N. 46 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 febbraio 1999
Ordinanza emessa il 6 febbraio 1999 dal pretore di Patti, sezione distaccata di Sant'Agata di Militello, nel procedimento penale a carico di Naso Rosalia Antonina Processo penale - Procedimento per decreto - Giudizio a seguito di opposizione a decreto penale di condanna - Richiesta di emissione del decreto penale di condanna e decreto che dispone il giudizio - Nullita' di tali atti ove non preceduti dall'invito all'indagato a presentarsi per rendere interrogatorio - Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi analoghe - Lesione del diritto di difesa. - Cod. proc. pen., artt. 459 e 565. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.5 del 31-1-2001 )
Il Pretore Visti gli atti relativi al procedimento penale iscritto al n. 7008/1999, Reg. Gen. Pret. Circ. di Patti Sez. distaccata Sant'Agata di Militello, n. 3417/1996 R.G.N.R. nei confronti di Naso Rosalia Antonina per il reato p.e.p. dagli artt. 27, 18 e 20 legge 2 febbraio 1974, n. 64 ed esaminata, sentito previamente il pubblico ministero che genericamente si opponeva, la eccezione di illegittimita' costituzionale sollevata dal difensore della suddetta prevenuta in relazione agli artt. 459, cod. proc. pen. nonche' al combinato disposto dagli artt. 565 e 464 cod. proc. pen. nella parte in cui non prevedono, ove non siano preceduti dall'invito all'indagato a rendere l'interrogatorio di cui all'art. 375, comma 3, cod. proc. pen., la nullita' della richiesta di decreto penale di condanna ovvero la nullita' del decreto che dispone il giudizio a seguito di opposizione a decreto penale di condanna e cio' per disparita' di trattamento rispetto alle previsioni di cui agli artt. 426 e 555 cod. proc. pen., cosi' come novellati dalla legge 16 luglio 1997, n. 234, e per violazione dei principi costituzionali del diritto di uguaglianza e del diritto di difesa, sanciti rispettivamente dagli artt. 3 e 24 della Costituzione, pare opportuno premettere in Fatto e diritto Giova subito evidenziare la rilevanza, secondo quanto richiesto dall'art. 23 della legge 11 marzo 1954, n. 87, della sollevata questione di costituzionalita' nell'ambito del giudizio in corso anche in riferimento all'art. 459 cod. proc. pen. stante che, nel caso in specie, la richiesta di emissione dell'opposto decreto penale di condanna e' stata avanzata dal pubblico ministero in data 31 gennaio 1999 ossia in data successiva alla entrata in vigore della citata legge n. 234/1997. E' risaputo, invero, come tale normativa abbia colpito di nullita', ove non siano preceduti dall'invito all'indagato a rendere l'interrogatorio di cui agli artt. 375 cod. proc. pen., tanto la richiesta di rinvio a giudizio ex art. 416 cod. proc. pen. quanto l'emissione del decreto di citazione a giudizio ex art. 555 cod. proc. pen. che costituiscono, rispettivamente nei procedimenti davanti al tribunale e in quelli davanti al pretore, gli atti di diretta esplicazione dell'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero che devono ritenersi equiparabili, nell'ambito della speciale procedura per decreto, sia sotto il profilo della funzione che dell'organo competente, alla richiesta di decreto penale di condanna ex art. 459 cod. proc. pen. con cui il pubblico ministero esercita l'azione penale nello speciale procedimento per decreto con la conseguenza che la norma contenuta nell'art. 459 cod. proc. pen. si pone di certo in una situazione omogenea e compatibile a quella oggetto dell'intervento modificatore della novella n. 234/1997. E' poi pure risaputo che la citata novella n. 234/1997 ha limitato l'operativita' della suddetta nullita' alle ipotesi in cui la richiesta di rinvio a giudizio ex art. 416 cod. proc. pen. ed il decreto di citazione a giudizio ex art. 555 cod. proc. pen. siano presentati e/o emessi in data successiva a quella della entrata in vigore della legge de qua, ossia successivamente alla data del 9 agosto 1997, atteso che la norma transitoria contenuta nell'art. 3 della medesima normativa ha inteso garantire la validita' della richiesta di rinvio a giudizio e del decreto di citazione a giudizio gia' proposti al momento della entrata in vigore della citata novella legislativa. Pertanto, stante che nel caso in specie la richiesta di decreto penale e' stata depositata in epoca successiva alla entrata in vigore della suddetta legge n. 234/1997, non puo' revocarsi in dubbio che l'eventuale accoglimento della sollevata questione di illegittimita' costituzionale non potrebbe non avere diretta rilevanza nell'ambito del giudizio in corso. Nel merito della questione di costituzionalita' de qua basta evidenziare come la facolta' riservata alla mera discrezionalita' del pubblico ministero, nella sussistenza dei presupposti previsti dall'art. 459 cod. proc. pen., di esercitare l'azione penale ricorrendo allo speciale procedimento per decreto piuttosto che emettere l'ordinario decreto di citazione a giudizio crea sicuramente una ingiustificata disparita' di trattamento con riguardo alla diversa posizione procedurale su cui verrebbe a trovarsi la persona sottoposta ad indagine a seconda della scelta del pubblico ministero di esercitare l'azione penale in un modo o nell'altro. Infatti, non v'e' chi non vede come, nelle ipotesi in cui il pubblico ministero opta per il rito ordinario, l'indgato potra' utilmente esercitare la propria difesa nel corso dell'interrogatorio reso ai sensi dell'art. 375, comma 3 cod. proc. pen. con la prospettiva di poter vedere definita la sua posizione processuale con un eventuale anticipato proscioglimento mediante archiviazione ancor prima che venga esercitata l'azione penale, mentre la scelta del pubblico ministero di richiedere l'emissione del decreto penale di condanna costringerebbe l'imputato che voglia esercitare il proprio diritto di difesa a richiedere al giudice la celebrazione del giudizio. Non senza evidenziare come la irrazionalita' e illegittimita' di un tale sistema processuale appare tanto piu' evidente ove si consideri che, per un medesimo reato ed in costanza dei presupposti di legge per l'adozione dei procedimenti speciali, la scelta di optare per il rito speciale del procedimento per decreto anziche' per quello ordinario e' rimessa alla esclusiva discrezionalita' del pubblico ministero con la conseguenza che lo stesso, potra' ottenere addirittura la condanna dell'imputato aggirando in tal modo l'obbligo di invitarlo a rendere l'interrogatorio di cui all'art. 375, comma 3 cod. proc. pen. e quindi di contestargli previamente l'accusa e di acquisirne in sede di interrogatorio le eventuali difese. Orbene, non puo' non rilevarsi come la mancata previsione dell'obbligatorieta' dell'avviso di rendere l'interrogatorio de quo anche nel caso in cui l'esercizio dell'azione penale e la chiamata in giudizio venga operata attraverso la speciale procedura per decreto desti seri dubbi di legittimita' costituzionale in relazione al principio di eguaglianza del cittadino davanti alla legge ed al diritto del medesimo alla difesa e cio' tanto piu' ove si consideri che il decreto penale di condanna, irrogando in concreto una pena, riveste in ogni caso un contenuto piu' intenso ed assume una portata piu' incisiva rispetto alla semplice richiesta di rinvio a giudizio e/o del decreto di citazione a giudizio venendo cosi' a frustrare in maniera ben piu' pregnante le esigenze di garanzia e di difesa del cittadino. A prescindere da quanto sopra delineato in rapporto all'art. 459 cod. proc. pen. giova in ogni caso rilevare come non poche perplessita' circa la compatibilita' della citata novella legislativa n. 234/1997 con i richiamati princi'pi costituzionali possano essere ravvisati nella mancata previsione, accanto alla ipotesi della emissione del decreto di citazione a giudizio ex art. 555 cod. proc. pen., della ipotesi della emissione da parte del giudice per le indagini preliminari del decreto che dispone il giudizio ai sensi del combinato disposto degli artt. 565 e 464 cod. proc. pen. ovverossia nella mancata previsione dell'obbligo del previo avviso all'indagato a presentarsi per rendere l'interrogatorio di cui all'art. 375 cod. proc. pen. allorche' l'esercizio dell'azione penale e la relativa chiamata in giudizio vengano posti in essere mediante il particolare meccanismo processuale del procedimento speciale per decreto. Invero, con la novella legislativa introdotta dalla citata legge 16 luglio 1997, n. 234 si e' operata una significativa modificazione nell'ordinamento processuale registrandosi la chiara intenzione del legislatore, nel tentativo di dare piu' concreta attuazione al diritto di difesa costituzionalmente garantito, di impedire l'esercizio dell'azione penale "inaudita altera parte" statuendo l'obbligo di procedere all'interrogatorio della persona sottoposta ad indagine o quanto meno di provvedere a far ratificare alla medesima l'invito a presentarsi per renderlo. E' noto come la genesi della riforma de qua e' ricollegabile al dibattuto scaturito nel corso dei lavori preparatori della normativa che tendeva alla specificazione dei termini dell'abuso innominato d'ufficio in seno ai quali e' emerso l'intento di subordinare l'eventuale richiesta di sospensione e/o il rinvio a giudizio del pubblico ufficiale accusato di reati contro la pubblica amministrazione al previo interrogatorio del pubblico ufficiale sottoposto ad indagine. Orbene, come e' dato leggere negli atti relativi ai lavori preparatori della suddetta normativa, tale incombente finalizzato a consentire al prevenuto di "chiarire la propria posizione ... e magari indurre sia il pubblico ministero a richiedere l'archiviazione sia il giudice per le indagini preliminari ad adottare decisioni ben diverse" e' stato ritenuto un "principio di alta civilta'" tale da meritare la piu' ampia considerazione fino al punto che si e' imposta l'esigenza di estenderlo a tutti gli indagati e per qualsiasi fattispecie di reato (cfr. Lavori parlamentari, seduta del 26 giugno 1997, on. Cola). In tal modo l'indagato e' entrato a pieno titolo e necessariamente nella fase delle indagini preliminari secondo una logica processuale, ispirata dall'esigenza di garantire e tutelare il diritto di difesa dell'indagato, che tende ad assicurare mediante la c.d. "giurisdizionalizzazione" della fase istruttoria l'obbligo della preventiva contestazione dell'addebito all'indagato e la facolta' dello stesso di essere ascoltato ancor prima che venga adottata qualsiasi determinazione in ordine alla formulazione dell'imputazione e/o alla chiamata in giudizio. Con l'introduzione dell'obbligo di invitare l'indagato a rendere l'interrogatorio ai sensi dell'art. 375 cod. proc. pen. si e' inteso anticipare gia' in sede preliminare la realizzazione del contraddittorio considerando estensibile a tale fase il principio generale della inviolabilita' in ogni stato e grado del giudizio del diritto di difesa sancito dall'art. 24, secondo comma, della Costitizione nonche' rendere praticabile e dare maggiore consistenza e operativita' alla regola prevista dall'art. 358 cod. proc. pen. che impone al pubblico ministero di svolgere "altresi' accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini". Basta leggere i citati lavori parlamentari per rendersi conto che la finalita' perseguita dal legislatore fosse quella di un effettivo contraddittorio inteso, non solo come informazione dell'indagato mediante la contestazione dell'addebito, ma anche come partecipazione dello stesso indagato alla formazione del materiale processuale con il consentirgli di esporre quanto dovesse ritenere utile per la sua difesa con il correlativo dovere da parte del pubblico ministero di verificare i fatti e gli atti eventualmente dedotti e allegati e comunque tener conto di quanto asserito dall'indagato nel proprio contributo difensivo rendendolo oggetto di valutazione comparativa con i dati accusatori in maniera tale da consentire prima al pubblico ministero e poi al giudice il vaglio dei fatti "causa cognita" nella comparazione delle opposte prospettazioni e delle contrastanti risultanze. Invero, l'espletamento dell'interrogatorio de quo permetterebbe all'indagato, gia' nella fase delle indagini preliminari, di prospettare le proprie difese e/o le proprie ragioni ed eventualmente risolvere e definire "ab initio" la propria posizione processuale fornendo tutti quegli elementi che possano rivelarsi utili al fine di un'eventuale proscioglimento mediante archiviazione evitandogli cosi' di essere soggetto al c.d. "strepitus fori" ovvero di essere esposto agli effetti pregiudizievoli che qualsiasi rinvio a giudizio, quand'anche destinato a risolversi e definirsi con una pronuncia assolutoria, inevitabilmente arreca a qualsiasi cittadino. Pare qui opportuno evidenziare e sottolineare come l'introduzione dell'obbligo del previo interrogatorio dell'indagato sia stato ispirato proprio da tale finalita' garantista dettata dall'esigenza di evitare che taluno possa subire gli effetti pregiudizievoli necessariamente legati ad un rinvio a giudizio disposto prima e senza che egli sia stato messo in condizione di interloquire e cio' tanto piu' ove si consideri che, per una distorsione del sistema processuale e per una sorta di stortura mentale, nella pubblica opinione al rinvio a giudizio viene attribuita una rilevanza negativa pari se non maggiore a quella attribuita ad una sentenza di condanna. Senonche', la finalita' garantista de qua, in mancanza di una analoga previsione normativa che statuisca l'obbligatorieta' del previo interrogatorio dell'indagato anche nei casi in cui l'azione penale viene esercitata ricorrendo allo speciale procedimento per decreto, e' destinata ad essere frustrata e compromessa dal momento che l'emissione del decreto penale di condanna costringerebbe l'imputato che voglia esercitare il proprio diritto di difesa, proponendo l'opposizione ex art. 462 cod. proc. pen., a richiedere al giudice la celebrazione del giudizio con tutte le conseguenze negative che la citazione e/o rinvio a giudizio, per quanto sopra esposto, inevitabilmente e necessariamente gli comporta. Orbene, non v'e' chi non veda come nel meccanismo processuale vigente, l'obbligo ex artt. 464 e 565 cod. proc. pen. di emettere il decreto di citazione che dispone il giudizio a seguito della opposizione al decreto penale di condanna senza che lo stesso sia preceduto dall'obbligo del previo invito all'indagato a rendere l'interrogatorio di cui all'art. 375 cod. proc. pen., comporti una evidente violazione della finalita' garantista de qua stante che l'imputato, per poter esercitare le proprie difese, deve necessariamente affrontare il giudizio senza avere la possibilita' di interloquire in altro modo se non sottoponendosi al giudizio. Pertanto non vale sostenere in senso contrario, nello sforzo teso a giustificare la legittimita' costituzionale del sistema normativo vigente, che al procedimento per decreto, permetterebbe all'imputato di esercitare il proprio diritto di difesa proponendo l'opposizione ex art. 461 cod. proc. pen. e che e' pur sempre l'opposizione dell'interessato a dare ingresso al giudizio: infatti, per quanto sopra delineato, lo strumento dell'opposizione a decreto penale di condanna si appalesa del tutto inadeguato sul piano delle garanzie difensive sol che si consideri che tale opportunita' gli verrebbe concessa soltanto sottoponendosi al giudizio senza che questo sia preceduto da alcuna possibilita' per l'interessato di poter addurre la propria difesa se non affrontando il giudizio, peraltro dopo aver assunto la veste di imputato e addirittura dopo essere stato condannato, mentre una rilevanza del tutto secondaria e marginale, che in ogni caso non evita all'imputato di essere sottoposto al c.d. "strepitus fori", riveste la circostanza che a seguito dell'opposizione il decreto di condanna viene posto nel nulla attraverso la revoca del decreto stesso ex art. 464 cod. proc. pen. Ne' varrebbe sostenere che il giudice per le indagini preliminari avrebbe comunque la possibilita' di emettere ex art. 129 cod. proc. pen. una eventuale sentenza di proscioglimento allo stato degli atti e dopo aver preso cognizione dei motivi dell'opposizione proposta dall'imputato ex art. 461 cod. proc. pen. atteso che tale opposizione, anche in considerazione del fatto che i ristretti termini previsti dalla legge per la sua proposizione garantiscono una conoscenza esclusivamente formale ma non sostanziale del decreto di condanna, non consente il pieno espletamento del diritto di difesa che la persona sottoposta ad indagine potrebbe sostenere piu' efficacemente in sede di interrogatorio ex art. 375 cod. proc. pen. e che potrebbe condurre, ove venisse positivamente riscontrato, ad un suo proscioglimento anticipato: infatti, a seguito dell'opposizione proposta dall'imputato avverso al decreto penale di condanna, al giudice non e' dato di poter prendere fattivamente in esame la difesa eventualmente formulata dall'imputato nell'atto di opposizione non potendo procedere ad attivita' di indagine suppletiva, come ad esempio sentire eventuali persone informate sui fatti od acquisire documentazione o prove di altro genere indicate dallo stesso imputato, che si potrebbe palesare utile alla luce delle prospettazioni fornite dal medesimo imputato essendo tale attivita' inevitabilmente demandata alla fase del giudizio dibattimentale. E' proprio l'indispensabilita' della instaurazione del giudizio, in seno al quale soltanto e' consentito all'imputato di esercitare le proprie difese, a destare seri dubbi circa la legittimita' costituzionale del meccanismo processuale del procedimento per decreto ove questo non sia preceduto dall'obbligo del previo interrogatorio dell'imputato ovvero dalla possibilita' di esercitare ogni difesa. Invero, anche a volere ammettere in rispetto delle pronunce della Corte costituzionale la legittimita' del procedimento per decreto in ragione della specificita' della sua configurazione quale rito a contraddittorio eventuale e differito improntato a criteri di economia processuale e speditezza, non v'e' chi non veda come, nel mutato quadro legislativo delineato dalla novella n. 234/1997 ed alla luce della finalita' garantista tutelata da tale normativa, non poche perplessita' circa la compatibilita' con il principio costituzionale sancito dagli artt. 3 e 24 della Costituzione susciti il vigente meccanismo del procedimento per decreto dal momento che, in mancanza del preventivo obbligo di invitare l'imputato a rendere l'interrogatorio di cui all'art. 375 cod. proc. pen., al medesimo imputato non e' permesso di esercitare le proprie difese se non affrontando e sottoponendogli al giudizio esponendosi in tal modo, con grave pregiudizio della sua garanzia di difesa, al c.d. "strepitus fori" senza altra possibilita' di poter esercitare preventivamente ogni piu' utile e opportuna difesa.
P. Q. M. Ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 23 legge 22 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 459 cod. proc. pen. nonche' dell'art. 565 cod. prod. pen. nella parte in cui non prevede, difformemente a quanto previsto rispetto ai procedimenti ordinari per la richiesta di rinvio a giudizio ex art. 416 cod. proc. pen. e per il decreto di citazione a giudizio ex art. 555 cod. proc. pen. a seguito della novella di cui alla legge 26 luglio 1997, n. 234, la nullita' della richiesta di emissione del decreto penale di condanna nonche' la nullita' del decreto che dispone il giudizio a seguito della opposizione al decreto penale di condanna ove non preceduti dall'invito all'indagato a presentarsi per rendere l'interrogatorio di cui all'art. 375, comma 3 cod. proc. pen., creandosi disparita' di trattamento rispetto alle ipotesi contemplate dai citati art. 555 e 416 cod. proc. pen. e comunque con grave pregiudizio del diritto di difesa dell'imputato; Dispone per l'effetto, la sospensione del procedimento specificato in epigrafe e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale a cura della cancelleria nonche' la notifica della presente ordinanza alla Presidenza del Consiglio dei ministri e la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Sant'Agata di Militello, addi' 6 febbraio 1999. Il vice pretore onorario 01C0080