N. 820 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 luglio 2000
Ordinanza emessa l'11 luglio 2000 dal tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Barletta Giuseppe ed altri Processo penale - Dibattimento - Acquisizione delle prove - Esame di persona imputata in procedimento connesso che, nel corso delle indagini preliminari, abbia reso dichiarazioni su fatti implicanti responsabilita' di altri - Prevista facolta' di non rispondere - Lesione del principio del contraddittorio - Compromissione dei principi del libero convincimento del giudice, della funzione conoscitiva del processo, dell'indefettibilita' della giurisdizione e dell'obbligatorieta' dell'azione penale. - Cod. proc. pen., artt. 210, comma 4, e 513. - Costituzione, artt. 3, 24, 111 e 112.(GU n.1 del 3-1-2001 )
IL TRIBUNALE Nel procedimento penale a carico di Bruno Esposito, libero e contumace, assistito e difeso dall'avv. Carlo Gilli; Giorgio Lombardini, libero e contumace, assistito e difeso dall'avv. Carlo Gilli e dall'avv. Paola Ghirardelli; Decimo Francesco Spagnulo, libero, assistito e difeso dall'avv. Serena Cernecca; Nicholas Fraser, libero e contumace, assistito e difeso dall'avv. Jacopo Pensa e dall'avv. Antonella Nardella; Roberto Cimino, libero e contumace, assistito e difeso dall'avv. Renato Mantovani; Giuseppe Barletta, libero, assistito e difeso dall'avv. Gian Piero Biancolella e dall'avv. Alberto Barletta del foro di Santa Maria Capua Vetere, imputati: Bruno Esposito in ordine al reato di cui agli articoli 81 c.p.v., 323 c.p.v. 476, primo e secondo comma, 490, 61 n. 2 c.p., di cui al decreto che dispone il giudizio datato 29 maggio 1997 (via Antonelli); in ordine ai reato di cui agli articoli 81 c.p.v., 319 c.p.v., 476, primo e secondo comma, 490, c.p. di cui al capo 14) del decreto che dispone il giudizio in data 6 giugno 1997 (viale Premuda); in ordine al reato di cui agli articoli 81 c.p.v., 319 c.p.v., 476, primo e secondo comma, 490, c.p. di cui al capo 16) del decreto che dispone il giudizio in data 6 giugno 1997 (via Volturno). Giorgio Lombardini in ordine al reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 321 in relazione all'ipotesi di cui all'art. 319 c.p., 476, primo e secondo comma, e 490 c.p., di cui al decreto che dispone il giudizio datato 2 giugno 1997 (via Asiago n. 45); Decimo Francesco Spagnulo in ordine al reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 321 in relazione all'ipotesi di cui all'art. 319 c.p., 476, primo e secondo comma, e 490 c.p. di cui al decreto che dispone il giudizio datato 6 giugno 1997 (viale Premuda n. 38); Nicholas Fraser in ordine al reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 321 in relazione all'ipotesi di cui all'art. 319 c.p., 476, primo e secondo comma, e 490 c.p. di cui al decreto che dispone il giudizio datato 12 gennaio 1999 (via Varese n. 16); Roberto Cimino in ordine al reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 321 in relazione all'ipotesi di cui all'art. 319 c.p., 476, primo e secondo comma, e 490 c.p. di cui al decreto che dispone il giudizio datato 7 ottobre 1997 (via Castelmorrone n. 26/28); Giuseppe Barletta in ordine al reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 321 in relazione all'ipotesi di cui all'art. 319 c.p., 476, primo e secondo comma, e 490 c.p. di cui al decreto che dispone il giudizio datato 6 giugno 1997 (via Castelmorrone 26/28); A scioglimento della riserva assunta nel corso del procedimento ha emesso la seguente ordinanza sulla questione di illegittimita' costituzionale degli articoli 210 e 513 c.p.p., per violazione degli articoli 3, 24, 111, 112 Cost., che viene sollevata d'ufficio; O s s e r v a Il procedimento ha per oggetto una serie di fatti di corruzione e falso concernenti procedimenti amministrativi di condono edilizio ai sensi della legge n. 47/1985, e prima dell'apertura del dibattimento si e' articolato in plurime udienze nel corso delle quali numerose posizioni sono state separate e quindi definite con rito alternativo o con pronuncia di non doversi procedere ai sensi dell'art. 469 c.p.p. All'udienza del 12 gennaio 2000 e' stato aperto il dibattimento, dopodiche' il seguente 28 gennaio, emessa l'ordinanza di ammissione delle prove, e' stata espletata l'istruttoria orale chiesta dal pubblico ministero, che si e' articolata in plurime udienze, nel corso delle quali sono stati esaminati alcuni testimoni, il consulente del pubblico ministero che ha eseguito una perizia sulle pratiche amministrative di condono edilizio riguardanti gli immobili menzionati nei capi di imputazione, nonche' svariati soggetti ex art. 210 c.p.p., dei quali soltanto pochi hanno rinunciato ad avvalersi della facolta' di non rispondere. Occorre poi ulteriormente premettere che il procedimento e' evidentemente ed incontestatamente soggetto ai principi di cui all'art. 111 Cost., come modificato dalla legge cost. 23 novembre 1999 n. 2, in quanto il dibattimento e' stato aperto in epoca successiva alla introduzione della predetta innovazione legislativa. All'udienza del 28 gennaio 2000, e' stato sottoposto ad esame ai sensi dell'art. 210 c.p.p. Bruno Fumagalli, un imputato in procedimento connesso che nella fase predibattimentale aveva reso dichiarazioni accusatorie nei confronti degli imputati Esposito, Lombarduni e Spagnulo. Del pari, il 30 giugno 2000 e' stato citato l'imputato in procedimento connesso Pietro Agazzini in relazione alla posizione di Nicholas Fraser, e alla odierna udienza e' stato sottoposto ad esame l'imputato Filippini nell'ambito dell'acquisizione della prova a carico nei confronti di Roberto Cimino e Giuseppe Barletta. Fumagalli, Agazzini e Filippini si sono avvalsi della facolta' di non rispondere, sicche' il pubblico ministero ha proceduto alle contestazioni ai sensi dell'art. 500 c.p.p. Il pubblico ministero - a ricapitolazione dell'istruttoria concernente l'esame delle persone esaminate ai sensi dell'art. 210 c.p.p. - la insistito nella richiesta di produzione dei verbali utilizzati per le contestazioni ai predetti Fumagalli, Agazzini e Filippini, rinunciando invece alla medesima richiesta in relazione a tutti gli altri imputati in procedimento connesso, o che comunque avevano reso dichiarazioni eteroaccusatorie, che avevano voluto esercitare il diritto al silenzio. In detto contesto appare dunque prospettabile - riguardo alla posizione degli imputati indicati in epigrafe - la questione di legittimita' costituzionale gia' sollevata nell'ambito del procedimento nell'interesse dell'imputato Tommaso Berger, in relazione al quale il tribunale aveva disposto la separazione del procedimento, emettendo in data 20 marzo 2000 ordinanza di trasmissione degli atti, in ragione della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli articoli 210 e 513 c.p.p., per violazione degli articoli 3, 24, 111 e 112 Cost. In quel procedimento la difesa dell'imputato Berger aveva formulato denuncia (alla quale si sono poi richiamati i difensori di altri imputati) di contrarieta' alla nuova regola costituzionale dell'art. 513 c.p.p. - nella portata precettiva scaturita dall'intervento della Corte costituzionale con sentenza n. 361 del 1998 - per contrarieta' della norma ivi contenuta al principio di formazione della prova in contraddittorio espresso dal nuovo testo dell'art. 111 Cost., che limita ad ipotesi del tutto eccezionali la possibilita' di deroga al confronto dialettico per l'assunzione nel processo delle dichiarazioni accusatorie contro l'imputato. Il regime delle contestazioni all'imputato in procedimento connesso che si avvalga della facolta' di non rispondere, l'acquisizione dei verbali a norma dell'art. 500, comma quarto, c.p.p. e la conseguente valutazione ai fini della decisione implicherebbero, secondo la difesa, una deroga al principio di formazione dialettica della prova che non e' compresa tra quelle previste dal comma sesto dell'art. 111 Cost. In ordine alla rilevanza della questione per la definizione del processo, basti osservare che dal decreto che dispone il giudizio e dalla richiesta di prove formulata dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 493 c.p.p., ammesse dal tribunale con ordinanza del 28 gennaio 2000, si evince che la responsabilita' degli imputati Esposito, Lombardini, Spagnulo, Fraser, Barletta e Cimino non puo' essere valutata prescindendo dalle dichiarazioni accusatorie formulate dai citati Fumagalli, Agazzini e Filippini. Esse non possono trovare ingresso nel dibattimento posto che questi ultimi si sono avvalsi della facolta' di non rispondere. Non risultano poi elementi da cui desumere la sussistenza dei presupposti ex art. 111, quinto comma, Cost., per l'acquisizione dei verbali utilizzati per le contestazioni, ossia per la formazione della prova in deroga al principio del confronto dialettico (consenso dell'imputato; impossibilita' di natura oggettiva; provata condotta illecita). In parziale difformita' rispetto alla originaria prospettazione della difesa Berger - tanto da generare la necessita' di sollevare d'ufficio la questione di costituzionalita' - il collegio ritiene che il principio di formazione della prova in contraddittorio di cui al quinto comma dell'art. 111 Cost., comporta la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' non soltanto del meccanismo dettato dall'art. 513 c.p.p., ma piu' in generale dell'intero sistema di assunzione della prova per cio' che concerne le dichiarazioni di persone esaminate ai sensi dell'art. 210 c.p.p., sotto il profilo della previsione della facolta' di non rispondere in ordine a circostanze concernenti la responsabilita' di altri. La Corte costituzionale con la sentenza n. 361 del 1998 aveva individuato nel meccanismo delle contestazioni ai sensi dell'art. 500 c.p.p., il sistema con il quale contemperare il principio del diritto di difesa (art. 24), con quelli di ragionevolezza (art. 3), di obbligatorieta' dell'azione penale (112 Cost.), e conseguentemente di conservazione della prova. Tale assetto di composizione dei diversi principi risulta ora superato dall'introduzione di specificazioni circa la garanzia di formazione in contraddittorio della prova fissato dal nuovo art. 111, con l'esplicita vanificazione, quanto all'efficacia probatoria, delle dichiarazioni gia' rese nelle indagini preliminari da chi si sottrae volontariamente al contraddittorio mediante l'esercizio della facolta' di non rispondere. Secondo il parere del tribunale, le nuove regole fissate dall'art. 111 della Costituzione impongono una revisione dei confini tra il diritto alla formazione in contraddittorio della prova, ed il diritto al silenzio del dichiarante erga alios, nel senso che alla maggiore espansione ed alla piu' intensa tutela del primo, corrisponde inevitabilmente la riduzione dell'area costituzionalmente protetta riguardante l'esercizio della facolta' di non rispondere. Alla luce della nuova composizione delle diverse garanzie fondamentali scaturita dalle innovazioni introdotte con la legge cost. 23 novembre 1999 n. 2, si rivela contraria al precetto costituzionale del diritto al contraddittorio - come tale suscettibile di ristrettissime esclusioni, espressamente individuate dall'art. 111 stesso (consenso dell'imputato; impossibilita' di natura oggettiva; provata condotta illecita) - la previsione della facolta' di non rispondere prevista dall'art. 210 c.p. quanto alle dichiarazioni che un imputato renda su fatti concernenti la responsabilita' di altri. In altre parole, confligge con siffatta ridisegnazione del principio del confronto dialettico in dibattimento, la previsione della legge ordinaria circa la facolta' dell'imputato di non rispondere per quanto attiene alle dichiarazioni accusatorie nei confronti di altri soggetti. Ferma restando l'intangibilita' del diritto al silenzio dell'imputato fin dall'inizio delle indagini preliminari, va posto in evidenza che per effetto della nuova composizione creatasi tra le diverse garanzie costituzionali, l'eventuale scelta di rendere dichiarazioni su fatto che implica la responsabilita' altrui ha ormai acquisito la connotazione dell'irrevocabilita', posto che le dichiarazioni stesse spiegano nei confronti dell'accusato effetti di rilevanza tanto grande nella fase predibattimentale, da portare in alcuni casi persino alla limitazione della liberta' personale, in ottemperanza al principio - anch'esso costituzionalmente protetto - di esercizio della giurisdizione penale. Una volta intrapresa la via della formulazione di dichiarazioni coinvolgenti la responsabilita' di altri, l'esercizio successivo del diritto al silenzio da parte della persona sottoposta ad esame ai sensi dell'art. 210 c.p.p., finisce per scontrarsi con il diritto dell'accusato al confronto dialettico nella formazione della prova, ormai assunto a regola costituzionale. La concorrenza tra le due predette contrapposte articolazioni del diritto di difesa puo' essere composta solo affermando l'intervenuta compressione - per effetto dell'introduzione delle nuove regole ex art. 111 della Costituzione - dello spazio costituzionalmente garantito del diritto al silenzio, che non puo' piu' includere la facolta' di non rispondere per il dichiarante erga alios. La contraria opinione implicherebbe l'irragionevole ed inaccettabile sacrificio dei principi del libero convincimento del giudice, della irrinunciabile funzione conoscitiva del processo, dell'indefettibilita' della giurisdizione e dell'obbligatorieta' dell'azione penale. Non si potrebbe poi ovviare alla dispersione della prova neppure ricorrendo allo strumento dell'incidente probatorio, posto che detto meccanismo costituisce una mera anticipazione del sistema di assunzione della prova, nell'ambito del quale resta comunque salva la facolta' di non rispondere. Con riferimento al caso posto all'attenzione del tribunale, non vi sono elementi che consentano di ipotizzare che Fumagalli, Agazzini e Filippini avrebbero tenuto un atteggiamento diverso se fossero stati esaminati in sede di incidente probatorio. Da ultimo, va notato che lo stesso tenore letterale delle nuove norme costituzionali (quarto comma dell'art. 111 Cost.) nella parte in cui esse definiscono come sottrazione al contraddittorio la volonta' di non rispondere, sembrano connotare di disvalore la mancanza di coerenza nel proposito di rendere dichiarazioni accusatorie nei confronti di altre persone, implicitamente ponendo il precetto dell'obbligo giuridico di rispondere per chi, una volta operata la scelta di raccontare fatti che coinvolgono la responsabilita' di altri, rifiuti di sottoporsi al contraddittorio per motivi diversi da quelli enunciati dal sesto comma dell'art. 111 Cost., e dunque persino per ragioni non meritevoli d'essere tutelate dall'ordinamento.
P. Q. M. Visti gli articoli 134 Cost.; 23 e ss., legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 513 c.p.p., e dell'art. 210, quarto comma, c.p.p. limitatamente alla previsione circa la facolta' di non rispondere su fatti concernenti la responsabilita' di altri, per violazione degli articoli 3, 24, 111 e 112 Cost.; Dispone la trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' per la comunicazione ai Presidenti delle Camere del Parlamento della Repubblica; Sospende il dibattimento fino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Milano, addi' 11 luglio 2000. Il Presidente: Galioto 00C1430