N. 577 ORDINANZA 15 - 29 dicembre 2000

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Contenzioso   tributario   -   Impugnazione   delle  decisioni  delle
Commissioni  tributarie  di  primo  e secondo grado - Applicabilita',
giusta  il  diritto  vivente,  del  "termine  lungo" annuale previsto
dall'art.  327, primo comma, cod. proc. civ. - Asserito contrasto con
il diritto di difesa - Manifesta infondatezza della questione.
- D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 22, 25 e 38.
- Costituzione, art. 24.
(GU n.1 del 3-1-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
  Giudici:  Cesare  RUPERTO,  Riccardo  CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 22, 25 e 38
del  d.P.R.  26  ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del
contenzioso  tributario),  promosso  con ordinanza emessa il 22 marzo
1999  dalla  Commissione tributaria regionale di Cagliari sul ricorso
proposto  da  Luigi  Coni  contro  l'Ufficio  delle entrate di Tempio
Pausania, iscritta al n. 285 del registro ordinanze 2000 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 23, 1a serie speciale,
dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 25 ottobre 2000 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del  22 marzo 1999, pervenuta alla
Corte  il  18  novembre  1999, la Commissione tributaria regionale di
Cagliari,  nel  corso  di  un  procedimento  di  appello  avverso una
decisione  della  Commissione  tributaria  di  primo  grado di Tempio
Pausania,   ha   sollevato   -   in  riferimento  all'art.  24  della
Costituzione - questione di costituzionalita' degli articoli 22, 25 e
38 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del
contenzioso   tributario),   applicabili   al   procedimento  ratione
temporis,  nella  parte in cui, secondo l'interpretazione della Corte
di  cassazione  costituente "diritto vivente" devono essere integrati
dalla  regola  posta  dall'art.  327,  primo  comma,  del  codice  di
procedura  civile,  nel  senso  della soggezione dell'appello al c.d.
"termine lungo" annuale da essa previsto e non invece al solo termine
di   cui   allo  stesso  art.  22,  con  la  conseguente  preclusione
dell'appello quando il "termine lungo" sia decorso, indipendentemente
dalla  perdurante  eventuale pendenza del "termine breve" di sessanta
giorni dalla notificazione o comunicazione, previste dall'art. 38;
        che  il  giudice  rimettente  ha  ritenuto  la  non manifesta
infondatezza  della  questione  osservando che il processo tributario
disciplinato  dal  d.P.R. n. 636 del 1972 e' caratterizzato dalla non
obbligatorieta'  della  difesa tecnica e, in genere, "da un complesso
di   semplificazioni   procedurali  e  da  regole  volte  a  renderlo
accessibile   anche   al  semplice  contribuente  pur  sprovvisto  di
cognizioni  specifiche"  e  che  l'applicazione  dell'art. 327, primo
comma,   cod.   proc.   civ.   appare   in   contrasto  con  siffatte
caratteristiche,   in   quanto   "la   conoscenza   o   la   semplice
conoscibilita'"   della   norma   richiede   una  competenza  tecnica
qualificata  che puo' esigersi solo dagli operatori del diritto e non
da  un soggetto che si difende personalmente pur essendo abitualmente
privo di preparazione giuridica;
        che  questa  difficolta'  di  conoscenza  sarebbe, del resto,
evidenziata  anche dalla circostanza che il legislatore della riforma
del  processo  tributario  -  nel  testo  dell'art.  72  del  decreto
legislativo  31  dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul processo
tributario  in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art.
30  della legge 30 dicembre 1991, n. 413) anteriore alla sostituzione
apportata  dall'art.  12  lettera  i)  del d.l. 8 agosto 1996, n. 437
(Disposizioni urgenti in materia di imposizione diretta ed indiretta,
di  funzionalita' dell'Amministrazione finanziaria, di gestioni fuori
bilancio,  di  fondi  previdenziali  e  di  contenzioso  tributario),
convertito  con  modificazioni  dalla  legge  24 ottobre 1996, n. 556
(Conversione  in  legge,  con  modificazioni, del D.L. 8 agosto 1996,
n. 437,  recante  disposizioni  urgenti  in  materia  di  imposizione
diretta   ed   indiretta,   di   funzionalita'   dell'Amministrazione
finanziaria,  di gestioni fuori bilancio, di fondi previdenziali e di
contenzioso  tributario)  -  aveva  stabilito  che  per  i termini di
impugnazione  delle decisioni delle commissioni tributarie di primo e
secondo  grado,  relativi  alle  controversie pendenti, restava ferma
l'applicabilita'  del  solo termine breve di impugnazione, escludendo
testualmente  quella del termine ex art. 327, primo comma, cod. proc.
civ;
        che,  in  definitiva,  l'applicazione  dell'art.  327,  primo
comma,  cod.  proc.  civ.  al  processo tributario - nel quale non e'
previsto  l'obbligo  della  difesa  tecnica,  la  sola  "in  grado di
percepire  la  consapevolezza dell'estensione operativa della norma e
delle   sue   implicazioni  applicative"  -  finisce  per  vanificare
l'esigenza  di  tutela  del  diritto  di  difesa  ex  art.  24  della
Costituzione;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  tramite l'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo
l'infondatezza della questione.
    Considerato  che  nel  contenzioso  tributario  disciplinato  dal
d.P.R.  n. 636  del  1972  l'unico  termine  d'impugnazione  previsto
espressamente  -  tanto  per  le  impugnazioni in appello, quanto per
quelle  alla Commissione tributaria centrale - era quello di sessanta
giorni  dalla comunicazione del deposito della decisione a cura della
segreteria  o  dalla notificazione della decisione a cura della parte
(cfr.  art.  22,  primo  comma,  e  art. 25 primo comma, in relazione
all'art.  38,  commi  terzo  e  quinto,  come modificato dal d.P.R. 3
novembre 1981, n. 739 (Norme integrative e correttive del decreto del
Presidente  della  Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, concernente la
revisione della disciplina del contenzioso tributario);
        che  sul  problema della sovrapponibilita' a tale termine del
termine  c.d. lungo dell'anno dalla pubblicazione (scilicet deposito)
della decisione, previsto dall'art. 327, primo comma, cod. proc. civ,
la  giurisprudenza  di  merito tributaria e quella di legittimita' si
sono  attestate  sulla  soluzione  positiva a seguito dell'intervento
delle  sezioni  unite  della  Corte  di  cassazione, onde e' corretta
l'affermazione  del  rimettente  circa  l'esistenza  di  un  "diritto
vivente" favorevole all'applicabilita' del "termine lungo";
        che  il rimettente dubita della conformita' all'art. 24 della
Costituzione  di tale "diritto vivente" sostanzialmente adducendo che
l'applicazione  del  "termine  lungo",  discendendo  da un'operazione
ermeneutica   implicante  un  certo  grado  di  difficolta',  sarebbe
incompatibile  con  la  struttura  del processo tributario secondo il
regime  di  cui  al  d.P.R.  n. 636  del  1972,  (nel quale la difesa
personale  del  contribuente,  in  alternativa a quella del difensore
tecnico,   era   possibile   senza  limiti  derivanti  dal  valore  o
dall'oggetto  della  controversia:  art.  30,  primo  comma), essendo
invece  compatibile  soltanto  con  una  disciplina processuale nella
quale la difesa tecnica sia prevista come necessaria;
        che  la  difficolta'  di conoscenza della regola avallata dal
"diritto  vivente"  sarebbe  confermata  anche  dal rilievo che - nel
dettare la disciplina delle controversie pendenti nel passaggio dalla
vigenza  del contenzioso tributario di cui al d.P.R. n. 636 del 1972,
al  nuovo  contenzioso  di  cui al d.lgs. n. 546 del 1992 - lo stesso
legislatore  avrebbe  sentito  il  bisogno  di  dettare  una norma di
interpretazione   autentica  (art.  72  di  tale  d.lgs.,  nel  testo
anteriore  alla  sostituzione  operata  dal  citato  art. 12 del d.l.
n. 437  del  1996),  per  stabilire l'inapplicabilita' dell'art. 327,
primo comma, cod. proc. civ;
        che  questa  Corte,  proprio  nello  scrutinare una questione
proposta  avverso  una  norma  regolatrice  del  processo  tributario
secondo  il  regime  di  cui al d.P.R. n. 636 del 1972, ha gia' avuto
occasione  di chiarire (sentenza n. 243 del 1982) che, "una volta che
il contribuente e' ammesso a difendersi nella controversia tributaria
sia  personalmente,  sia  con  l'assistenza  di un difensore tecnico,
termini  e  decadenze  processuali  non possono variare, nel processo
tributario  come  in  ogni  altro  tipo  di  processo, secondo che la
facolta'  di  farsi  assistere  dal difensore tecnico sia stata dalla
parte  esercitata  o  no" mentre con altra precedente decisione aveva
escluso  che un onere imposto sempre da quel regime processuale fosse
incompatibile  con  la  previsione della facolta' di far ricorso alla
difesa   personale   ed   in  particolare  ledesse  l'art.  24  della
Costituzione (sentenza n. 63 del 1977);
        che  i  principi  di  cui  alle  due decisioni indicate vanno
coordinati  con  l'affermazione  - fatta da altra decisione di questa
Corte  sempre  in  tema  di vecchio contenzioso tributario (ordinanza
n. 685  del  1988;  si vedano pure l'ordinanza n. 251 del 1994 e, con
riferimento  al  nuovo  processo  tributario,  l'ordinanza n. 210 del
1998)   -   secondo  cui  l'ammissione  della  difesa  personale  del
contribuente,  accompagnandosi  al  riconoscimento  della facolta' di
valersi  comunque  della difesa tecnica, non e' lesiva della garanzia
dell'inviolabilita'  del diritto di difesa, considerato che l'art. 24
della  Costituzione  non  impedisce  al  legislatore di disciplinarne
l'esercizio secondo valutazioni discrezionali;
        che, conseguentemente, appare manifestamente insussistente la
violazione  del  citato  precetto  costituzionale,  lamentata ora dal
rimettente,   in   quanto  il  contribuente  che,  nel  vigore  della
disciplina  del  contenzioso  tributario  di cui al d.P.R. n. 636 del
1972,   sceglieva   di   valersi   della   facolta'   di   difendersi
personalmente,   non  poteva  non  considerare  l'alea  di  eventuali
incertezze  e  difficolta' interpretative scaturenti dalla disciplina
del  processo  tributario  e,  quindi,  non  poteva  non accettare la
conseguenza di doverle gestire di persona, senza ausilio di difensore
tecnico,  sopportandone  tutte  le  implicazioni possibili secondo un
principio di autoresponsabilita';
        che  l'argomento  che  il  rimettente desume dalla disciplina
transitoria  (poi  eliminata  nella  stesura  definitiva della norma)
posta  nell'art.  72  del  d.lgs.  n. 546  del  1992,  nella quale si
avallava  -  per  la verita' in senso opposto al diritto vivente gia'
allora  formatosi  in  senso contrario - la tesi che il termine lungo
non   fosse  applicabile  alle  impugnazioni  delle  decisioni  delle
commissioni  tributarie di primo e di secondo grado, e' assolutamente
ininfluente  sulle  esposte  ragioni  di manifesta infondatezza della
questione,  pur  dovendosi  comunque  rilevare  che nella specie, per
quanto  enuncia la stessa ordinanza di rimessione, l'appello pendente
avanti  al  rimettente venne introdotto nel 1988, cioe' ben prima che
si dettasse quella (provvisoria) disciplina transitoria;
        che,   pertanto,   la   sollevata  questione  deve  ritenersi
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt.  26,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale degli articoli 22, 25 e 38 del d.P.R. 26
ottobre  1972,  n. 636  (Revisione  della  disciplina del contenzioso
tributario),    sollevata,   in   riferimento   all'art.   24   della
Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale di Cagliari, con
l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2000.
                     Il Presidente: Santosuosso
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 29 dicembre 2000.
                      Il cancelliere: Fruscella
00C1459