N. 461 SENTENZA 23 ottobre - 3 novembre 2000

Sentenza 23 ottobre-3 novembre 2000
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Previdenza  e  assistenza  sociale  -  Pensione  di  reversibilita' -
Soggetti   beneficiari   -   Mancata   inclusione,   nel  novero  dei
beneficiari,  del  convivente  more uxorio anche quando la convivenza
presenti  i  caratteri  della  stabilita' e della certezza propri del
vincolo   coniugale   -   Asserita,   irragionevole,   disparita'  di
trattamento,   rispetto   al  coniuge  beneficiario  della  pensione,
ancorche'  separato  o  divorziato,  nonche'  lamentata  lesione  dei
diritti  inviolabili  della  persona  -  Diversita'  delle situazioni
confrontate - Non fondatezza della questione.
- R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636 (convertito, con modificazioni, nella
  legge  6  luglio  1939,  n. 1272), art. 13; legge 1o dicembre 1970,
  n. 898, art. 9, secondo e terzo comma, come sostituito dall'art. 13
  della legge 6 marzo 1987, n. 74.
- Costituzione, artt. 2 e 3.
(GU n.46 del 8-11-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:  Francesco  GUIZZI,  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo VARI,
Cesare  RUPERTO,  Riccardo  CHIEPPA,  Valerio ONIDA, Fernanda CONTRI,
Guido  NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco
BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 13 del regio
d.l.  14 aprile  1939, n. 636 (Modificazioni delle disposizioni sulle
assicurazioni  obbligatorie  per l'invalidita' e la vecchiaia, per la
tubercolosi  e  per  la  disoccupazione  involontaria, e sostituzione
dell'assicurazione per la maternita' con l'assicurazione obbligatoria
per  la  nuzialita'  e  la natalita'), convertito, con modificazioni,
nella  legge  6 luglio  1939, n. 1272, e dell'art. 9, secondo e terzo
comma,  della  legge 1o dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di
scioglimento del matrimonio), come sostituitodall'art. 13 della legge
6 marzo  1987,  n. 74  (Nuove  norme  sulla  disciplina  dei  casi di
scioglimento   di  matrimonio),  promosso  con  ordinanza  emessa  il
27 dicembre  1999  dal  tribunale  di Taranto nel procedimento civile
vertente   tra  Giorgetto  Francesca  e  l'Istituto  nazionale  della
previdenza  sociale  (INPS)  ed altra, iscritta al n. 89 del registro
ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 11, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visti   l'atto   di  costituzione  dell'INPS  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10 ottobre  2000  il  giudice
relatore Annibale Marini;
    Udito l'avvocato Michele Di Lullo per l'INPS.

                          Ritenuto in fatto


    1. - La  convivente  more  uxorio del titolare di una pensione ha
promosso,   alla  morte  di  quest'ultimo,  un  giudizio  dinanzi  al
tribunale  di  Taranto, in funzione di giudice del lavoro, diretto al
riconoscimento   del   trattamento  pensionistico  di  reversibilita'
attribuito, invece, alla moglie separata del defunto.
    nel  corso  del  giudizio,  il  tribunale  adito ha sollevato, in
riferimento  agli  artt.  2  e  3  della  Costituzione,  questione di
legittimita' costituzionale:
        a)   dell'art. 13  del  regio  d.l.  14 aprile  1939,  n. 636
(Modificazioni  delle  disposizioni  sulle assicurazioni obbligatorie
per  l'invalidita'  e  la  vecchiaia,  per  la  tubercolosi  e per la
disoccupazione involontaria, e sostituzione dell'assicurazione per la
maternita'  con  l'assicurazione  obbligatoria per la nuzialita' e la
natalita'), convertito, con modificazioni, nella legge 6 luglio 1939,
n. 1272,  nella  parte  in  cui non include il convivente more uxorio
nell'elenco  dei  soggetti  legittimati  ad  ottenere  la pensione di
reversibilita',  pur  attribuendo  il  relativo  diritto  al  coniuge
superstite;
        b)   dell'art. 9,   secondo   e   terzo  comma,  della  legge
1o dicembre  1970,  n. 898  (Disciplina  dei casi di scioglimento del
matrimonio),  come  sostituito dall'art. 13 della legge 6 marzo 1987,
n. 74  (Nuove  norme  sulla  disciplina  dei  casi di scioglimento di
matrimonio),  nella  parte  in  cui  non includono il convivente more
uxorio  tra  i  soggetti beneficiari del trattamento pensionistico di
reversibilita',  pur  attribuendo  il  relativo  diritto  al  coniuge
divorziato  ed  ai  soggetti  superstiti  succedutisi nel rapporto di
coniugio con il de cuius.

    Il giudice rimettente dubita che le disposizioni denunciate siano
incostituzionali sotto il profilo del loro contrasto sia con l'art. 2
Cost.,  che tutela l'individuo in qualunque contesto egli esplichi la
propria  personalita'  (quindi,  verosimilmente, anche nella famiglia
c.d.  di  fatto),  che con il generale principio di eguaglianza tra i
cittadini   senza  distinzioni  di  condizioni  sociali  e  personali
garantito dall'art. 3 Cost.
    Il  rimettente  premette di non ignorare la netta differenza che,
secondo una consolidata giurisprudenza costituzionale, intercorre tra
il  rapporto  more  uxorio  e  quello  coniugale,  "il solo ad essere
caratterizzato  da  stabilita'  e  certezza,  nonche' reciprocita' di
diritti e doveri".
    Il  dubbio  di  costituzionalita'  sollevato  non  riguarderebbe,
tuttavia,  la  "perfetta equiparabilita' della convivenza di fatto al
rapporto  di  coniugio"  bensi'  la  "ragionevolezza  ex art. 3 della
Costituzione della diversita' di trattamento" per quanto attiene alla
particolare  disciplina  previdenziale  che  nella  specie  viene  in
considerazione.
    E cio' al fine di "evitare eventuali ingiustificate disparita' di
trattamento  delle condizioni di vita che derivano dalla convivenza e
dal coniugio".
    Su  tale  base  ed  avuto  riguardo alla natura giuridica ed alla
funzione  sociale  del  trattamento  di  reversibilita' il rimettente
ritiene  che  agli  effetti  previdenziali  possa  assumere  rilievo,
accanto  alla famiglia fondata sul matrimonio, anche la c.d. famiglia
di  fatto,  "essendo  tale  modello  anche teso al soddisfacimento di
esigenze  socialmente apprezzabili, di tutela della persona in quanto
tale,  giungendo cosi' ad un rafforzamento di esigenze solidaristiche
fortemente  sentite  anche  nell'ambito  del  nucleo  familiare cosi'
inteso in senso previdenziale".

    2. - Si  e'  costituito  in  giudizio  l'Istituto nazionale della
previdenza  sociale  (INPS) chiedendo che la questione sia dichiarata
non   fondata   ed   osservando,   in  particolare,  che  la  mancata
considerazione  ai  fini  previdenziali  della convivenza more uxorio
deriva   essenzialmente   dalla  circostanza  che,  diversamente  dal
rapporto  coniugale,  la  convivenza e' soltanto un rapporto di fatto
privo di rilevanza giuridica.
    La infondatezza della questione emergerebbe, poi, con sufficiente
sicurezza dalla giurisprudenza di questa Corte e dalla considerazione
che  "se  la  funzione  della pensione di reversibilita' e' quella di
sostentamento  del  coniuge superstite prima indirettamente adempiuta
dalla  pensione  di  cui era titolare il coniuge defunto [...] non si
vede  perche'  a  tale  situazione debba equipararsi il convivente il
quale,  proprio  perche'  vive  fuori del matrimonio, non puo' essere
soggetto dei diritti e dei doveri che dallo stesso scaturiscono".

    3. - E'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   concludendo  per  la  dichiarazione  di  inammissibilita'  e
comunque di manifesta infondatezza della questione.
    Ad avviso dell'Avvocatura il rimettente chiederebbe, in sostanza,
a questa Corte l'aggiunta alle disposizioni di legge censurate di una
ipotesi nuova e diversa rientrante nell'ambito della discrezionalita'
legislativa.  Sicche', come e' stato piu' volte deciso, la questione,
sotto tale aspetto, sarebbe inammissibile.
    Secondo la parte pubblica, inoltre, l'elencazione normativa delle
categorie   aventi   titolo   alle   prestazioni   previdenziali   di
reversibilita'  sarebbe  ispirata  al  criterio  della certezza delle
situazioni giuridiche.
    Cio' che sarebbe confermato dalla circostanza che anche quando il
diritto   alle   suddette   prestazioni  e'  stato  svincolato  dalla
persistenza del vincolo coniugale (come per il coniuge divorziato) il
legislatore   ha  comunque  richiesto  la  compresenza  di  requisiti
oggettivamente  riscontrabili  (e  cioe'  l'esistenza  del precedente
vincolo  coniugale,  la  inesistenza  di  nuove  nozze,  la fruizione
dell'assegno postmatrimoniale).
    Attribuire  la  pensione  di  reversibilita'  al  convivente more
uxorio  richiederebbe,  invece,  una  verifica  di fatto in ordine al
requisito  della convivenza, e comporterebbe la rinuncia al principio
di  certezza  delle situazioni giuridiche che, al contrario, dovrebbe
trovare  nel  diritto  previdenziale la piu' rigorosa attuazione data
anche la sua incidenza sugli equilibri della spesa pubblica.
    Mentre,  e  su un piano ancora piu' generale, poiche' la famiglia
fondata  sul  matrimonio  sarebbe  una particolare formazione sociale
entro  la  quale  la persona verrebbe ad assumere diritti inviolabili
specifici ed ulteriori rispetto a quelli riconosciuti in via generale
dall'art. 2 Cost., risulterebbe del tutto legittimo il riconoscimento
di  tali  specifici  diritti  ai  soli  coniugi  con  esclusione  dei
conviventi more uxorio.

                       Considerato in diritto


    1. - Il tribunale di Taranto in funzione di giudice del lavoro ha
sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 2  e  3  della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 13 del regio
d.-l.  14 aprile 1939, n. 636 (Modificazioni delle disposizioni sulle
assicurazioni  obbligatorie  per l'invalidita' e la vecchiaia, per la
tubercolosi  e  per  la  disoccupazione  involontaria, e sostituzione
dell'assicurazione per la maternita' con l'assicurazione obbligatoria
per  la  nuzialita'  e  la natalita'), convertito, con modificazioni,
nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, e 9, secondo e terzo comma, della
legge  1o dicembre  1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento
del  matrimonio),  come  sostituito  dall'art. 13 della legge 6 marzo
1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di
matrimonio),  nella  parte  in  cui  non includono il convivente more
uxorio  fra  i  soggetti beneficiari del trattamento pensionistico di
reversibilita'.
    Sarebbero  cosi'  violati,  secondo  il  rimettente, sia l'art. 2
della  Costituzione  che  tutela  l'individuo  in  qualunque contesto
esplichi la propria personalita' e, quindi, anche nella famiglia c.d.
di   fatto   sia  l'art. 3  della  Costituzione  per  l'irragionevole
disparita'  di  trattamento  che  conseguirebbe ad una disciplina che
accorda  la  pensione  di reversibilita' al coniuge pur se separato o
divorziato  per  negarla,  invece,  al  convivente  more uxorio anche
quando,  come nella specie, la convivenza abbia acquistato gli stessi
caratteri di stabilita' e certezza propri del vincolo coniugale.

    2. - La questione non e' fondata.
    La  distinta  considerazione costituzionale della convivenza more
uxorio   e   del   rapporto   coniugale,   affermata  dalla  costante
giurisprudenza   di   questa   Corte,   non   esclude   affatto   "la
comparabilita'   delle  discipline  riguardanti  aspetti  particolari
dell'una  e  dell'altro  che possano presentare analogie, ai fini del
controllo  di  ragionevolezza  a  norma  dell'invocato  art. 3  della
Costituzione" (sentenza n. 8 del 1996).
    L'aspetto  particolare che, nella specie, viene in considerazione
e'    quello    previdenziale,    assumendosi   dal   rimettente   la
irragionevolezza   della   disparita'   di   trattamento  insita  nel
riconoscere  la  pensione  di  reversibilita'  al  coniuge, ancorche'
separato  o  divorziato, negandola, invece, al convivente more uxorio
pur  se  il  suo  rapporto  sia dotato di "quegli stessi requisiti di
stabilita' e certezza tipici del rapporto di coniugio".
    In  contrario,  va  affermato,  indipendentemente da ogni altra e
diversa  considerazione,  come gli attuali caratteri della convivenza
more   uxorio  rendano  non  irragionevole  la  scelta,  operata  dal
legislatore  in  ambito previdenziale, di escludere il convivente dal
novero dei soggetti destinatari della pensione di reversibilita'.
    Diversamente dal rapporto coniugale, la convivenza more uxorio e'
fondata  esclusivamente  sulla affectio quotidiana - liberamente e in
ogni  istante  revocabile - di ciascuna delle parti e si caratterizza
per  l'inesistenza  di quei diritti e doveri reciproci, sia personali
che  patrimoniali,  che  nascono dal matrimonio (ex plurimis sentenza
n. 8 del 1996).
    La  mancata  inclusione del convivente fra i soggetti beneficiari
del  trattamento  di  reversibilita'  rinviene  allora  una  sua  non
irragionevole  giustificazione nella circostanza che tale pensione si
ricollega geneticamente ad un preesistente rapporto giuridico che qui
per  definizione manca. Con la conseguenza che, anche sotto l'aspetto
considerato,  deve  ribadirsi  la diversita' delle situazioni poste a
raffronto  e,  quindi,  la  non  illegittimita'  di una differenziata
disciplina delle stesse.

    3. - Nemmeno  puo'  dirsi  violato  il  principio di tutela delle
formazioni sociali in cui si sviluppa la persona umana.
    E  cio' in quanto la riferibilita' dell'art. 2 della Costituzione
"anche  alle  convivenze di fatto, purche' caratterizzate da un grado
accertato di stabilita'" (sentenze n. 310 del 1989 e n. 237 del 1986)
non   comporta  un  necessario  riconoscimento,  al  convivente,  del
trattamento  pensionistico di reversibilita' che non appartiene certo
ai   diritti   inviolabili  dell'uomo  presidiati  dall'art. 2  della
Costituzione.
    Mentre  le  esigenze  solidaristiche  evidenziate  dal rimettente
possono trovare la sede idonea alla loro realizzazione nell'attivita'
del   legislatore   e   non   gia'   nel   giudizio  di  legittimita'
costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 13  del  regio  d.l.  14 aprile 1939, n. 636 (Modificazioni
delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidita'
e   la   vecchiaia,  per  la  tubercolosi  e  per  la  disoccupazione
involontaria, e sostituzione dell'assicurazione per la maternita' con
l'assicurazione  obbligatoria  per  la  nuzialita'  e  la natalita'),
convertito,  con modificazioni, nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, e
dell'art. 9,  secondo  e  terzo  comma, della legge 1o dicembre 1970,
n. 898  (Disciplina  dei  casi  di scioglimento del matrimonio), come
sostituito  dall'art. 13 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme
sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), nella parte
in  cui  non  includono  il  convivente  more  uxorio  tra i soggetti
beneficiari   del   trattamento   pensionistico   di  reversibilita',
sollevata,  in  riferimento  agli artt. 2 e 3 della Costituzione, dal
tribunale di Taranto con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                        Il redattore: Marini
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 3 novembre 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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