N. 588 ORDINANZA 15 - 29 dicembre 2000

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati militari - Furto militare - Punibilita' a querela della persona
offesa - Mancata previsione - Asserita disparita' di trattamento, per
effetto   della   nuova   disciplina   legislativa  che  consente  la
perseguibilita'  a  querela del furto comune - Manifesta infondatezza
della questione.
- Cod. pen. mil. pace, art. 230, primo comma.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.1 del 3-1-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 230, comma 1,
del  codice penale militare di pace, promosso con ordinanza emessa il
4  maggio  2000  dal tribunale militare di La Spezia nel procedimento
penale  a  carico di B. M., iscritta al n. 603 del registro ordinanze
2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, 1a
serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 30 novembre 2000 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  il  tribunale militare di La Spezia, con ordinanza
emessa  il  4  maggio  2000,  ha sollevato, in riferimento all'art. 3
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 230, primo comma, del codice penale militare di pace, nella
parte in cui non prevede che il delitto di furto militare commesso in
danno  di militare sia punibile a querela della persona offesa, salvo
che  ricorra  una  o  piu'  delle  circostanze previste dall'art. 61,
numero  7,  del  codice  penale  o  dall'art.  231  del codice penale
militare di pace;
        che il rimettente pone, a fondamento del sollevato quesito di
costituzionalita',   il   rilievo  della  disparita'  di  trattamento
venutasi  a  creare  tra  il  furto  comune  ed  il furto militare in
conseguenza della modifica apportata all'art. 624 cod. pen. dall'art.
12  della  legge  25  giugno  1999,  n. 205 (Delega al Governo per la
depenalizzazione  dei  reati  minori  e modifiche al sistema penale e
tributario),  per  effetto della quale il furto comune, non aggravato
ai  sensi  degli  artt.  61,  numero  7, e 625 cod. pen., e' divenuto
perseguibile a querela;
        che,  ad  avviso  del giudice a quo la mancata estensione del
medesimo  regime  al  furto militare comporterebbe una violazione del
principio di uguaglianza, stante la sostanziale identita' strutturale
fra  le  due  fattispecie  criminose  e  l'inidoneita' degli elementi
specializzanti,  propri  del  reato  militare  - qualita' di militare
dell'agente  e  della  persona  offesa, natura parimenti militare del
luogo di commissione dell'illecito - a giustificare una divergenza di
disciplina sul piano della perseguibilita';
        che  il  riequilibrio  del sistema non implicherebbe, d'altro
canto,  scelte  "creative",  rientranti  nella  discrezionalita'  del
legislatore, in quanto l'art. 61, numero 7, cod. pen. e' direttamente
applicabile  al  furto  militare  in  virtu'  dell'art. 16 cod. pen.,
mentre  l'art. 625 cod. pen. trova puntuale corrispondenza, quanto ad
esso, nell'art. 231 del codice penale militare di pace;
        che  nel  giudizio  di  costituzionalita'  e'  intervenuto il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  il quale ha concluso per la
declaratoria di infondatezza della questione.
    Considerato  che identica questione, sollevata anche dal medesimo
tribunale   rimettente,   e'  gia'  stata  dichiarata  manifestamente
infondata  da  questa  Corte  (cfr.  ordinanza  n. 415 del 2000), sul
rilievo  - confermativo di un costante indirizzo della Corte stessa -
che   il   regime  della  perseguibilita'  a  querela,  non  previsto
attualmente  in  rapporto  ad  alcuno  fra  i  reati  militari,  deve
ritenersi  con  essi  incompatibile:  e  cio'  in  quanto  "nei reati
militari  e'  sempre  insita un'offesa alla disciplina e al servizio,
una  lesione  quindi  di  un interesse eminentemente pubblico che non
tollera  subordinazione  all'interesse  privato  caratteristico della
querela" (cfr. sentenze nn. 449 del 1991, 189 del 1976 e 42 del 1975;
nonche' ordinanze nn. 229 e 467 del 1988);
        che  la  rimarcata estraneita' dell'istituto della querela al
diritto  penale  militare  impedisce, dunque, di ravvisare profili di
irragionevolezza  nella  disparita' di trattamento fra le due ipotesi
criminose poste a confronto.
    Visti  gli  artt.  26,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  230, primo comma, del codice
penale  militare  di pace, sollevata, in riferimento all'art. 3 della
Costituzione,  dal tribunale militare di La Spezia con l'ordinanza in
epigrafe.
    Cosi'  deciso,  in  Roma,  nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2000.
                     Il Presidente: Santosuosso
                         Il redattore: Flick
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 29 dicembre 2000.
                      Il cancelliere: Fruscella
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