N. 811 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 maggio 1999

Ordinanza  emessa  il  23  maggio  1999  dal  pretore  di Saluzzo nei
procedimenti civili riuniti vertenti tra Aime Guglielmo e I.N.P.S.

Previdenza  e assistenza sociale - Rimborsi conseguenti alle sentenze
della  Corte  costituzionale  nn.  495/1993 e 240/1994 - Modalita' di
pagamento  -  Estinzione dei giudizi pendenti alla data di entrata in
vigore  della  normativa censurata - Incidenza sul diritto di difesa,
sul principio della soggezione dei giudici solo alle leggi - Indebita
interferenza sulla funzione giurisdizionale.
- Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 36, comma 5.
- Costituzione, artt. 24, primo comma, 101, 102 e 104.
(GU n.1 del 3-1-2001 )
                             IL PRETORE

    Sciogliendo la riserva di cui all'udienza del 10 maggio 1999;
    Letti  gli atti della causa civile iscritta al n. 271/94 r.g.a.c.
  promossa dal sig. Aime Guglielmo contro l'I.N.P.S., alla quale sono
  state  riunite  ai  sensi  dell'art. 151 disp. att. c.p.c. numerose
  altre cause aventi ad oggetto identiche questioni di diritto;

                            O s s e r v a

    1. - I  ricorrenti hanno convenuto in giudizio l'I.N.P.S. per ivi
  sentirlo  condannare  a corrispondere in loro favore la pensione di
  reversibilita'  in  misura  pari  al  60%  del  trattamento  minimo
  spettante   al  loro  dante  causa,  con  arretrati  maggiorati  di
  rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma rivalutata,
  e  cio'  in  applicazione  della sentenza 31 dicembre 1993, n. 495,
  della   Corte   costituzionale,   che  dichiarato  l'illegittimita'
  costituzionale  dell'art.  22  della  legge  21 luglio 1965, n. 903
  "nella  parte  in cui non prevede che la pensione di reversibilita'
  sia  calcolata  in  proporzione  alla pensione diretta integrata al
  trattamento  minimo gia' liquidata al pensionato o che l'assicurato
  avrebbe comunque diritto di percepire".
    L'I.N.P.S.   si  e'  costituito  in  giudizio  eccependo  in  via
  pregiudiziale   l'intervenuta  decadenza  dell'azione  giudiziaria,
  promossa  dopo la scadenza del termine triennale previsto dall'art.
  4  del  d.l.  19  settembre 1992, n. 384, convertito dalla legge 14
  novembre 1992, n. 438, e contestando nel merito la ricorrenza nella
  specie  della  situazione  di  fatto  che dovrebbe dare titolo alla
  prestazione richiesta.
    Nelle  more  del  giudizio  e' stata emanata la legge 23 dicembre
  1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica),
  la  quale  all'art.  1,  commi 181, 182, 183 e 184 (riproducenti il
  contenuto  dall'art.  1 del d.l. 28 marzo 1996, n. 166, dell'art. 1
  del  d.l.  27  maggio  1996, n. 295, dell'art. 1 del d.l. 26 luglio
  1996  n. 396 e dell'art. 1 del d.l. 24 settembre 1996 n. 499, tutti
  decaduti  per  mancata  conversione  in  legge),  ha stabilito, per
  quanto qui interessa;
        che  "il  pagamento delle somme, maturate fino al 31 dicembre
  1995,    sui   trattamenti   pensionistici   erogati   dagli   enti
  previdenziali  interessati,  in conseguenza dell'applicazione della
  sentenza  della Corte costituzionale n. 495 del 1993, e' effettuato
  mediante assegnazione degli aventi diritto di titolo di Stato";
        che  tale  pagamento  avverra' "in sei annualita', sulla base
  degli    elenchi   riepilogativi   che   gli   enti   previdenziali
  provvederanno annualmente ad inviare al Ministero del tesoro";
        che  il diritto al pagamento delle somme arretrate "spetta ai
  soli  soggetti  interessati e ai loro superstiti aventi titolo alla
  pensione di reversibilita' alla data del 30 marzo 1996";
        che   "nella   determinazione  dell'importo  maturato  al  31
  dicembre  1995  non  concorrono  gli  interessi  e la rivalutazione
  monetaria"  e  che  "per gli anni successivi, sulle somme ancora da
  rimborsarsi,   sono   dovuti   gli  interessi  nella  misura  della
  variazione  dell'indice  dei  prezzi  al consumo per le famiglie di
  operai ed impiegati accertata dall'ISTAT per l'anno precedente";
        che  i  giudizi  pendenti  alla  data di entrata in vigore di
  detta   legge   aventi   ad   oggetto   le   questioni  concernenti
  l'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 495 del
  1993  "sono  dichiarati  estinti  d'ufficio con compensazione delle
  spese fra le parti".

    Questo  pretore  ha  sollevato,  in  altra causa, la questione di
  legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 181, 182 e 183 della
  legge  n. 662/1996  in  riferimento  agli  artt. 3, 24, 38, secondo
  comma, 101, 102, 103 e 104 della Costituzione.
    Nelle more della pronuncia del giudice delle leggi sulla suddetta
  eccezione  di  incostituzionalita'  (analoga  a quelle sollevate da
  altri giudici di merito e anche dalla Corte di cassazione) e' stata
  emanata  la  legge  23  dicembre  1998,  n. 448 ("misure di finanza
  pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo"), la quale, all'art.
  36   (intitolato   "disposizioni   modificative  ed  interpretative
  dell'art.  1,  commi  181  e  182,  della  legge  23 dicembre 1996,
  n. 662"), ha stabilito:
        che  "sugli  arretrati maturati al 31 dicembre 1995 e' dovuta
  esclusivamente  una  somma  pari al 5% dell'importo maturato a tale
  data",  mentre  "per  gli  anni  successivi,  sulle somme ancora da
  rimborsare,  sono dovuti gli interessi sulla base di un tasso annuo
  pari  alla  variazione  dell'indice  dei  prezzi  al consumo per le
  famiglie  di  operai  ed impiegati, accertata dall'ISTAT per l'anno
  precedente" (comma 1);
        che  nell'espressione  "aventi  diritto"  di cui al comma 181
  dell'art.  1  della  legge  23 dicembre 1996 "si intendono comunque
  ricompresi gli eredi, anche nei casi di decesso del relativo avente
  diritto  avvenuto anteriormente alla data del 30 marzo 1996" (comma
  2);
        che  "i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della
  "suddetta  legge, aventi ad oggetto le questioni di cui all'art. 1,
  commi  181  e  182,  della  legge  23  dicembre  1996, n. 662, sono
  dichiarati  estinti  d'ufficio con compensazione delle spese fra le
  parti"  e  che  "i  provvedimenti  giudiziari non ancora passati in
  giudicato restano privi di effetto" (comma 5).

    2. - Il  nuovo  provvedimento  legislativo,  ad  avviso di questo
  pretore e come argomentato da parte ricorrente nella nota difensiva
  autorizzata,   non   elimina   tutti   i   dubbi   di  legittimita'
  costituzionale gia' prospettati in relazione all'art. 1, commi 181,
  182 e 183, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
    Segnatamente,  la censura di incostituzionalita' delle norme gia'
  contenute  nell'art.  1,  comma  183, della legge 23 dicembre 1996,
  n. 662,  ed  ora  riprodotte  nell'art. 36, comma 5, della legge 23
  dicembre  1998,  n. 448  (estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti
  con  compensazione  delle  spese  fra  le parti) appare tuttora non
  manifestamente infondata e rilevante almeno sotto due profili.

    2.1. - La  normativa in questione appare, anzitutto, in contrasto
  con l'art. 24, comma 1, della Costituzione.
    Essa  vanifica,  invero,  il  diritto  di  azione  degli  odierni
  ricorrenti  imponendo  l'estinzione  ope legis dei giudizi in corso
  senza  che  correlativamente  si  sia  gia'  realizzata l'integrale
  soddisfazione   dell'interesse   a  tutela  del  quale  la  domanda
  giudiziale e' stata proposta.
    Essa preclude, inoltre, ai ricorrenti la possibilita' di ottenere
  un titolo giudiziale da azionare, se del caso, in executivis.
    In  tal  modo  l'I.N.P.S.  viene praticamente lasciato arbitro di
  determinare  la  spettanza  e la decorrenza dei ratei medio tempore
  maturati  in  conseguenza  dell'applicazione  della  sentenza della
  Corte   costituzionale  n. 495  del  1993,  costringendo  cosi'  il
  pensionato   che   non   condivida   le   determinazioni   adottate
  dall'Istituto ad iniziare un nuovo giudizio.
    La  normativa  in  esame  mutila,  infine, il credito vantato dai
  ricorrenti  di  quell'"accessorio" rappresentato dal rimborso delle
  spese  processuali sostenute per ottenere l'accertamento giudiziale
  del diritto.

    2.2. - L'art.  36, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448,
  appare,  in  secondo luogo, non conforme al sistema delineato dagli
  artt. 101, 102 e 104 della Carta fondamentale.
    Detti  articoli  della  Costituzione  e in particolare l'art. 104
  sanciscono  il  principio della separazione dell'ordine giudiziario
  dal potere legislativo.
    Orbene,  ad  avviso  di  questo  pretore,  se  puo' ritenersi non
  contrastare  con  il sistema delineato dal Costituente il fatto, di
  per  se',  che  un  legge  regoli  con  efficacia  retroattiva  una
  fattispecie sub judice (cfr. Corte costituzionale n. 155/1990), non
  altrettanto puo' dirsi invece nel caso, come e' senza dubbio quello
  in  esame, in cui una legge sia dichiaratamente diretta ad incidere
  sui giudizi in corso, imponendo ope legis l'estinzione dei processi
  aventi  un  determinato oggetto ed imponendo altresi' di dichiarare
  compensate tra le parti le spese di lite.
    In  tal  caso viene di fatto svuotata la funzione giurisdizionale
  ed  il legislatore, sotto la forma della legge, emana in realta' un
  provvedimento avente sostanza di sentenza.
    Va,  inoltre,  evidenziato  che,  anche  nel  caso in cui venga a
  cessare  la  materia  del contendere, secondo le regole generali il
  giudice  rimane  comunque  investito, su istanze delle parti, della
  questione relativa al regolamento delle spese processuali e deve in
  tal caso stabilire la c.d. soccombenza virtuale al fine di porre le
  spese  di  lite  a  carico della parte che ha ingiustamente agito o
  resistito in giudizio.
    L'impugnato  art.  36,  comma 5, della legge n. 448/1998 dispone,
  invece,  d'imperio  la  compensazione  delle  spese  tra  le parti,
  esautorando  cosi'  il  giudice anche da tale potere e derogare, in
  relazione  alle  sole  controversie  richiamate  da  tale norma, ai
  principi generali del processo civile.

    3. - In   punto   rilevanza   della   prospettata   questione  di
  legittimita'  costituzionale,  e' sufficiente osservare che, ove la
  normativa  impugnata fosse conforme a Costituzione, questo pretore,
  in  applicazione  della  stessa,  dovrebbe  limitarsi  a dichiarare
  d'ufficio  l'estinzione del giudizio senza poter scendere all'esame
  (anche  solo  ai  fini  dell'accollo delle spese processuali) della
  fondatezza  della  domanda  dei  ricorrenti  e  delle eccezioni del
  convenuto.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 36,
  comma  5,  della legge 23 dicembre 1998, n. 448 ("Misure di finanza
  pubblica  per  la  stabilizzazione  e lo sviluppo"), in riferimento
  agli artt. 24, primo comma, 101, 102 e 104 della Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina  la  trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con
  la prova delle prescritte notificazioni e comunicazioni;
    Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza, oltre
  che  notificata  (nel  testo  integrale)  alle  parti in causa, sia
  notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai
  Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Saluzzo, addi' 23 maggio 1999.
               Il pretore giudice del lavoro: Cavallo
00C1421