N. 819 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 gennaio 2000

Ordinanza  emessa  il 26 gennaio 2000 dalla Corte dei conti - Sezione
giur.  per  la  Regione Sardegna sul ricorso proposto da Murgia Mario
contro il Ministero dell'interno ed altri

Pensioni  -  Trattamenti  pensionistici  superiori  a cinque volte il
trattamento    minimo   INPS   dovuti   dall'assicurazione   generale
obbligatoria  per  l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti e dalle
forme  di  essa sostitutive od esclusive - Perequazione automatica al
costo   della   vita   prevista   per  l'anno  1998  -  Esclusione  -
Irragionevolezza  -  Deteriore trattamento dei pensionati fruitori di
trattamenti  pensionistici  superiori a lire 2.500.000 mensili nette,
rispetto  agli  altri  pensionati  titolari  di  pensioni  di importo
inferiore  ma  possessori  di  redditi  piu'  elevati - Incidenza sui
principi  della  equa retribuzione (anche differita) e della garanzia
previdenziale.
- Legge 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 13.
- Costituzione, artt. 3, 36 e 38.
(GU n.1 del 3-1-2001 )
                         LA CORTE DEI CONTI

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso iscritto al
  n. C/9122  del  registro  di  segreteria,  proposto  dal sig. Mario
  Murgia,  nato  il  7  marzo  1916, rappresentato e difeso dall'avv.
  Gabriele   De  Paola,  avverso  i  provvedimenti  emessi  nei  suoi
  confronti  in  applicazione  dell'art.  59,  comma  13  della legge
  n. 449/1997;
    Uditi,  nella  pubblica  udienza del 26 gennaio 2000, il relatore
  consigliere  Antonio Contu, l'avv. Antonio Nicolini in sostituzione
  dell'avv.   De   Paola  e  la  dott.ssa  Maria  Bonaria  Onnis  per
  l'amministrazione;
    Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;

                          Ritenuto in fatto

    Con  gravame  giurisdizionale in data 19 aprile 1999, redatto col
  Ministero  dell'avv. De Paola avverso il Ministero dell'interno, il
  Ministero  del  tesoro e l'I.N.P.D.A.P., il Murgia, gia' segretario
  comunale  e titolare di trattamento pensionistico ordinario, chiede
  che  sia  accertato  il  proprio  diritto a percepire per intero la
  perequazione  automatica  al  costo  della  vita della pensione per
  l'anno  1998; cio' previa remissione degli atti di causa alla Corte
  costituzionale  essendo  non  manifestamente  infondata e rilevante
  l'eccezione  di  incostituzionalita'  dell'art.  59, comma 13 della
  legge  27  dicembre  1997,  n. 449.  Tale  disposizione di legge ha
  infatti  stabilito  che  "sui trattamenti pensionistici superiori a
  cinque    volte    il    trattamento    minimo    I.N.P.S.   dovuti
  dall'assicurazione  generale  obbligatoria  per  l'invalidita',  la
  vecchiaia  e  i  superstiti  e  dalle  forme di essa sostitutive od
  esclusive non spetta la perequazione automatica al costo della vita
  prevista per l'anno 1998".
    Poiche'  dunque  il  ricorrente  risulta versare nella condizione
  prevista  dalla  normativa in considerazione, l'amministrazione del
  tesoro  non ha attribuito al Murgia la perequazione sul trattamento
  pensionistico  per  detto  anno,  in  ottemperanza  alle  direttive
  emanate  dal  Ministero del tesoro - Direzione generale dei servizi
  periferici in data 20 febbraio 1998.
    A sostegno della dedotta questione di legittimita' costituzionale
  il  Murgia  ha  avanzato  i seguenti profili di incostituzionalita'
  della normativa in argomento.
        1) violazione  degli  artt. 36 e 38 della Costituzione. Viene
  sostenuto   che   la  sfera  di  discrezionalita'  del  legislatore
  ordinario  nel  disporre  in  merito alla misura del trattamento di
  quiescenza  non possa prescindere dal rispetto dei criteri previsti
  dagli  artt.  36  e 38 della Costituzione, tanto che e' illegittima
  una  modificazione  legislativa  che  peggiori  un  trattamento  di
  quiescenza  in corso: e tale sarebbe l'ipotesi qui in esame, ove il
  mancato  adeguamento  agli indici ISTAT per l'anno 1998 avrebbe, di
  fatto,  comportato  una  diminuzione  del  potere  di  acquisto del
  reddito pensionistico;
        2) violazione dell'art. 3 della Costituzione e violazione del
  principio  di  ragionevolezza.  La  normativa  in  applicazione, ad
  avviso  della  difesa,  nel  discriminare e penalizzare le fasce di
  emolunenti  pensionabili  che  superino  il livello di L. 2.500.000
  nette mensili sarebbe del tutto illogica ed irrazionale. Si sarebbe
  infatti  creata una inaccettabile discriminazione sia nei confronti
  del  personale  in  servizio,  sia  nei confronti dei dirigenti non
  "contrattualizzati",   sia  anche  nei  confronti  di  titolari  di
  trattamento  pensionistico  inferiore  alla soglia in questione, ma
  comunque   titolari   di   altri  redditi.  Infine  andrebbe  anche
  considerata  la  fattispecie di un nucleo familiare composto da due
  soggetti  titolari  di  due  o  piu'  pensioni  che,  singolarmente
  considerate  non  superano  il  tetto  in  questione  ma  che,  nel
  complesso,  lo  superano  in  misura cospicua: anche tali soggetti,
  irrazionalmente  - si sostiene - non vengono colpiti dalla norma in
  applicazione.
    Nell'odierna  pubblica  udienza l'avv. Nicolini ha sinteticamente
  ribadito   le   considerazioni   svolte  nel  ricorso  introduttivo
  soffermandosi  in  particolare  sulla  rilevanza della questione di
  legittimita'    costituzionale    proposta;    il    rappresentante
  dell'amministrazione ha invece sollecitato il rigetto del gravame.

                       Considerato in diritto

    Viene  nel  presente  giudizio revocata in dubbio la legittimita'
  costituzionale  dell'art. 59 comma 13 della legge 27 dicembre 1997,
  n. 449 il quale dispone che sui trattamenti pensionistici superiori
  a    cinque   volte   il   trattamento   minimo   I.N.P.S.   dovuti
  dall'assicurazione  generale  obbligatoria  per  l'invalidita',  la
  vecchiaia  e  i  superstiti  e  dalle  forme di essa sostitutive od
  esclusive non spetta la perequazione automatica al costo della vita
  per  l'anno  1998,  per  violazione  degli  artt.  3, 36 e 38 della
  Costituzione.
    Va anzitutto affermato che tale questione e' rilevante, in quanto
  la  disposizione  in  questione  incide  certamente  sull'esito del
  ricorso il quale, sulla base di essa, dovrebbe essere rigettato.
    Peraltro,  ad  avviso di questo giudice remittente, si presentano
  rilevanti  e  non  manifestamente  infondati  i  diversi profili di
  legittimita' costituzionale avanzati dalla difesa del ricorrente:
        1) per  quanto  concerne  la  violazione  degli artt. 36 e 38
  della  Costituzione la norma impugnata sembra violare i principi di
  proporzionalita'  della pensione e di adeguatezza della stessa alle
  esigenze  essenziali  dei soggetti in quiescenza, dato il carattere
  retributivo del trattamento pensionistico.
    Al  riguardo e' pur vero che il giudice delle leggi, con sentenza
  n. 62  del 24 febbraio-5 marzo 1999 ha riaffermato il principio che
  non  sussiste  nel  nostro  ordinamento un principio di adeguamento
  automatico  del  trattamento  previdenziale  a  quello retributivo.
  Tuttavia  nel caso all'esame va sottolineato come, nel caso che qui
  occupa,  il  mancato  adeguamento  secondo  gli  indici  ISTAT  dei
  trattamenti  pensionistici  di importo mensile netto superiore alle
  L.  2.500.000 si risolva in una sostanziale decurtazione del valore
  reale  dell'assegno attribuito; e cio' pare sufficiente a sostenere
  che si sia realizzato uno scostamento dal parametro costituzionale,
  anche  alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale in
  ordine  ad  analoga  problematica,  secondo  la quale il meccanismo
  della  rivalutazione monetaria realizza per i crediti previdenziali
  una   funzione   di  tutela  del  valore  del  credito  nel  tempo,
  analogamente  a  quanto avviene per i crediti di natura retributiva
  (sent. n. 156 del 12 aprile 1991).
    In  altri termini, la riduzione del potere d'acquisto del credito
  previdenziale,    realizzata    surrettiziamente    attraverso   la
  sospensione  del  meccanismo  di perequazione automatica assicurato
  per  i  crediti  di lavoro dipendente e per quelli previdenziali di
  importo  differente,  pare  urtare con le norme della Costituzione,
  ove anche si consideri l'esiguita' dell'importo assunto come soglia
  della limitazione;
        2) del  pari  non manifestamente infondata appare l'eccezione
  di legittimita' costituzionale della normativa in applicazione, con
  riferimento all'art. 3 della Costituzione.
    In   ordine  alla  conformita'  alla  Costituzione  di  normative
  derogatorie  a  discipline generali, il giudice delle leggi ha piu'
  volte  ribadito  come solo quando viene riscontrata in una norma la
  mancanza   di   una   causa  idonea  a  sorreggere  una  disciplina
  differenziata questa puo' dirsi costituzionalmente illegittima; per
  contro a conclusione opposta puo' pervenirsi ove tale causa difetti
  o si palesi irragionevole (sent. n. 89 del 1996 e n. 289 del 1994).
  E  tale  e' la situazione che qui occupa, ove il mancato meccanismo
  di   perequazione  automatica  -  che,  come  detto,  realizza  una
  diminuzione  del  valore  reale dell'assegno pensionistico - sembra
  attuare  un'irragionevole  disparita'  di trattamento nei confronti
  dei  titolari  di trattamento di quiescenza oltre il limite fissato
  dalla legge. Di piu' va aggiunto che, concretandosi l'effetto della
  disposizione  qui  censurata  in  una  sorta di prelievo tributario
  (giacche'  perviene  all'unico  risultato di una decurtazione della
  misura  del  trattamento),  tale  prelievo  risulterebbe  del tutto
  disancorato  da  una  considerazione  complessiva  del  reddito del
  pensionato;   sicche'   puo'   giungersi  alle  ipotesi  del  tutto
  paradossali  individuate  dalla  difesa del ricorrente (titolare di
  trattamento poco al di sotto dei limiti di legge che vede perequato
  l'assegno  pure  se  in  possesso  di  altri redditi, ecc.: ipotesi
  queste   che,   lungi   dall'essere   le  inevitabili  incongruenze
  dell'applicazione  di un giusto principio, sembrano invece rivelare
  l'intrinseca   irragionevolezza  della  disciplina  qui  sottoposta
  all'esame del giudice delle leggi.
                              P. Q. M.
    Ordina  visto  l'art.  134  della  Costituzione e l'art. 23 della
  legge 11 marzo 1953, n. 87, sospesa ogni pronuncia, che gli atti di
  causa  siano  trasmessi  alla  Corte  costituzionale  affinche', in
  relazione  agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, sia risolta la
  legittimita'  costituzionale  dell'art.  59 comma 13 della legge 27
  dicembre  1997, n. 449 nella parte in cui, per l'anno 1998, esclude
  dalla perequazione automatica i trattamenti pensionistici superiori
  a cinque volte il minimo I.N.P.S.
    Dispone  che,  a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia
  notificata  alle  parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e
  che sia comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento.
    Cosi'  pronunciato  in Cagliari, nella camera di consiglio del 26
  gennaio 2000.
                         Il Presidente: Gori
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