N. 665 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 maggio 2000
Ordinanza emessa il 4 maggio 2000 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Gregoratti Sonia Processo penale - Patrocinio a spese dello Stato - Nomina del difensore di fiducia - Limitazione ad un professionista iscritto ad uno degli albi degli avvocati del distretto di Corte d'appello ove ha sede il giudice davanti al quale pende il procedimento - Irragionevolezza - Incidenza sul diritto di difesa - Riferimenti alle sentenze della Corte costituzionale nn. 144/1992, 139/1998 e 33/1999. - Legge 30 luglio 1990, n. 217, art. 9. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.46 del 8-11-2000 )
LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Gregoratti Sonia, nata il 18 settembre 1962, avverso ordinanza del 27 aprile 1999 del tribunale di sorveglianza di L'Aquila; Sentita la relazione svolta dal consigliere Macchia Alberto; Lette/sentite le conclusioni del p.g. O s s e r v a Con ordinanza del 27 aprile 1999, il tribunale di sorveglianza di L'Aquila ha respinto il reclamo proposto da Gregoratti Sonia avverso l'ordinanza con la quale era stata rigettata la richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti "relativamente al pricedimento n. 2169/97 R.G.T.". Il Tribunale adi'to in sede di reclamo ha infatti reputato corretta la decisione oggetto di impugnativa, in quanto la parte che intende avvalersi del beneficio in questione e' tenuta a designare un difensore di fiducia iscritto negli albi degli avvocati del distretto di Corte di appello nel quale ha sede il giudice davanti al quale pende il procedimento: evenienza, questa, che nella specie non si era realizzata. Riteneva poi manifestamente infondata l'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 9 della legge n. 217 del 1990, sollevata dal reclamante in riferimento agli artt. 4 e 24, terzo comma, della Costituzione, osservando che, relativamente all'art. 4 della Carta fondamentale, la questione era stata sollevata in via meramente ipotetica, mentre cio' che atteneva alla pretesa violazione dell'art. 24, terzo comma, Cost., non poteva dirsi in alcun modo limitato il diritto di difesa, "venendo semplicemente delimitata la scelta del difensore ad un determinato ambito territoriale, peraltro assai ampio". Avverso tale ordinanza l'interessata ha proposto ricorso per cassazione, nel quale ha dedotto violazione di legge ed erronea interpretazione dell'art. 9 della legge n. 217 del 1990, ed ha nuovamente sollevato eccezione di illegittimita' costituzionale di quest'ultima norma, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, e 24, secondo e terzo comma, Cost., nella parte in cui detta disposizione limita la possibilita' di nomina di difensore di fiducia da parte dell'ammesso al patrocinio a spese dello Stato agli iscritti ad uno degli albi degli avvocati del distretto di Corte di appello nel quale ha sede il giudice davanti al quale pende il procedimento. Sotto il primo profilo, ha osservato il ricorrente che, pur avendo lo Stato optato per un sistema di assunzione a suo carico delle spese connesse alla difesa dei non abbienti, la limitazione oggetto di censura introdurrebbe una differenziazione tra persone abbienti, da un lato e non abbienti, dall'altro, nel senso che i primi possono avvalersi del patrocinio di qualsiasi difensore, a differenza dei secondi, che debbono invece limitare la loro scelta a quelli iscritti ad un albo intra districtum, il che riprodurrebbe la medesima differenziazione che la legge ha invece inteso evitare, nonche' tra i non abbienti fra loro, poiche' soltanto il non abbiente che abbia rapporti fiduciari con professionisti che esercitino nel distretto ove si svolge il procedimento puo' avvalersi dell'opera di un difensore da lui scelto, mentre il non abbiente che tali rapporti non abbia deve accontentarsi di una difesa sostanzialmente di ufficio, anche se formalmente di fuducia. Quanto alla violazione dell'art. 24 Cost., ha osservato il ricorrente che, una volta prevista la difesa fiduciaria del non abbiente, condizionare la scelta ad un ambito territoriale determinato significa privare di contenuto e di effettivita' il diritto al cui esercizio la scelta e' finalizzata. La proposta eccezione di illegittimita' costituzionale, rilevante ai fini della decisione sul ricorso, viene reputata da questa Corte non manifestamente infondata. La legge n. 217 del 1990, integrata dal regolamento sulle modalita' di pagamento dei compensi approvato con d.m. 3 novembre 1990, n. 327, e pubblicata pochi mesi dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di rito, si presenta nelle intenzioni del legislatore come un testo normativo complementare a quello, con la dichiarata finalita' di contribuire al riequilibrio della parita' delle parti al nuovo processo penale caratterizzato dal modello accusatorio, anche mediante il riconoscimento di appositi istituti idonei ad assicurare la garanzia del diritto di difesa, nel quale e' compresa la difesa del soggetto sprovvisto di mezzi adeguati e non abbiente, "imputato, persona offesa dal reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile ovvero civilmente obbligato per la pena pecuniaria" (art. 1). Tale finalita' e' resa evidente dal tenore della relazione allegata al disegno di legge presentato il 22 luglio 1988 dall'allora Ministro della giustizia - in larghissima misura trasfuso nel testo definitivo della legge, come si vedra', nella parte che qui interessa - e della relazione svolta dall'on. Pedrazzi Cipolla alla Commissione giustizia della Camera il 12 luglio 1989 e in Assemblea il 6 dicembre successivo, atti dai quali traspare la scelta, anche in considerazione dei gravi problemi di finanziamento del provvedimento, fosse stata quella di concentrare l'intervento sul solo processo penale, estendendo il beneficio a tutte le parti private in tale processo ed assicurando il medesimo intervento nel processo civile limitatamente all'azione per le restituzioni e per il risarcimento del danno derivanti da reato. La riforma dell'istituto risponde dunque all'imperativo dettato dagli artt. 24, terzo comma, Cost., 6, comma 3, lett. c), della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e 14, comma 3, lett. d), del Patto internazionale sui diritti civili e politici, recepito, quanto al procedimento penale, dalle norme di cui agli artt.2, n. 21, della legge-delega n. 81 del 1987, 98 e 225, secondo comma cod. proc. pen. e 32 disp. att. cod. proc. pen., cosi' superandosi il tradizionale ed angusto istituto del gratuito patrocinio, prima configurato, quanto al procedimento penale, dall'art.3 disp. att. cod. proc. pen. 1930. Il carattere primario dei valori costituzionali espressi dal riconoscimento del diritto di azione e di difesa in giudizio, sancito dal primo comma dell'art. 24 Cost., di cui la garanzia del terzo comma costituisce necessario corollario in forza dei principi di uguaglianza e solidarieta', sottendono un piu' ampio interesse generale ed assumono una ancora piu' marcata cogenza per il legislatore "soprattutto nel caso di patrocinio in materia penale per la difesa dell'imputato", perche' soltanto se all'mputato non abbiente siano assicurati i mezzi per difendersi trova ordinata esplicazione la potesta' punitiva statuale; di talche' la garanzia deve essere ritenuta operante "tutte le volte in cui si sia in presenza di un procedimento giurisdizionale nel quale l'imputato abbia diritto di farsi assistere dal proprio difensore" (Corte cost., sent. nn. 144 del 1992, 139 del 1998, 33 del 1999), con l'ulteriore postulato che soltanto una "procedura snella" e' pienamente attuativa del dettato costituzionale, in quanto le esigenze di una tutela "la piu' sollecita possibile" del diritto di difesa per i non abbienti presuppone necessariamente "tempi brevi" (Corte cost., sent. n. 144 del 1992 e ord. n. 231 del 1999). Tempestivita' e completezza delle garanzie sono dunque i cardini ineludibili dell'istituto. Rimangono invece in vigore, per le restanti materie, i testi normativi contenenti disposizioni sul gratuito patrocinio, dal fondamentale r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, agli artt. 10-16 della legge 11 agosto 1973, n. 533, per le controversie individuali di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie, all'art. 75 della lette 4 maggio 1983, n. 184, riguardo alla adozione ed all'affidamento dei minori, all'art. 15 della legge 13 aprile 1988, n. 117, per l'azione risarcitoria derivante da responsabilita' civile dei magistrati, fino al piu' recente art. 13 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per il processo tributario, in attesa della generale riforma del patrocinio dei non abbienti "avanti ad ogni giurisdizione", prefigurata dall'art. 1, comma 7, della legge n. 217 del 1990. In tale quadro di riferimento, la norma sospettata di incostituzionalita' si presenta davvero come eccentrica rispetto ai fondamentli valori che essa coinvolge, giacche' il limite che in essa e' prefigurato si atteggia alla stregua di fattore preclusivo alla fruizione del beneficio (Cass., sez. II, 12 gennaio 1999, Catarinella, Cass., sez. I, 20 ottobre 1999, Di Rienzo), con evidenti automatici riflessi che compromettono ad un tempo tanto l'art. 3 che l'art. 24 della Costituzione. Significative appaiono, in proposito, le considerazioni svolte nella relazione illustrativa del disegno di legge di iniziativa governativa di cui innanzi si e' fatto cenno (A.C. n. 3048 - X legislatura). Nel trattare, infatti, della nomina del difensore, il Guardasigilli proponente aveva ritenuto di conferire "all'imputato ampia facolta' di scelta dell'avvocato o procuratore dal quale egli intende essere assistito, cosi' da non far venire meno l'elemento fiduciario, che e' alla base di ogni rapporto di prestazione d'opera professionale, e da assicurare parita' del non abbiente con gli altri cittadini... L'unico limite, di natura indiretta, deriva(va) dalla previsione dell'art. 4, primo comma, lettera a), secondo cui non sono a carico dello Stato le somme dovute al difensore (o al consulente tecnico di parte) per trasferte che non avvengano nell'ambito del distretto nel quale ha sede il giudice procedente". Tale limitazione, si sottolineo', parve "opportuna per far si' che la scelta si orienti su difensori con studio in localita' vicine a quella in cui si trova l'autorita' giudiziaria competente, e contenente cosi' l'onere per l'Erario". Cio' sta dunque a significare che, nella stessa prospettiva del legislatore, qualsiasi limitazione nella scelta del difensore non poteva che essere realizzata attraverso forme "indirette", nel senso che per bilanciare le esigenze di maggiori oneri per lo Stato occorresse operare nella sede pertinente, vale a dire introducendo gli adeguati correttivi fra le disposizioni che regolavano la liquidazione dei compensi al difensore. La scelta finale, frutto di un emendamento approvato senza discussione dalla Camera nella seduta del 13 febbraio 1990, fu invece quella - del tutto eterodossa rispetto al fine perseguito - di limitare il diritto di nomina fiduciaria ad un difensore iscritto in uno degli albi del distretto, cosi' trsferendo una esigenza patrimoniale dal contesto suo proprio (compensi o rimborsi spettanti al difensore) fino a renderla indebita ragione giustificatrice di una seria compromissione delle garanzie che la stessa norma e', al contrario, chiamata integralmente a presidiare. D'altra parte, in tema di scrutinio di ragionevolezza, la Corte costituzionale ha osservato come ogni tessuto normativo debba presentare "una "motivazione" obiettiva nel sistema, che si manifesta come entita' tipizzante del tutto avulsa dai "motivi", storicamente contingenti, che possono aver indotto il legislatore a formulare una specifica opzione, sicche', ove dall'analisi di tale motivazione scaturisca "la verifica di una carenza di "causa o "ragione della disciplina introdotta, allora e soltanto allora potra' dirsi realizzato un vizio di legittimita' costituzionale della norma, proprio perche' fandato sulla "irragionevole e percio' stesso arbitraria scelta di introdurre un regime che necessariamente finisce per omologare fra loro situazioni diverse o, al contrario, per differenziare il trattamento di situazioni analoghe" (Corte cost., n. 89 del 1996). Ebbene, il caso di specie e' emblematico esempio di come la "causa" normativa sia del tutto carente, essendo venuti in discorso soltanto "motivi" del tutto contingenti, strutturalmente estranei al contesto normativo che viene qui in discorso. La scelta del difensore all'interno del distretto infatti, non rinviene "causa" in una esigenza del processo ne' risulta raccordato a necessita' comunque correlate alla dinamica del procedimento o a valori ad esso sottesi, come ad esempio avviene nella ipotesi disciplinata dall'art. 65 delle disposizioni di attuazione del codice di rito od in quella prevista dall'art. 29 delle medesime disposizioni. La limitazione di cui qui si discute, in altri termini, per andare esente dalle proposte censure, dovrebbe giustificarsi solo in chiave "processuale", giacche' soltanto in una simile prospettiva potrebbe assumersi un bilanciamento di valori - antagonisti ma proprio per questo correlati nel medesimo alveo finalistico - atto a circoscrivere, in termini di ragionevole equilibrio, le modalita' di esercizio dell'inviolabile diritto di difesa. Tutto cio' e' all'evidenza estraneo alla disposizione che qui si contesta. E' infatti evidente che l'imputato puo' essere del tutto estraneo al luogo presso il quale e' in corso il procedimento, sicche' nessun tipo di rapporto fiduciario puo' presumersi abbia instaurato o sia in grado di instaurare con i difensori del distretto. Al tempo stesso, le modifiche apportate alla professione forense ad opera della legge n. 27 del 1997, successiva alla previsione qui in discorso, a sua volta strettamente correlata alla previgente disciplina, escludendo qualsiasi limite territoriale all'esercizio della ormai unificata professione di avvocato (a seguito della soppressione dell'albo dei procuratori legali), rendono incoerente - agli effetti che qui interessano - qualsiasi riferimento "localistico", ben potendo l'iscrizione ad un determinato albo essere frutto di scelte personali del professionista non essendo questi vincolato ad esercitare il proprio ministero all'interno del distretto. Per altro verso, e quand'anche si volessero ulteriormente evocare a sostegno della norma i "motivi" connessi alla riduzione degli oneri per l'Erario derivanti dalle trasferte del difensore, gli stessi si appaleserebbero all'evidenza incongrui per il giudizio di cassazione, stante l'impossibilita' di configurare per quel giudizio alcuna limitazione di tipo "distrettuale".
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione, di legittimita' costituzionale dell'art. 9 della legge 30 luglio 1990, n. 217, nella parte in cui limita la possibilita' di nomina del difensore di fiducia ad un professionista iscritto ad uno degli albi degli avvocati del distretto di Corte di appello ove ha sede il giudice davanti al quale pende il procedimento; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e per comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Sospende il giudizio in corso. Cosi' deciso in Roma, addi' 4 maggio 2000. Il Presidente: La Gioia Il consigliere estensore: Macchia 00C1138