N. 521 ORDINANZA 15 - 21 novembre 2000

Giudizio   sull'ammissibilita'   del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato.

Polizia   giudiziaria   -   Diretta   disponibilita'   della  polizia
giudiziaria   da   parte   dell'autorita'  giudiziaria  -  Disciplina
ministeriale  dei  compiti  dei  servizi  centrali e interprovinciali
delle  forze  di polizia - Conflitto di attribuzione tra poteri dello
Stato,  promosso dal Procuratore distrettuale della Repubblica presso
il  Tribunale  di  Napoli, nei confronti del Presidente del Consiglio
dei ministri - Asserita lesione delle attribuzioni costituzionali del
pubblico  ministero - Delibazione preliminare dell'ammissibilita' del
ricorso   -  Sussistenza  dei  requisiti  soggettivo  e  oggettivo  -
Ammissibilita'   del   conflitto   -  Comunicazione  e  notificazione
conseguenti.
- Decreto del Ministro dell'interno 4 marzo 2000.
- Costituzione,  artt. 109, 112, 95; legge 11 marzo 1953, n. 87, art.
  37;   norme   integrative   per   i   giudizi  davanti  alla  Corte
  costituzionale, art. 26, terzo comma.
(GU n.49 del 29-11-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:   Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo  VARI,  Cesare  RUPERTO,
Riccardo   CHIEPPA,   Gustavo   ZAGREBELSKY,   Valerio  ONIDA,  Carlo
MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  dell'art. 1  del decreto del Ministro dell'interno
4 marzo  2000,  n. 1070/M/22  (6)  Gab.,  relativo alla delegabilita'
delle  attivita'  di  polizia  giudiziaria  ai Servizi centrali delle
varie  forze  di  polizia  da parte dei Procuratori della Repubblica,
promosso  dal  Procuratore  distrettuale  della  Repubblica presso il
tribunale  di  Napoli,  con  ricorso  depositato il 12 maggio 2000, e
iscritto al n. 155 del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella camera di consiglio dell'11 ottobre 2000, il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
    Ritenuto   che   con  ricorso  depositato  l'11 maggio  2000,  il
Procuratore  distrettuale  della  Repubblica  presso  il tribunale di
Napoli  ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato
nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione
al  decreto  del Ministro dell'interno 4 marzo 2000, n. 1070/M/22 (6)
Gab.,   assumendo  la  lesione  delle  attribuzioni  riconosciute  al
pubblico ministero dagli artt. 109 e 112 della Costituzione;
        che, quanto alla propria legittimazione attiva, il ricorrente
Procuratore  della  Repubblica  richiama  i  diversi precedenti della
giurisprudenza  costituzionale  che hanno riconosciuto all'organo del
pubblico ministero la titolarita' diretta ed esclusiva dell'attivita'
di indagine finalizzata all'esercizio obbligatorio dell'azione penale
in  posizione  di  indipendenza rispetto a ogni altro potere, a norma
dell'art. 112  della  Costituzione  e,  con  essa,  la  competenza  a
dichiarare  definitivamente  la  volonta' del potere di appartenenza,
come   richiesto   dall'art. 37  della  legge  11 marzo  1953,  n. 87
(sentenza n. 420 del 1995; ordinanza n. 216 del 1995);
        che, quanto alla legittimazione passiva, il Procuratore della
Repubblica ricorda la configurazione del potere esecutivo come potere
non "diffuso", secondo l'art. 95 della Costituzione, cio' che abilita
l'intero  Governo  e,  per  esso,  il  Presidente  del  Consiglio dei
ministri a essere parte dei conflitti tra poteri;
        che,  ancora,  relativamente  all'interesse alla proposizione
del    conflitto,    il   ricorrente   richiama   la   giurisprudenza
costituzionale  che  ha ammesso che oggetto di conflitto possa essere
un  atto  a  contenuto normativo e che ha correlativamente escluso la
necessita'  che  la  norma  posta dall'atto oggetto del conflitto sia
stata concretamente applicata, essendo sufficiente l'emanazione di un
atto  che limiti le attribuzioni costituzionali, come nella specie si
prospetta  relativamente  alla  possibilita' per il Procuratore della
Repubblica di disporre direttamente della polizia giudiziaria;
        che, in particolare, il ricorrente muove dalla norma primaria
di  cui  il  decreto  ministeriale impugnato costituisce attuazione e
svolgimento,  cioe'  dall'art. 12  del  d.-l. 13 maggio 1991, n. 152,
convertito  dalla  legge 12 luglio 1991, n. 203, il quale prevede: a)
al  comma  1,  la costituzione di servizi centrali e interprovinciali
della  Polizia  di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della
Guardia  di  Finanza, "per assicurare il collegamento delle attivita'
investigative  relative a delitti di criminalita' organizzata"; b) al
comma  2,  la  possibilita' che in determinate aree e per determinate
esigenze  siano  costituiti  servizi  interforze;  c)  al comma 3, la
possibilita'  di un coordinamento dei nuovi servizi con altri servizi
di polizia giudiziaria, oltre che con organi di polizia esteri; d) al
comma  4,  infine,  la facolta' per il pubblico ministero che procede
per  delitti  di  criminalita'  organizzata  di  avvalersi di regola,
congiuntamente,   degli  organi  istituiti  secondo  le  disposizioni
precedenti;
        che  a  fronte  della  suddetta disciplina legislativa emerge
osserva il ricorrente che il pubblico ministero puo' avvalersi per le
proprie indagini in tema di reati di criminalita' organizzata sia dei
servizi  centrali e interprovinciali, sia dei servizi interforze, ove
istituiti,  e  che  ne  deriva,  stante  il  carattere  funzionale di
attivita'  di  polizia  giudiziaria  da riconoscersi ai medesimi, che
essi,  secondo  la prescrizione dell'art. 109 della Costituzione, che
non   ammette   eccezioni,  debbono  essere  a  diretta  disposizione
dell'autorita'  giudiziaria, e in particolare del pubblico ministero,
secondo  quanto stabilito dall'art. 58, comma 3, cod. proc. pen., che
rappresenta una esplicazione del principio costituzionale;
        che,  alla  stregua  di questo quadro normativo, l'intervento
dell'esecutivo  che  attraverso  l'impugnato decreto ministeriale del
4 marzo  2000  ha  disciplinato  i  compiti  dei  servizi  centrali e
interprovinciali  risulterebbe,  secondo  il ricorrente, lesivo delle
attribuzioni   costituzionali  del  pubblico  ministero,  poiche'  a)
condizionando  -  nei  particolari casi consentiti (e cioe' quando si
tratti  di  indagini relative ai delitti indicati nell'art. 51, comma
3-bis  cod.  proc. pen., da svolgersi nei confronti di organizzazioni
criminali   che  operano  nell'ambito  di  piu'  distretti  di  Corte
d'appello   o  con  collegamenti  internazionali,  e  ai  fini  dello
svolgimento  di  accertamenti che richiedono il supporto operativo di
speciali  risorse investigative ovvero l'impiego di mezzi tecnologici
d'avanguardia,  secondo  la  dizione  del  decreto ministeriale) - il
concorso  dei  servizi  centrali  nelle  attivita'  di indagine a una
"segnalazione"  dei responsabili dei servizi interprovinciali rivolta
ai  Procuratori  della  Repubblica,  nonche'  b)  stabilendo  che  le
eventuali  richieste di questi ultimi, conseguenti alle segnalazioni,
debbano  essere  inoltrate  ai  servizi  centrali  per il tramite dei
servizi  interprovinciali,  verrebbe a elidere il rapporto di diretta
disponibilita'  della  polizia  giudiziaria  da  parte  del  pubblico
ministero, subordinando l'utilizzazione della prima a una valutazione
di soggetto appartenente ad altro potere dello Stato (il responsabile
dei   servizi   interprovinciali),   con   rilevanti   connotati   di
discrezionalita';
        che   altresi'  lesiva  sarebbe  la  prescrizione  circa  una
ulteriore  valutazione del Procuratore nazionale antimafia, delle cui
indicazioni  occorrerebbe  "tenere  conto"  nella  formulazione delle
richieste  di concorso investigativo di cui si tratta, secondo quanto
dispone  ancora  il decreto impugnato; ne sarebbe riprova aggiunge il
ricorrente  il  fatto  che  il  Procuratore  nazionale antimafia, con
propri  atti,  ha manifestato l'intento di esercitare i poteri di cui
al  decreto  impugnato non gia' attraverso direttive generali, bensi'
con   specifiche  valutazioni,  di  volta  in  volta,  delle  singole
segnalazioni  dei  servizi  interprovinciali,  con cio' ulteriormente
limitando le prerogative del Procuratore della Repubblica;
        che  ulteriore  ragione  di  conflitto, poi, e' ravvisata nel
necessario  "passaggio"  per  il tramite dei servizi periferici delle
richieste  del  Procuratore  della  Repubblica indirizzate ai servizi
centrali,  escludendosi  la possibilita' per il pubblico ministero di
investire  direttamente  questi  ultimi,  in  tal  modo  vulnerandosi
ulteriormente  il  potere,  costituzionalmente garantito, di disporre
autonomamente  della  polizia  giudiziaria,  e  creando un pericoloso
precedente  che sovverte il rapporto tra Procuratore della Repubblica
e  polizia giudiziaria delineato dalla Costituzione: almeno quando il
pubblico   ministero   intenda  utilizzare  il  servizio  di  polizia
giudiziaria  indicato  nell'art. 12 del d.-l. n. 152 del 1991, non e'
questa a essere subordinata al primo, ma e' il contrario;
        che,  per  tali  rilievi,  il  Procuratore distrettuale della
Repubblica  presso  il  tribunale  di  Napoli  promuove  il  presente
conflitto, chiedendo alla Corte costituzionale di dichiarare che:
            a)  non  spetta  al  Governo  e,  per  esso,  al Ministro
dell'interno  disporre che la richiesta di concorso investigativo dei
servizi  centrali  sia  subordinata  alla  segnalazione  dei  servizi
periferici,   anziche'   essere   attivabile   in  via  autonoma  dal
Procuratore distrettuale;
            b)  non  spetta  al  Governo  e,  per  esso,  al Ministro
dell'interno  disporre  che  la  segnalazione  dei servizi periferici
renda obbligatoria la richiesta del Procuratore distrettuale;
            c)  non  spetta  al  Governo  e,  per  esso,  al Ministro
dell'interno  disporre  che la richiesta del Procuratore distrettuale
debba   essere  inoltrata  ai  servizi  centrali  tramite  i  servizi
periferici;
            d)  non spetta infine al Governo e, per esso, al Ministro
dell'interno  disporre  che  il  Procuratore  distrettuale  non possa
utilizzare i servizi centrali per attivita' di indagine di estensione
infradistrettuale.
    Considerato   che   in   questa   fase   del  giudizio,  a  norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
questa  Corte  e' chiamata a deliberare, senza contraddittorio, se il
ricorso  sia  ammissibile,  sotto  il profilo della sussistenza della
materia   di   un  conflitto  la  cui  risoluzione  spetti  alla  sua
competenza,  restando  impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche
in punto di ammissibilita';
        che  il  Procuratore  distrettuale della Repubblica presso il
tribunale  di  Napoli  e'  legittimato  a  sollevare  il conflitto di
attribuzione,  in  quanto  lo  stesso,  titolare diretto ed esclusivo
dell'attivita'  di  indagine  finalizzata  all'esercizio obbligatorio
dell'azione  penale  (da ultimo, sentenza n. 410 del 1998), fa valere
con  il  presente  ricorso  la  diretta  disponibilita' della polizia
giudiziaria  e  con  essa l'indipendenza nell'esercizio delle proprie
attribuzioni   inerenti  all'indagine  medesima  rispetto  al  potere
esecutivo;
        che  anche la legittimazione del Presidente del Consiglio dei
ministri   a   resistere  nel  conflitto  deve  essere  riconosciuta,
trattandosi  dell'organo  competente  a dichiarare definitivamente la
volonta'  dell'intero  Governo,  al  quale  il  decreto  ministeriale
impugnato deve essere imputato, secondo la configurazione dell'organo
stabilita dall'art. 95, primo comma, della Costituzione;
        che,   quanto   all'oggetto   del  conflitto,  il  ricorrente
Procuratore   della   Repubblica   lamenta,  conformemente  a  quanto
richiesto  dall'art. 37,  primo comma, della legge n. 87 del 1953, la
lesione di proprie attribuzioni costituzionalmente garantite;
        che  dal  ricorso si ricavano le ragioni del conflitto e sono
indicate  le  norme  costituzionali  che regolano la materia, secondo
quanto  prescrive  l'art. 26  delle  norme  integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo
1953,  n. 87,  il  conflitto di attribuzione proposto dal Procuratore
distrettuale  della  Repubblica  presso il tribunale di Napoli con il
ricorso indicato in epigrafe;
    Dispone:
        a)  che  la  cancelleria  della Corte dia comunicazione della
presente  ordinanza  al  Procuratore  distrettuale  della  Repubblica
presso il tribunale di Napoli, ricorrente;
        b)  che,  a  cura  del  ricorrente,  il ricorso e la presente
ordinanza  siano notificati al Presidente del Consiglio dei ministri,
entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui sub a)
per  essere  successivamente  depositati  nella cancelleria di questa
Corte  entro  il termine di venti giorni dalla notificazione, secondo
l'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                      Il redattore: Zagrebelsky
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 21 novembre 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
00C1336