costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, (Gazzetta
  Ufficiale 20 febbraio 1948, n. 43) e la legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
  incostituzionalita' dell'art. 192, secondo comma c.p.p. in rapporto
  agli  artt. 2, 3, 13 e 111 della Costituzione e dispone l'immediata
  trasmissione  degli  atti alla Corte costituzionale, sospendendo il
  giudizio in corso.
    Ordina  che  a cura della cancelleria l'ordinanza di trasmissione
  degli  atti  alla Corte costituzionale sia notificata al Presidente
  del  Consiglio  dei  Ministri,  ai  Presidenti delle due Camere del
  Parlamento.
    Cosi' deciso in Roma il 13 giugno 2000.
                        Il giudice: Francione
00C1126