N. 62 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 19 dicembre 2000
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 19 dicembre 2000 (della Regione Lombardia) Consiglio regionale - Immunita' dei consiglieri regionali per opinioni espresse e voti dati nell'esercizio delle loro funzioni - Informazione di garanzia della procura della Repubblica presso il tribunale di Mantova, notificata al consigliere della Regione Lombardia Enzo Lucchini, per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Lombardia - Ritenuta sussistenza del nesso funzionale tra dichiarazioni ed attivita' consiliare - Violazione e invasione della sfera di autonomia costituzionalmente garantita alla regione e ai suoi organi. - Informazione di garanzia della procura della Repubblica presso il tribunale di Mantova del 16 ottobre 2000. - Costituzione, art. 122, quarto comma, in relazione agli artt. 117, 118 e 123 della Costituzione, nonche' agli artt. 7 e 11, legge 22 maggio 1971, n. 339.(GU n.3 del 17-1-2001 )
Ricorso per conflitto di attribuzione della regione Lombardia, in persona del presidente pro-tempore della giunta, on. Roberto Formigoni, ai sensi della delibera di giunta n. 2270 del 22 novembre 2000, rappresentato e difeso dal prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto, e presso il suo studio elettivamente domiciliato, in Roma, via di Porta Pinciana, 6; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore, per l'annullamento dell'informazione di garanzia della procura della Repubblica presso il tribunale di Mantova, notificata al consigliere-regionale Enzo Lucchini in data 16 ottobre u.s., per diffamazione aggravata a mezzo stampa ex art. 595, seconda comma, e art. 13 della legge n. 47 del 1948. F a t t o Con atto del 16 ottobre 2000, la procura della Repubblica presso il tribunale di Mantova ha notificato al consigliere regionale della regione Lombardia Enzo Lucchini un'informazione di garanzia per eventualmente rispondere del reato di diffamazione a mezzo stampa nei confronti del direttore generale dell'Azienda ospedaliera Carlo Poma di Mantova, dott. Lelio Pischedda, a causa di un'intervista rilasciata al quotidiano "La Gazzetta di Mantova" in data 14 febbraio 2000. In tale intervista il consigliere Lucchini esprimeva, in qualita' di presidente della commissione consiliare "Sicurezza sociale" (che si occupava, fra l'altro, di sanita') le proprie valutazioni politiche circa il provvedimento del direttore Pischedda di revoca dall'incarico di direttore sanitario del dott. Gustavo Galmozzi. Contemporaneamente, in data 16 febbraio 2000, il consigliere Lucchini, sempre nell'esercizio delle sue funzioni politiche consiliari inviava all'assesssore alla sanita' Carlo Borsani ed al presidente Roberto Formigoni una istanza di verifica della regolarita' della delibera del dott. Pischedda di licenziamento di tronco del direttore sanitario dott. Gustavo Galmozzi, opinando sulla sussistenza della giusta causa della revoca dall'incarico e sulla correttezza procedurale della medesima. Nonostante l'evidente nesso funzionale fra il contenuto dell'intervista de qua e l'attivita' politico-consiliare del consigliere Lucchini, la procura della Repubblica presso il tribunale di Mantova ha asserito che tramite siffatta intervista il consigliere Lucchini stesso avrebbe offeso la reputazione del summenzionato direttore generale dell'Azienda ospedaliera "Carlo Poma", dott. Lelio Pischedda. L'azione espletata dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Mantova costituisce un illegittimo sindacato della magistratura sull'attivita' del consigliere regionale Enzo Lucchini, con conseguente grave pregiudizio dell'autonomia costituzionalmente garantita alla regione e ai suoi organi, tra cui il consiglio regionale, per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1. - Circa l'ammissibilita' del conflitto. Non pare all'odierna ricorrente necessario diffondersi particolarmente sull'ammissibilita' del presente conflitto di attribuzione, ne' sotto il profilo soggettivo, ne' sotto quello oggettivo. Da un lato, infatti, e' assolutamente pacifica la legittimazione attiva e passiva delle regioni e della procura della Repubblica presso il tribunale a stare in giudizio nei conflitti di attribuzione; dall'altro, per cio' che concerne l'idoneita' dell'atto ad essere oggetto del conflitto, pare sufficiente ricordare che codesta ecc.ma Corte ha sempre ritenuto ammissibile il conflitto di attribuzione proposto avverso un atto giurisdizionale lesivo della sfera di autonomia costituzionalmente riservata ad altro potere dello Stato od alle regioni. In proposito, la scrivente difesa si limita semplicemente a ricordare la recente sentenza n. 226 del 1999, di accoglimento del conflitto di attribuzione della odierna ricorrente avverso una sentenza del tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sez. II, n. 1738/1997 (con la quale erano state annullate alcune delibere della giunta regionale relative al procedimento legislativo di approvazione del piano territoriale di coordinamento) nonche' la Sentenza n. 392 del 1999, di accoglimento del conflitto di attribuzione della regione Lombardia avverso l'atto di citazione in giudizio del presidente del consiglio regionale e dei componenti dell'ufficio di presidenza emanato dalla procura regionale della Corte dei conti per la Lombardia. L'ammissibilita' del presente conflitto pare, dunque, incontestabile sotto ogni profilo. Circa la fondatezza della pretesa - violazione e invasione della sfera di autonomia costituzionalmente garantita alla regione dall'art. 122, comma 4, anche in relazione agli artt. 117, 118 e 123 Cost., nonche' agli artt. 7 e 11 della legge 22 maggio 1971, n. 339 "Approvazione, ai sensi dell'art. 123, secondo comma, Cost., dello Statuto della regione Lombardia". Difetto assoluto di giurisdizione. Il nostro ordinamento giuridico attribuisce ai consiglieri regionali la guarentigia dell'irresponsabilita' per le opinioni espresse ed i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Ed infatti, l'art. 122, quarto comma, della Costituzione stabilisce che i consiglieri regionali "non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni". Tale formulazione ricalca, seppur con qualche significativa differenza, il modello tradizionale dell'insindacabilita' di voti ed opinioni politiche dei membri del Parlamento, di cui all'art. 68, primo comma, Cost. Secondo l'ormai consolidato orientamento di codesta ecc.ma Corte, la ratio dell'insindacabilita' delle opinioni espresse e dei voti dati dai consiglieri regionali nell'esercizio delle loro funzioni e' costituita dall'irrinunciabile esigenza di "preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia costituzionale garantita al consiglio" (Corte cost., sent. n. 289 del 1997 e, nello stesso senso, sent. 392 del 1999), la quale inevitabilmente "comporta l'assenza (perpetua, non legata cioe' alla singola legislatura) di qualsiasi responsabilita' civile, penale amministrativa" (v. da ultimo Corte cost., sent. n. 100/1986) per i voti e le opinioni nell'esercizio delle funzioni. Orbene, e' di tutta evidenza che l'esclusione di ogni tipo di responsabilita' giuridica e' connaturata all'insindacabilita' stessa, giacche' questa e' diretta a precludere l'indagine sulle modalita' di esercizio della funzione e, in particolare, e' volta a "precludere l'indagine sui motivi che hanno determinato la volonta' dei componenti dell'assemblea: in questo modo viene garantita la libera esplicazione del mandato rappresentativo e, per questo tramite, la piena e totale liberta' del processo di formazione della volonta' politica dell'organo rappresentativo (in questo senso, Corte cost., sent. n. 69/1985), preservando - come gia' anticipato sopra - le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia costituzionalmente riservata al consiglio regionale da ogni possibile interferenza o condizionamento esterno (Corte cost., sent. n. 70/1985)". Una volta individuata e compresa la ratio della insindacabilita' delle opinioni espresse e dei voti dati dai consiglieri regionali nell'esercizio delle loro funzioni, occorre determinare l'ampiezza di siffatta guarentigia, rapportandola proprio alla ratio dell'istituto. Sin dalla sentenza n. 81 del 1975 questa ecc.ma Corte ebbe a formulare il canone interpretativo fondamentale della disposizione dell'art. 122, comma 4, della Costituzione, stabilendo che "la tutela privilegiata, apprestata ... a favore dei consiglieri regionali, e' connessa alla tutela delle piu' elevate funzioni di rappresentanza politica dell'organo in questione, e quindi alla funzione primaria di tipo legislativo, a quella di indirizzo politico, di controllo, e di autorganizzazione interna, a prescindere dal fatto che tali funzioni si esplichino in atti formalmente amministrativi". E' dunque chiaro che siffatta immunita' attiene alla particolare natura delle funzioni svolte dal consiglio regionale, le quali costituiscono, secondo quanto affermato da codesta ecc.ma Corte gia' nella citata sentenza n. 81 del 1975, "esplicazione di autonomia costituzionalmente garantita" attraverso l'esercizio di funzioni "in parte disciplinate dalla stessa Costituzione e in parte dalle altre fonti normative cui la prima rinvia". Seguendo tale percorso logico, la Corte ha finito per affermare l'estensibilita' della garanzia in esame alle attivita' amministrative spettanti ai consigli regionali. Di talche', "il criterio di delimitazione della insindacabilita' dei consiglieri regionali sta nella fonte attributiva della funzione, e non nella forma degli atti, si' che risultano garantite, sotto tale aspetto, anche le funzioni che, benche' di natura amministrativa, sono assoggettate al consiglio regionale in via immediata e diretta dalle leggi dello Stato" (Corte cost., Sent. n. 289 del 1997). Partendo da tale indiscutibile presupposto, e' agevole individuare i tratti essenziali dell'immunita' dei consiglieri regionali, con particolare riferimento, in primo luogo, alle sedi nelle quali opinioni e voti sono coperti dall'immunita'. Ed allora occorre sgombrare il campo da eventuali dubbi circa l'estensione della succitata immunita' dei consiglieri regionali: non v'e' alcun dubbio che il mandato elettorale dei consiglieri regionali si esplica nelle attivita' svolte in seno al consiglio e ai suoi organi (commissioni consiliari, ufficio di presidenza, ...). E' ormai pacifico, inoltre, che l'insindacabilita' si estenda anche ad attivita' svolte fuori della sede consiliare, purche' dette attivita' siano riconducibili alla sfera delle funzioni consiliari. Del resto, non potrebbe che essere cosi'. La recente sentenza n. 320 del 2000 ha, infatti, espressamente confermato che le dichiarazioni rese ad un quotidiano ben possono avere un preciso collegamento con l'esercizio della funzione politica, giacche' "l'attivita' dei membri delle Camere nello Stato democratico rappresentativo e' per sua natura destinata infatti a proiettarsi al di fuori delle aule parlamentari, nell'interesse della libera dialettica politica che e' condizione di vita delle istituzioni democratico-rappresentative". Ed e' chiaro che siffatto principio, sancito per deputati e senatori, trova applicazione anche nei confronti dei consiglieri regionali. Ed infatti, il conflitto di attribuzione proposto in relazione alle esternazioni del consigliere regionale della Regione Veneto Michele Boato nasceva da dichiarazioni (coperte da insindacabilita') rese ad un organo di stampa. Su tale vicenda la Corte si e' pronunciata con la sentenza n. 391 del 1999, nella quale ha affermato che: "l'immunita' in parola si estende ai comportamenti che, pur non rientrando fra gli atti tipici, siano collegati da un nesso funzionale con l'esercizio delle attribuzioni proprie dell'organo di appartenenza". Al fine di inquadrare la vicenda del consigliere Lucchini nell'ambito dell'art. 122, quarto comma, pare, inoltre, necessario verificare l'oggetto dell'immunita', cioe' la natura dell'attivita' espletata in presenza della quale si attiva l'istituto dell'insindacabilita'. In proposito si ricorda che tale immunita' ha ad oggetto l'esercizio, da parte dei consiglieri regionali, sia delle funzioni legislative, sia di quelle di indirizzo politico, nonche' quelle di controllo e di autorganizzazione (Corte cost., sent. n. 70 del 1985). Alla luce dell'insegnamento di codesta ecc.ma Corte, e', infine, ormai incontroverso che l'insindacabilita' delle opinioni espresse dai consiglieri regionali attiene anche alle funzioni amministrative, poiche' "il criterio di delimitazione della insindacabilita' dei consiglieri regionali sta nella fonte attributiva della funzione, e non nella forma degli atti, si' che risultano garantite sotto tale aspetto anche le funzioni che, benche' di natura amministrativa, sono assegnate al consiglio regionale in via immediata e diretta dalle leggi dello Stato" (Corte cost., sent. n. 289 del 1997). Una volta individuata la sede e l'oggetto dell'attivita' dei consiglieri regionali coperte dalla guarentigia dell'insindacabilita', pare opportuno verificare l'orientamento della giurisprudenza costituzionale relativo al rapporto fra la funzione politica svolta e le concrete manifestazioni delle opinioni dei consiglieri regionali, che viene indicato come il "nesso funzionale" fra tali aspetti. Orbene, tale ricostruzione si rende assolutamente necessaria anche in considerazione della piu' recente giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, la quale ha piu' volte ricordato l'imprescindibile necessita' - al fine dell'attivazione dell'istituto dell'insindacabilita' di opinioni e voti di parlamentari e consiglieri regionali - della sussistenzadi un preciso "nesso funzionale" fra le dichiarazioni rese e l'attivita' politica del soggetto, qualificabile "non come semplice collegamento di argomento o di contesto tra attivita' parlamentare e dichiarazione, ma come identificabilita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare" (Corte cost., sentenze nn. 10, 58 e 82 del 2000). E' dunque evidente che la Corte ha rintracciato nell'inerenza delle opinioni all'attivita' politica il discrimine fra opinioni e giudizi coperti da insindacabilita' e semplici critiche che, al contrario, esulano da siffatta guarentigia. In proposito, occorre infine ricordare che la Corte ha affermato con chiarezza che "nell'ordinario svolgimento della vita democratica e del dibattito politico (sentenze nn. 10 e 56 del 2000), questo - la sostanziale corrispondenza e quindi il carattere divulgativo - e' infatti il criterio che consente di identificare le dichiarazioni rese al di fuori di quelle attivita' e ciononostante riconducibili o inerenti alla funzione parlamentare" (Corte cost., sent. n. 320 del 2000). Ma veniamo al caso di specie. Come e' stato anticipato nella parte in "Fatto", il consigliere Lucchini rilasciava l'intervista oggetto dell'informazione di garanzia della procura di Mantova nel momento in cui era presidente della commissione consiliare "Sicurezza". Tale commissione si occupava di questioni relative alla sanita', all'igiene, nonche' all'assistenza. E' di tutta evidenza, dunque, che il contenuto dell'intervista rilasciata al Gazzettino di Mantova dal consigliere Lucchini e la sua contestuale istanza di verifica inoltrata al presidente della giunta regionale nonche' all'assessore alla sanita' costituiscono diverse modalita' di esercizio della medesima attivita' politico-istituzionale, ovvero quella di controllo, affidata sia al consiglio regionale nel suo complesso, sia alle commissioni, sia ai singoli componenti del medesimo. Non e' fuor d'uopo ricordare, in proposito, che le commissioni consiliari godono di ampi poteri di controllo e di vigilanza sull'attuazione dei programmi regionali da parte della giunta ed altrettanti poteri di controllo e vigilanza sugli enti ed aziende dipendenti dalla regione. E, dunque, lo strettissimo nesso funzionale fra le esternazioni del consigliere Lucchini sulla vicenda dell'Azienda ospedaliera "Carlo Poma" di Mantova e le sue iniziative politiche nel settore della sanita' nella comunita' regionale lombarda si evidenzia anche alla luce della carica di presidente della commissione sicurezza di cui si e' detto sopra. Se ne deduce, quindi, agevolmente che le opinioni espresse dal consigliere Lucchini relativamente alla revoca dell'incarico di direttore sanitario dell'Azienda ospedaliera "Carlo Poma" di Mantova ad opera del direttore generale della stessa rientrano appieno nelle sue doverose iniziative politico-istituzionali. Dalle considerazioni che precedono risulta evidente l'errore della procura della Repubblica presso il tribunale di Mantova, il quale e' caduto "sui confini stessi della giurisdizione e non sul concreto esercizio di essa" (sempre Corte cost., sent. n. 285 del 1990). Le regioni sono, infatti, soggetti pienamente autonomi con i soli limiti previsti dalla Costituzione, dalle leggi e dagli atti con forza di legge statali; nel coerente contesto della forma di stato della Repubblica e della forma di governo delle regioni, i consiglieri regionali sono dotati di una piena irresponsabilita' per i voti dati e le opinioni espresse nell'esercizio della propria attivita' politica non solo nell'ambito dei rapporti interorganici regionali, bensi', anche - e a maggior ragione - nel contesto dei rapporti intersoggettivi con lo Stato. Di talche', esorbita dai poteri della magistratura la facolta' di ingerirsi nell'esercizio delle funzioni politiche dei consiglieri regionali e di sottoporre a giudizio le opinioni espresse nell'esercizio delle proprie funzioni politiche.
P. Q. M. La Regione Lombardia, cosi' come rappresentata e difesa, chiede a codesta ecc.ma Corte di dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso alla procura della Repubblica presso il tribunale di Mantova, il potere di notificare avviso di garanzia al consigliere regionale Enzo Lucchini, e di conseguenza chiede di annullare l'atto di citazione medesimo. Roma, addi' 29 novembre 2000 Prof. avv.: Beniamino Caravita di Toritto 00C1440