N. 592 ORDINANZA 15 - 29 dicembre 2000

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Pensioni  -  Divieto di cumulo di pensione e retribuzione - Decadenza
dal  servizio  di  dipendenti  dello Stato per esercizio di attivita'
lavorativa  incompatibile  con  l'impiego - Omessa previsione in tale
ipotesi  dell'applicazione  delle  norme  sui  divieti  di  cumulo  -
Lamentata  disparita'  di  trattamento rispetto ai dipendenti cessati
dal  servizio  a domanda - Mancata verifica della possibilita' di una
interpretazione   adeguatrice  della  legge  denunciata  -  Manifesta
inammissibilita' della questione.
- D.L.  29  gennaio 1983, n. 17 (convertito, con modificazioni, nella
  legge 25 marzo 1983 n. 79), art. 10, settimo comma.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.1 del 3-1-2001 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 10, settimo
comma,  del  d.l.  29 gennaio 1983, n. 17 (Misure per il contenimento
del  costo  del lavoro e per favorire l'occupazione), convertito, con
modificazioni,  nella  legge  25  marzo  1983,  n. 79,  promosso  con
ordinanza  emessa  il  19 ottobre 1999 dalla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale  per  la  Regione  Piemonte,  sul ricorso proposto da
Cattinelli  Pierino  contro  la  direzione  provinciale del tesoro di
Asti,  iscritta  al  n. 49  del  registro ordinanze 2000 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 9, 1a serie speciale,
dell'anno 2000.
    Udito  nella  camera di consiglio del 29 novembre 2000 il giudice
relatore Massimo Vari.
    Ritenuto  che  la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
Regione  Piemonte,  ha  sollevato, con ordinanza del 19 ottobre 1999,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, settimo comma,
del d.l. 29 gennaio 1983, n. 17 (Misure per il contenimento del costo
del   lavoro   e   per   favorire   l'occupazione),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 25 marzo 1983, n. 79;
        che  la  menzionata  disposizione  e'  stata censurata "nella
parte  in  cui  non dispone l'applicazione delle norme sui divieti di
cumulo,  previsti  dall'art.  22  della legge 30 aprile 1969, n. 153,
anche  nei confronti dei soggetti fruenti di pensionamento anticipato
in quanto dichiarati decaduti dal servizio, ai sensi dell'art. 63 del
d.P.R.  10  gennaio  1957,  n. 3, per aver esercitato altra attivita'
lavorativa incompatibile con l'impiego";
        che  la  proposizione  dell'incidente di costituzionalita' si
innesta  su  un  giudizio  pensionistico,  in cui il ricorrente, gia'
pubblico  dipendente,  ha impugnato il provvedimento della competente
direzione  provinciale  del  tesoro, con il quale e' stato invitato a
rifondere  un  presunto credito erariale per le somme corrispostegli,
dal  1o  luglio  1987  al  30  luglio  1995,  a titolo di trattamento
pensionistico,  ritenuto indebito per aver "prestato opera retribuita
quale lavoratore dipendente nel periodo considerato";
        che,  secondo  l'ordinanza,  la  disposizione  denunciata non
sarebbe  applicabile,  stando all'interpretazione che si evince dalla
giurisprudenza  costituzionale (sentenze n. 531 del 1988 e n. 433 del
1994),  nei  casi di cessazione dal servizio per ragioni indipendenti
dalla  volonta'  del  lavoratore, venendo in rilievo "una nozione ben
precisa  di  pensionamento  anticipato  ...,  traente  origine  dalla
presentazione  di  formale  domanda  quale  manifestazione  tipica ed
univoca  della  volonta' di rinunciare all'impiego", si' da escludere
che  il  previsto  divieto di cumulo "possa derivare da comportamenti
dai   quali   solo  in  via  presuntiva  e  con  valutazione  rimessa
all'Amministrazione  possa desumersi l'intendimento dell'impiegato di
sottrarsi ai doveri del suo ufficio";
        che,  tuttavia,  il  rimettente  ritiene  che  la fattispecie
sottoposta alla sua cognizione presenti "profili in parte diversi" da
quella  (decadenza  dal  servizio  per  assenza  ingiustificata) che,
segnatamente,  e'  stata  oggetto  di  delibazione in occasione della
menzionata  sentenza  n. 433  del  1994, giacche' il particolare iter
procedimentale che conduce al provvedimento estintivo del rapporto di
impiego,  ai sensi dell'art. 63 del d.P.R. n. 3 del 1957, si incentra
su una preventiva diffida a cessare dalla condotta illegittima, tanto
da  doversi  ravvisare  da  parte dell'interessato, il quale persista
nella  situazione  di incompatibilita' nonostante l'avvenuta diffida,
"un'adesione  di  volonta'  al verificarsi dell'effetto estintivo ...
del tutto equiparabile alla domanda di pensionamento";
        che,  pertanto,  la  disposizione  censurata, nel disporre il
divieto  di cumulo tra pensione e retribuzione soltanto nei confronti
di  chi abbia presentato formale domanda di pensionamento e non anche
nel  caso  di decadenza dal servizio ai sensi dell'art. 63 del d.P.R.
n. 3   del  1957,  per  l'esercizio  di  altra  attivita'  lavorativa
incompatibile  con  l'impiego,  si porrebbe in contrasto con l'art. 3
della    Costituzione,   venendo   a   premiare   "un   comportamento
indubbiamente meno meritevole di tutela giuridica rispetto al primo",
e cio' senza una ragionevole giustificazione ed "in aperto contrasto"
con   l'intento  di  "realizzare  un  sistema  disincentivante  della
prestazione   di   attivita'  lavorativa  subordinata  da  parte  del
pensionato".
    Considerato che il giudice a quo benche' si soffermi diffusamente
sulla  peculiarita'  della fattispecie al suo esame, si' da rinvenire
elementi  di volontarieta' nel comportamento dell'interessato tali da
consentire,  a  suo  avviso, un giudizio di sostanziale equiparazione
rispetto  a quella oggetto della disciplina sul divieto di cumulo tra
pensione  e retribuzione, non si da' carico, tuttavia, di verificare,
ancor  prima  di sollevare la questione, se sulla base di un siffatto
postulato,   e   traendo  eventualmente  dallo  stesso  le  ulteriori
possibili  implicazioni, non sia dato pervenire ad un'interpretazione
idonea  a  superare il dubbio di costituzionalita' che egli stesso si
prospetta;
        che,  cosi'  facendo,  il  rimettente  lascia incompiuto quel
doveroso  tentativo  di  ricercare un'interpretazione adeguatrice del
testo  di  legge  denunciato,  al quale ciascun giudice e', comunque,
tenuto  prima di proporre l'incidente di costituzionalita' (vedi, tra
le altre, ordinanze n. 174 del 1999 e n. 177 del 2000);
        che,  pertanto,  la  questione  va  dichiarata manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli  artt.  26,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 10, settimo comma, del d.l. 29
gennaio  1983, n. 17 (Misure per il contenimento del costo del lavoro
e  per  favorire l'occupazione), convertito, con modificazioni, nella
legge  25  marzo  1983,  n. 79,  sollevata, in riferimento all'art. 3
della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2000.
                     Il Presidente: Santosuosso
                         Il redattore: Vari
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 29 dicembre 2000.
                      Il cancelliere: Fruscella
00C1474