N. 60 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 13 dicembre 2000

Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 13
dicembre  2000 (della procura della Repubblica presso il tribunale di
Napoli)

Polizia  giudiziaria  -  Disciplina  ministeriale  dell'attivita'  di
polizia giudiziaria svolta dai Servizi centrali ed interprovinciali -
Concorso   dei   Servizi   centrali   nelle  attivita'  di  indagine,
subordinato alla segnalazione da parte dei Servizi interprovinciali -
Inoltro,  da  parte dei Procuratori della Repubblica, delle eventuali
richieste,   conseguenti   alle   segnalazioni,   tramite  i  Servizi
interprovinciali  -  Impossibilita'  di utilizzo dei Servizi centrali
per attivita' di indagine di estensione infradistrettuale - Conflitto
di  attribuzione  tra  poteri  proposto  dal Procuratore distrettuale
della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Napoli  -  Lesione  del
principio  della  diretta  dipendenza  dal  pubblico  ministero della
polizia  giudiziaria  - Incidenza sul principio della titolarita' del
pubblico  ministero  in ordine all'esercizio obbligatorio dell'azione
penale.
- Decreto del Ministro dell'Interno 4 marzo 2000, n. 1070/M/22.
- Costituzione, artt. 109 e 112.
(GU n.53 del 27-12-2000 )
    Ricorso  per  conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato ai
sensi  dell'art. 134 della Costituzione e dell'art. 37 della 1egge 11
marzo  1953,  n. 87,  sollevato  dal  procuratore della Repubblica di
Napoli  nei  confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, con
riferimento  al  decreto  emanato dal Ministro dell'interno in data 4
marzo 2000, n. 1070/M/22(6) Gab. per violazione degli artt. 109 e 112
della Costituzione.
    Con il presente ricorso il procuratore delle Repubblica di Napoli
chiede  alla ecc.ma Corte costituzionale di dichiarare che non spetta
al  Governo,  e  per  esso  al  Ministro per gli interni, adottare la
disposizione   -  contenuta  nell'art.  1  del  d.m.  4  marzo  2000,
n. 1070/M/22(6)  Gab.  - con la quale e' stata sostituita la lett. a)
dell'art.   1  del  d.m.  25  marzo  1998,  nella  parte  in  cui  la
delegabilita'  delle  attivita'  di  polizia  giudiziaria  ai servizi
centrali  delle  varie forze di polizia e' subordinata ai presupposti
indicati nel medesimo articolo, nei termini di cui alle conclusioni.
    Prima  di  passare  all'esposizione  delle  ragioni  di  merito a
sostegno   del   presente  ricorso  vanno  affrontate  due  questioni
pregiudiziali,  una  relativa  alla  legittirnazione  del procuratore
della  Repubblica  a valersi dello speciale mezzo di impugnazione del
conflitto  di attribuzione di cui all'art. 37 della 1egge n. 87/1953,
e   l'altra   connessa   all'interesse  dell'ufficio  alla  richiesta
declaratoria, come sopra meglio precisata.
    Per   quanto   attiene   al   primo  aspetto,  la  giurisprudenza
dell'Ecc.ma  Corte  costituzionale  ha  indicato  in  piu'  occasioni
precisi  dati dai quali prendere le mosse per acclarare la ricorrenza
della legittimazione.
    Si  e',  infatti,  in primo luogo precisato - v. in tal senso, ex
plurimis,  ord.  n. 216  del  29-31  maggio 1995 - che il procuratore
della  Repubblica  e'  organo  al  quale,  nel  complesso  del potere
giudiziario,   e'  attribuita,  ai  sensi  dell'art.  112  Cost.,  la
titolarita'   diretta   ed   esclusiva   della  attivita'  d'indagine
finalizzata  all'esercizio obbligatorio del-l'azione penale: funzione
da  cui deriva che il predetto procuratore e' competente a dichiarare
definitivamente  la  volonta'  del  potere  cui  appartiene - e cioe'
quello  giudiziario  -  cosi' come richiesto dall'art. 37 della 1egge
n. 87 del 1953.
    Si  e'  ulterionnente  specificato  -  v.  sent.  n. 420  del 6-8
settembre   1995   -   che   al  procuratore  della  Repubblica  deve
considerarsi attribuita la legittimazione attiva a proporre conflitto
esclusivamente   quando   agisce   a   difesa  dell'integrita'  della
competenza  inerente  all'esercizio  dell'azione  penale,  competenza
della  quale  e' direttamente investito dalla norma costituzionale di
cui  all'art.  112,  piu' volte ricordata, ed in ordine alla quale e'
fornito di istituzionale indipendenza rispetto ad ogni altro potere.
    Nel  caso  in  esame  - ed indipendentemente dalle valutazioni di
merito che saranno effettuate nel prosieguo - non vi e' dubbio alcuno
che  la dedotta violazione del parametro costituzionale dell'art. 109
della  Costituzione si traduca in una palese lesione della competenza
di cui al citato art. 112 Cost.
    Senza,  infatti,  volere  assolutamente  ripercorrere  le ragioni
storico-politiche che spinsero il Costituente a formulare la norma di
cui  all'art.  109  Cost., puo' con assoluta tranquillita' affermarsi
che  si  tratta di una disposizione nata con l'obiettivo di garantire
l'indipendenza   funzionale   dell'autorita'   giudiziaria   -  e  in
particolare  dell'organo  cui spetta l'esercizio dell'azione penale e
cioe'   del  pubblico  ministero  -  in  quanto  solo  attraverso  la
possibilita'  di  "disporre  direttamente" della polizia giudiziaria,
senza  mediazioni  e  senza limitazione da parte del potere esecutivo
(vedasi  in  tal  senso la sentenza della Corte costituzionale n. 114
del   28   novembre  1968),  e'  astrattamente  possibile  esercitare
obbligatoriamente   l'azione   penale   per   tutte   le  fattispecie
costituenti reato.
    Il  disposto  dell'art.  109  Cost.,  in conclusione, corrisponde
perfettamente  alla  fondamentale  guarentigia  costituzionale di cui
all'art.  112 Cost., e ne rappresenta un ineliminabile corollario, in
uno con le norme di cui agli artt. 55 e ss. c.p.p.
    In  questo  senso,  qualsivoglia intervento di altro potere dello
Stato  che  limitasse  la  possibilita'  di  disporre  della  polizia
giudiziaria  inciderebbe  in  modo  determinante  sulla  effettiva  e
concreta   possibilita'   di  esercitare  obbligatoriamente  l'azione
penale, come richiesto dalla Carta costituzionale.
    Dal  punto di vista della legittimazione passiva, la stessa Corte
costituzionale  ha posto in rilevo come il potere esecutivo non debba
essere  considerato  un  potere "diffuso", e che sia l'intero Governo
abilitato  a prendere parte ai conflitti tra i poteri dello Stato, in
base  alla  configurazione  dell'organo  stabilita  nel  primo  comma
dell'art. 95 Cost.
    L'organo  legittimato  dal  punto  di vista passivo deve, quindi,
ritenersi  il Presidente del Consiglio dei ministri in rappresentanza
dell'intero Governo.
    Ad  ogni  buon fine, il presente ricorso deve intendersi proposto
anche   nei   confronti  del  Ministro  per  gli  interni,  ove  tale
orientamento dovesse essere contestato.
    Per quanto attiene all'interesse alla proposizione del conflitto,
l'esaustiva   elaborazione  della  giurisprudenza  costituzionale  ha
rilevato  come  non  sia  indispensabile, per ritenere esistente tale
presupposto,  che  la norma nei cui confronti viene esperito il mezzo
di   impugnazione   sia   stata   direttamente  applicata,  apparendo
sufficiente l'emanazione di un atto normativo quale quello in esame -
per sua natura generale ed astratto - che preveda limiti diretti alla
possibilita'   del   procuratore   della   Repubblica   di   disporre
direttamente della polizia giudiziaria.
    Nessun  rilevo  a  tal  fine  -  e  cio'  indipendentemente dalla
possibilita'  che  questo avvenga, e prescindendo da tutti i problemi
interpretativi  connessi  all'applicazione  della 1egge 20 marzo 1865
all. E, artt. 4 e 5 - puo' avere l'astratto potere di disapplicare il
provvedimento  impugnato  che  si  ritiene  illegittimo.  L'eventuale
esercizio  di  questo,  infatti,  non  sarebbe  comunque idoneo a far
venire  meno l'interesse all'annullamento dell'atto impugnato, da cui
soltanto  conseguirebbe  la  piena  ed effettiva reintegrazione della
propria sfera di attribuzioni di cui si deduce la lesione.
    Ai  fini dell'esame nel merito delle censure in ordine alle quali
il   conflitto  viene  sollevato,  occorre  premettere  alcune  brevi
considerazioni sulle norme di riferimento.
    Essendo  il  d.m. impugnato attuativo ed esplicativo dell'art. 12
d.l.  n. 152/1991  cosi'  come  convertito  con  legge  n. 203/1991 -
articolo  richiamato  espressamente  in premessa del d.m. - da questa
ultima norma primaria bisogna prendere le mosse.
    La  disposizione  si inserisce nell'ambito di quella legislazione
speciale  - da alcuni definita "emergenziale" - nata nel 1991 per far
fronte   al  dilagare  dei  fenomeni  delinquenziali  collegati  alle
attivita' della criminalita' organizzata.
    Il  disposto  e' l'unico contenuto nel capo VI della decretazione
d'urgenza   sopra   citata,  intitolato  -  in  modo  particolarmente
significativo   per   il  tema  che  ne  occupa  -  "coordinamento  e
specializzazione dei servizi di polizia giudiziaria".
    La  ratio  perseguita  dal  legislatore  con  l'articolato  puo',
quindi,  ritenersi  chiaramente  e  compiutamente  esplicitata  dalla
rubrica del capo anzidetto.
    I primi tre commi dell'articolo in discussione prevedono:
        al   comma   1,  la  costituzione  di  "Servizi  centrali  ed
interprovinciali" della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e
del  Corpo  della Guardia di Finanza, "per assicurare il collegamento
delle  attivita'  investigative  relative  a  delitti di criminalita'
organizzata;
        al  comma 2, la possibilita' che in determinate regioni e per
particolari esigenze possano essere costituiti servizi interforze;
        al  comma  3,  la  possibilita' di un coordinamento dei nuovi
organi  tra  loro,  con  altri servizi di polizia giudiziaria e/o con
organi di polizia estera.
    Il  comma  4 esplicitamente prevede - con una lettera prima facie
non  chiara  per  l'utilizzo della criticabile tecnica del rinvio, ma
dall'inequivoco  significato  - che il p.m. che procede per i delitti
di criminalita' organizzata possa avvalersi degli organi istituiti ai
sensi dei commi 1 e 2, di regola congiuntamente.
    Dall'esame   della   parte   della   disposizione  qui  presa  in
considerazione  emerge,  quindi,  con  assoluta chiarezza che il p.m.
puo'  avvalersi  per  le  sue  indagini  sia  dei servizi centrali ed
interprovinciali   (il  riferimento  al  comma  1)  sia  dei  servizi
interforze, se istituiti (il riferimento al comma 2).
    Sulla  qualifica  di organi di polizia giudiziaria di tutte e tre
le tipologie di servizi non pare potersi dubitare.
    Milita,  in  tal  senso, oltre l'inequivoco riferimento contenuto
nella rubrica del capo VI e l'uso dell'aggettivo sopra evidenziato in
neretto, la natura dell'attivita' per cui gli organi sono istituiti -
svolgimento  di compiti delegati dal p.m. - che ai sensi dell'art. 56
c.p.p. lett. a) e c) rientra nel concetto di polizia giudiziaria.
    La  riconosciuta  natura  ai  servizi  sia  interprovinciali  che
centrali dell'attribuzione e delle funzioni di polizia giudiziaria li
pone,  in  relazione  al  disposto dell'art. 109 della Costituzione -
norma  che appare interpretabile, secondo l'elaborazione dottrinaria,
come  riferibile  a  qualsivoglia  organo, al quale puo' riferirsi la
qualifica  di  polizia  giudiziaria  (1)  -  e degli artt. 55 e segg.
c.p.p.,  a  diretta  disposizione  dell'autorita' giudiziaria - ed in
particolare del p.m.
    La  possibilita'  di  disporre  direttamente  della  p.g. - ed in
particolare  di  "ogni  servizio ed organo di polizia giudiziaria" da
parte  del  procuratore  della Repubblica viene prevista direttamente
dall'ultima   parte  del  comma  3  dell'art.  58  c.p.p.,  norma  da
ritenersi,  a  giusta  ragione,  diretta  esplicazione  del principio
costituzionale sovraordinato.
    In  questo  quadro  legislativo  si pone l'intervento dell'organo
esecutivo  che  con il decreto ministeriale impugnato "regolamenta" i
compiti dei Servizi centrali ed interprovinciali istituiti con l'art.
12 del piu' volte richiamato decreto legge.
    Vale  la  pena  riportare di seguito ed integralmente il disposto
dell'articolo 1 che con il presente ricorso si intende impugnare:
    "L'articolo  1,  lett. a) del decreto ministeriale 25 marzo 1998,
recante   criteri   per  l'organizzazione  dei  servizi  centrali  ed
interprovinciali istituiti ai sensi dell'art. 12 del decreto legge 13
maggio 1991, n. 203, e' sostituito dal seguente:
        a) attribuzione ai servizi centrali di compiti di analisi, di
raccordo  informativo  e  di supporto tecnico-logistico relativamente
alle  attivita'  investigative svolte dai servizi interprovinciali in
materia  di contrasto della criminalita' organizzata. Per le indagini
di polizia giudiziaria relative ai delitti indicati nell'articolo 51,
comma  3-bis,  del  codice  di  procedura  penale, i responsabili dei
servizi  interprovinciali  possono  segnalare  ai  procuratori  della
Repubblica  distrettuali la necessita' di richiedere il concorso alle
attivita' di indagini dei servizi centrali
(1)  Si  veda  in  questo  senso  anche  l'importantissimo  passaggio
contenuto  nella  sentenza  della Corte costituzionale 9 giugno 1971,
n. 122 secondo cui: "l'assoggettamento all'autorita' giudiziaria solo
di  appositi  nuclei  delle  forze  di polizia non esclude che quella
possa  giovarsi  degli appartenenti alla polizia, pur se non facciano
parte  dei  nuclei, essendo tutti tenuti all'obbedienza, tempestiva e
diligente, agli ordini dell'autorita' stessa ..."
qualora   si  tratti  di  indagini  da  svolgersi  nei  confronti  di
organizzazioni criminali che operano nell'ambito di piu' distretti di
Corte  di appello o con collegamenti internazionali e il concorso sia
ritenuto   utile  ai  fini  dello  svolgimento  di  accertamenti  che
richiedono  il  supporto  operativo di speciali risorse investigative
ovvero l'impiego di mezzi tecnologici d'avanguardia.
    Le  richieste  dei procuratori della Repubblica distrettuali sono
inoltrate dai responsabili dei servizi interprovinciali ai rispettivi
servizi   centrali,   che   dispongono   i   conseguenti  adempimenti
informando,  a  seconda  della  forza  di polizia di appartenenza, il
dipartimento  della Pubblica Sicurezza, il comando generale dell'Arma
dei Carabinieri ovvero della Guardia di Finanza.
    Nella   formulazione   delle   richieste  si  tiene  conto  delle
indicazioni  offerte  dal procuratore nazionale antimafia nell'ambito
dei poteri di direttiva e di impulso al medesimo attribuiti dall'art.
371-bis del codice di procedura penale.
    Il  personale  dei  servizi centrali assicura, ove necessario, lo
svolgimento  delle attivita' previste dagli articoli 18-bis (colloqui
investigativi)   della   legge  26  luglio  1975,  n. 354,  12-quater
(operazioni sottocopertura) e 25-ter (intercettazioni preventive) del
decreto-legge  8  giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 agosto 1992, n. 356."
    E'  evidente  che una prima lettura della denunciata disposizione
potrebbe  indurre  ad escludere che i servizi centrali siano titolari
di   poteri  d'indagine:  ad  essi  vengono,  infatti,  espressamente
attribuiti  soltanto compiti di analisi, di raccordo informativo e di
supporto  tecnico-logistico delle attivita' investigative dei servizi
interprovinciali   in   materia   di   contrasto  della  criminalita'
organizzata.
    Tuttavia  la  stessa lett. a) dell'art. 1 menzionato riconosce ai
responsabili dei servizi interprovinciali la facolta' di segnalare ai
procuratori   della   Repubblica   distrettuali   l'opportunita'   di
richiedere  il  concorso  alle  attivita'  di  indagini  dei  servizi
centrali,  qualora  si  tratti  di  investigazioni  che presentino le
caratteristiche illustrate nel prosieguo della disposizione.
    In sostanza la disposizione, anziche' prevedere in linea generale
i  poteri  investigativi  dei  servizi  centrali,  li  introduce  con
riferimento a specifiche fattispecie, sia pure di estrema importanza,
nelle  quali  assume  rilievo  una  valutazione  ed  una  conseguente
iniziativa dei servizi interprovinciali.
    Tale tecnica di normazione secondaria non puo' di certo prestarsi
alla  interpretazione,  volta a sostenere che non sussisterebbe alcun
potere   investigativo   dei   servizi   centrali  in  assenza  della
"segnalazione"  e  che,  pertanto, i procuratori della Repubblica non
possono   dolersi   di   una   lesione   delle   proprie  prerogative
costituzionali  dal  momento  che,  prima  della  detta segnalazione,
l'autorita' che essi intendessero officiare autonomamente, sarebbe in
realta' priva dei citati poteri.
    E',   invece,   evidente  che  il  decreto  in  esame  ha  inteso
ripristinare  i  poteri  investigativi  dei servizi centrali che, del
tutto  illegittimamente, erano stati esclusi dall'art. 1 lett. a) del
d.m.   25   marzo   1998   (noto  come  "direttiva  Napolitano")  ora
integralmente sostituito dal decreto impugnato.
    In tal senso rilevano le seguenti circostanze:
        a)   i   poteri   di   indagine  dei  servizi  centrali  sono
espressamente riconosciuti dall'art. 12 del d.l. n. l52/1991 conv. in
legge n. 203/1991;
        b)  il  decreto  in  esame  interviene  a  sanare  la  chiara
illegittimita'  della  c.d.  "direttiva Napolitano" che, in contrasto
con la gerarchia delle fonti normative, aveva espressamente sottratto
la funzione di polizia giudiziaria ai servizi centrali;
        c)   la   contraria  tesi  condurrebbe  all'assurdo  per  cui
l'apparato  - organizzativo, logistico e di personale - preposto allo
svolgimento   delle  funzioni  investigative  da  parte  dei  servizi
centrali,  dovrebbe  essere di volta in volta attivato solo a seguito
della   "pregiudiziale"   "segnalazione"   da   parte   dei   servizi
interprovinciali,   con   ricadute  sull'efficienza  e  tempestivita'
dell'intervento  dei  servizi  centrali, ricadute tanto piu' evidenti
ove  si  consideri  che  i servizi centrali devono essere in grado di
fornire "speciali risorse investigative", ovvero garantire "l'impiego
di mezzi tecnologici d'avanguardia";
        d)   peraltro,  i  servizi  provinciali  non  potranno  agire
autonomamente,   rispetto   ai   servizi  centrali,  nell'operare  la
segnalazione  in  argomento.  Essendo, infatti, riconosciuti a questi
ultimi  poteri  di  analisi  e  funzioni  di raccordo informativo con
riferimento alle attivita' investigative dei servizi interprovinciali
a  livello  nazionale,  e'  evidente che la segnalazione da parte dei
servizi    interprovinciali,    avente    ad   oggetto   l'estensione
pluridistrettuale  o  internazionale  delle indagini, deve interagire
con  l'esito  delle  funzioni  di  analisi  e di raccordo informativo
svolte dai servizi centrali a livello territoriale superiore.
    Per  questi  motivi  deve  ritenersi  che i servizi centrali sono
titolari  di poteri di investigazione, che esercitano allorche', alla
luce  delle  segnalazioni  dei  servizi interprovinciali e dell'esito
delle proprie funzioni di analisi e di raccordo investigativo, emerga
che  le  indagini relative ai delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis
c.p.p.  abbiano  carattere  pluridistrettuale  o internazionale e sia
comunque   utile   il   supporto   operativo   di   speciali  risorse
investigative ovvero l'impiego di mezzi tecnologici d'avanguardia.
    Tali  valutazioni non sono invece consentite, in via autonoma, al
procuratore  della  Repubblica,  neppure  sulla  base delle emergenze
d'indagine   che   conseguano   ad  atti  dallo  stesso  direttamente
espletati.
    Inoltre,  e'  illegittimamente inibito allo stesso di investire i
servizi  centrali  di  richieste connesse ad attivita' di indagine di
estensione  infradistrettuale,  in  contrasto  evidente  con  le  sue
prerogative  costituzionali  di  diretta  ed  autonoma disponibilita'
della polizia giudiziaria.
    Ritornando alle specifiche disposizioni del decreto, si evidenzia
dunque  che  il  ricorso  da  parte  del procuratore della Repubblica
distrettuale  ai  servizi  centrali  appare  subordinato  all'iter di
seguito schematizzato:
        a)  il  procuratore  della Repubblica investe, eventualmente,
delle indagini uno dei tre servizi interprovinciali;
        b)  il  responsabile  di quel servizio interprovinciale ha la
possibilita'   di   segnalare  al  procuratore  della  Repubblica  la
necessita'  di  richiedere il concorso alle attivita' di indagine dei
servizi centrali;
        c)  il  predetto  responsabile  del servizio interprovinciale
puo'  effettuare  la segnalazione cli cui al punto b) se si tratta di
indagini  da  svolgersi nei confronti di organizzazioni criminali che
operano  nell'ambito  di  piu'  distretti di Corte d'appello o quando
l'organizzazione  ha  collegamenti  internazionali e sempreche' i due
prospettati  momenti  si  accompagnino  alla  necessita' - l'articolo
parla,  in  vero, di utilita' - dello svolgimento di accertamenti che
richiedono  il  supporto operativo di speciali risorse o l'impiego di
mezzi tecnologici d'avanguardia;
        d)  il  procuratore  della Repubblica - una volta ricevuta la
segnalazione di cui al punto b) - inoltra (va posto in rilievo che il
verbo   utilizzato   sembrerebbe,   persino,   escludere  valutazioni
discrezionali  da  parte del p.m.!) la delega di indagini al servizio
centrale,  ma  sempre  per  il tramite del servizio interprovinciale,
cosi'  violando  la sua potesta' di autodeterminazione, sia in merito
alle modalita' attraverso le quali disporre della polizia giudiziaria
(di  estrema  e  decisiva  importanza in procedimenti quali quelli in
esame),  sia  in  merito  all'ampiezza ed ai contenuti del segreto di
indagine  (art.  32  c.p.p.) che ben puo' ritenersi sussistente anche
nei confronti di specifici settori di apparati istituzionali;
        e)  prima  di  inoltrare  la richiesta - rectius la delega di
indagini  - ai servizi centrali per il tramite di quelli provinciali,
il  procuratore  della  Repubblica  deve, altresi', tener conto delle
indicazioni offerte dal procuratore nazionale antimafia.
    E'  di  tutta  evidenza  che  il  sistema  delineato sottrae alla
diretta  disponibilita'  del pubblico ministero un corpo che, come si
e' sopra dimostrato, e' inquadrato ex lege nella polizia giudiziaria,
e cioe' il servizio centrale degli organi di polizia.
    Il  ricorso  a  quest'ultimo, infatti, viene, al di fuori di ogni
logica  ma  in  contrasto  con il principio di cui agli artt. 56, 58,
comma  terzo,  327, 370 c.p.p. - e quindi dello stesso art. 109 della
Costituzione  -  subordinato  ad  una  duplice valutazione - da parte
anche  di  soggetto  appartenente ad altro "Potere dello Stato" - con
rilevanti connotati di discrezionalita':
        una prima, del responsabile del servizio interprovinciale cui
e'  lasciato  il  compito  esclusivo  di apprezzare la ricorrenza dei
presupposti indicati nel punto c);
        una  seconda,  di  un altro organo del potere giudiziario - e
cioe'   il  procuratore  nazionale  antimafia  -  che  non  e'  stato
assolutamente  pensato  (e  la  disciplina  normativa  ne  e'  fedele
riprova) quale superiore gerarchico del procuratore della Repubblica,
e  il  cui  intervento,  comunque,  appare  subordinato al preventivo
vaglio del responsabile del servizio interprovinciale.
    Incidentalmente, si intende qui ricordare - quale altro immediato
effetto  della disposizione contestata - che il procuratore nazionale
antimafia,  con  atto  del  28  marzo 2000, ha rappresentato che egli
intende  esercitare  i  poteri  riconosciuti dal decreto in esame non
attraverso  direttive  generali,  bensi'  con  valutazioni  formulate
previo   esame  specifico  delle  singole  segnalazioni  dei  servizi
interprovinciali,  con cio' ulteriormente limitando, in contrasto con
le   disposizioni  gia'  citate,  le  prerogative  ordinamentali  del
procuratore  della  Repubblica.  Lo stesso procuratore nazionale, con
atto  dell'11  aprile  2000,  ha  poi  invitato i servizi centrali di
polizia a raccordarsi con lo stesso al fine di elaborare modalita' di
coordinamento  fra  le  procure territoriali riguardanti lo specifico
utilizzo dei detti servizi.
    Ulteriore  profilo  di  conflitto  si  ravvisa  nell'obbligo  dei
servizi   interprovinciali   di  inoltrare  ai  servizi  centrali  le
richieste  del procuratore della Repubblica; con esso risulta esclusa
la possibilita' che il procuratore della Repubblica investa i servizi
centrali senza che siano informati i servizi periferici.
    La  norma  quindi,  implicitamente,  ma  univocamente, stabilisce
l'obbligo  del  procuratore  della  Repubblica di informare i servizi
interprovinciali  delle  proprie  richieste e del relativo contenuto,
cosi'  vulnerando il rango costituzionale dei suoi poteri di autonoma
disponibilita' della polizia giudiziaria.
    Non  sembri esagerata la considerazione che segue: con il decreto
del Ministro per gli interni che si impugna, si sovverte - creando un
delicatissimo  precedente  -  il  rapporto  tra  il procuratore della
Repubblica   ed   un   corpo   di   polizia   giudiziaria,   ritenuto
nell'esperienza  operativa di particolare importanza per le complesse
indagini  sul tema della criminalita' organizzata. Almeno nel caso in
cui  il  pubblico  ministero  intende  utilizzare  la  p.g.  indicata
nell'art.  12, non e' quest'ultima ad essere subordinata a quello, ma
il contrario.
    Anche,  poi,  a  voler  ritenere  - contro ogni corretto criterio
ermeneutico  -  che  i  poteri investigativi dei servizi centrali non
preesistano  alla  segnalazione dei servizi periferici, ma consegnano
alla  stessa,  non  si  vede  come questa (anomala) articolazione dei
rapporti fra autorita' di polizia periferiche ed autorita' di polizia
centrali  debba  risolversi  in  un danno delle autonome attribuzioni
riconosciute  dall'art.  109  della Costituzione al procuratore della
Repubblica.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  articoli  37  e  seguenti  della legge 11 marzo 1953,
n. 87;
    Denuncia  nei  sensi  indicati nella parte motiva il conflitto di
attribuzione  tra  poteri  dello Stato, con riferimento al Presidente
del  Consiglio  dei  ministri,  relativamente al decreto del Ministro
degli interni 4 marzo 2000.
    Chiede  che  l'Ecc.ma  Corte  costituzionale, in accoglimento del
presente ricorso, voglia stabilire che:
        non spetta al Governo - e, per esso, al Ministro dell'interno
-  disporre  che  la  richiesta di concorso investigativo dei servizi
centrali  sia  subordinata  alla segnalazione dei servizi periferici,
anziche'   essere   attivabile   in   via  autonoma  dal  procuratore
distrettuale;
        non spetta al Governo - e, per esso, al Ministro dell'interno
-   disporre   che  la  segnalazione  dei  servizi  periferici  renda
obbligatoria la richiesta del procuratore distrettuale;
        non  spetta  al Governo e, per esso, al Ministro dell'interno
disporre  che  la richiesta del procuratore distrettuale debba essere
inoltrata ai servizi centrali tramite i servizi periferici;
        non spetta al Governo - e, per esso, al Ministro dell'interno
-  disporre  che  il  procuratore distrettuale non possa utilizzare i
servizi   centrali   per   attivita'   di   indagine   di  estensione
infradistrettuale.
    Il   presente  ricorso  viene  sottoscritto  in  venti  esemplari
originali.
    Manda alla segreteria per il deposito presso la cancelleria della
Corte costituzionale e per ogni altro adem-pimento.
        Napoli, addi' 11 maggio 2000.
          Il Procuratore della Repubblica: Agostino Cordova
00C1435