N. 11 ORDINANZA 15 dicembre 2000- 4 gennaio 2001
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Fallimento - Societa' e soci illimitatamente responsabili - Assoggettamento a fallimento, anche dopo la cancellazione della societa' dal registro delle imprese, della societa' e del socio unico non receduto - Lamentata violazione del diritto di difesa e disparita' di trattamento dell'impresa sociale, rispetto all'imprenditore individuale esposto al fallimento entro il termine annuale, e rispetto anche al socio illimitatamente responsabile receduto - Intervenuta dichiarazione di illegittimita' della norma denunziata - Manifesta inammissibilita' della questione. - R.D. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 10 e 147. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.2 del 10-1-2001 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Fernando SANTOSUOSSO; Giudici: Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 10 e 147 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa il 28 giugno 2000 dal tribunale di Catanzaro nel procedimento civile vertente tra la Banca Popolare di Crotone e Varano Giuseppe & C. s.n.c., iscritta al numero 650 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, 1a serie speciale, dell'anno 2000. Udito nella camera di consiglio del 14 dicembre 2000 il giudice relatore Annibale Marini. Ritenuto che il tribunale di Catanzaro, nel corso di un giudizio per la dichiarazione di fallimento di una societa' in nome collettivo e dei suoi soci illimitatamente responsabili, con ordinanza emessa il 28 giugno 2000, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 10 e 147 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa); che il giudice rimettente evidenzia che la societa' resistente nel giudizio a quo, pur essendo stata posta in liquidazione e cancellata da oltre un anno dal registro delle imprese, dovrebbe considerarsi, secondo una consolidata giurisprudenza di legittimita', ancora in vita a causa della mancata estinzione di tutti i debiti precedenti l'apertura della liquidazione; che, conseguentemente, mentre resterebbe precluso il decorso del termine annuale previsto dall'art. 10 della legge fallimentare, dovrebbe essere dichiarato, ricorrendone nella specie tutti i presupposti, il fallimento sia della societa' che del socio unico non receduto; che, oltre alla menomazione del diritto di difesa, si verificherebbe, in tal modo, una palese disparita' di trattamento tra l'imprenditore individuale, assoggettato al fallimento solamente entro il termine di un anno dalla cessazione dell'attivita', e l'impresa sociale, sostanzialmente esposta al fallimento senza alcun termine, nonche' tra il socio illimitatamente responsabile receduto, cui il predetto termine si applicherebbe in virtu' della pronuncia interpretativa di questa Corte n. 66 del 1999, ed il socio di societa' cancellata da oltre un anno dal registro delle imprese, a sua volta esposto al fallimento senza limiti temporali. Considerato che l'art. 10 della legge fallimentare e' gia' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, con sentenza n. 319 del 2000, "nella parte in cui non prevede che il termine di un anno dalla cessazione dell'esercizio dell'impresa collettiva per la dichiarazione di fallimento della societa' decorra dalla cancellazione della societa' stessa dal registro delle imprese"; che la questione va pertanto dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 10 e 147 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, della amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal tribunale di Catanzaro con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2000. Il Presidente: Santosuosso Il redattore: Marini Il cancelliere: Fruscella Depositata in cancelleria il 4 gennaio 2001. Il cancelliere: Fruscella 01C0026