N. 660 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 luglio 2000
Ordinanza emessa l'8 luglio 2000 dal giudice per le indagini preliminari dal tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di Giraudo Antonio ed altro Processo penale - Incidente probatorio - Possibilita' che sia richiesto ed eseguito, per i reati indicati dall'art. 550 cod. proc. pen., fino alla citazione diretta a giudizio - Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto ai reati per i quali e' prevista l'udienza preliminare - Lesione dei diritti di azione e di difesa. - Cod. proc. pen., artt. 392 e 393. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.46 del 8-11-2000 )
IL TRIBUNALE Il giudice, vista la richiesta di perizia con le modalita' dell incidente probatorio avanzata in data 1o luglio 2000 da Antonio Giraudo e Riccardo Agricola, sottoposti ad indagine per i reati di cui agli artt. 648 c.p., 6, legge 135/1990, 5 e 38, legge n. 300/1970, 1, legge n. 401/1989, 445 c.p., nonche', il solo Giraudo, per il reato di cui all'art. 15, d.lgs. n. 538/1992 e 4, d.lgs. n. 626/1994; Viste le deduzioni del pubblico ministero, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' della richiesta; O s s e r v a La richiesta degli indagati e' stata formulata, in data 1o luglio 2000, a seguito della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, avvenuta in data 29 maggio 2000 (con termine di cui al comma 3 dell'art. 415-bis c.p.p. prorogato - al 3 luglio 2000 - con provvedimento notificato il 12 giugno 2000). Osserva il p.m. che detta richiesta, intervenuta un mese dopo la scadenza delle indagini preliminari e oltre un mese dopo l'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p., dovrebbe considerarsi inammissibile in quanto tardiva, non rientrando la perizia tra le attivita' previste dal comma 3 della stessa norma. Segnala, altresi', che il procedimento ha per oggetto reati per i quali il pubblico ministero esercita l'azione penale con la citazione diretta, e quindi "non sottoposti al regime essenzialmente diverso dell'udienza preliminare preso in considerazione dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 77/1994". Il primo rilievo e' certamente condivisibile, prevedendo il comma 3 dell'art. 415-bis c.p.p. la facolta' per l'indagato (oltre che di chiedere l'interrogatorio e di presentarsi per rendere dichiarazioni spontanee) di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore e chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine. Che la perizia (cosi' come gli altri mezzi di prova previsti dall'art. 392 c.p.p.), disposta dal giudice, esuli da tali atti di indagine non pare seriamente discutibile, tenuto conto della chiara dizione di cui al comma 4 dell'art. 415-bis c.p.p. ("Quando il pubblico ministero ... dispone nuove indagini"), e di quella di cui al successivo comma 5 ("I nuovi atti di indagine del pubblico ministero ... sono utilizzabili"), che si riferiscono, all'evidenza, ad attivita' proprie del pubblico ministero, e da questi (eventualmente) espletate. Il secondo rilievo (cioe' che i reati c.d. a citazione diretta soggiacciono ad un diverso regime rispetto a quelli per i quali e' prevista l'udienza preliminare) introduce invece la questione preliminare che il giudice e' chiamato a decidere, cioe' quella del termine entro il quale il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio. Com'e' noto, l'art. 392 c.p.p. prevede che il p.m. e l'indagato possano formulare la richiesta "nel corso delle indagini preliminari", e il successivo art. 393 c.p.p. dispone che "la richiesta e' presentata entro i termini per la conclusione delle indagini preliminari". Il riferimento e', incontestabilmente, ai termini di cui all'art. 405 c.p.p., tant'e' vero che il comma 4 dell'art. 393 prevede espressamente la possibilita' di prorogarli "per il tempo indispensabile all'assunzione della prova". Chiamata a pronunciarsi sulla aderenza al dettato costituzionale di tali due norme - per violazione degli artt. 3 e 24 Costituzione - nella parte in cui non prevedono che l'incidente probatorio (nella specie una perizia) possa essere espletato "nella fase dell'udienza preliminare", la Corte costituzionale, con sentenza n. 77/1994, ha dichiarato l'illegittimita' di entrambe sotto tale profilo, osservando che "l'istituto dell'incidente probatorio e' preordinata a consentire alle parti principali l'assunzione delle prove non rinviabili al dibattimento", e che, ove ricorrano i presupposti di cui all'art. 392 c.p.p., "l'anticipata assunzione della prova si presenta indispensabile per l'acquisizione al processo di elementi - in tesi - necessari all'accertamento dei fatti e per garantire l'effettivita' del diritto delle parti alla prova, che sarebbe altrimenti irrimediabilmente perduta". Ha aggiunto, la Corte, che "tale esigenza concerne il diritto alla prova tanto del pubblico ministero che dell'imputato e prescinde, per quest'ultimo, dal fatto che egli abbia avuto o meno la possibilita' di chiedere l'incidente probatorio nella fase delle indagini preliminari, dato che le evenienze in questione possono insorgere per la prima volta dopo la richiesta di rinvio a giudizio". Ha concluso che "sotto il profilo sistematico, l'interruzione nell'acquisibilita' di prove non rinviabili al dibattimento appare contraddittoria con la continuita' che il legislatore ha assicurato all'attivita' di indagine". Le icastiche espressioni appena riportate parrebbero - in base ad una lettura che tenga conto dei principi generali enunciati - consentire, svincolando l'accesso all'incidente probatorio dai termini stabiliti dagli artt. 392 e 393 c.p.p., di concludere in termini di ammissibilita' della richiesta. A ben vedere, tuttavia, si tratta di conclusione non pacifica. La Corte costituzionale, nella sentenza citata, non ha infatti affrontato in alcun modo la problematica relativa all'interpretazione della dizione "nel corso delle indagini preliminari" di cui all'art. 392 c.p.p. alla luce del (apparentemente vincolante, in termini di ammissibilita') riferimento, contenuto nel successivo art. 393, alla "conclusione" delle indagini preliminari, limitandosi a menzionare, genericamente, la "fase delle indagini preliminari" e quella "dell'udienza preliminare", per concludere, come si e' detto, che l'incidente probatorio non puo' considerarsi precluso anche in tale ultima fase. Il che si comprende agevolmente, tenuto conto che la sentenza e' intervenuta prima dell'entrata in vigore della legge n. 479/1999, e dunque in un momento in cui l'incidente probatorio era diversamente disciplinato a seconda che si trattasse di reati di competenza del tribunale (per i quali dunque era prevista l'udienza preliminare) o di reati di competenza pretorile, in relazione ai quali vigevano, a riguardo, l'art. 551 c.p.p. e l'art. 155 disp. att. c.p.p. La legge n. 479/1999, abrogando l'art. 551 c.p.p. (e, conseguentemente, l'art. 155 disp. att.), ha uniformato la disciplina dell'incidente probatorio, che soggiace oggi alle medesime norme (392 e segg. c.p.p.) sia con riferimento ai reati per i quali e' prevista l'udienza preliminare, sia con riferimento a quelli per i quali e' prevista la citazione diretta a giudizio. Ha, inoltre, introdotto l'art. 415-bis c.p.p., che prevede una sorta di sub procedimento (che, secondo i lavori preparatori, "anticipa la possibilita' di avvalersi di alcune delle chances proprie del dibattimento e ... imposta in termini nuovi il rapporto fra organo inquirente e indagato, al quale viene riconosciuto, proprio con riferimento alla delicata fase delle indagini preliminari, il diritto di difendersi provando") dal quale possono seguire ulteriori articolazioni delle indagini, nonche' interventi difensivi. Con la conseguenza che, allo stato attuale della normativa, la persona sottoposta alle indagini per reati per i quali e' prevista l'udienza preliminare puo', alla luce della citata sentenza della Corte costituzionale, pur scaduto il termine di cui all'art. 405 c.p.p., e pur esercitata da parte del pubblico ministero l'azione penale, accedere all'incidente probatorio nella "fase dell'udienza preliminare", mentre la persona sottoposta alle indagini per reati per i quali e' prevista la citazione diretta tale facolta' (proprio in virtu' del disposto di cui all'art. 393 c.p.p.) parrebbe non avere, e cio' anche se le indagini preliminari, pur "concluse" ai sensi dell'art. 405 c.p.p., non possono certamente definirsi (non essendo stata esercitata l'azione penale, ed essendo stato instaurato il sub procedimento di cui all'art. 415-bis c.p.p.) "chiuse". Alla luce della gia' menzionata lettura dell'istituto dell'incidente probatorio (fornita dalla stessa Corte costituzionale) come anticipata assunzione della prova volta "all'accertamento dei fatti e a garantire l'effettivita' del diritto delle parti alla prova, che sarebbe altrimenti irrimediabilmente perduta", tale interpretazione in termini di inammissibilita' non sottrarrebbe a censure di incostituzionalita' gli artt. 392 e 393 c.p.p., sotto il profilo della violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che, nei casi disciplinati dall'art. 392 c.p.p., l'incidente probatorio possa essere richiesto ed eseguito, per i reati indicati dall'art. 550 c.p.p., fino alla citazione diretta a giudizio. Si verrebbe infatti ad ammettere in tal caso che, nel tempo - anche molto rilevante, non essendo previsti dalla legge, per il pubblico ministero, termini entro i quali esercitare l'azione penale dopo la conclusione delle indagini preliminari - intercorrente tra la scadenza dei termini di cui all'art. 405 c.p.p. e la citazione diretta a giudizio, la persona sottoposta alle indagini, e lo stesso pubblico ministero, non potrebbero accedere, pur in presenza di una prova non rinviabile al dibattimento (si pensi all'ipotesi di un testimone in fin di vita), all'incidente probatorio, con conseguenze inaccettabilmente lesive dei diritti di azione e di difesa. Si tratta di questione di legittimita' costituzionale che, per le ragioni esposte, si presenta non manifestamente infondata, nonche' di evidente rilevanza, essendo il Giraudo e l'Agricola sottoposti ad indagini esclusivamente per reati per i quali e' prevista la citazione diretta a giudizio. Il che induce il giudicante a sollevare la questione stessa in assenza di sollecitazione delle parti.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 392 e 393 c.p.p. per contrasto con il disposto degli artt. 3 e 24 della Costituzione, nei termini e per i motivi come esposti e precisati. Dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio iscritto con il n. 63/2000 n. r. in corso. Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia comunicata al p.m., notificata alle persone sottoposte alle indagini e al loro difensore, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Torino, 8 luglio 2000. Il giudice: Pironti 00C1133