N. 748 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 marzo 2000

Ordinanza  emessa  il  10  marzo  2000  dal  tribunale amministrativo
regionale  della  Campania  sui  ricorsi  riuniti  proposti  da Rossi
Luciano contro Seconda Universita' degli studi di Napoli ed altri

Sanita'  pubblica  -  Medici docenti universitari svolgenti attivita'
assistenziali   o   con   funzioni   di   direzione  delle  strutture
assistenziali   del   S.S.N.  -  Previsione  della  cessazione  dallo
svolgimento  delle  funzioni  assistenziali  nonche'  dalla direzione
delle  strutture  stesse  al  compimento  dei  limiti massimi d'eta',
indicati  nella  legge  medesima, inferiori a quelli stabiliti per il
pensionamento  -  Rinvio  ai  protocolli d'intesa tra le regioni e le
universita' e agli accordi attuativi tra le universita' e le ASL, per
la  disciplina  delle  modalita'  e  dei  limiti di utilizzazione del
suddetto    personale    universitario   per   specifiche   attivita'
assistenziali  strettamente  correlate  all'attivita'  didattica e di
ricerca -  Violazione  del  principio  di uguaglianza - Incidenza sui
principi  di  imparzialita'  e buon andamento della p.a. - Eccesso di
delega per la mancata indicazione nella legge di delega e nel decreto
delegato  delle  linee  essenziali  della  disciplina  o  di uniformi
requisiti minimi idonei ad assicurare omogeneita' di regolamentazione
sull'intero  territorio nazionale - Violazione della riserva di legge
in materia di insegnamento universitario.
- Legge  30 novembre 1998, n. 419, art. 2, comma 1, lett. pp); d.lgs.
  30   dicembre   1992  n. 502,  art. 15-nonies,  comma  2  (aggiunto
  dall'art. 13 d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229).
- Costituzione, artt. 3, 33, 34, 76 e 97.
(GU n.50 del 6-12-2000 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sui ricorsi n. 9120/1999 e
  n. 10815/1999  reg. gen. proposti da Rossi Luciano, rappresentato e
  difeso  dagli  avvocati  Ermanno Bocchini ed Andrea Abbamonte con i
  quali elettivamente domicilia in Napoli, via Filangieri n. 21;
    Contro  la  Seconda Universita' degli studi di Napoli, in persona
  del  rettore pro tempore, e l'Azienda universitaria Policlinico, in
  persona   del   direttore   pro  tempore,  rappresentati  e  difesi
  dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, presso cui, ope
  legis, domiciliano in via Diaz n. 11;
    Quanto  al  primo  ricorso  (n.  9120/1999):  per  l'annullamento
  (previa sospensione):
        a) del  decreto rettorale n. 3334 del 18 ottobre 1999 a mezzo
  del  quale l'Universita' ha posto in quiescenza il ricorrente delle
  funzioni assistenziali svolte presso il rispettivo dipartimento;
        b) se ed in quanto possa occorrere, delle successive note del
  21  ottobre  1999 a forma del medesimo rettore di comunicazione del
  decreto di cui sub-a);

    Quanto  al  secondo  ricorso  (n. 10815/1999): per l'annullamento
  (previa   sospensione)  del  decreto  rettorale  e  della  nota  di
  comunicazione  gia'  impugnati  con il primo ricorso, nonche' della
  nota  del direttore generale dell'Azienda universitaria Policlinico
  dell'8 novembre 1999, prot. n. 10252 di sostituzione del ricorrente
  nelle  funzioni  di  direttore  di  dipartimento  e  della delibera
  21 ottobre 1999, prot. n. 1119 dello stesso direttore generale;
    Visti i ricorsi ed i relativi allegati;
    Visti  gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni
  intimate;
    Visti gli atti tutti di causa;
    Relatore il primo referendario, dott. Arcangelo Monaciliuni;
    Uditi, nella pubblica udienza del 23 febbraio 2000, i procuratori
  delle parti, come da verbale di udienza;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

                              F a t t o

    A. -   Con  il  primo  ricorso,  notificato il 10 novembre 1999 e
  depositato  il  successivo  giorno  12  dello stesso mese, il prof.
  Luciano  Rossi - ordinario (di prima fascia) inserito nei ruoli del
  personale docente della Universita' degli Studi di Napoli, facolta'
  di  medicina  e chirurgia nella qualita' di titolare della cattedra
  di  medicina  del  lavoro  e direttore del dipartimento di medicina
  legale  e  del  lavoro  - ha impugnato il provvedimento in epigrafe
  segnato  che dispone la sua cessazione, a decorrere dal lo novembre
  1999, dallo svolgimento delle ordinarie attivita' assistenziali.
    Il  gravame  e'  affidato  a cinque mezzi di impugnazione volti a
  denunciare  la violazione degli artt. 3 e 7 della legge n. 241/1990
  (primo  e  secondo mezzo); l'incompetenza del rettore ad emanare il
  decreto di cessazione dalle attivita' in discorso, che rientrerebbe
  nella  sfera di attribuzioni degli organi dell'Azienda Policlinico,
  con  la  partecipazione  del  consiglio  di  facolta' di medicina e
  chirurgia   (terzo   mezzo);   in   via  gradata,  l'illegittimita'
  costituzionale  delle  disposizioni  di  cui all'art. 15-nonies del
  d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, in applicazione delle quali e' stata
  disposta la cennata cessazione dalle funzioni assistenziali (quarto
  mezzo),  nonche',  in  via  ancor  piu' gradata, della stessa legge
  delega 30 novembre 1998, n. 418 (quinto mezzo).
    L'amministrazione  intimata  si  e'  costituita  in  giudizio per
  resistere alla pretesa attorea, concludendo, con memoria depositata
  in  data 12 febbraio 2000, per l'infondatezza di ciascuno dei mezzi
  di impugnazione proposti per denunciare il suo operato.
    Con  ordinanza  collegiale  della  seconda  sezione del tribunale
  n. 4907   del   2   dicembre  1999  la  richiesta  sospensione  del
  provvedimento  impugnato  e'  stata  rigettata  (alla stregua della
  sopravvenienza  della  nota  dell'8  novembre  1999  del  direttore
  generale dell'Azienda universitaria Policlinico di sostituzione del
  ricorrente  nella  direzione del dipartimento con altro docente non
  convenuto in giudizio e della mancata allegazione di danni gravi ed
  irreparabili).

    B. - Con    il    secondo    ricorso,    notificato   (anche   al
  controinteressato)  il  16 dicembre 1999 e depositato il successivo
  giorno  21  dello  stesso  mese,  il  prof.  Rossi ha impugnato sia
  nuovamente  gli  atti  gia'  fatti  oggetto del primo gravame sia i
  sopravvenuti  provvedimenti dell'Azienda universitaria Policlinico,
  di  cui  innanzi,  recanti  la sua sostituzione dalla direzione del
  dipartimento gia' affidatogli.
    Il  ricorso reitera completamente i cinque mezzi di impugnazione,
  di cui gia' al primo gravame proposto.
    A   sua  volta,  l'ammistrazione  ha  reiterato  la  difesa  gia'
  formulata in seno al primo ricorso.
    Con  ordinanza  collegiale  di  questa  sezione  n. 5235  del  22
  dicembre  1999,  l'istanza  di  sospensione  proposta  in  seno  al
  giudizio qui in evidenza e' stata accolta.
    Alla  pubblica  udienza  del 23 febbraio 2000, i due ricorsi sono
  stati assunti in decisione.

                            D i r i t t o

    1. - La  complessiva controversia, di cui ai due ricorsi in esame
  recanti  i  medesimi  mezzi di impugnazione e che possono sin d'ora
  essere  riuniti  per  connessione oggettiva e soggettiva, oppone il
  ricorrente  -  professore  ordinario  di  prima fascia inserito nei
  ruoli  del  personale docente della Seconda Universita' degli studi
  di  Napoli  -  facolta'  di  medicina e chirurgia nella qualita' di
  titolare  della  cattedra  di  medicina  del lavoro e direttore del
  dipartimento  di medicina legale e del lavoro - all'amministrazione
  che (a mezzo degli atti impugnati con il primo ricorso) ha disposto
  la  sua  cessazione,  a  decorrere  dal  1o  novembre  1999,  dallo
  svolgimento  delle  ordinarie  attivita'  assistenziali, nonche' (a
  mezzo  di  quelli  impugnati  con  il  secondo) dalla direzione del
  dipartimento,    in    applicazione    del    disposto    di    cui
  all'art. 15-nonies,  comma  2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502,
  quale introdotto dall'art. 13 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229.
    La  cennata  disciplina  e'  stata  censurata  dal ricorrente per
  violazione, da un canto, degli artt. 76 e 77 (eccesso di delega) e,
  d'altro   canto,   degli   artt. 3,   36  e  9  della  Costituzione
  (illegittima  compressione  delle funzioni docenti e dell'autonomia
  universitaria  demandata  peraltro a futuri protocolli d'intesa fra
  regioni ed universita').

    2. - Va premesso, ai fini della rilevanza della questione, che la
  pretesa  azionata  potrebbe  trovare  soddisfazione  solo all'esito
  dell'eventuale  declaratoria  della  illegittimita'  costituzionale
  della  norma  in  quanto i primi tre mezzi di impugnazione, volti a
  censurare  i  provvedimenti  di  cessazione  di  che  trattasi  per
  violazione  degli  artt. 3  e  7  della  legge  n. 241/1990  e  per
  incompetenza, non possono trovare ingresso.
    I  primi due (violazione artt. 3 e 7 della legge n. 241/1990), in
  quanto  alcuna  previa  comunicazione  o  ulteriore giustificazione
  oltre  l'indicazione  della  norma  applicata andava effettuata nel
  caso  di specie. Difatti la cessazione dall'attivita' assistenziale
  e dalla direzione del dipartimento scattava come effetto ex lege al
  maturare  della  data  fissata  dalla  legge,  cosicche' non appare
  giustificato  alcun  contraddittorio  ne' alcun obbligo di speciale
  motivazione  (Cons.  Stato, sez. IV, 18 gennaio 1997, n. 24, e sez.
  V, 11 ottobre 1996; C.G.A. 30 giugno 1995, n. 248).
    Quanto al terzo motivo (incompetenza) in quanto improcedibile per
  carenza  di  interesse  posto  che  alla  cessazione del ricorrente
  dall'espletamento  delle  funzioni  di  che trattasi hanno concorso
  sostanzialmente,  a  mezzo  dei rispettivi atti impugnati con i due
  gravami,  sia il rettore dell'universita' che il direttore generale
  dell'Azienda universitaria Policlinico.

    3. - Cio'  posto,  ritiene  il  tribunale  che  la  questione  di
  costituzionalita' della indicata previsione normativa, nei sensi di
  cui appresso, non sia manifestamente infondata.
    Va  osservato  al  riguardo in via generale che l'inscindibilita'
  delle  prestazioni  afferenti all'assistenza da quelle di ricerca e
  di didattica o, comunque, la indispensabilita' di un livello minimo
  di  supporto "assistenziale" all'attivita' didattica (e di ricerca)
  risponde  ad  un principio pacificamente accolto dalla legislazione
  di  settore fin dalla legge fondamentale 17 luglio 1890, n. 6972, e
  poi  ribadito  dal  r.d.l. 10 febbraio 1924, n. 549 (trasfuso negli
  artt. 27-35  del testo unico delle leggi sull'istruzione superiore,
  approvato  con r.d. 31 ottobre 1933, n. 1592), e dal regolamento di
  esecuzione   approvato  con  r.d.  24  maggio  1925,  n. 1144,  che
  trasformarono   gli  ospedali  siti  in  citta'  sedi  di  facolta'
  medico-chirurgiche  in  "ospedali  clinici  a  seconda  dei bisogni
  dell'insegnamento" (da ultimo, art. 27 del r.d. n. 1592), affidando
  al  personale  sanitario  universitario  la  direzione  tecnica dei
  singoli reparti, ferma la loro dipendenza dall'universita' (art. 29
  seguente).
    Congiunzione  di  fini  riconosciuta  poi  dalla legge n. 132 del
  1968,   recante   la   riforma   ospedaliera,   che   chiama  anche
  l'universita'   (art. 1   della   legge)   a   concorrere  al  fine
  assistenziale, in presenza di funzioni (didattica ed assistenziale)
  suscettibili    "di    ottimale    collegamento    o    addirittura
  compenetrazione"  (Corte  costituzionale  sent.  n. 103 del 1977 e,
  poi, in termini, 126 del 1981 e 136 del 1997).
    Collegamenti  e  compenetrazione  di  fini  ancora  confermati  e
  sviluppati  dalla  legge 23 dicembre 1978, n. 833, e dal d.lgs. dal
  decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n. 502,  di  riordino  e
  razionalizzazione del servizio sanitario nazionale.
    Del  resto,  lo  stesso  legislatore  qui  in  commento (legge 30
  novembre  1998,  n. 419,  e  d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229), cui va
  aggiunto  quello  delegato  ex  art. 6  stessa  legge,  di  cui  al
  sopravvenuto    d.lgs.    21   dicembre   1999,   n. 517   (recante
  specificamente  la  disciplina  dei rapporti fra servizio sanitario
  nazionale ed universita'), non perde occasione, nel dettare criteri
  direttivi e porre previsioni attuative, per richiamare "il rispetto
  dello  stato  giuridico" dei docenti universitari di medicina e "la
  coerenza fra attivita' assistenziale e le esigenze della formazione
  e  della  ricerca"  (artt.  2 e 6, legge n. 419/1998; art. 5 d.lgs.
  n. 517/1999). Richiamo, quest'ultimo, connesso a quello secondo cui
  "Le attivita' assistenziali svolte dai professori e dai ricercatori
  universitari  si  integrano  con  quelle di didattica e di ricerca"
  (art. 5, comma 2, quarto periodo, d.lgs. n. 517/1999 citato).

    3.1. - Conferma    della    insopprimibilita'    della    cennata
  correlazione  si  rinviene  peraltro nella normativa comunitaria di
  settore.
    Questa,  nell'introdurre  il reciproco riconoscimento negli Stati
  membri  e  dei  titoli  di  studio  universitari,  richiede criteri
  uniformi di formazione, prescrivendo standard minimi a garanzia che
  i  titoli medesimi attestino il possesso effettivo delle conoscenze
  necessarie all'esercizio delle attivita' corrispondenti.
    Fra  dette  prescrizioni  vi  e'  quella che gli studi teorici si
  accompagnino  necessariamente  ad  esperienze  pratiche,  acquisite
  attraverso  attivita'  cliniche  o, in genere, operative, nel corso
  del  periodo  di  formazione  (direttive  CEE  nn. 686 e 687 del 25
  luglio  1978;  nn.  1026 e 1027 del 18 dicembre 1978; n. 384 del 10
  giugno  1985;  n. 594 del 30 ottobre 1989; n. 16 del 5 aprile 1993,
  recepite  con  decreti  legislativi  27  gennaio  1992, n. 129, e 2
  maggio 1994, n. 353).
    In  particolare,  la direttiva n. 93/16 richiede testualmente che
  gli  Stati  membri  subordino l'accesso alle attivita' di medico al
  possesso  di apposita certificazione comprovante, fra l'altro, che,
  nel  corso  dell'intero  ciclo  di  formazione, l'interessato abbia
  acquisito,  sul  campo  "le  conoscenze  dei  problemi e dei metodi
  clinici   sotto   opportuno  controllo"  (art.  23),  dettando  poi
  previsioni ancor piu' stringenti in riferimento alla formazione del
  medico specialista (art. 24).
    Ed   il  legislatore  nazionale,  in  sede  di  attuazione  della
  direttiva,  recepita di recente nell'ordinamento interno con d.lgs.
  17  agosto  1999, n. 368, ha quantizzato "in un minimo di 5.500 ore
  di  insegnamento teoriche e pratiche impartite in una universita' o
  sotto  il  controllo  di  una universita'" il necessario periodo di
  formazione  del  medico  chirurgo  (art. 18)  ed  ha poi ancor piu'
  dettagliatamente   disciplinato,   sempre  insistendo  sul  profilo
  dell'insegnamento  pratico,  le  modalita'  formative,  in medicina
  generale (art. 26) e dei medici specialisti (artt. 37 e 38).

    4. - Orbene,  sulla base di tali premesse, venendo allo specifico
  esame   dei   profili   di  costituzionalita'  della  normativa  in
  questione,   sembra  evidente  innanzi  tutto  che  il  legislatore
  delegante  non solo abbia fatta propria questa impostazione - lo si
  e' gia' rilevato - ma abbia anche ritenuto di dover far propria una
  valutazione  di ordine  generale  circa  la indispensabilita' di un
  pieno   inserimento   funzionale   dei   docenti   nella  struttura
  assistenziale.
    Ma  se cio' e' vero, la disciplina poi in concreto delineata, che
  impone   la  "cessazione  dall'attivita'  assistenziale  ordinaria,
  nonche'    dalla    direzione    delle   strutture   assistenziali"
  anticipatamente   al   raggiungimento  dell'eta'  pensionabile  dei
  docenti  non  appare  coerente  con il principio del buon andamento
  (art. 97 Cost.) sia dell'insegnamento e della ricerca universitaria
  che del sistema sanitario.
    Cio'  anzitutto  in  quanto  l'insegnamento  ed i risultati della
  ricerca  del  docente universitario che abbia raggiunto i limiti di
  eta'  diminuirebbero  di  efficacia  in  presenza di una scelta che
  inevitabilmente si connota come una sostanziale emarginazione dalle
  funzioni assistenziali.
    Quanto  al  sistema  sanitario,  poi,  la violazione dell'art. 97
  della  Costituzione  consegue  al  fatto che esso non potrebbe piu'
  giovarsi  dell'apporto  di  soggetti  ai quali non e' possibile non
  riconoscere  una  qualificazione  -  se  non particolare, in quanto
  arricchita  dall'esperienza - certamente non inferiore; e cio' alla
  stregua  di  una  valutazione  che  e'  implicita  nella disciplina
  generale della docenza.

    5. - Se,   peraltro,  il  fondamento  delle  censure  dedotte  va
  ricercato  nell'ambito  di un quadro pubblicistico, non puo' essere
  neanche  tralasciato  il vulnus al principio di eguaglianza, di cui
  all'art. 3 Cost., che conseguirebbe dalla nuova disciplina.
    E'  evidente,  infatti,  che  il  legislatore,  sia delegante che
  delegato,    nell'intento   di   privilegiare   l'omogeneita'   dei
  trattamenti  del  personale  del  servizio sanitario nazionale e di
  quello  universitario  ha  creato una discriminazione fra i docenti
  che  appare  non  giustificata,  laddove  si introducono differenze
  cosi'  marcate di stato giuridico in funzione dell'eta' nell'ambito
  di  una categoria indubbiamente unitaria. Differenze che comportano
  una  menomazione  funzionale a danno dei docenti "strutturati" allo
  scoccare  di  un'eta'  in  cui  tutti  gli altri sono pacificamente
  ritenuti  idonei  pleno iure, di talche' il loro stato giuridico e'
  delineato  in  modo  unitario e coerente in tutto lo sviluppo della
  carriera con esclusione di qualsiasi frattura legata all'eta'.
    Del  resto  che  esista  un  problema  di  "rispetto  dello stato
  giuridico"  e'  questione  ben  presente  al legislatore che, non a
  caso,  tiene  ferme  sia pur transitoriamente differenti anzianita'
  per  i docenti rispetto agli altri sanitari e quindi non ritiene di
  poter spingere fino in fondo la logica della omogeneita'.

    6. - Ove  poi  avesse  a ritenersi che la scelta di fondo operata
  sia  costituzionalmente  corretta,  verrebbe in evidenza la mancata
  predeterminazione  nella  norma  di  delega  dei  criteri  idonei a
  definire  le  "modalita' ed i termini" del nuovo assetto funzionale
  dell'attivita'   assistenziale.   E  cio'  comporta  la  violazione
  dell'art. 76 della Costituzione.

    7. - Tale  carenza  si  e'  in  fatto manifestata in tutta la sua
  portata   con   l'emanazione  della  normativa  delegata,  che  nel
  sostanziale  vuoto  di  principi  cui  attenersi  si e' limitata ad
  operare  un  ulteriore  rinvio,  il quale presenta a sua volta - ad
  avviso del collegio - una ancora piu' palese lacuna.
    Se pur vero, infatti, che la previsione costituzionale di riserva
  di  legge  consente  che  il precetto espresso dalla norma primaria
  possa  essere  integrato da atti di normazione secondaria, tuttavia
  cio'  e'  possibile  solo  previa  determinazione  di  una serie di
  criteri  idonei ad indirizzare e vincolare la normazione secondaria
  entro  confini  ben delineati o, quanto meno, previa determinazione
  delle    linee    essenziali   della   disciplina   stessa   (Corte
  costituzionale   5 febbraio   1986,  n. 34,  e  giurisprudenza  ivi
  richiamata, nonche', da ultimo, in una questione in cui a venire in
  rilievo  era proprio la portata dell'autonomia delle universita' in
  relazione   alla  potesta'  di  introdurre  il  numero  chiuso  per
  l'accesso  a  determinati  corsi di laurea, Corte costituzionale 27
  novembre 1998, n. 383).
    Se  ne  deve  dedurre  che  le linee essenziali della disciplina,
  ovvero  quanto meno l'indicazione di uniformi requisiti minimi, non
  potevano  che  essere previste in sede legislativa, e dunque se non
  gia' nella legge delega di certo nella normativa delegata.
    In  questa  chiave la fissazione di detta disciplina, quanto meno
  nelle  sue  cogenti  linee  essenziali,  non  puo'  che  costituire
  l'essenza  della  pur  scarna delega conferita e in particolare del
  previsto obbligo per il delegato di rispettare "lo stato giuridico"
  del personale universitario "strutturato".
    Va  infatti  avuto  presente che qui si tratta di intervenire per
  disciplinare, sotto i profili sia quantitativi che qualitativi, non
  gia'   i   parametri   per   la   formazione  dei  medici  o  degli
  specializzandi  in  una situazione di pieno impiego del docente, ma
  per  individuare  quale  sia la parte di attivita' assistenziale da
  lasciarsi  affidata,  ai  fini  didattici  e di ricerca, al docente
  "dimidiato"  e/o  la  possibilita'  di  utilizzo,  a  tali fini, di
  reparti dei quali il docente stesso non ha piu' la direzione.
    Trattasi,  quindi, di materia che involge i principi fondamentali
  relativi  all'istruzione  con  riferimento  sia  all'organizzazione
  scolastica  (art. 33  Cost.), della quale le universita' sono parte
  (Corte costituzionale, sentenze n. 195 del 1972 e n. 383 del 1998),
  sia  ai  diritti  di accedervi e di usufruire delle prestazioni che
  essa  e' chiamata a fornire (art. 34 Cost.). E cio' avendo presente
  che  organizzazione  e  diritti sono aspetti speculari della stessa
  materia,   l'una   e   gli  altri  implicandosi  e  condizionandosi
  reciprocamente.
    Alla stregua di quanto sopra considerato, deve concludersi per la
  violazione   della   riserva  di  legge  prevista  dalla  normativa
  richiamata.

    8. - Va soggiunto che lo strumento convenzionale prescelto per la
  definizione della disciplina esecutiva presenta l'ulteriore difetto
  di  non  essere  idoneo  a  garantirne  la  uniformita' sull'intero
  territorio  nazionale,  poiche'  in  ogni caso si resta nell'ambito
  delle  singole  realta' in cui si opera: realta' condizionate dalle
  scelte  anche  finanziarie  delle  singole  regioni.  E cio' appare
  sufficiente  a far dubitare della legittimita' costituzionale della
  norma  con  riferimento  sia  alla riserva di legge esistente nella
  materia universitaria, sia, ancora una volta, all'art. 97 Cost.
    Ne'  in  questa  prospettiva  puo'  aver  rilievo determinante la
  circostanza   che   i   protocolli   d'intesa  vanno  stipulati  in
  conformita' alle linee guida fissate (oggi) dal Governo.
    Se  pur  vero,  infatti,  che il sopravvenuto decreto legislativo
  n. 517/1999  -  uniformandosi  al  dettato  del Giudice delle leggi
  secondo  cui  l'esercizio  in via non legislativa della funzione di
  indirizzo e coordinamento nei confronti delle regioni deve far capo
  all'organo  collegiale di Governo (Corte costituzionale 14 dicembre
  1998,  n. 408,  e  poi,  in  termini, 15 febbraio 2000, n. 63) - ha
  abrogato  i  commi  1  degli artt. 6 e 6-bis del d.lgs. n. 502/1992
  (che  affidavano  ai  decreti ministeriali l'emanazione delle linee
  guida   per   la   stipulazione  dei  ripetuti  protocolli)  ed  ha
  individuato nel Consiglio dei ministri l'organo a tanto competente,
  ancora  vero  che  i "criteri ed i principi direttivi" recati dalla
  norma  delegata  (art. 1, comma 2) appaiono privi di quei contenuti
  definiti  e  di  quella  diretta  ed  immediata  incisivita' invece
  richiesti   dalla  ripetuta  portata  della  materia  -  istruzione
  universitaria  -  di pertinenza dello Stato. Mancano, cioe' "quelle
  norme  specifiche di legge che delimitino sostanzialmente il potere
  governativo, indicando l'oggetto degli atti di indirizzo e dettando
  "criteri sufficienti a indirizzarne a loro volta il contenuto ", in
  tal modo violandosi il principio di legalita' sostanziale affermato
  dalla giurisprudenza del Giudice delle leggi (Corte costituzionale,
  sentenza n. 408 citata e restanti ivi richiamate).
    Nell'ottica  ermeneutica di questo giudice, qui tesa a verificare
  il   rispetto   del   buon   andamento  dell'amministrazione  e  la
  sussistenza  delle  condizioni  di  salvaguardia  dell'insegnamento
  quali  richieste  nell'interesse  dei discenti, non puo' convenirsi
  con  la replica della difesa erariale secondo cui l'incisione sullo
  status  del  personale  docente  sanitario  di  che trattasi e' dal
  legislatore  riferita  alla  "preminente  esigenza  di tutela della
  salute pubblica e non invece rispetto al miglior espletamento della
  funzione docente".
    L'affermazione,  oltre  a  non  apparire  coerente  con il quadro
  generale  tracciato, e' intimamente contraddittoria e fondata su di
  una  visione  riduttiva  della stessa tutela della salute pubblica,
  collocata in un ambito concettuale contingente ed immediato che non
  considera  come questa presupponga medici idoneamente formati ed in
  possesso gia' all'atto del conseguimento del diploma universitario,
  ed  ancor  piu' di quello di specializzazione, della formazione sia
  teorica   che   pratica   necessaria   per   l'espletamento   della
  professione, ovvero per tutelare la salute pubblica.

    9. - Resta infine fermo, in via ulteriormente subordinata, che un
  vulnus all'art. 97 della Costituzione appare residuare in ogni caso
  in    riferimento   alla   previsione   di   immediata   cessazione
  dall'attivita'  assistenziale  in  difetto  comunque  della  previa
  regolamentazione del residuo di attivita' assistenziale a svolgersi
  ai  fini di didattica (e di ricerca) che viene cosi' rinviata ad un
  termine incertus quando.
    La  difesa  erariale  nega  ogni  frattura temporale nell'assunto
  della  vigenza,  nelle  more,  di  un  idoneo  regime  transitorio,
  costituito  dalle  linee  guida dettate dai decreti ministeriali 31
  luglio  1997  (recante  le  linee guida per la stipula dei ripetuti
  protocolli);  17  dicembre  1997  (recante i requisiti di idoneita'
  delle   strutture  per  le  scuole  di  specializzazione  dell'area
  medica);  24 settembre 1997 (recante i requisiti di idoneita' delle
  strutture per i diplomi universitari dell'area medica).
    L'assunto  non convince il collegio per la evidente ragione che i
  contenuti  dei  cennati decreti (e dei protocolli attuativi vigenti
  allo  Stato) non disciplinano - ne' l'avrebbero potuto - l'utilizzo
  dei  docenti  universitari per le attivita' di che trattasi, stante
  la  loro  preesistenza  rispetto  all'introduzione nell'ordinamento
  della norma che detto utilizzo e' sopravvenuta a prevedere.
    Ne'  ai  fini  invocati potrebbe soccorrere la considerazione che
  l'art.  1,  comma  5,  del  decreto  legislativo  21 dicembre 1999,
  n. 517,   ha   previsto   la   ultravigenza   dei  cennati  decreti
  ministeriali  fino  alla  data  di  entrata  in vigore dell'atto di
  indirizzo  e  di  coordinamento  previsto  dal comma 2 dello stesso
  articolo,  attesa  la  inidoneita'  anche di questi sotto i profili
  gia' indicati.
    Peraltro,  il  d.m. 31 luglio 1997, recante le linee guida per la
  stipula  dei  protocolli  di  intesa,  prevede testualmente che "Le
  attivita'    assistenziali   del   personale   universitario   sono
  inscindibili da quelle di didattica e di ricerca. Non e' consentito
  al    personale    universitario    di    recedere   dall'attivita'
  assistenziale". (Art. 5, comma 3).

    10. - In  conclusione,  il  collegio,  riuniti  i  due  ricorsi e
  rinviata ex art. 279, quarto comma, c.p.c., alla sede del merito le
  complessive  definitive  statuizioni, ritiene di dover investire la
  Corte  costituzionale  delle questioni di costituzionalita' innanzi
  precisate,  disponendo, in conseguenza, la sospensione del presente
  giudizio  nella  more  della pronuncia a rendersi dal Giudice delle
  leggi.
                              P. Q. M.
    Il  tribunale  amministrativo  regionale  della Campania, sezione
  prima,  riuniti  i  due  ricorsi  e  riservata, ex art. 279, quarto
  comma,  c.p.c.,  alla  sede  del  merito  le complessive definitive
  statuizioni sulla controversia;
    Dichiara   rilevante   per  la  decisione  e  non  manifestamente
  infondata  nei  sensi  di  cui innanzi la questione di legittimita'
  costituzionale  dell'art. 2,  comma  1,  lettera  pp,  della  legge
  30 novembre  1998,  n. 419,  e  dell'art. 15-nonies,  comma 2,  del
  d.lgs.  30 dicembre 1992, n. 502, quale introdotto dall'art. 13 del
  d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229.
    Sospende,  in  conseguenza,  il  giudizio  in  corso; riserva, ex
  art. 279, quarto comma, c.p.c., alla sede del merito le complessive
  definitive  statuizioni;  dispone  la  immediata trasmissione degli
  atti  alla  Corte  costituzionale,  a  cura  della  segreteria  del
  tribunale.
    Ordina  che,  a  cura  della  medesima  segreteria,  la  presente
  ordinanza venga notificata alle parti in causa ed al Presidente del
  Consiglio dei ministri, nonche' comunicata al Presidente del Senato
  della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati.

    Cosi'  deciso  in  Napoli,  addi'  10  marzo  2000,  in camera di
  consiglio.
                       Il Presidente: Coraggio
Il primo referendario, estensore: Monaciliuni
00C1361