N. 523 ORDINANZA 15 - 21 novembre 2000

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Procedimento  per decreto - Richiesta di decreto
penale  di  condanna  -  Previo invito all'indagato a presentarsi per
rendere  interrogatorio  (ai  sensi  dell'art. 375 cod. proc. pen.) -
Omessa  previsione  -  Prospettata disparita' di trattamento rispetto
alla prescrizione generale del previo interrogatorio nel procedimento
ordinario  e  rispetto ad altri riti processuali, con lesione inoltre
del  principio  del  contraddittorio  e della garanzia della difesa -
Difetto  di  motivazione  in  ordine  alla mancata considerazione, da
parte  del  rimettente, di una nuova e diversa disciplina legislativa
pur  anteriore  all'atto  di  rimessione  della questione - Manifesta
inammissibilita'.
- Cod. proc. pen., artt. 459 e 555.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111.
(GU n.49 del 29-11-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:  Francesco  GUIZZI,  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo VARI,
Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 459 e 555 del
codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 marzo
2000  dal  tribunale  di Siena nel procedimento penale a carico di M.
P.,  iscritta  al  n. 299  del  registro ordinanze 2000, e pubblicata
nella   Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 23,  prima  serie
speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 12 ottobre 2000, il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
    Ritenuto  che il tribunale di Siena, in composizione monocratica,
ha sollevato, con ordinanza del 16 marzo 2000, emessa nel corso di un
giudizio  penale  instaurato a seguito di opposizione dell'imputato a
decreto  penale di condanna, questione di legittimita' costituzionale
degli  artt. 459 e 555 del codice di procedura penale, in riferimento
agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione;
        che  nel  sollevare  la  questione  l'ordinanza di rimessione
recepisce   testualmente   a)   un'eccezione  proposta  dalla  difesa
dell'imputato,  nonche' b) il contenuto di altra precedente ordinanza
del 21 gennaio 1998 del giudice per le indagini preliminari presso il
tribunale di Milano [r.o. 207/1998];
        che,  attraverso il richiamo all'eccezione in a) il tribunale
censura  le  norme sopraindicate nella parte in cui non prevedono che
il  pubblico  ministero,  prima di richiedere l'emissione del decreto
penale   di   condanna,   debba  formulare  l'invito  all'indagato  a
presentarsi  per rendere interrogatorio, a norma dell'art. 375, comma
3, cod. proc. pen;
        che   l'omissione  legislativa  sarebbe  irragionevole  e  in
contrasto  con  il principio di uguaglianza alla luce dell'intervento
legislativo  che, nell'introdurre in via generale la prescrizione del
previo  invito all'indagato a presentarsi per rendere interrogatorio,
a pena di nullita' della richiesta di rinvio a giudizio o del decreto
di  citazione a giudizio (legge 16 luglio 1997, n. 234), non ha posto
analoga  disciplina quanto al procedimento per decreto penale, in tal
modo  dando luogo a una disparita' di trattamento tanto piu' grave in
quanto  in  quest'ultimo processo e' il pubblico ministero a compiere
gli atti di indagine e a emettere il decreto di citazione a giudizio:
la lacuna legislativa precluderebbe all'imputato di svolgere, tramite
l'interrogatorio,  un  contraddittorio di replica all'accusa, in modo
da ottenere un decreto di archiviazione; ne' - aggiunge il rimettente
-  tale  lacuna  potrebbe dirsi giustificata dalla particolarita' del
rito,  giacche'  con  l'opposizione  al decreto penale si instaura un
giudizio in tutto assimilabile a quello ordinario;
        che il tribunale aggiunge poi un profilo di possibile lesione
del  principio  del  contraddittorio, quale contenuto nel nuovo testo
dell'art. 111    della    Costituzione    risultante    dalla   legge
costituzionale  23 novembre  1999,  n. 2,  e piu' esattamente nel suo
nuovo  secondo comma, che stabilisce che "ogni processo si svolge nel
contraddittorio   tra   le  parti  ...  davanti  a  giudice  terzo  e
imparziale":  questa prescrizione, osserva il rimettente, deve essere
riferibile  non  solo alla fase processuale vera e propria ma anche a
quella  procedimentale,  trattandosi  di  un  principio  (peraltro in
precedenza  desumibile  dagli artt. 3, 24 e 25) che riveste carattere
costitutivo  del rito accusatorio, cosicche' anche per questo aspetto
l'impugnata  disciplina  del  rito  per decreto contrasterebbe con la
Costituzione;
        che  attraverso  il  richiamo  testuale  dell'ordinanza sopra
indicata  in b) infine, il giudice rimettente deduce il contrasto con
gli  artt. 3  e  24 della Costituzione per la mancata giustificazione
della  diversificazione  legislativa  tra  rito  per  decreto e altri
modelli  processuali, una volta che l'assetto complessivo del sistema
e'  mutato  per  effetto  della  citata legge n. 234 del 1997, la cui
ratio  sarebbe  quella  di impedire l'esercizio dell'azione penale se
non vi sia stato previo contraddittorio;
        che  nel giudizio cosi' promosso e' intervenuto il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  che,  richiamando precedenti decisioni della
Corte con le quali sono state rigettate analoghe questioni (ordinanze
nn. 325  del  1999  e 432 del 1998), ha formulato analoga conclusione
anche nel presente giudizio.
    Considerato  che l'ordinanza di rimessione individua la possibile
lesione  dei  principi di uguaglianza e di ragionevolezza della legge
(art. 3  della Costituzione), della garanzia della difesa (art. 24) e
del  principio  del  contraddittorio  (art. 111, nel testo risultante
dalla  legge  costituzionale n. 2 del 1999), nella mancata inclusione
del  procedimento  per decreto penale tra quelli per i quali e' stato
stabilito,   quale  requisito  di  validita'  dell'instaurazione  del
giudizio, l'obbligo di effettuare l'invito all'indagato a presentarsi
per  rendere  interrogatorio,  a  norma  dell'art. 375, comma 3, cod.
proc.  pen.,  cosi' come invece e' stato previsto per il procedimento
ordinario  a  seguito  delle  modifiche recate dalla legge n. 234 del
1997;
        che  peraltro,  anteriormente all'ordinanza di rimessione, e'
intervenuta   la  legge  16 dicembre  1999,  n. 479  (Modifiche  alle
disposizioni  sul  procedimento  davanti al tribunale in composizione
monocratica   e  altre  modifiche  al  codice  di  procedura  penale.
Modifiche   al   codice   penale   e   all'ordinamento   giudiziario.
Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennita'
spettanti  al  giudice  di  pace  e  di  esercizio  della professione
forense),   che   ha   modificato   sia   le   norme   denunciate  di
incostituzionalita'  sia  piu'  in  generale  la disciplina assunta a
termine di raffronto ai fini della questione;
        che,   secondo   la   nuova   normativa,   il  previo  invito
all'indagato  a  presentarsi  per  rendere interrogatorio nell'ambito
delle   indagini   preliminari   non   costituisce  piu'  un  obbligo
incondizionato  per il pubblico ministero, bensi' e' un atto previsto
come  eventuale, da emettere solo in seguito a specifica richiesta in
tal   senso  da  parte  dell'indagato,  cui  deve  essere  comunicato
l'"avviso della conclusione delle indagini preliminari" (art. 415-bis
cod. proc. pen., introdotto dall'art. 17, comma 2, della legge n. 479
del 1999);
        che, correlativamente, la richiamata legge n. 479 del 1999 ha
posto  una nuova e diversa disciplina circa la nullita' degli atti di
citazione  a  giudizio, nei casi di omissione dell'avviso anzidetto e
dell'eventuale  invito  a  presentarsi  (v. gli artt. 416, comma 1, e
552,  comma  2  -  quest'ultimo "sostitutivo" dell'impugnato art. 555
previgente  - cod. proc. pen., quali modificati dagli artt. 17, comma
3, e 44 della legge n. 479 del 1999);
        che,  nonostante  la nuova disciplina sia anteriore alla data
dell'ordinanza   di   rimessione,   essa   non   risulta   presa   in
considerazione  dal  giudice  rimettente, che non ha conseguentemente
valutato se il mutamento del quadro normativo incida sul giudizio cui
e'  chiamato  e  se  renda  rilevante  la  questione  di legittimita'
costituzionale cosi' come essa e' stata posta;
        che   in   mancanza   di   ogni  argomentazione  al  riguardo
nell'ordinanza  di  rimessione  la  questione sollevata deve pertanto
essere dichiarata manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 459  e  555  del codice di
procedura  penale,  sollevata,  in riferimento agli artt. 3, 24 e 111
della  Costituzione, dal tribunale di Siena, con l'ordinanza indicata
in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                      Il redattore: Zagrebelsky
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 21 novembre 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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