N. 57 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 6 dicembre 2000
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 6 dicembre 2000 (del tribunale penale di Roma) Parlamento - Immunita' parlamentari - Deliberazioni della Camera dei deputati in data 7 marzo 2000, con le quali si dichiara che i fatti per cui si procede penalmente nei confronti dell'on. Tiziana Maiolo e dell'on. Filippo Mancuso per diffamazione a mezzo stampa, nei confronti del magistrato Giancarlo Caselli concernono opinioni espresse da membri del Parlamento nell'esercizio delle proprie funzioni - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal tribunale di Roma per la ritenuta mancanza di nesso tra i fatti attribuiti e l'esercizio delle funzioni parlamentari. - Deliberazioni della Camera dei deputati del 7 marzo 2000. - Costituzione, art. 68, primo comma.(GU n.53 del 27-12-2000 )
Il giudice per le indagini preliminari, dott. Andrea Vardaro letti gli atti del procedimento penale n. 11798/98 R.G. notizie di reato (n. 1787/99 g.i.p.); Contro: Mancuso Filippo, n. in Palermo l'11 luglio 1922, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore di fiducia avv. Franco Luberti, via Fiaminia n. 354, Roma; e Maiolo Tiziana, n. in Parma il 23.6.1941, domiciliata in Milano, corso Italia n. 9, difensore d'ufficio avv. Vincenzo Porfidia ed altri; Parte civile: Giancarlo Caselli, n. ad Alessandria il 9 maggio 1939, difeso dall'avv. Paola Parise, con studio in Roma, v.le Mazzini, 11; O s s e r v a Con querela del 17 luglio 1998, il dott. Giancarlo Caselli, all'epoca procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo esponeva che nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Roma il 9 luglio 1998 il sen. Roberto Centaro, l'on. Filippo Mancuso, l'on. Gianfranco Micciche' e l'on. Tiziana Maiolo avevano pronunziato nei suoi confronti "varie frasi - costellate di falsita' - pesantemente diffamatorie", diffuse a mezzo di lanci dalle agenzie Adnkronos, Agi ed Ansa. Con atto depositato il 16 luglio 1999, il pubblico ministero presso il tribunale di Roma chiedeva il rinvio a giudizio dell'on. Mancuso, dell'on. Maiolo e del sen. Centaro per distinti reati di diffamazione a mezzo stampa aggravata. In particolare, il rinvio a giudizio dell'on. Filippo Mancuso veniva chiesto con riferimento al "delitto p. e p. dagli artt. 595, primo e terzo comma codice penale e 13, legge 8 febbraio 1948 n. 47 per avere, nel corso della conferenza stampa indetta da Forza Italia e tenutasi a Roma il 9 luglio 1998, rilasciato dichiarazioni che venivano diffuse a mezzo di lanci dell'agenzia Adnkronos, Agi e Ansa del seguente tenore: "con un sistematico autore di insulti al Parlamento e a Forza Italia, come Gianfranco Caselli, noi non sediamo nemmeno in un convegno scientifico ... autore di insulti al Parlamento e' un soggetto politico a tutti gli effetti che pero' con la tecnica del manifesto non vuole essere oggetto di critica" (Adnkronos), "... quel personaggio che fino a ieri ha rivolto insulti al Parlamento, si comporta come soggetto politico a tutti gli effetti, illegittimo perche' il suo ruolo pubblico non e' politico questo personaggio e' Giancarlo Caselli ..." (Agi), "... accanto a personaggi di questo tipo, che sfruttano il potere di cattura che hanno e ai quali non si puo' replicare senza rischiare il reato di oltraggio ... io non posso neanche sedere accanto ..." (Ansa), con le quali offendeva la reputazione di Giancarlo Caselli procuratore della Repubblica di Palermo. In Roma il 9 luglio 1998 querela del 17 luglio 1998". Nei confronti dell'on. Maiolo l'azione penale era esercitata in ordine al "delitto p. e p. dagli artt. 595 primo e secondo comma del codice penale e 13, legge 8 febbraio 1948 n. 47, per avere offeso la reputazione di Caselli Giancarlo procuratore della Repubblica di Palermo rilasciando nel corso della conferenza stampa tenutasi in Roma, il 9 luglio 1998 e indetta da Forza Italia dichiarazioni riprese dall'agenzia Ansa del seguente tenore: "Il convegno sarebbe stato un'ottima occasione per continuare una sacrosanta battaglia politica contro l'uso politico delle istituzioni giudiziarie che fa il procuratore Caselli ... ... "esiste un'occasione a delinquere di tipo istituzionale, pericolosa quanto Cosa Nostra . In Roma il 9 luglio 1998, querela del 17 luglio 1998"; La Camera dei deputati, con distinte votazioni avvenute nella seduta del 7 marzo 2000, approvava la proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere (Doc. IV - quater, n. 112) di dichiarare, sia con riferimento all'on. Mancuso che all'on. Maiolo, che i fatti per i quali era in corso il procedimento penale concernevano "opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione". La proposta della giunta era cosi' motivata: "... Nel corso della sua audizione, l'onorevole Mancuso ha fatto presente che le sue dichiarazioni alla stampa traevano origine da una manifestazione promossa dalla Commissione antimafia a Palermo, alla quale egli, nella sua qualita' di vice presidente della Commissione, ritenne di non aderire per alcuni aspetti del programma che non condivideva pienamente. Tra essi, in particolare, la presenza del dott. Caselli, del quale aveva avuto piu' volte modo di criticare, anche in atti parlamentari tipici, l'eccessivo presenzialismo e le opinioni critiche manifestate nei confronti delle decisioni del potere legislativo. Tali riserve egli aveva espresso anche nel corso di una lettera al Presidente della Commissione nella quale esponeva le ragioni della sua mancata presenza al convegno. La decisione di non aderire al convegno fu condivisa dal suo intero gruppo politico che ritenne di convocare sul punto una conferenza stampa, nel corso della quale furono rese le dichiarazioni delle quali si e' doluto il dottor Caselli. L'onorevole Maiolo, dal canto suo, ha precisato che ella non aveva condiviso la decisione di non partecipare al convegno ed aveva scritto un'apposita lettera, sul punto, al presidente del suo gruppo parlamentare. Ella non aveva neppure partecipato alla conferenza stampa, ma aveva diffuso, nella sala stampa di Montecitorio, il contenuto della lettera sopra ricordata. Per sintesi giornalistica, dunque, i lanci d'agenzia avevano fatto riferimento a sue dichiarazioni, che formalmente, tuttavia, non erano tali. Nel corso del dibattito l'opinione unanime della giunta e' stata nel senso che le frasi proferite dai deputati in questione costituiscono, con chiara evidenza, un giudizio ed una critica di natura sostanzialmente politica su fatti e circostanze che all'epoca erano al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica nonche' del dibattito politico-parlamentare. E' apparsa, inoltre, evidente la connessione e anzi l'identificabilita' delle frasi riportate nel dispaccio di agenzia con l'attivita' parlamentare in quanto esse erano state pronunciate o comunque diffuse per illustrare le posizioni emerse nell'ambito di un gruppo politico con riferimento ad una iniziativa adottata da un organo della Camera" (Doc IV - quater n. 112) Il pubblico ministero, con memoria pervenuta in cancelleria il 28 marzo, chiedeva che fosse sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati. Nel corso dell'udienza preliminare del 31 marzo, il difensore dell'On. Mancuso produceva una memoria con documentazione allegata. Il difensore della parte civile chiedeva un rinvio dell'udienza per poter esaminare la documentazione prodotta. All'udienza del 2 giugno, l'elevazione del conflitto di attribuzione era sollecitata, oltre che dal pubblico ministero, anche dal difensore di parte civile. I difensori degli imputati, invece, chiedevano una pronuncia di non luogo a procedere nei confronti dell'on. Mancuso e dell'on. Maiolo in ordine ai reati a loro rispettivament ascritti. Premesso quanto sopra, si osserva che il giudice ordinario a fronte della deliberazione di insindacabilita' delle dichiarazioni asseritamente diffamatorie rese da parlamentare, "non puo' che prendere atto della valutazione espressa dal Parlamento, adeguandovisi e quindi dichiarando la non punibilita' del fatto perche' commesso nell'ambito delle funzioni parlamentari, ovvero sollevare conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale, ove ritenga contestabili le concrete modalita' di esercizio del potere del Parlamento "per vizi del procedimento ovvero per omessa o erronea valutazione dei presupposti di volta in volta richiesti " (Cass. sez. V, 12 febbraio 1999, Della Valle). Questo giudice ritiene che, nel caso di specie, la Camera dei deputati abbia erroneamente valutato la sussistenza dei presupposti necessari per poter considerare le dichiarazioni rese dall'on. Filippo Mancuso e dall'on. Tiziana Maioio ricollegabili all'ipotesi prevista dall'art. 68, primo comma, della Costituzione. La connessione tra le opinioni espresse dal parlamentare e l'esercizio delle relative funzioni costituisce "l'indefettibile presupposto di legittimita' della deliberazione parlamentare d'insindacabilita'" (sentenza n. 329/1999 della Corte cost.). La Corte di cassazione ha rilevato che gli atti c.d. di funzione - quegli atti, cioe', che compiuti da parlamentari in relazione a tale specifica qualita', si rendono insindacabili anche da parte dell'autorita' giudiziaria perche' espressione della loro indipendenza ed autonomia - sono soltanto quelli relativi all'esercizio delle funzioni proprie di membro del Parlamento, vale a dire gli atti tipici del mandato parlamentare (presentazione di disegni di legge, interpellanze ed interrogazioni, relazioni, dichiarazioni), compiuti nei vari organi parlamentari o paraparlamentari, con l'esclusione di quelle attivita' che, pur latamente connesse con l'esercizio di tali funzioni, ne sono tuttavia estranee, quale l'attivita' politica extraparlamentare esplicata all'interno dei partiti. (Cass. sez. V, 16.12.1997, Sgarbi). Secondo la piu' recente giurisprudenza costituzionale, costituiscono opinioni espresse nell'esercizio della funzione parlamentare quelle "manifestate nel corso dei lavori della Camera e dei suoi vari organi, in occasione dello svolgimento di una qualsiasi fra le funzioni svolte dalla Camera medesima, ovvero manifestate in atti, anche individuali, costituenti estrinsecazione delle facolta' proprie del parlamentare quale membro dell'assemblea. Invece l'attivita' politica svolta dal parlamentare al di fuori di questo ambito non puo' dirsi di per se' esplicazione della funzione parlamentare nel senso preciso cui si riferisce l'art. 68, primo comma, della Costituzione. Nel normale svolgimento della vita democratica e del dibattito politico, le opinioni che il parlamentare esprima fuori dai compiti e dalle attivita' propri delle assemblee rappresentano piuttosto esercizio della liberta' di espressione comune a tutti i consociati: ad esse non puo' estendersi, senza snaturarla, una immunita' che la Costituzione ha voluto, in deroga al generale principio di legalita' e di giustiziabilita' dei diritti, riservare alle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni" (sentenza n. 10/2000 della Corte costituzionale). "Si debbono pertanto ritenere, in linea di principio, sindacabili tutte quelle dichiarazioni che fuoriescono dal campo applicativo del "diritto parlamentare e che non siano specificamente collegabili con specifiche forme di esercizio di funzioni parlamentari, anche se siano caratterizzate da un asserito "contesto politico o ritenute, per il contenuto delle espressioni o per il destinatario o la sede in cui sono state rese, manifestazioni di sindacato ispettivo. Questa forma di controllo politico rimessa al singolo parlamentare puo' infatti aver rilievo ... soltanto se si esplica come funzione parlamentare, attraverso atti e procedure specificamente previsti dai regolamenti parlamentari" (sentenza n. 11/2000 della Corte costituzionale). Con riferimento alla divulgazione delle opinioni manifestate dai parlamentari la Corte costituzionale ha precisato che " ... la semplice comunanza di argomento fra la dichiarazione resa ai mezzi di comunicazione o in dibattiti pubblici e le opinioni espresse in sede parlamentare non basta ad estendere alla prima l'insindacabilita' che copre le seconde ... Deve esservi, dunque, un preciso nesso funzionale fra la dichiarazione e l'attivita' parlamentare: nesso che puo' legittimamente essere affermato dalle Camere anche quando le dichiarazioni siano sostanzialmente riproduttive dell'opinione sostenuta in sede parlamentare. La prerogativa costituzionale rileva, infatti, non soltanto per l'occasione specifica in cui l'opinione e' espressa in ambito parlamentare, ma riguarda il contenuto storico di essa, pure quando ne sia realizzata la diffusione pubblica. Perche' la pubblicita' accompagna l'attivita' parlamentare, necessariamente, assicurando il ruolo fondamentale delle Camere nella libera dialettica politica. L'insindacabilita' si estende, quindi, a tutte le altre sedi, e occasioni, in cui l'opinione sia riprodotta nel suo contenuto sostanziale" (sentenza n. 56/2000 della Corte costituzionale). Deve ritenersi, dunque, che costituiscono opinioni espresse nell'esercizio della funzione parlamentare quelle manifestate durante il compimento di atti tipici della funzione, nonche' quelle che, pur non essendo state manifestate in sede parlamentare, riproducano il contenuto sostanziale delle prime. Le dichiarazioni dell'onorevole Mancuso sono state rese nel corso di una conferenza stampa indetta da "Forza Italia e, quindi, al di fuori dell'esercizio di funzioni parlamentari. La partecipazione ad una conferenza stampa indetta da un partito politico non puo' farsi rientrare, infatti, tra i compiti istituzionali del parlamentare. Le dichiarazioni dell'onorevole Mancuso non risultano, inoltre, sostanzialmente riproduttive di un'opinione espressa in sede parlamentare. Gli interventi dell'on. Mancuso nel corso delle sedute della Camera e della commissione antimafia, riportati nei resoconti allegati alla memoria difensiva, non hanno che un generico e parziale collegamento tematico con il contenuto delle dichiarazioni rilasciate dal parlamentare ed in alcuni casi si riferiscono ad un periodo successivo a quello in cui si e' tenuta la conferenza stampa. In particolare le dichiarazioni rese dall'on. Mancuso nella seduta dell'11 marzo 1998 (relativamente ad interpellanza sullo stato della giustizia) non riguardano i temi dell'intervista e contengono solo un generico richiamo alla procura della Repubblica di Palermo (non direttamente al dott. Caselli) indicata quale "sede ove si commettono delitti nello stesso modo in cui li si perseguono". La replica dell'on. Mancuso per la sua interpellanza n. 200967, nella seduta del 15 aprile 1998, riguarda la procura della Repubblica di Milano e vi e' solo un accenno a quella di Palermo definita "fomite di illegalita'". Nella dichiarazione di voto del 10 giugno 1998 non e' individuabile alcun riferimento diretto al dott. Caselli o alla procura della Repubblica di Palermo. Nella dichiarazione di voto del 9 luglio 1998, che riguarda un procedimento penale per diffamazione a mezzo stampa aggravata nel quale il dott. Giancarlo Caselli riveste la qualita' di parte offesa, l'on. Mancuso indica il querelante, tra l'altro, come un soggetto che si e' espresso "in termini di valenza, anzi di plusvalenza politica" e che e' "il punto di riferimento di un comportamento che e' sostanzialmente, e adesso anche formalmente, politico". Tra il contenuto della dichiarazione di voto, tuttavia, e quello della conferenza stampa, si individua solo un collegamento tematico generico e parziale. Negli interventi dell'on. Mancuso nelle sedute del 5 e 17 febbraio 1997 della commissione parlamentare antimafia non e' ravvisabile alcuna identita' di contenuto con le dichiarazioni rilasciate nel corso della conferenza stampa (nel primo intervento l'on. Mancuso si limita a sollevare un'eccezione per poi allontanarsi dall'aula; nel secondo intervento formula alcune domande al dott. Tinebra, procuratore della Repubblica di Caltanisetta, in ordine all'esistenza di procedimenti penali in cui siano coinvolti magistrati del distretto di Palermo e in ordine ad uno specifico episodio, riferito dall'avv. Coppi, riguardante il comportamento tenuto dal dott. Caselli e dal dott. Lo Forte nei confronti di Salvatore Cancemi nel corso di un'udienza). Le altre dichiarazioni rese dall'on. Mancuso nel corso di interventi in sedute della Camera o della Commissione parlamentare, riportate nei resoconti allegati alla memoria difensiva, sono successive a quelle rilasciate nella conferenza stampa. Queste ultime, dunque, non possono ritenersi riproduttive delle prime. Il c.d. nesso funzionale non puo' essere ravvisato neanche con riferimento alla missiva inviata dall'on. Mancuso all'on. Ottaviano Del Turco. La comunicazione dell'onorevole Mancuso al presidente della Commissione delle ragioni per le quali aveva deciso di non partecipare al convegno di Palermo non costituiva attivita' parlamentare (in quanto non compiuta in occasione di atti tipici nel corso dei lavori della commissione parlamentare) e, conseguentemente, le dichiarazioni rese nella conferenza stampa non potevano considerarsi divulgative di attivita' parlamentare. Tra le dichiarazioni rese nella conferenza stampa e quelle contenute nella lettera all'on. Del Turco, peraltro, vi era una corrispondenza di contenuto solo parziale, oltre che generica. Analoghe osservazioni possono essere fatte con riferimento all'onorevole Maiolo. La diffusione del contenuto della missiva inviata da quest'ultima al presidente del suo gruppo parlamentare non e' riconducibile ad alcun atto tipico di funzione. Il "nesso funzionale" in particolare, non e' ravvisabile nella semplice circostanza che la comunicazione del contenuto della lettera ai giornalisti sia avvenuta nella sala stampa di Montecitorio. Deve escludersi, infatti, che quanto affermato nei locali delle Camere, al di fuori di specifiche attivita' parlamentari, sia di per se' sempre insindacabile (anche in assenza di un collegamento con atti tipici di funzione), come del resto deve escludersi che sia sempre sindacabile dall'autorita' giudiziaria ordinaria quanto dichiarato extra moenia dal parlamentare. Si appalesa arbitraria, dunque, la deliberazione della Camera dei deputati che ha accolto la proposta della giunta per le autorizzazioni a procedere di affermare l'insindacabilita' delle dichiarazioni rese dall'on. Mancuso e dall'on. Maiolo pur difettando un collegamento diretto delle esternazioni dei parlamentari con atti tipici di funzione. La considerazione, contenuta nella relazione della giunta, che le frasi proferite costituivano un giudizio ed una critica di natura sostanzialmente politica su fatti e circostanze che all'epoca erano al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica nonche' del dibattito parlamentare, contenuta nella relazione della giunta per le autorizzazioni a procedere, attiene alla compatibilita' delle affermazioni dei parlamentari con il diritto di critica e non alla prerogativa prevista dall'art. 68, primo comma, della Costituzione. La giunta nel porre a fondamento della sua proposta (approvata dall'assemblea) la circostanza che le dichiarazioni dei deputati "erano state pronunciate o comunque diffuse all'interno delle Camere per illustrare le posizioni emerse nell'ambito di un gruppo politico con riferimento ad una iniziativa adottata da un organo della Camera" ha individuato il c.d. nesso funzionale non con riferimento a specifici atti parlamentari compiuti dagli onorevoli Mancuso e Maiolo, bensi' con riferimento alle attivita' svolte all'interno del loro gruppo politico. La deliberazione di insindacabilita' e' stata, pertanto, adottata dalla Camera dei deputati sulla base di un'erronea valutazione dei presupposti richiesti dall'art. 68 Cost., con conseguente illegittimita' interferenza nelle attribuzioni dell'autorita' giudiziaria.
P. Q . M. Visti gli artt. 68, primo comma, Cost., 23 u.c., 37 e 38 legge 11 marzo 1953 n. 87 e 26 del C.C. 16 marzo 1956; Solleva conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei Ddeputati, richiedendo che la Corte costituzionale: dichiari che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare che i fatti per i quali e' in corso procedimento penale a carico dell'on. Tiziana Maiolo, davanti a questo giudice, concernono opinioni espresse dall'on. Maiolo nell'esercizio delle sue funzoni, ai sensi dell'art. 68 primo comma della Costituzione, e, conseguentemente, annulli la delibera adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 7 marzo 2000; dichiari che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare che i fatti per i quali e' in corso procedimento penale a carico dell'on. Filippo Mancuso, davanti a questo giudice, concernono opinioni espresse dall'on. Mancuso nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68 primo comma della Costituzione, e, conseguentemente, annulli la delibera adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 7 marzo 2000; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione dei conflitto; Dispone che il presente ricorso, a cura della cancelleria, sia notificato al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicato ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Roma addi' 2 giugno 2000. Il giudice dell'udienza preliminare: Dott. Andrea Vardaro 00C1413