N. 458 ORDINANZA 23 ottobre - 2 novembre 2000

Ordinanza 23 ottobre-2 novembre 2000
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento   civile  -  Responsabilita'  civile  dei  magistrati  -
Proposizione  di domanda risarcitoria, da parte di un magistrato, per
l'adozione  nei  suoi  confronti  di  un  provvedimento  di  custodia
cautelare  -  Foro  competente - Mancata previsione della deroga alla
competenza  territoriale  anche  nel  caso  in  cui  l'attore  sia un
magistrato   che,  sia  al  momento  del  fatto  sia  all'atto  della
proposizione  della  domanda  risarcitoria, svolgeva la sua attivita'
nel  distretto  al  quale appartiene l'ufficio giudiziario chiamato a
decidere  in  ordine  ad  essa  -  Asserita violazione del diritto di
difesa  del magistrato danneggiante, nonche' irragionevole disparita'
di  trattamento  di  situazioni  sostanzialmente analoghe - Questione
gia' dichiarata manifestamente infondata - Manifesta infondatezza.
- Legge 13 aprile 1988, n. 117, art. 4, comma 1.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.46 del 8-11-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare MIRABELLI;
Giudici: Francesco GUIZZI, Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Cesare
RUPERTO,  Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo
MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 4, comma 1,
della  legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati
nell'esercizio  delle  funzioni  giudiziarie e responsabilita' civile
dei magistrati), promosso con ordinanza emessa il 28 ottobre 1998 dal
tribunale  di  Messina  nel procedimento civile vertente tra Recupero
Giuseppe  e  la  Presidenza  del  Consiglio dei Ministri, iscritta al
n. 129  del  registro  ordinanze  2000  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 15, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 12 ottobre 2000 il giudice
relatore Cesare Ruperto.
    Ritenuto   che   -   nel   corso   della   fase   di  delibazione
dell'ammissibilita'  di  una domanda proposta da un magistrato contro
la Presidenza del Consiglio dei Ministri per ottenere il risarcimento
dei danni cagionatigli dall'adozione nei suoi confronti, da parte del
pubblico  ministero  e del giudice per le indagini preliminari presso
il  tribunale  di  Reggio  Calabria,  di un provvedimento di custodia
cautelare,  asseritamente  illegittimo - il tribunale di Messina, con
ordinanza  emessa  il  28 ottobre  1998,  ha  sollevato  questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 4,  comma  1,  della  legge
13 aprile    1988,   n. 117   (Risarcimento   dei   danni   cagionati
nell'esercizio  delle  funzioni  giudiziarie e responsabilita' civile
dei  magistrati),  "nella  parte in cui non esclude la competenza del
tribunale del luogo ove ha sede la corte d'appello del distretto piu'
vicino  a  quello  in  cui e' compreso l'ufficio giudiziario al quale
apparteneva  il  magistrato  (danneggiante) al momento del fatto, per
attribuirla  al  tribunale  del  luogo ove ha sede la corte d'appello
dell'altro  distretto  piu'  vicino,  diverso  da  quello  in  cui il
magistrato  (danneggiante)  esercitava le sue funzioni al momento del
fatto,  anche  nel caso in cui l'azione sia promossa da un magistrato
che,  al  momento  del fatto, operava nel medesimo tribunale indicato
come competente o che in ufficio dello stesso distretto sia venuto ad
operare al momento della proposizione della domanda";
        che, a giudizio del rimettente - dovendosi ravvisare la ratio
della deroga agli ordinari criteri di competenza territoriale dettata
dalla  disposizione  impugnata  nella necessita' di evitare turbative
alla  serenita'  ed  imparzialita' del giudicante chiamato a decidere
nei  confronti  di  un  magistrato  operante nel suo stesso ufficio o
nello stesso distretto di appartenenza -, la denunciata norma si pone
in  contrasto  con  gli  artt. 3  e  24 Cost., nella parte in cui non
prevede analogo e speculare spostamento della competenza territoriale
quando  l'attore  sia  a  sua  volta  un  magistrato  che (come nella
fattispecie),   sia   al   momento  del  fatto,  sia  all'atto  della
proposizione  della  domanda  risarcitoria, svolgeva la sua attivita'
nel  distretto  al  quale appartiene l'ufficio giudiziario chiamato a
decidere in merito alla stessa;
        che      infatti,      secondo      il     rimettente,     il
"magistrato-danneggiante"   viene   a   trovarsi,   rispetto  al  suo
contraddittore,  in  una  posizione  deteriore,  non  mitigata  dalla
circostanza  dell'essere  l'azione formalmente esperita nei confronti
della  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri, essendo la relativa
decisione  comunque idonea ad incidere nei suoi confronti tanto sotto
il  profilo  economico  quanto  sotto  quello  disciplinare, morale e
professionale;
        che  da  cio'  deriverebbe appunto - come reso evidente dalla
comparazione  della fattispecie in esame con quella dell'art. 11 cod.
proc.   pen.,  dove  e'  previsto  l'obbligatorio  spostamento  della
competenza  territoriale  tanto nell'ipotesi in cui il magistrato sia
soggetto  passivo  dell'azione  penale  quanto  in quella in cui egli
assuma  la  veste di parte lesa dal reato - la violazione del diritto
di  difesa  del  magistrato danneggiante e, insieme, del principio di
uguaglianza per irragionevole disparita' di trattamento di situazioni
sostanzialmente analoghe;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato,
concludendo  per  la  declaratoria  di inammissibilita' o comunque di
infondatezza della sollevata questione.
    Considerato  che,  successivamente alla proposizione dell'odierno
incidente  di  costituzionalita',  questa Corte - con sentenza n. 301
del   1999  -  ha  dichiarato  la  manifesta  infondatezza  di  altra
questione,    sollevata    dallo    stesso   rimettente,   a   questa
sostanzialmente identica, fatta eccezione per la sola circostanza che
nel  presente  giudizio  a quo il magistrato attore esercitava le sue
funzioni  nel  medesimo  distretto  del  tribunale sia al momento del
fatto,   sia   anche   all'atto   della  proposizione  della  domanda
risarcitoria;
        che,  in  questa sede, deve ulteriormente sottolinearsi come,
nel  prospettare  la  questione, il tribunale non abbia adeguatamente
tenuto conto della peculiarita' del giudizio ex lege n. 117 del 1988,
che e' volto all'accertamento dell'esistenza o non di un'obbligazione
di  danni  a  carico  dello  Stato,  in  persona  del  Presidente del
Consiglio dei Ministri, unica parte convenuta (in senso sostanziale e
formale)  nel  giudizio  stesso;  e che dunque, proprio in ragione di
tale  peculiarita',  e'  erroneo  porre sullo stesso piano e tra loro
rapportare  la  figura  dell'attore  e  quella  del magistrato al cui
comportamento,  atto  o  provvedimento, si faccia risalire l'asserita
responsabilita' dei richiesti danni;
        che,  non  sussistendo  i  presupposti  per la comparabilita'
delle  situazioni all'interno di codesto autonomo sistema processuale
-  la  cui  ratio  si  fonda,  per precisa ed incensurabile scelta di
politica legislativa, sull'esigenza di evitare un contenzioso diretto
tra  il danneggiato e l'organo giurisdizionale cui si faccia risalire
l'asserita  responsabilita' civile -, non e' ravvisabile il vulnus al
principio  di  uguaglianza  in  correlazione  al  diritto  di difesa,
prospettato sotto lo specifico profilo di cui sopra;
        che, inoltre, sotto un piu' ampio profilo, va ribadito come -
con  riguardo  al  bilanciamento  degli opposti valori e interessi in
materia  -  la netta differenza strutturale e funzionale tra processo
civile e processo penale porti ad escludere che la regola derogatoria
della  competenza di cui al richiamato art. 11 cod. proc. pen. sia da
assumere  necessariamente  a  criterio generale (ordinanza n. 462 del
1997);  e  come  il  solo  legislatore  possa, nell'esercizio del suo
potere  discrezionale,  stabilire  quando  ricorra quell'identita' di
ratio che imponga l'estensione del criterio di cui a tale articolo, e
quando  invece  cio'  non  avvenga  affatto o la stessa finalita' sia
realizzabile   attraverso   la  previsione  di  un  foro  derogatorio
appropriato alla specifica materia (sentenza n. 51 del 1998);
        che   tali   considerazioni  valgono  evidentemente  anche  a
proposito  della  regola  derogatoria  di  cui alla denunciata norma,
giacche'  la  scelta  di  regolamentare  la relazione tra la qualita'
dell'attore,  di  magistrato  esercente  le funzioni nel distretto, e
l'ufficio  giudiziario  del  distretto  medesimo, chiamato a decidere
sulla  sua  domanda,  ricade - allo stesso modo che con riguardo alle
cause  civili  aventi qualunque altro oggetto - nella sfera riservata
al  legislatore,  il  quale  puo'  ritenere sufficienti ad assicurare
l'imparzialita'   del   giudicante  le  norme  sull'astensione  e  la
ricusazione, ovvero scegliere di ampliare la portata della necessaria
garanzia   in   materia   con   l'introduzione   di  ulteriori  norme
derogatorie;
        che  costituisce  appunto esercizio di detta discrezionalita'
il  successivo  intervento attuato con legge 2 dicembre 1998, n. 420,
la quale - dettando nuove e diverse disposizioni in materia, peraltro
non  applicabili,  ratione temporis nel giudizio a quo -, non solo ha
modificato  gli  artt. 4,  comma 1, ed 8, comma 2, della legge n. 117
del  1988  e  lo stesso art. 11 cod. proc. pen., ma ha anche inserito
nel  codice  di  procedura  civile  l'art. 30-bis dove si prevede che
tutte  le  cause in cui sono comunque parti i magistrati appartengono
alla  competenza  del  giudice,  ugualmente  competente  per materia,
determinato a' sensi dell'art. 11 cod. proc. pen;
        che,  pertanto,  la  sollevata  questione  e'  manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 4,  comma  1,  della  legge
13 aprile    1988,   n. 117   (Risarcimento   dei   danni   cagionati
nell'esercizio  delle  funzioni  giudiziarie e responsabilita' civile
dei  magistrati),  sollevata,  in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione,  dal  tribunale di Messina, con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                        Il redattore: Ruperto
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 2 novembre 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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