N. 532 SENTENZA 15 - 23 novembre 2000

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Successione ereditaria - Successione legittima - Successibili ex lege
-  Successione  dei  c.d. parenti naturali di grado corrispondente al
quarto  e fino al sesto, in mancanza di altri chiamati alla eredita',
e   con   precedenza  sullo  Stato -  Omessa  previsione  -  Asserita
violazione  del  principio  di  parita'  di  trattamento e della pari
dignita'  sociale  dei  figli  legittimi  e  dei figli naturali - Non
fondatezza della questione.
- Cod. civ., art. 565.
- Costituzione, artt. 3, 29, primo comma, e 30, terzo comma.
(GU n.49 del 29-11-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare MIRABELLI;
  Giudici:  Francesco  GUIZZI,  Fernando  SANTOSUOSSO,  Massimo VARI,
Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionalita'  dell'art. 565  del
codice  civile promossi con ordinanze emesse il 1 dicembre 1999 dalla
Corte  di  appello  di  Roma  nei  procedimenti  civili  vertenti tra
Camerani  Guglielmina ed altri, Waldner Mathilde e il Ministero delle
finanze  ed  iscritte  al  n. 50  e  52 del registro ordinanze 2000 e
pubblicate  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, 1a serie
speciale, dell'anno 2000.
    Visti  gli atti di costituzione di Camerani Guglielmina ed altri,
di  Quattrini Roberto ed altro, e del curatore dell'eredita' giacente
di Flora Gertrude;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10 ottobre  2000  il  giudice
relatore Fernando Santosuosso;
    Uditi gli avvocati Simonetta Belletti per Camerani Guglielmina ed
altri e Orazio Gentile per il custode dell'eredita' giacente di Flora
Gertrude.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  di un procedimento civile instaurato da alcuni
privati  nei  confronti dell'amministrazione finanziaria dello Stato,
la  Corte  di  appello  di  Roma  ha  sollevato,  in riferimento agli
artt. 3,  29,  primo  comma,  e  30, terzo comma, della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 565 del codice
civile,  nella  parte  in  cui  detta  norma,  in  mancanza  di altri
successibili   chiamati  all'eredita',  non  prevede  la  successione
legittima  dei  c.d.  parenti  naturali  di  grado  corrispondente al
quarto.
    La  Corte rimettente premette che il tribunale di Roma ha accolto
la  domanda proposta dall'amministrazione finanziaria, dichiarando lo
Stato  erede  universale  della de cuius. Proposto appello avverso la
menzionata sentenza, il giudice a quo osserva, in punto di rilevanza,
che  tale  impugnazione  dovrebbe essere respinta, perche' il sistema
attuale  non  prevede  la  successione del figlio legittimo al figlio
naturale  (o  viceversa)  del  fratello o della sorella del genitore,
ossia  non  prevede  la  successione  tra  i c.d. cugini naturali. La
necessita'  di  un'apposita  norma  al riguardo risulta dall'art. 565
cod.  civ.  e dall'art. 258 del medesimo codice, in base al quale gli
effetti  del  riconoscimento  del  figlio  naturale  sono limitati al
genitore  che lo ha compiuto, nonche' dalle sentenze n. 55 del 1979 e
n. 184   del   1990   di   questa   Corte,   che   hanno   dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale della norma impugnata nella parte in
cui essa non prevedeva, in mancanza di altri successibili all'infuori
dello   Stato,  la  successione  legittima  tra  fratelli  e  sorelle
naturali.
    Oltre  che  rilevante, la prospettata questione appare alla Corte
romana  anche non manifestamente infondata in relazione agli invocati
parametri.  Osserva in proposito che l'esclusione dei cugini naturali
dalle  categorie dei successibili sarebbe in contrasto con l'art. 30,
terzo  comma,  della  Costituzione, che assicura la parita' tra figli
legittimi  e  figli naturali; tale norma dimostra che, in mancanza di
altri  successibili,  il favore per i c.d. parenti naturali non entra
in  conflitto  con  i principi della successione familiare. Lo Stato,
del  resto,  non  e'  successore  in  quanto titolare di un interesse
patrimoniale  paragonabile  con quello dei componenti della famiglia,
bensi'  e'  chiamato  soltanto  ad  assicurare  la  continuita' nella
titolarita'  dei  beni  e dei rapporti giuridici che facevano capo al
titolare.
    Evidente  sarebbe  anche  il  contrasto  con  l'art. 3 Cost., per
lesione  del  principio  di eguaglianza e di pari dignita' sociale, e
con  l'art. 29  Cost.,  perche'  il  concetto di famiglia intesa come
gruppo  fonte  di  solidarieta' fa si' che, una volta salvaguardati i
diritti  dei  componenti  della  famiglia  legittima,  non esista una
valida ragione per escludere dalla successione i cugini naturali.
    2.-  Si sono costituiti gli eredi, chiedendo l'accoglimento della
questione.
    Osservano  queste  parti  private  che gli articoli 74 e 565 cod.
civ.,  con  riferimento  all'art. 29 Cost., dimostrano che nel nostro
ordinamento il vincolo della consanguineita' assume un ruolo primario
nell'identificazione  della  parentela.  La norma impugnata, inoltre,
innovata  sul  punto  dalla legge di riforma del diritto di famiglia,
ricomprende   tra   i   successibili   anche   gli  "altri  parenti",
evidentemente diversi da quelli gia' individuati dalle sentenze n. 55
del 1979 e n. 184 del 1990, sicche' gli odierni appellanti dovrebbero
essere  considerati  come  successori  della  defunta. A tale lettura
estensiva  non  osterebbe  l'art. 258  cod.  civ.,  il  cui carattere
restrittivo  e' dettato al solo scopo di garantire la riservatezza di
coloro che non vogliono riconoscere il figlio naturale.
    Le  parti, quindi, si associano alla richiesta di declaratoria di
illegittimita'  costituzionale,  pur  ritenendo  che  la Corte romana
aveva  tutti  gli  elementi  per  accogliere  il  loro  appello senza
rimettere la questione al giudice delle leggi.
    Si   sono  costituiti  davanti  alla  Corte  anche  altri  eredi,
chiedendo l'accoglimento della questione.
    Essi  si riportano ai passaggi salienti delle menzionate sentenze
n. 55  del  1979  e  n. 184  del 1990 di questa Corte, osservando che
l'esclusione dei cugini naturali dalla categoria dei successibili, in
mancanza  di  altri  parenti  legittimi e con precedenza sullo Stato,
sarebbe  in  contrasto con gli articoli 3 e 30 della Costituzione. In
proposito  ricordano  che la successione dello Stato si pone su di un
piano  affatto  diverso  rispetto  a quella dei privati, e riprendono
alcune  considerazioni contenute nell'ordinanza di rimessione e nella
memoria delle altre parti private.
    3.-  Nel  corso  di  altro  procedimento  civile  instaurato  nei
confronti  del  Ministero delle finanze la Corte d'appello di Roma ha
sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  del  medesimo
art. 565   cod.   civ.,   in   riferimento   agli   stessi  parametri
costituzionali,   "nella   parte   in   cui,  in  mancanza  di  altri
successibili  all'infuori dello Stato, non prevede la successione dei
parenti  naturali  sino  al  sesto  grado".  A sostegno della propria
domanda,  la parte aveva dedotto di essere parente naturale di quinto
grado della de cuius.
    Cio' premesso, il giudice a quo pone a fondamento della questione
di  legittimita'  costituzionale  le  medesime considerazioni esposte
nell'ordinanza precedente.
    In   questo   secondo  giudizio  si  e'  costituito  il  curatore
dell'eredita'  giacente,  riportandosi  ai  propri  scritti difensivi
depositati davanti ai giudici di merito e rimettendosi alla decisione
di questa Corte.

                       Considerato in diritto

    1.-  La  Corte  d'appello  di  Roma,  con  due ordinanze, solleva
questione  di legittimita' di costituzionale dell'art. 565 cod. civ.,
in  riferimento  agli  artt. 3,  29,  primo comma, e 30, terzo comma,
della Costituzione, nella parte in cui, in mancanza di altri chiamati
all'eredita'  all'infuori  dello  Stato,  non  prevede la successione
legittima dei c.d. parenti naturali di grado corrispondente al quarto
(r.o. n. 50 del 2000) e fino al sesto (r.o. n. 52 del 2000).
    Il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale  viene  delineato in
rapporto  alla  parita'  di  trattamento  tra figli legittimi e figli
naturali,   che   l'art. 30   della   Costituzione  impone,  ed  alla
prospettata  lesione  del principio di eguaglianza e di pari dignita'
sociale;  cio'  in  quanto,  escluso il pregiudizio per i diritti dei
componenti    della    famiglia   legittima   (mancanti   in   queste
controversie),   non  esisterebbe  alcuna  valida  ragione  per  dare
ingresso alla successione dello Stato in presenza di parenti naturali
(cugini nell'un caso e parenti di quinto grado nell'altro).
    2.-  Le  due  ordinanze, trattando la medesima questione, possono
essere riunite e decise con unica pronuncia.
    Esse  tornano a proporre, sia pure in relazione a soggetti legati
al  de  cuius  da  un vincolo di sangue piu' labile, il noto problema
della  possibilita' di ampliare le categorie dei successibili ex lege
gia'  oggetto  delle  sentenze  n. 55  del  1979 e n. 184 del 1990 di
questa  Corte,  richiamate  dal  rimettente,  nonche'  delle sentenze
n. 377  del  1994,  n. 76  del  1977  e dell'ord. n. 363 del 1988. In
particolare,  si  chiede  oggi  alla  Corte  di  inserire  i "parenti
naturali"  (di  grado  corrispondente  al  quarto ed al quinto) nelle
categorie dei chiamati alla successione, in caso di mancanza di eredi
legittimi  e  con  precedenza sullo Stato, rilevando che quest'ultimo
subentra  nell'eredita' (come si suole ritenere) non per un interesse
patrimoniale,  bensi'  per l'esigenza di evitare che i beni rimangano
senza  un  legittimo  proprietario.  Ai  giudici  a quibus non sembra
conforme  a Costituzione, in particolare, il fatto che i c.d. parenti
naturali,   che  pure  sono  legati  al  defunto  da  un  vincolo  di
consanguineita',   vengano   esclusi  dal  diritto  di  succedere  ab
intestato  quando  non  vi  siano  eredi  legittimi all'infuori dello
Stato.
    3.- La questione e' infondata.
    Va  premesso che negli ordinamenti contemporanei l'individuazione
degli  aventi  diritto  alla  successione in assenza di testamento e'
espressione  di  diverse  scelte  di politica legislativa, sicche' vi
sono  sistemi  che  tendono a restringere il novero dei successori ex
lege  e  sistemi  che,  al  contrario, ampliano in modo significativo
dette   categorie.   Vertendosi  in  tale  ambito,  anche  il  nostro
legislatore  resta  libero  di  disciplinare la successione legittima
facendo  uso  della  sua  discrezionalita', non sindacabile da questa
Corte se non per violazioni del dettato costituzionale.
    Nel  caso  specifico,  a  sostegno  della  predetta  questione il
giudice rimettente richiama anzitutto i parametri di cui agli artt. 3
e  29  Cost.,  evidenziando  da  un lato la "lesione del principio di
eguaglianza  e  di  pari  dignita'  sociale",  dall'altro  quella dei
diritti  della  "famiglia  intesa  come societa' naturale, ossia come
gruppo  che  si  pone  quale  fonte di solidarieta'". Tali parametri,
pero',  non  risultano  vulnerati, sol che si consideri la differenza
che  c'e'  tra  la  situazione  delle  persone tra le quali esiste un
rapporto  di  consanguineita'  e quella in cui i soggetti sono legati
anche dal vincolo di una vera e propria parentela.
    Ne  consegue  che  non  ha  neppure  pregio  invocare, come fa il
rimettente,  le  sentenze  di questa Corte n. n. 55 del 1979 e n. 184
del  1990,  perche'  la  remota consanguineita' esistente nei casi in
esame  non  puo'  essere  posta  sullo  stesso  piano del vincolo tra
"fratelli  e  sorelle  naturali dei quali sia legalmente accertato il
rispettivo  status  di  filiazione nei confronti del comune genitore"
(cit.  sentenza  n. 184  del  1990),  soggetti  che  rientrano in una
ristretta comunita' nucleare socialmente rilevante.
    E'  inoltre  da  considerare  che  un  ulteriore  riconoscimento,
tramite  una sentenza additiva, di altre categorie di eredi legittimi
comporterebbe  un'incidenza  sull'ordine successorio tale da alterare
profondamente  le scelte compiute dal legislatore. Nell'odierna sede,
infatti, la Corte dovrebbe - esulando dai propri compiti - provvedere
a  valutare  ed  a  indicare  l'ordine di precedenza (e di esclusione
reciproca)   tra   le   diverse   categorie  di  "parenti  naturali",
giustificando  razionalmente  anche  la loro preferenza rispetto alla
successione legittima dello Stato.
    4.-  Piu' articolata e', nell'ordinanza di rimessione, la censura
riguardante l'art. 30 Cost; ma anch'essa risulta priva di fondamento.
    In  proposito  questa  Corte  ha  gia'  in  precedenza  osservato
(sentenze  n. 377 del 1994 e n. 184 del 1990) come dall'art. 30 della
Costituzione  non  discenda in maniera costituzionalmente necessitata
la  parificazione  di  tutti i parenti naturali ai parenti legittimi.
Puo' dirsi, invece, che un ampio concetto di "parentela naturale" non
e'  stato  recepito  dal  legislatore  costituente,  il  quale  si e'
limitato   a   prevedere  la  filiazione  naturale  ed  a  stabilirne
l'equiparazione  a  quella  legittima,  peraltro  con  la clausola di
compatibilita'.     Tale     equiparazione,     pertanto,    riguarda
fondamentalmente  il  rapporto che si instaura tra il genitore che ha
provveduto al riconoscimento del figlio naturale (o nei cui confronti
la  paternita' o maternita' sia stata giudizialmente accertata) ed il
figlio  stesso.  I  rapporti  tra  la prole naturale ed i parenti del
genitore,  invece, non trovano riferimenti nella Carta fondamentale e
restano  quindi  estranei  all'ambito  di  operativita' dell'invocato
parametro.
    Gia'  nell'ordinanza  n. 363  del 1988 - con la quale fu ritenuta
inammissibile una questione simile a quella odierna - questa Corte ha
ribadito   che   non   esiste   nell'ordinamento   "una   norma   che
all'accertamento formale della filiazione naturale colleghi l'effetto
di  far  entrare il figlio nella famiglia di origine del genitore, in
guisa  da  attribuirgli uno status familiare rapportato non solo a un
padre o a una madre, ma anche a nonni, zii, e cugini".
    Da  tanto  consegue l'infondatezza della presente questione anche
sotto il parametro di cui all'art. 30 della Costituzione.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 565  del  codice  civile  sollevata,  in  riferimento  agli
artt. 3,  29,  primo  comma,  e  30, terzo comma, della Costituzione,
dalla  Corte  d'appello  di  Roma  con  le  due  ordinanze  di cui in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2000.
                      Il Presidente: Mirabelli
                      Il redattore: Santosuosso
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 23 novembre 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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